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La posizione della donna coniugata nell'attribuzione dello

L'ACCERTAMENTO DELLO STATUS DI FIGLIO ALLA LUCE DELLA L 219/

2. L'accertamento della filiazione dentro il matrimonio: la presunzione di paternità e la sua estensione

2.3. La posizione della donna coniugata nell'attribuzione dello

status di figlio. Un ruolo privilegiato?

Ponendo lo sguardo al ruolo materno nell'attribuzione dello stato di figlio, si nota come la legge n. 219 del 2012 non tocchi l'impianto riguardante il sistema di accertamento, lasciando di conseguenza inalterate le criticità esistenti: rimane intatto il meccanismo automatico di attribuzione matrimoniale, dove il rapporto giuridico tra la madre ed il nato si istaura grazie alla menzione da parte della donna del figlio nell'atto di nascita, salvo la volontà della madre di avvalersi della facoltà, prevista dall'art. 30, comma 1 e 2 del d.p.r. n. 396/2000, nuovo ord. st. civ.239, di non essere nominata; così come in caso di nascita fuori dal matrimonio, il legame giuridico di filiazione rimane ancorato ad un atto volontario, conservando intatta la necessità del riconoscimento anche per l'accertamento della maternità.

L'accertamento della maternità della donna coniugata quindi continua a compiersi per l'impulso dell'ufficiale di stato civile, incaricato di redigere l'atto di nascita, che varrà come titolo di stato di figlio nato nel matrimonio, salvo la manifestazione della madre di non voler essere nominata; mentre l'accertamento della maternità naturale continua ad operare solo a seguito di un atto di volontà della donna, tale da esplicitare l'intenzione della madre di costituire il rapporto di filiazione.

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Il citato articolo 30, comma 1 e 2 recita "La dichiarazione di nascita è resa da uno dei due genitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dall'ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l'eventuale volontà della madre di non essere nominata. Ai fini della formazione dell'atto di nascita, la dichiarazione resa all'ufficiale dello stato civile è corredata da una attestazione di avvenuta nascita contenente le generalità della puerpera nonché le indicazioni del comune, dell'ospedale, casa di cura o altro luogo ove è avvenuta la nascita, del giorno e dell'ora della nascita e del sesso del bambino".

Un sistema di attribuzione dello status per parte materna, dunque, che continua ad essere guidato da due principi fa loro opposti, il principio tendenzialmente automatico240 ed il principio volontaristico, in base al fatto che la nascita consegua da donna coniugata o non.

Tuttavia, qualunque sia il contesto in cui avviene la nascita, le disposizioni codicistiche, in particolare gli artt. 231, 250 e 253 c.c. e le previsioni del nuovo ordinamento dello stato civile (artt. 29 e 30), sembrano delineare un sistema di accertamento della filiazione dal lato materno da cui si scorge una posizione supremazia dalla donna nei riguardi della costituzione dello status del figlio241.

Guardando all'accertamento della filiazione nel matrimonio, la previsione che permette alla donna di non voler essere nominata nell'atto di nascita, secondo quanto disposto dall'art. 30, comma 1 del d.p.r. n. 396/2000, sembra rilevare una discrezionalità in capo alla madre circa l'attribuzione dello status del figlio: di questa facoltà può avvalersi, non solo quando il figlio sia il frutto di una relazione extramatrimoniale, così da impedire l'operatività della presunzione di paternità242, ma anche - seppur la dottrina non è unanime sul punto - nel caso in cui il figlio sia stato concepito ad opera del marito, negando in tal modo lo status di legittimità del figlio.

240

In tal senso M. MANTOVANI, Questioni in tema di accertamento della

maternità naturale e sistema dello stato civile, in Genitori e figli: quali riforme per le nuove famiglie, a cura di G. FERRANDO - G. LAURINI, Milano, 2013, cit. p. 60.

241

Parla di "signoria femminile sullo status del figlio" P. ZATTI, Il diritto della

filiazione: dal dominio dei modelli al problema degli interessi, in Famiglia a vent'anni dalla riforma, a cura di BELVEDERE- GRANELLI, Padova, 1996, p. 83;

mentre parla di arbitrio M. SESTA, in Filiazione naturale: Statuto e accertamento, Milano, 2001, p. 9.

242

P. ZATTI, Il diritto della filiazione: dal dominio dei modelli al problema degli

interessi, cit., p. 84 ss, l'a. sottolinea come "la madre governa in qualche modo anche

le presunzioni, perché dichiarando la filiazione naturale la esclude, e tacendo la lascia operare".

In particolare, se l'attribuzione alla madre non coniugata della facoltà di non essere nominata nell'atto di nascita, non aveva mia creato dubbi, essendo connessa al principio volontaristico dell'accertamento della filiazione avvenuta fuori dal matrimonio (per il quale è il genitore a decidere se riconoscere o meno il figlio), viceversa aveva dato luogo ad un lungo dibattito, sia a livello civilistico che penalistico, la questione se la madre coniugata potesse, allo stesso modo pretendere di non essere nominata nell'atto di nascita di un figlio concepito in costanza di matrimonio, ma con persona diversa dal marito.

La dottrina e la giurisprudenza fino alla metà del secolo scorso erano fermi su un'interpretazione più aderente alla lettera degli artt. 231 e 235 c.c., secondo la quale la presunzione di paternità operava al momento della nascita, con la conseguenza che al figlio concepito in costanza di matrimonio, spettava in ogni caso lo status di figlio legittimo e come tale doveva essere dichiarato nell'atto di nascita243. Il risultato di tale interpretazione portava ad evidenziare come l'indicazione della madre e del marito come padre - anche contro verità - dovevano essere sempre presenti nell'atto di nascita di un figlio nato in costanza di matrimonio, pena la responsabilità per il delitto di alterazione di stato244: di conseguenza la nascita di un figlio concepito da donna coniugata con una persona diversa dal marito doveva comunque seguire le regole indicate per la denuncia delle

243

In tal senso TRIMARCHI, voce della Filiazione, in Enc. Giur, XVII, Milano, 1968, p. 464; ATTARDI, Efficacia giuridica degli atti dello stato civile, Città di Castello, 1949, p. 93 ss.

244

P. ZATTI, Il diritto della filiazione: dal dominio dei modelli al problema degli

interessi, cit., p. 84, rileva che la donna coniugata che aveva intenzione di impedire

l'attribuzione al marito della paternità del figlio, frutto di una relazione extraconiugale, non aveva altra via se non quella "perigliosa e umiliante" del rifiuto di essere nominata nell'atto di nascita, il quale si formava senza l'indicazione della maternità.

nascite "da unione legittima", così come prevedevano gli artt. 70 e 73 del r.d. n. 1238/1939, Ord. st. civ245.

Maggior consenso, anche a seguito del revirement della Corte di Cassazione a Sezioni Unite riguardo il reato di alterazione di stato246, raccoglieva invero la tesi secondo cui la presunzione di paternità operava solo a seguito della formazione del titolo dello stato di figlio legittimo247.

Secondo tale orientamento, l'acquisto dello status di figlio legittimo non avveniva per il semplice fatto della nascita da donna coniugata, ma alla formazione dell'atto di nascita: ciò comportava che il marito non era obbligatoriamente indicato come padre a seguito della nascita di un figlio nato durante il matrimonio, bensì solo a seguito della formazione del titolo dello stato di figlio legittimo. Questo implicava, nel caso in cui il marito non fosse il padre, che l'indicazione del suo nome non fosse obbligatoria proprio perché, fino a quando non fosse

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Bisogna infatti sottolineare come ai sensi dell'abrogato ordinamento dello stato civile, vigesse un duplice sistema di denuncia e di accertamento della filiazione, a seconda che la nascita fosse avvenuta in un'unione legittima o illegittima: nel primo caso la denuncia prescindeva dalla volontà dei genitori e la filiazione era accertata in base alle risultanze dell'atto di nascita; nel secondo caso le indicazioni dei genitori dipendevano unicamente dalla volontà degli stessi e la filiazione veniva accertata in base alle risultanze del riconoscimento. Così rileva U. MAJELLO, Della filiazione

naturale e della legittimazione, in Comm. cod. civ., a cura di A. SCIALOJA e G.

BRANCA, Bologna - Roma, 1983, cit. p. 35.

246

Cass. penale Sez. Un., 30 maggio 1959, in Foro it., 1959, p. 201 con nota di L. DE VILLA, Riconoscibilità del figlio adulterino e alterazione di stato; in Giust. civ., 1959, p. 1999, con nota di M. STELLA RICHTER, Ancora sulla filiazione

adulterina e l'alterazione di stato.

247

Teoria risalente a A. CICU, In difesa del titolo di stato, in Riv. trim. dir. proc. civ, 1950, p. 285 ss.; v. anche fra i molti C. DELITALA, Disconoscimento di paternità,

atto di nascita e "titolo" di stato, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1971, p. 1130; G.

CATTANEO, Della filiazione legittima, cit., p. 42, secondo il quale "Sebbene l'art. 231 c.c. non menzioni il titolo di stato, e neppure gli articoli successivi lo dichiarino necessario affinché scatti la presunzione di paternità, deve convenirsi che la necessità di questo presupposto risulta dall'insieme del sistema normativo; Orientamento seguito in maniera costante anche dalla Corte di Cassazione Sez. civili, si veda a tal proposito: Cass., Sez. Un., 15 marzo 1934, n. 828, in Giur. it., 1934, p. 386; Cass., 28 ottobre 1965, n. 2284, in Giust. civ., 1965, p. 1168; Cass., 25 luglio 1975, n. 2532, in

venuto ad esistenza un titolo dello stato, non era applicabile la presunzione di paternità, con l'ulteriore conseguenza che il bambino poteva essere denunciato come figlio di una donna che non voleva essere nominata, ed eventualmente riconosciuto dal padre naturale se non coniugato.

La riforma del diritto di famiglia del 1975, con l'abrogazione del divieto di riconoscimento dei figli adulterini da parte del genitore coniugato, sembra aver sostenuto la tesi che subordinava l'operatività della presunzione di paternità alla formazione del titolo di stato di figlio legittimo, eliminando così l'ostacolo che impediva il riconoscimento del figlio naturale da donna coniugata248, con lo scopo di far emergere la verità del rapporto di filiazione.

Difatti è stato sottolineato dalla dottrina dominante come, a seguito della nuova formulazione dell'art. 250, comma 1, la donna coniugata che concepisce un figlio con persona diversa dal marito, potrebbe esercitare il diritto di riconoscere direttamente il neonato come proprio figlio naturale nell'atto di nascita, oppure il diritto di non essere nominata nell'atto di nascita, solo se si sostiene che la presunzione di paternità del marito non operi automaticamente al momento della nascita del figlio249.

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L'art. 250, comma 1, a seguito della riforma del 1975 stabiliva infatti che "Il figlio naturale può essere riconosciuto [...] dal padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento". Da notare come durante i lavori preparatori della riforma della filiazione, si era proposto di risolvere il problema del riconoscimento dei figli naturali da parte di genitori coniugati, attraverso l'art. 250 bis che recitava:"Possono essere riconosciuti anche dal genitore che dal genitore che al tempo del concepimento era unito in matrimonio, dopo che il matrimonio si sia sciolto o ne siano cessati gli effetti civili, ovvero quando vi sia il consenso dell'altro coniuge". La norma fu superata dal testo definitivo dell'art. 250 c.c., il quale ammetteva il riconoscimento senza preclusioni. Per approfondimenti sul punto v. DEANGELI, Madre coniugata e riconoscimento del figlio naturale, in Riv.

trim. dir. e proc. civ., 1995, p. 1443 ss.

249

Ipotesi ammessa da G. FERRANDO, Status legitimitatis e riconoscimento

compiuto dalla madre coniugata, in Giur. it., 1983, p. 823; M. DOGLIOTTI, Su

Tale soluzione è stata fatta propria della giurisprudenza di legittimità, la quale ha sostenuto come la presunzione di cui all'art. 231 c.c. non operi per il semplice fatto della procreazione da donna coniugata, ma in virtù della dichiarazione della legittimità del figlio operata nell'atto di nascita, o in mancanza, del relativo possesso di stato, vista la funzione integrativa dell'atto di nascita da parte della presunzione di paternità250.

Allo stesso tempo, il nuovo ordinamento dello stato civile, attuato con il d.p.r. del 3 novembre 2000 n. 396, ha confermato l'adeguamento della disciplina della formazione dell'atto di nascita all'orientamento dominante in dottrina e giurisprudenza per ciò che concerne il caso in cui il figlio è concepito da donna coniugata con persona diversa dal marito: difatti l'art. 30, comma 1, riproducendo il testo dell' art. 70 del regio decreto n. 1238 del 1939 come modificato dalla l. 5 maggio 1997, n. 127,251 ha espressamente previsto il diritto della partoriente coniugata di non essere nominata nell'atto di nascita.

1984, p. 587 ss; G. CATTANEO, Della filiazione legittima, cit., p. 43 ss. Di opinione diversa gli autori che continuano a sostenere che la donna coniugata possa dichiararsi madre naturale solo a seguito del preventivo e vittorioso esperimento dell'azione di disconoscimento di paternità,visto che lo stato di legittimità, secondo tale opinione, continua ad essere acquistato per il semplice fatto della nascita, v. VIOLANTE,

Status del figlio naturale e riconoscimento del figlio adulterino da parte della madre coniugata, in Rass. dir. civ., 1982, p.424; DE CUPIS, Della filiazione legittima, p. 42

ss.; F. VITALI, Lo stato civile, Milano, 2001, p. 199 ss.

250

Cass. 2 aprile 1987, n. 3184, in Nuova Giur. comm., 1987, p. 702 ss; Cass. 10 ottobre 1992, n. 11073, in Dir. fam., 1993, 468 ss; Cass., 5 aprile 1996, n. 3194, in

Foro it., 1997, I, p. 2996; Cass., 27 agosto 1997, n. 8059, in Fam. e dir., 1998, p. 79;

Nella giurisprudenza di merito, Trib. Genova, 1 giugno 1982, in Giur. merito, 1984, p.324; Trib. Trapani, 1 marzo 1982, in Giur. merito, 1984, p. 587, con nota di DOGLIOTTI; Trib. Rimini, 24 marzo 1995, in Dir. fam., 1996, p. 569 ss; Trib. Reggio Emilia, 30 gennaio 2006 e Trib. Salerno, 4 agosto 2008, in DeJure.

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La legge n.127/1997 recante "Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa" oltre a contenere la delega al governo per la riforma dell'ordinamento dello stato civile, è intervenuta modificando l'art. 70. Nel nuovo testo è stato previsto che "la dichiarazione di nascita è resa indistintamente da uno dei due genitori, ovvero dal medico dall'ostetrica [...]", aggiungendo l'inciso "rispettando l'eventuale volontà della madre di non essere nominata". Si è sottolineato in dottrina come la precisazione e la sua formulazione negativa rendesse evidente il riferimento al caso della formazione dell'atto di nascita di un figlio di donna coniugata, cioè quel caso in cui, secondo altra parte della dottrina, vigeva la regola dell'indicazione nell'atto di nascita di entrambi i genitori (secondo quanto riferito dall'art. 73 ord. st.

Emergerebbe pertanto da questa analisi come la madre coniugata abbia sempre la possibilità di non istaurare alcun rapporto giuridico con il nato, tanto che si parla di "un'irruzione di un coefficiente volontaristico nell'accertamento della filiazione matrimoniale252: ella, scegliendo di non essere nominata, preclude in sostanza l'operatività della presunzione di paternità in favore del marito, tanto che si potrebbe scorgere un potere illimitato in capo alla madre di disporre dello status del nato.

È necessario tuttavia rilevare come sul punto la dottrina non sia unanime.

Vi è chi253 difatti individua nell'ampia formulazione dell'art. 30, comma 1 del d.p.r. 396/2000, un diritto all'anonimato materno di carattere generale, senza specificazioni, che di fatto attribuisce alla madre coniugata la facoltà di non farsi nominare nell'atto di nascita, anche quando il figlio sia stato effettivamente concepito con il marito (e non solo quando questo sia il frutto di un rapporto extramatrimoniale), attribuendo in tal modo alla donna un vero e proprio potere discrezionale di qualificare il rapporto di filiazione. A sostegno di tale interpretazione si argomenta, come il diritto all'anonimato materno, coerentemente con il sistema normativo

civ). Così M. DOSSETTI, L'accertamento della filiazione legittima tra automatismo

e principio volontaristico, in Giur. It., 2000, p. 1995; nello stesso senso RENDA, L'accertamento della maternità, Torino, 2008, cit. p. 16, in cui rileva come l'art. 30,

comma 1 ord. st. civ., sembra riferirsi esclusivamente alla partoriente coniugata, giacché la facoltà di non essere nominata "ha senso giuridico in quanto si innesti sull'incontestato presupposto che il sistema di accertamento della filiazione da donna coniugata sia automatico".

252

M. MANTOVANI, Il primato della maternità nell'accertamento dello status di

figlio, in Liber amicorum per Dieter Henrich, Tomo I, Parte generale e persone,

Torino, 2012, cit. p. 153.

253

M. SESTA, La filiazione, in Trattato di diritto privato, diretto da M. BESSONE, Il

diritto di famiglia, III, Torino, 1999, p. 10 ss; UDA, Presunzione di paternità e prove della filiazione legittima, in Trattato di diritto di famiglia, diretto da P. ZATTI, II,

Milano, 2002, p. 91; CAMPANATO - ROSSI - ROSSI, La tutela giuridica del

vigente, abbia invero la funzione di garantire ad ogni madre, al momento del parto, la possibilità di decidere se istaurare o meno un legame giuridico con il bambino, così da prevenire l'interruzione di gravidanza o addirittura l'infanticidio254. Siffatta prerogativa, risulterebbe in linea con quanto affermato dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 171 del 1995, la quale, in un obiter dictum, ha sostenuto che "qualunque donna partoriente, ancorché da elementi informali risulti trattarsi di coniugata, può dichiarare di non volere essere nominata nell'atto di nascita"255.

Una volontà materna che è stata pertanto definita arbitra256 in ordine all'attribuzione dello status del nato, le cui conseguenze applicative peraltro non sono di poco conto, poiché, qualora la moglie che ha generato il figlio con il proprio coniuge decida di non voler essere nominata, non vi sarà alcuna attribuzione di paternità al marito, in quanto l'operare dell'art. 231 c.c. dipende dall'indicazione della generalità della madre nell'atto di nascita, secondo quanto disposto dagli artt. 29 e 30 ord. st. civ.

Invero, il punto debole di tale impostazione risulta proprio essere la posizione del marito: non può sottacersi , come de iure condendo, sia stata segnalata la necessità di bilanciare il diritto di autodeterminazione della donna con il diritto dell'uomo alla

254

M. SESTA, , Le azioni di stato, in Trattato di diritto privato, diretto da M. BESSONE, VI, Il diritto di famiglia. Filiazione, adozione, alimenti, a cura di T. AULETTA, cit. p. 165.

255

Corte Cost., 5 maggio 1994, n. 171, in Fam. dir., 1994, p. 376 ss, con nota di G. SCIANCALEPORE; in Giust. civ., 1994, p. 1769. In quell'occasione la Corte Costituzionale, anteriormente all'entrata in vigore del d.p.r n. 396/2000, aveva dato parere positivo circa il principio dell'anonimato materno, dichiarando inammissibile la questione di costituzionalità dell'art. 10, l. 184/1983, in riferimento ad una fattispecie di dichiarazione di adottabilità di un bambino, denunciato come figlio di donna coniugata, la quale non intendeva essere nominata.

256

Così M. SESTA, Le azioni di stato, in Trattato di diritto privato, diretto da M. BESSONE, VI, Il diritto di famiglia. Filiazione, adozione, alimenti, a cura di T. AULETTA, cit. p. 165, dove rileva testualmente: "l'art. 30, comma 1, d.p.r. n.396/2000 ha intaccato fortemente il principio di formazione de iure del titolo di stato di figlio legittimo, che, in qualche modo, risulta essere parificata a quella del titolo di filiazione naturale, nel senso che la volontà materna appare oggi arbitra, nell'uno come nell'altro caso, in ordine all'attribuzione dello status al nato".

formazione del titolo legale di paternità: diritto quest'ultimo, che nella cornice della riforma della filiazione del 2012/2013, sembra anzi essersi rafforzato, vista la conferma, nonché l'estensione, della presunzione di paternità. Occorre ricordare a tal proposito, come anche in anni passati, sia stato proposto di prevedere per legge la necessità di una dichiarazione congiunta dei coniugi riguardo alla nascita del figlio fuori dal matrimonio, oppure la menzione dei coniugi come legittimati all'azione di reclamo dello stato di figlio matrimoniale257. La dottrina più recente, nel medesimo intento di riequilibrare le posizioni di marito e moglie, ha proposto di riconoscere in capo al marito il potere di opporsi alla dichiarazione della moglie, nonché, in caso di nascita da coniugi separati, la possibilità per l'uomo di poter porre in essere una dichiarazione che gli attribuisca la paternità, in modo tale che il nato conservi la condizione di figlio nato nel matrimonio258.

Altra parte della dottrina259, all'opposto, ritiene che non sia accettabile un'interpretazione dell'art. 30 ord. st. civ che porti di fatto ad attribuire in capo alla donna il potere incondizionato di decidere se formare o meno il titolo dello stato di figlio.

257

In tal senso P. VERCELLONE, La filiazione legittima, naturale, adottiva e la

procreazione artificiale, in Trattato Vassalli, Torino, 1987, p. 102.

258

Così G. FERRANDO, La nuova legge sulla filiazione. Profili sostanziali, in Corr.

giur., 2013, p. 533; P. MOROZZO DELLA ROCCA, Costituzione e demolizione dello stato di figlio nato fuori dal matrimonio, in La nuova disciplina della filiazione,

Santarcangelo di Romagna, 2015, p. 99 ss.

259

V. M. DOSSETTI, Sull'accertamento dello status del figlio nato in costanza di

matrimonio, in Fam. dir., 2007; ID, L'Accertamento della filiazione legittima tra