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2.2 Le migrazioni femminili dai Paesi postsocialisti: uno sguardo oltre la cortina

2.2.2 Ucraina

Il 24 agosto 1991 la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, dopo 74 anni (dal 1917), cessa di far parte dell’Unione Sovietica per diventare l’Ucraina, uno stato Stato nazionale, indipendente e democratico.

Il processo che a partire dalla fine degli anni Ottanta ha portato alla dissoluzione dell’U.R.S.S ha alla sua origine fattori tanto di natura politica ed economica, quanto ragioni di ordine sociale e nazionale. Nel caso dell’Ucraina queste ultime sembrano aver avuto un peso maggiore rispetto a quanto accaduto in Russia, vicino al centro del potere (Boeckh & Völkl, 2009). Nelle zone periferiche dell’Unione Sovietica, infatti - nelle regioni baltiche, caucasiche e in quella ucraina - i movimenti che rivedicavano, tanto paficamente quanto militarmente, i propri diritti nazionali rimasero per decenni inascoltati. In Ucraina in particolare fino al 1985, nonostante la nomina di Micheal Gorbačëv e l’avvio in Russia di una politica di trasformazione politica (perestroika e

glasnost), a Kiev la situazione rimase pressoché immutata.

Tra i molteplici fattori che hanno inciso e accellerato il processo di frammentazione interna e di indipendenza dell’Ucraina c’è senz’altro anche il disastro nucleare che ha colpito l’Unione Sovietica e in particolare il territorio ucraino confinante con la Bielorussia e distante soli 100 Km da Kiev. L’incidente nucleare di Čornobyl’, in Italia meglio conosciuta con il nome russo Černobyl’, è avvenuto nel 1986 nella notte tra il 25 e 26 aprile del 1986 a causa di errori umani,

difetti costruttivi e dispositivi di sicurezza inadeguati84. Nonostante la gravità e l’enorme portata

dell’incidente, il disastro nucleare venne negato e messo sotto silenzio, soggetto alla politica della segretezza attuata da Mosca. Solo nel 1988 vennero resi noti per la prima volta i valori relativi ai livelli di radioattività dei generi alimentari (Ibidem). La popolazione in seguito al disastro nucleare non venne informata tempestivamente dei rischi per la propria salute, né istruita rispetto alle norme alimentari e di comportamento da adottare, se non solo molti anni dopo. In modo simile la comunità che viveva nelle aree limitrofe venne evacuata a partire dagli inizi di maggio e sottoposta a cure mediche soltanto il 23 maggio, quasi un mese dopo il disastro nucleare (ivi, p. 207):

«L’incidente nucleare scosse la vita pubblica e privata dell’Ucraina a tal punto da scatenere profondi cambiamenti a livello politico. L’evento divenne il simbolo della svolta decisiva in Ucraina, poiché l’indifferenza dimostrata dalla nomenklatura verso le vittime aveva messo in luce il disinteresse del potere nei confronti della popolazione. La catastrofe di Čornobyl’divenne quindi il catalizzatore dei movimenti di indipendenza nazionale in Ucraina».

Progressivamente la popolazione iniziò a porre maggiore attenzione agli avvenimenti politici, esprimendo con crescente forza il proprio dissenso e la propria critica verso il partito comunista al potere. Si diffusero rapidamente, in particolare nella parte occidentale del Paese e a Kiev, iniziative politiche antisovietiche che venivano considerate illegali, così come gruppi e associazioni che avevano come obiettivo la democratizzazione del Paese, l’apertura verso Occidente e l’avvio di un processo di indipendenza dall’Unione Sovietica. Le manifestazioni e gli scioperi si diffusero progressivamente in tutto il Paese, coinvolgendo nel 1989 anche le aree orientali e in particolare i minatori del Bacino del Donec che quasi in 250.000 incrociarono le braccia: «per la prima volta [..] i lavoratori di lingua russa dell’Ucraina orientale si trovarono al fianco dei dissidenti intellettuali di lingua ucraina dell’Ucraina occidentale» (ivi, 209).

In seguito allʹindipendenza dellʹUcraina, avvenuta come già visto nel 1991, molti cittadini, in modo simile a quanto accaduto in Romania, utilizzarono la migrazione, tanto quella interna quanto quella verso l’estero, come alternativa alla crisi economica e politica vissuta dal Paese conseguente al crollo dell’U.R.S.S. Come già visto nei paragrafi precedenti l’instabilità politica ed economica, il crollo dei salari, un’inflazione galoppante, la crescita della disoccupazione, hanno avuto un forte impatto sulla popolazione. La stabilità del regime, rappresentata

84 «Il fattore scatenante fu un test durante il quale il reattore 4 venne fatto funzionare in condizione di instabilità al di fuori delle procedure previste. Quando si tentò di spegnere il reattore, la potenza di prodotta aumentò esponenzialmente, provocando un surriscaldamento, un’esplosione chimica e quindi la distruzione del reattore» (Boeckh & Völkl 2009, p. 204).

simbolicamente dal prezzo del pane rimasto inalterato per decenni, venne repentinamente meno e la quotidianità diventò più imprevedibile e poco decifrabile. I flussi migratori che inizialmente si muovevano dalle campagne alle città, successivamente presero la strada verso l’estero, verso la vicina Russia o la Repubblica Ceca. Già a partire dal 1992 l’economia ucraina collassò e successivamente nel 1998, in seguito a una nuova ondata di instabilità dovuta soprattutto alla drammatica crisi economica che colpì la Federazione Russa, le cui ripercussioni economiche si fecero sentire in tutte le ex Repubbliche Sovietiche Socialiste, la migrazione ucraina cominciò a dirigersi copiosamente verso i Paesi dell’Europa occidentale. Le donne, in particolare, vennero attratte prevalentemente dai mercati del lavoro dei Paesi mediterranei (Portogallo, Spagna e Italia), mentre gli uomini si diressero in gran parte verso il mercato russo, quelllo francese e tedesco. La maggior parte dei migranti ucraini presenti in Europa Occidentale proviene dalle zone rurali e dalle piccole città, soprattutto dalle aree occidentali del Paese (Torre, 2008). È importante ricordare inoltre come in Ucraina, a partire dal 2014, sia in corso una guerra silenziosa - se pensiamo che è poco lontana dai confini dell’Unione Europea - iniziata con le proteste di Kiev in piazza Maidan, proseguita con la separazione della Crimea, annessa poi alla Federazione Russa confluita infine in un conflitto armato nel Donbass, nell’Ucraina Orientale, coinvolgendo in particolare le zone del Paese confinanti con la Federazione Russa, cioè le autoproclamate Repubbliche Democratiche di Donetsk e Lugansk. In quest’area tuttora si fronteggiano l’esercito ucraino e i “ribelli separatisti filo-russi” sostenuti da Mosca. Sebbene dal 2015 sia in vigore una tregua che ha contribuito a ridurre le violenze, la guerra non si è ancora fermata. La guerra ha già causato 9.000 morti e generato milioni di sfollati interni così come di persone in cerca di Protezione Internazionale. La maggior parte della popolazione in fuga dalla guerra ha chiesto l’asilo politico nei Paesi limitrofi, nella stessa Federazione Russa (911.495), in Bielorussia (126.407), in Moldova e in minima parte anche in Romania, uno dei pochi Paesi europei coinvolti (Kalantaryan, Marchetti & Vianello, 2016).