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Uno sguardo alle “guide” formulate per sostenere le famiglie transnazionali romene,

Le implicazioni pedagogiche rispetto al fenomeno dei children left behind sono, com’è evidente, molte e di diversa natura. Le ricerche appena analizzate tendono a promuovere una visione che, superando un atteggiamento di condanna nei confronti delle migrazioni genitoriali, favorisce invece una loro gestione e presa in carico da parte delle istituzioni e in generale dalla politica. Una prospettiva capace, in primo luogo, di prendere in considerazione la famiglia (transnazionale) come soggetto e possibile destinatario di politiche anche nella migrazione, viene visto come auspicabile da molti autori (Bonizzoni, 2009; Vanore, Mazzuccato & Siegel, 2015; Robila, 2011; Vinciguerra, 2013). Vengono messi in evidenza inoltre alcuni orientamenti e provvedimenti pratici da mettere in atto nei Paesi d’origine che permetterebbero una riduzione dei rischi a danno dei giovani rimasti nei paesi d’origine. Robila (2011, p. 332), ad esempio, oltre ad auspicare che le politiche sociali e migratorie tengano in forte considerazione come destinatario la famiglia e non i singoli individui, fornisce alcune indicazioni per i servizi socio- educativi e per i decisori politici, quali:

«school-based pyscho-education and support groups for children with migrant parents and their primary caregivers (e.g, grandparents) [..] it is recommended that psycho-educational programs on the impact of international migration on children and families be provided also for parents who plan to migrate in order to prepare them and their children to have realistic expectations about migration».

Un lavoro di sostegno “diffuso” e quindi di tipo sistemico rivolto ai nuclei familiari per mezzo di una variegata rete di servizi, istituzioni, (scuola, centri diurni, servizi sociali, ecc.) composta da diversi professionisti (maestri, insegnanti, assistenti sociali, educatori, psicologi ecc) capace

di lavorare per potenziare le famiglie coinvolte nella migrazione, monitorarle riducendo i fattori di rischio e progettare interventi compensativi laddove necessario, sembrerebbe andare nella direzione auspicata dalle ricerche presentate nel precedente paragrafo (Cheianu, Gamma, et.al., 2011). Un altro potenziale fronte di lavoro che sembra delinearsi è quello formativo; un’adeguata preparazione all’evento migratorio, tanto per chi emigra (madre o padre), quanto per chi rimane (figli, caregiver sostitutivi) potrebbe facilitare le relazioni a distanza mantenute dalle famiglie transnazionali. In quest’ottica sembrano lavorare alcuni degli “strumenti pedagogici” che analizzeremo di seguito, dopo aver fornito alcuni elementi di contesto rispetto alla loro formulazione, spesso ideati all’interno di progetti europei o nell’ambito di partenariati tra Stati. Negli ultimi anni, dopo circa due decenni dall’inizio delle partenze massicce, sono stati avviati diversi progetti internazionali finalizzati a ridurre in vario modo l’impatto delle migrazioni nei paesi d’origine. Si tratta quasi sempre di progetti che sono stati finanziati da enti terzi o dall’Unione Europa e che hanno visto in molti casi la collaborazione tra Italia e i paesi oggetto della presente ricerca.

In Romania le fasi che precedono l’ingresso in Unione Europea (2007) segnano una fase di crescente attenzione in merito alla tutela dell’infanzia; rispetto alla situazione presente negli anni Novanta appena caduto il regime, vengono fatti diversi passi avanti soprattutto al riguardo del già citato fenomeno dell’istituzionalizzazione dei minori che progressivamente si va normalizzando, anche in seguito a massicce e controverse pratiche di adozione internazionale135.

Progressivamente, tuttavia, un nuovo fenomeno legato alla tutela dell’infanzia richiede attenzione, si tratta delle migrazioni da lavoro. La novità non risiede nel fenomeno in sé - i romeni, infatti, hanno storicamente utilizzato la migrazione (interna o verso l’estero) per ragioni politiche o per migliorare le proprie condizioni di vita (Sandu, 2005; Diminescu, 2003) - ma nelle sue dimensioni massicce. A partire dal 2005, ma con maggiore enfasi dal 2007, si comincia a porre maggiore attenzione al fenomeno dei “children left behind”. “Home alone136”, ad

esempio, è un progetto implementato dall’Associazione Alternative Sociale in collaborazione con l’Ispettorato Scolastico della contea di Iaşi, nella Moldavia rumena, finanziato grazie a fondi olandesi. Il progetto viene avviato nel 2005 con l’obiettivo duplice di approfondire con studi mirati il fenomeno dei “children left behind” e di promuovere interventi capaci di combattere gli effetti negativi della migrazione da lavoro sui minori. Di seguito un elenco cronologico dei principali interventi realizzati nell’ambito del progetto in questione:

135 L’Unicef calcola che tra il 1990-1991 circa 10.000 bambini romeni sono stati dati in adozione a paesi stranieri, spesso con pratiche ritenute non legittime.

▪ (2005-2008) vengono condotti due studi, uno di approfondimento qualitativo (2005 -

Study made in Iaşi area on children separated from one or both parents as a result to parents leaving to work abroad), a cui è seguita un’indagine quantitativa (Alternative

Sociale & Unicef, 2008 – National analysis of the phenomenon of children left home by

their parents who migrate abroad for employment)

▪ (2005-2011) Sono stati implementati appositi servizi destinati ai figli dei migranti che coinvolgono circa 900 minori

▪ (2006-2008) Vengono condotte campagne di sensibilizzazione relative ai rischi e alle vulnerabilità vissute dai genitori e figli, connesse con la migrazione genitoriale

▪ (2007-2010) Viene erogata una formazione specifica per i professionisti del settore: assistenti sociali, psicologi, poliziotti

▪ (2007) Viene creata e diffusa una metodologia di lavoro finalizzata all’assistenza sociale, psicologica e legale per i bambini rimasti soli a casa.

▪ (2007) Viene creato il sito www.singuracasa.ro, contenente informazioni e documenti (ricerche, statistiche, metodologie, riferimenti legislativi, suggerimenti, forum di discussione) destinate a professionisti, genitori, bambini, caregiver ecc.

In Ucraina nel 2008 viene lanciato il progetto pilota dalla durata biennale “Capacity building

action towards Ukrainian local institutions for the empowerment of migratory and social- educational policies on behalf of children, women and local communities” finanziato dai governi

italiano e ucraino e dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) (Montefusco, 2010). Il progetto era composto da tre ambiti principali: la componente psico-sociale ed educativa; il dialogo istituzionale; i processi di empowerment delle donne ucraine in Italia. Le attività del primo ambito erano rivolte ai “children left behind”, con la realizzazione di laboratori e percorsi tematici nelle scuole, attività di formazione per gli insegnanti, da cui sono scaturite le linee guida pedagogiche (IOM, 2010) (Transnational Families: pedagogical guidelines for

teachers) che analizzeremo in seguito. Il dialogo istituzionale ha dato vita a un “Italian Ukrainian Observatory on Migration” promosso per favorire una cooperazione decentrata tra i

due paesi, così come la condivisione di strategie corali per gestire meglio i flussi migratori e le conseguenze sui bambini rimasti a casa. In Italia, infine, sono state avviate alcune attività di ricerca per rilevare i bisogni espressi dalle donne ucraine presenti nel nostro Paese (Ibidem).

In Moldova è solo di recente, a partire dal 2011, attraverso un finanziamento dell’Unione Europea, che viene implementato uno dei primi progetti137 ad ampio raggio e multilaterali

finalizzato a ridurre l’impatto negativo delle migrazioni sui figli rimasti a casa e sugli altri membri della famiglia. Il progetto “Addressing the Negative Effects of Migration on Minors and

Families Left Behind” ha lavorato in modo transnazionale tra Italia e Moldova. Si è lavorato su

un duplice fronte, da una parte, si è favorito l’incontro e lo scambio formativo tra insegnanti e professionisti (educatori e assistenti sociali) dei due paesi, attraverso due visite in Italia da parte di un gruppo di moldavi in tre città italiane (Bologna, Firenze e Roma) e, dall’altra, sono stati attivati alcuni servizi di sostegno ai diversi membri della famiglia divisi tra i due paesi. Il progetto ha portato assistenza a circa 400 bambini “left behind”, promosso 100 tirocini formativi, erogato formazione imprenditoriale per 213 giovani lavoratori. In Italia si è lavorato soprattutto per portare sostegno alle donne presenti: approssimativamente mille donne moldave in dodici diverse città italiane hanno ricevuto sostegno psicologico ed assistenza legale. A Roma, ad esempio, è stato attivato un servizio gratuito di consulenza psicosociale; l’iniziativa si proponeva, tramite il lavoro degli psicologi dell’OIM, di fornire un valido supporto di consulenza psico-sociale al fine di garantire un’assistenza continua alle donne moldave presenti in Italia. Per favorire l’accesso al servizio l’associazione delle donne moldave in Italia, “Assomoldave”, ha partecipato al progetto con il ruolo di mediazione interculturale.

Questa crescente attenzione locale ed internazionale verso il fenomeno delle migrazioni genitoriali, ha favorito lo sviluppo, nei contesti di nostro interesse, di alcune “guide” destinate alle diverse figure adulte coinvolte a vario titolo nella cura e educazione dei “bambini rimasti a casa”. Materiale informativo rivolto, quindi, sia ai genitori che decidono di migrare, sia ai

caregiver sostitutivi, agli educatori, agli insegnanti, a quei professionisti cioè che si confrontano

quotidianamente con questo fenomeno. Tali strumenti si propongono di formare e sostenere le figure adulte implicate nel processo di crescita e formazione, fornendo loro alcune linee guida accessibili, da adottare per favorire il benessere delle famiglie transnazionali, tutelando in modo particolare i minori, ma lavorando in modo sistemico con la comunità di riferimento.

Di seguito verranno presentati i cinque diversi strumenti pedagogici individuati in riferimento ai contesti romeno, moldavo e ucraino.

137 Il progetto è stato implementato dai governi italiano e moldavo, con la partecipazione di diverse ONG internazionali, le associazioni della diaspora e lo IOM. Il progetto è disponibile online al seguente link:

http://sitiarcheologici.lavoro.gov.it/AreaLavoro/Immigrazione_SpostatoInAreaSociale/Documents/SchedaMoldav iaen.pdf

In Romania l’associazione di promozione sociale Alternative Sociale nel 2009 ha pubblicato due diverse guide, una destinata ai genitori migranti (Luca, Pascaru & Foca, 2009a) e una ai professionisti che lavorano con i figli dei migranti (Luca, Pascaru & Foca, 2009b). In Moldova il Centro di Documentazione e Informazione sui Diritti dei Bambini (Centrul de Informare şi

Documentare privind Drepturile Copilului, CIDDC) ha pubblicato due brevi libri - disponibili

sia in lingua romena che russa - il primo destinato ai genitori che vanno a lavorare all’estero (CIDDC, 2007) e il secondo per le persone che si prendono cura dei bambini figli di genitori emigrati all’estero per lavoro (CIDDC, 2011, una versione più aggiornata è del 2014). In Ucraina, infine, meritano attenzione le linee guida pedagogiche per gli insegnanti (Transnational

families: pedagogical guidelines for teachers, 2010) elaborate e parte del già citato progetto

“Capacity building action towards Ukrainian local institutions for the empowerment of

migratory and social-educational policies on behalf of children, women and communities”,

promosso dallo IOM con il contributo economico della Cooperazione Italiana e del Ministero degli Affari Esteri, diffuse a livello nazionale nelle scuole del Paese, come voluto dal Ministero dell’Educazione, partner del progetto138.

In generale le guide che hanno come destinatari i genitori si presentano come strumenti fortemente accessibili, di facile lettura, piuttosto brevi ‒ composti approssimativamente da 20- 30 pagine ‒ e con una grafica accattivante, colorata e facente uso del disegno infantile (in particolare i libri di CIDDC), pensati per un potenziale pubblico ampio e trasversale. Sono caratterizzati inoltre da un linguaggio semplice, dall’uso frequente di esempi e situazioni concrete, senza rinunciare a fornire qualche riferimento teorico e concettuale, in particolare la guida a cura di Alternative Sociale139. La guida per i caregiver sostitutivi presenta un maggior grado di complessità e lunghezza (60 pagine), vi si trovano molti riferimenti legislativi e il registro risulta più tecnico. Infine gli strumenti pensati per gli insegnanti e in generale per i professionisti utilizzano un registro diverso, più tecnico e specifico e promuovono analisi di più ampio respiro.

Le guide rivolte ai genitori si propongono di affrontare principalmente le seguenti tematiche: ▪ come preparare il proprio figlio alla partenza e alla nuova relazione con il caregiver ▪ cosa succede ai bambini quando i genitori partono

138 Nella prefazione infatti si legge: This publication will be distributed Ukrainian schools notionwide as requested by the Ministry of Education, which was a partner of the project.

139 Ad esempio nella “Guida per i genitori che partono per lavorare all’estero” (Ghid pentru părinţi care pleacă la

muncă în strainătate) viene fatto riferimento alla teoria degli otto stadi di sviluppo promossa da Erikson. Per ogni

stadio illustrato gli autori mettono in luce i bisogni portati da bambini e ragazzi e i conseguenti atteggiamenti da adottare.

▪ come preparare il proprio figlio a un possibile ritorno dalla migrazione ▪ a quali istituzioni ci si può rivolgere in caso di aiuto e di necessità

La preparazione dei figli al momento della partenza assume un’importanza notevole, in quanto nella maggior parte dei casi essa tende ad avvenire molto rapidamente, senza che ci sia il tempo necessario perché i bambini capiscano la novità e prendano confidenza con essa; in molti casi inoltre i genitori non comunicano ai figli la loro scelta di partire, o mentono sulla durata dell’assenza da casa, lasciandoli così a dover affrontare il dato di realtà da soli. All’interno dei due strumenti (CIDDC, 2007; Luca, Pascaru & Foca, 2009b) analizzati, quindi, si insiste molto sulla necessità, da una parte, di non mentire ai propri figli e, dall’altra, di curare con attenzione la partenza, parlando ripetutamente e con grande anticipo con i bambini, provando ad accogliere le loro reazioni di tristezza, rabbia e chiusura, senza imporre la propria autorità, ma lasciando loro la possibilità di esprimere le proprie emozioni ed i propri pensieri rispetto alla novità e promuovendo il rispecchiamento emotivo140. Allo stesso tempo, mentre si forniscono linee guida e strategie di intervento con i bambini, alcune paure e resistenze portate generalmente dai genitori trovano spazio e possibilità di elaborazione e riflessione, come reso evidente dal seguente passaggio:

«I genitori spesso non parlano con i propri figli della partenza perché hanno paura della loro reazione. È normale, gli uomini preferiscono evitare i conflitti e le emozioni negative» (CIDDC 2007, p. 14).

I genitori poi vengono sollecitati a fornire spiegazioni ai figli rispetto alla loro scelta di emigrare, ma senza enfatizzare troppo l’aspetto che vedrebbe la migrazione finalizzata al bene del bambino, in quanto una siffatta motivazione potrebbe indurre quest’ultimo a sentirsi responsabile e colpevole di una tale scelta. Tra le preoccupazioni delle due guide c’è anche quella di incoraggiare i genitori a sostenere e farsi carico preventivamente del percorso di autonomia che il proprio figlio dovrà intraprendere nei diversi contesti della sua vita (a casa, a scuola, con gli amici, ecc), sebbene affidato a un caregiver sostitutivo.

«Provate ad immaginarvi alcune situazioni quotidiane in cui vostro figlio se la dovrà cavare da solo: a casa, a scuola, nella comunità, per strada, con i parenti, con gli sconosciuti, per quanto riguarda la gestione dei soldi e del tempo, con i fratelli. Cercate di parlare di tutto questo e incoraggiatelo ad esercitarsi a prendere delle decisioni» (Luca, Pascaru & Foca 2009b, p. 20).

140 Nelle guide vengono suggerite alcune strategie e alcune frasi da utilizzare che possono aiutare il genitore a favorire il rispecchiamento emotivo con il figlio. Per favorire l’identificazione delle emozioni dei bambini può essere d’aiuto una loro traduzione in parole da parte dell’adulto, ad esempio «Sembri molto deluso. È normale che tu ti senta arrabbiato perché sai che non potremmo stare assieme, però io devo partire perché qui non trovo proprio lavoro» (Cătălin, Pascaru & Foca, 2009b, p. 18).

Implicito in queste raccomandazioni si delinea un’idea di bambino non solo da proteggere, ma di un soggetto competente, da responsabilizzare e guidare verso il raggiungimento di determinate autonomie, visione che si è già avuto modo di presentare e commentare in precedenza. Queste sollecitazioni, tuttavia, vanno di pari passo con l’esortazione a porre attenzione nei riguardi di possibili fonti rischio e pericolo per il bambino. Ad esempio, la guida di Alternative Sociale (Luca, Pascaru & Foca, 2009b) mette in guardia i genitori rispetto ad alcuni rischi che il benessere materiale potrebbe causare nella vita dei figli, specialmente se lasciati soli, in quanto l’invio costante di rimesse li espone, allo stesso tempo, all’invidia dei compagni di scuola e li rende vulnerabili di fronte a tutte le persone che potrebbero approfittarsene.

Un ulteriore aspetto fondamentale toccato dalle guide risulta la preparazione e il passaggio di affidamento al nuovo caregiver che - viene sottolineato - non dev’essere presentato al bambino come un sostituto genitoriale. Viene raccomandato, ad esempio, di coinvolgere il figlio nella scelta della nuova persona che si prenderà cura di lui e di attuare un passaggio graduale, prevedendo alcuni momenti conoscitivi precedenti alla partenza. Nel caso della Moldova, viene sottolineato come, dopo il 10° anno di età del bambino, la legge (art. 143 Codice della Famiglia) stabilisca che l’affido al nuovo caregiver deve avvenire solo previo il consenso del minore. Vengono, infine, illustrate alcune modalità di comunicazione a distanza con i figli, sottolineando l’importanza di non smettere mai di restare in contatto con i figli, scrivendo lettere, email o telefonando. Nella guida si trovano anche alcune frasi esemplificative da utilizzare in diverse occasioni, nel caso in cui si voglia dimostrare vicinanza emotiva con il figlio, per promuovere un ascolto attivo, per incoraggiare. Allo stesso tempo viene sconsigliato l’utilizzo di tutta una serie di espressioni che impedirebbero invece la vicinanza con il figlio e ostacolerebbero il processo di comprensione reciproca tra genitore e minore (CIDDC, 2007).

Si tratta quindi di strumenti che, per quanto insufficienti nel sostenere i genitori e nell’accompagnarli nel processo migratorio, nonché talvolta eccessivamente normativi e didascalici, risultano importanti perché provano ad andare nella direzione del superamento dello stigma riservato ai genitori che migrano, che come abbiamo visto risulta egemone nel discorso pubblico dei tre Paesi analizzati. Inoltre, rivolgendosi ad entrambi i genitori, promuovono una responsabilizzazione nel loro ruolo di cura e di educazione nei confronti dei figli, in netta discontinuità con le politiche statali di protezione dell’infanzia messe in atto sino al 1989 soprattutto in Romania.

La guida di CIDDC (2011) rivolta ai caregiver sostitutivi presenta alcuni elementi in più rispetto a quella rivolta ai genitori. Nella parte introduttiva è presente un inquadramento normativo -

assente nella guida rivolta ai genitori - rispetto alla tutela dell’infanzia nel Paese. Si sottolinea che per la legge moldava i minori da 0 a 18 anni sono considerati bambini e in quanto tali godono di una serie di diritti che i loro genitori o in questo caso un caregiver sostitutivo devono saper garantire loro. Viene richiamata poi la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, ratificata nel 1993 dalla Moldova, valida fino al compimento dei 18 anni, che stabilisce i bisogni evoluti di bambini e ragazzi. Viene poi sottolineato in modo chiaro l’obbligo per i genitori che partono di affidare i figli ad un tutore legale per i minori fino a 14 anni di età. Questo riferimento normativo, assente nella guida del 2007, si deve probabilmente alla progressiva attenzione rivolta dalle istituzioni al fenomeno; è infatti a partire dal 2008, come già osservato, che viene varata una legge in materia di migrazioni da lavoro che istituisce l’obbligo per i genitori migranti di nominare un tutore per i propri figli minori di 14 anni; ed è a partire dal 2010-2011 che viene attuato un piano a tutela dell’infanzia (Cheianu, Gamma, et. al.,2011). Dopo questa prima parte introduttiva, che fa luce sul quadro normativo e sulla suddivisione delle competenze tra genitori, caregiver o tutore legale e stato, segue una sezione dedicata al ruolo e alle funzioni assunte dal sostituto genitoriale. Vengono illustrati i doveri e i rischi per chi decide di ricoprire questa delicata funzione. Nella parte conclusiva invece si descrivono i bisogni evolutivi dei bambini in base alle diverse età, fornendo alcune raccomandazioni sui comportamenti educativi da promuovere. Prendiamo in considerazione, infine, le linee guida destinate agli insegnanti delle scuole primarie e secondarie ucraine. Esse, come già anticipato, nascono in seguito al lavoro “sul campo” svolto attraverso alcuni laboratori creativi ed esperienze di formazione dal nome “Trainers the trainers”, svolte tra l’Italia e l’Ucraina, con la collaborazione dello IOM Italia (settore Integrazione psicosociale e culturale). Nell’introduzione alle linee guida vengono fornite alcune prime finalità e motivazioni del lavoro svolto:

«it is important to render it [the migration] “visible” in the society of emigration and insert it as a bona fide component of school curricula from the primary to secondary level to educate students about this chapter of their national history» (IOM, 2010).

La migrazione delle donne ucraine viene letta come un fenomeno strutturale e facente parte della storia recente del Paese; un evento tuttavia che è sempre più soggetto alle rigide legislazioni in materia migratoria, la cui rigidità è d’ostacolo al benessere delle famiglie transnazionali. Le linee guida prendono le mosse da due quesiti fondamentali, quali:

▪ What does it mean to guarantee students who are the children of emigrant equal opportunities in scholastic success?

▪ What are the pedagogical models and strategie that can serve as bes practices for their