Università di Pisa
Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza
L'accertamento dello stato di figlio
Tra conferme legislative e nuove prospettive giurisprudenziali
Candidato Relatore
Monica Bertelli Chiar.ma Prof.ssa Caterina Murgo
Anno Accademico
2015 / 2016
INDICE
CAPITOLO I
L’unificazione dello status filiationis: l’evoluzione normativa dal codice del 1942 alla legge n.219/2012
1. Filiazione legittima ed illegittima nel codice civile del 1942 p.1 2 . La Carta costituzionale e la sua interpretazione evolutiva in
materia di filiazione p.8
3. La riforma del diritto di famiglia del 1975 attua una parziale
parificazione tra figli legittimi e naturali p.17 3.1 Dal favor legitimitatis al favor veritatis p.24 4. La legge n. 219 del 2012: l'unificazione dello status filiationis p.29
4.1 Analisi delle principali modifiche al codice civile
introdotte dalla riforma p.33
4.2 Art. 315 bis c.c.: lo statuto dei diritti e doveri dei figli p.39 5. I principi ed i criteri direttivi contenuti nella delega al Governo
e la loro attuazione con il D. lgs n. 154 del 2013 p.51 5.1 La nuova disciplina della responsabilità genitoriale a
confronto con la potestà p.64
CAPITOLO II
L'accertamento dello status di figlio alla luce della l. 219/2012
1. Premessa: lo stato di figlio p.78
2 . L'accertamento della filiazione dentro il matrimonio: la
presunzione di paternità e la sua estensione p.83 2.1 La presunzione di concepimento in costanza di
matrimonio p.91
2.2 Una proposta de iure condendo: la presunzione di
paternità e la filiazione non matrimoniale p.94 2.3 La posizione della donna coniugata nell'attribuzione
3. L'accertamento della filiazione fuori dal matrimonio: il
riconoscimento p.110
3.1 La legittimazione a riconoscere p.119 3.2 L'assenso del figlio ed il consenso del genitore secondo
riconoscimento p.122
3.3 L'opposizione al secondo riconoscimento e l'esclusivo
interesse del figlio p.126
4. Un profilo non esente da criticità: l'accertamento della
maternità da parte della donna nubile p.129
CAPITOLO III
Il riconoscimento dello status conseguito all'estero ai figli nati da procreazione medicalmente assistita e gestazione per conto di altri
1. Premessa p.138
2 . Il diritto internazionale privato e la determinazione dello status
di figlio p.139
2.1 I certificati di nascita rilasciati all'estero p.144 2.2 L'interesse del minore nel diritto internazionale privato p.146 3. La trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero a seguito di
accordi da maternità surrogata p.149
3.1 Le proposte in seno al Parlamento europeo per una soluzione unitaria in merito al fenomeno della gestazione
per conto di altri p.155
4. La trascrizione dell'atto di nascita straniero del figlio di due
donne: il sì della Corte d'appello di Torino p.157 4.1 Gli snodi argomentativi della Corte di merito. La
legittimazione alla trascrizione dell'atto di nascita del
minore p.161
4.1.1 I criteri di individuazione del limite dell'ordine pubblico tra il concetto di vita familiare e la
4.1.2 La centralità del ruolo del minore ei il suo
superiore interesse p.169
4.2 L'intervento della Corte di Cassazione p.172 4.2.1 L'ordine pubblico internazionale: una nozione
in evoluzione p.173
4.2.2 Il diritto alla continuità dello status
validamente acquisito all'estero p.175
4.2.3 Il riconoscimento in Italia dello stato di figlio nato da due donne non contrasta con la legge n.
40/2004 p.178
4.2.4 Mater semper certa est: un principio di rango
costituzionale? p.179
4.2.5 La famiglia. Una comunità di affetti p.181 5. L'adozione con effetti legittimanti dichiarata all'estero: due
corti a confronto p.184
6. La Corte Costituzionale e la trascrizione dei provvedimenti
stranieri di adozione coparentale p.191
6.1 La questione di legittimità costituzionale sollevata dal
Tribunale dei minorenni di Bologna p.192
6.2 L'ammissibilità dei provvedimenti stranieri di stepchild
adoption: l'individuazione del quadro normativo di
riferimento p.194
7. L'adozione del figlio del convivente in Italia attraverso l'istituto
delle adozioni in casi particolari p.199
7.1 La contestata impossibilità dell'affidamento preadottivo
ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett d) della legge n. 184/1983 p.203 8. La Cassazione e l'interpretazione estensiva dell'art. 44, comma
1, lett. d) della legge n. 184/1983 p.208
Conclusioni p.212
Bibliografia p.214
Giurisprudenza p.233
CAPITOLO I
L'UNIFICAZIONE DELLO STATUS FILIATIONIS:
L'EVOLUZIONE NORMATIVA DAL CODICE DEL 1942 ALLA LEGGE N. 219/2012
SOMMARIO - 1. Filiazione legittima ed illegittima nel codice civile del 1942; - 2. La Carta costituzionale e la sua interpretazione evolutiva in materia di filiazione; - 3. La riforma del diritto di famiglia del 1975 attua una parziale parificazione tra figli legittimi e naturali; - 3.1. Dal favor legitimitatis al favor veritatis; - 4. La legge n. 219 del 2012: l'unificazione dello status filiationis; - 4.1. Analisi delle principali modifiche al codice civile introdotte dalla riforma; - 4.2. Art. 315 bis c.c.: lo statuto dei diritti e doveri dei figli; - 5. I principi ed i criteri direttivi contenuti nella delega al Governo e la loro attuazione con il D. lgs n. 154 del 2013; - 5.1. La nuova disciplina della responsabilità genitoriale a confronto con la potestà.
1. Filiazione legittima ed illegittima nel codice civile del 1942
Il raggiungimento dell'unificazione dello status filiationis è frutto di un lento percorso normativo, che ha preso avvio con la riforma del diritto di famiglia del 1975 ed è giunto a compimento con la legge 10 dicembre n. 219 intitolata " Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali", la quale ha introdotto per la prima volta nell'ordinamento giuridico italiano il principio dell'unicità dello status di figlio. È stata così eliminata la tradizionale distinzione tra figli legittimi e figli naturali basata sull'esistenza o meno del vincolo matrimoniale tra i genitori. La riforma ha cancellato tutte le differenze presenti nella disciplina del rapporto di filiazione che dipendevano
dall'origine matrimoniale o non matrimoniale del figlio1: il matrimonio tra i genitori non è più un fattore indispensabile per far sorgere lo
status di figlio in quanto, dando piena attuazione ai principi
costituzionali presenti in materia, il legislatore ha sancito come la condizione giuridica del figlio sia un valore autonomo da tutelare2. La riforma ha altresì mantenuto l'impianto del 1975 per ciò che concerne la costituzione del rapporto di filiazione, continuando a prevedere da un lato un meccanismo automatico di accertamento della filiazione per il nato in costanza di matrimonio, dall'altro la necessità di un accertamento volontario o un accertamento giudiziale per il figlio nato fuori dal matrimonio.
Per capire a pieno la portata innovativa della legge n. 219 del 2012 in ordine al principio di unicità dello status di figlio, ritengo che sia necessario analizzare l'evoluzione che ha compiuto nel corso degli anni il diritto della filiazione a partire dal codice civile del 1942, concentrando l'attenzione su quei mutamenti che hanno portato all'unificazione dello status filiationis.
Il codice civile del 1942, il cui Libro primo entrò in vigore nel luglio del 1939, ricalcava la struttura dei rapporti familiari presenti nel codice civile del 1865, il quale a sua volta era stato costruito sulla base della tradizione napoleonica3; si delineava quindi un modello di famiglia autoritario e gerarchico4, basato sulla podestà maritale e paterna. Altrettanto fondamentale nella delineazione del sistema familiare fu il
1
M. DOSSETTI, Riforma filiazione: come cambia la disciplina dell'accertamento e
delle azioni di stato, 2014, su www.quotidianogiurdico.it
2
R. PICARO, Stato unico della filiazione. Un problema ancora aperto, Torino, 2013, p. 175.
3
M. BESSONE- G. ALPA- A. D'ANGELO- G. FERRANDO- M.R. SPALLAROSSA, La famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme
legislative, orientamenti della giurisprudenza, Bologna, 2002, p. 13 ss.
4
G. GIACOBBE, La famiglia nell'ordinamento giuridico italiano. Materiali per una
clima in cui il codice civile si formò: la dittatura fascista e la sua l'ideologia hanno contribuito ad enfatizzare i caratteri autoritari nonché patriarcali dei rapporti familiari, accentuando da una parte la posizione di supremazia del capofamiglia e dall'altra la posizione di subordinazione della moglie e dei figli. La famiglia viene inoltre intesa come istituzione alle dipendenze dello Stato e portatrice di un interesse superiore coincidente con quella del regime fascista che prevaleva sugli interessi individuali dei singoli membri che la componevano5. Specificatamente, per ciò che riguardava il regime di filiazione, il legislatore del 1942, riservava ai figli nati fuori dal vincolo di coniugio un trattamento giuridico diseguale e deteriore rispetto a quello spettante ai figli legittimi. La concezione dell'epoca infatti si traduceva nel riconoscere come lecito quel modello familiare che trovava il suo fondamento nel matrimonio: solo in questo ambito il figlio trovava dignità e piena protezione6.
In particolare nel Capo I e II del Titolo VII del Libro primo, veniva riproposta l'antica distinzione7 tra figli legittimi e figli illegittimi, a seconda che i genitori fossero uniti o meno in matrimonio .
5
M. SESTA, Diritto di famiglia, 2005, Padova, p. 16.
6
M. SESTA, L'unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni
familiari, in Fam. dir., 2013, p. 231; a conferma v. anche A. CICU, La filiazione, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da F. Vassalli, vol. III, tomo II, Utet, Torino,
1969, cit., p. 2: " L'imperniarsi della famiglia, come istituto giuridico, sul matrimonio, fa sì che soltanto la procreazione da matrimonio dia luogo pleno jure al rapporto di filiazione. Ciò spiega la diversa condizione giuridica che il legislatore fa alla prole nata fuori dal matrimonio: non si può equiparare la condizione giuridica di questa con quella dei figli legittimi, senza svalutare l'istituto del matrimonio e con esso quello della famiglia".
7
E. FALLETTI, La lunga strada dell'equiparazione tra filiazione legittima e
naturale, in Vita not., 2007, p. 1, in cui si sottolinea come il differente trattamento
che il Codice civile del 1942 riservava ai figli naturali rispetto ai figli legittimi trovava la sua origine nel diritto romano che distingueva tra filii iusti o legitimi e filii
naturales o vulgo concepti. Tale distinzione ha innervato il diritto di famiglia nei
vari secoli giungendo fino al Codice napoleonico, ai codici preunitari e al Codice civile italiano del 1865, il quale rappresentava per altro la traduzione letterale del codice francese.
Questa contrapposizione portava con sé una differente posizione giuridica del figlio che si esplicava nel conferire alla sola filiazione legittima la pienezza dello status filiationis8.
I figli nati all'interno del vincolo matrimoniale beneficiavano infatti di una tutela completa: l'art 147 c.c. imponeva ai genitori l'obbligo al mantenimento, all'educazione ed all'istruzione, gli ascendenti a loro volta erano tenuti al mantenimento ex art 148, ultimo comma, c.c., ed infine l'art 433 c.c. prevedeva che anche i parenti, in determinate circostanze, fossero soggetti all'obbligo alimentare .
Per ciò che concerneva i figli illegittimi riconosciuti, il compilatore all'art 258 c.c. prevedeva un'identica tutela, ma solo nei confronti del genitore che avesse effettuato il riconoscimento; mentre per i figli illegittimi non riconosciuti o non riconoscibili, l'art 279 c.c. predisponeva solamente un sussidio di natura alimentare da parte del genitore9.
In linea con la disciplina riguardante il rapporto di filiazione fin qui richiamata, vi erano le regole relative all'accertamento dello status, il cui principio ispiratore era quello del favor legitimitatis: per figli nati all'interno del vincolo coniugale vi era un'attribuzione automatica della paternità o maternità in presenza delle situazioni previste dalla legge.
Il codice difatti predisponeva un sistema di accertamento dello status
che privilegiava la presunzione di legittimità del figlio generato in costanza di matrimonio. Nello specifico i presupposti per la legittimità della filiazione erano individuati da una parte in due circostanze ben accertabili, quali il matrimonio dei genitori ed il parto della moglie e, dall'altra, in due circostanze - per loro natura incerte - che venivano invece determinate tramite presunzioni legali, quali il concepimento in
8
M. SESTA, La filiazione, in Trattato di diritto privato, diretto da M. Bessone, vol. IV, Filiazione, adozione, alimenti, a cura di T. Auletta, Torino, 2011, cit. p. 4.
9
M. SESTA, Famiglia e figli a quarant'anni dalla riforma, in Fam. dir. 2015, p. 1009.
costanza di matrimonio e la paternità del marito. L' applicazione delle presunzioni di legge portavano ad attribuire la paternità al marito della donna che aveva concepito il figlio in costanza di matrimonio, a prescindere dal fatto che questi potesse essere biologicamente il padre. Accanto ad un sistema rigido di attribuzione della paternità, il codice delineava inoltre un'azione di disconoscimento il cui esercizio era alquanto limitato: questa spettava esclusivamente al marito e nei casi indicati dal codice10.
L'ampia applicazione delle presunzioni legali di paternità da una parte ed il difficile esercizio dell'azione di disconoscimento di paternità dall'altra, agevolavano quindi l'attribuzione dello stato giuridico di figlio legittimo anche in quelle situazioni in cui era palese che il marito non fosse l'autore del concepimento11 .
La ratio, difatti, del favor legitimitatis, che imperniava il codice del '42 consisteva principalmente nel tutelare la stabilità e l'onore della famiglia legittima a discapito della verità della procreazione12, in quanto il superiore interesse della famiglia coincideva nel conservare lo status di figlio legittimo una volta acquistato.
Per ciò che riguardava la filiazione concepita fuori dal matrimonio, la legge non sempre concedeva al figlio di conseguire uno status
filiationis13. Nello specifico, solo in presenza di un figlio nato da genitori non coniugati tra di loro e né sposati con altri, il codice
10
L'art. 235 c.c. concedeva l'esercizio dell'azione di disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio nei seguenti casi: 1) se i coniugi non avevano coabitato nel periodo compreso fra il trecentesimo ed il centottantesimo giorno prima della nascita; 2) se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche se soltanto di generare; 3) se nel detto periodo la moglie aveva commesso adulterio e ha tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio.
11
G. FERRANDO, Libertà, responsabilità e procreazione, Cedam, 1999, p. 134.
12
A tale proposito A. CICU, La filiazione, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da F. Vassalli, vol. III, tomo II, Utet, Torino, 1969, dove l' A. afferma che " non vi è coincidenza piena fra il fatto naturale della filiazione ed il rapporto giuridico della filiazione. La procreazione non sempre dà luogo ad un rapporto giuridico di filiazione".
13
A. CICU, La filiazione, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da F. Vassalli, vol. III, tomo II, Utet, Torino, 1969, p. 158 ss.
prevedeva la possibilità di attribuire senza limitazioni lo status tramite un atto volontario del genitore, quale il riconoscimento. Tuttavia tale stato di figlio, a differenza di quello di figlio legittimo, creava un rapporto di filiazione solo con il genitore che aveva effettuato il riconoscimento .
Viceversa, in presenza di figli adulterini e figli incestuosi, il codice escludeva, in linea generale, che questi potessero essere riconosciuti, salvo alcune eccezioni previste dalla legge: era infatti ammesso il riconoscimento del figlio adulterino da parte del genitore che al tempo del concepimento non era unito in matrimonio. D’altra parte, il genitore che risultava coniugato al tempo del concepimento poteva riconoscere il figlio qualora vi fosse stato l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio per morte dell'altro coniuge: in tale caso il genitore doveva essere ammesso al riconoscimento con decreto reale, previo parere del consiglio di stato, se erano presenti figli legittimi14.
Il riconoscimento dei figli incestuosi era invece limitato all'ipotesi in cui il genitore al tempo del concepimento ignorasse il vincolo di parentela o di affinità.
La condizione deteriore dei figli nati fuori dal vincolo matrimoniale si manifestava anche sul piano successorio.
Basti ricordare l'art 541 c.c. e l'art 580 c.c. in cui rispettivamente si recitava che ai figli illegittimi riconosciuti, pur essendo eredi necessari, spettava una quota ridotta, mentre ai figli non riconosciuti o riconoscibili era attribuito un assegno vitalizio di natura alimentare in proporzione all'asse ereditario .
14
A conferma dello spirito di garanzia e conservazione dell'unità del nucleo familiare legittimo, l'art 537 c.c. prevedeva l'istituto della commutazione, attraverso cui, in caso di concorso tra figli legittimi ed illegittimi, si dava la facoltà ai primi di pagare la quota spettante ai secondi in denaro o in beni immobili ereditari15.
Quanto detto finora rende manifesto come l'ordinamento dell'epoca offrisse piena tutela legale ai soli figli concepiti nel matrimonio, riservando una trattamento deteriore ai figli nati da unioni non matrimoniali . In tal modo la legge raggiungeva l'obiettivo di assicurare centralità alla famiglia legittima, considerata la sola istituzione capace di assolvere ai compiti di mantenimento, istruzione ed educazione necessari per assicurare un'ordinata vita sociale16. La relazione genitori-figli, dunque, si intrecciava con la presenza o meno del vincolo matrimoniale tra i genitori: il legislatore, se da un lato concentrava la sua attenzione nel dare tutela al nucleo legittimo, dall'altro si limitava a regolamentare in maniera sommaria le relazioni individuali intercorrenti tra genitore e figlio naturale, evitando così che si potesse creare una struttura familiare al di fuori dell'unione sponsale17 .
Il modello familiare delineato dal codice civile del 1942 non ebbe in verità modo di imporsi nell' esperienza applicativa a seguito degli
15
Relazione del Guardasigilli al codice civile, n. 277: " era stato suggerito di rendere possibile il pagamento da parte dei figli legittimi della porzione spettante ai figli naturali anche in beni mobili ereditari a giusta stima. Non mi è sembrato opportuno modificare il sistema del progetto, riprodotto dal codice del 1865, che ammette il pagamento con denaro o beni immobili. Invero l'immobile ha un valore sufficientemente stabile e può quindi surrogare il denaro come mezzo di pagamento, mentre, se si estendesse la facoltà di pagamento a qualsiasi bene ereditario, si potrebbe in taluni casi imporre ai figli naturali un sensibile sacrificio economico.", su
www.consiglionazionaleforense.it
16
M. SESTA, La filiazione, in Trattato di diritto privato, diretto da M. Bessone, vol. IV, Filiazione, adozione, alimenti, a cura di T. Auletta, Torino, 2011, cit. p. 5.
17
avvenimenti che si verificarono a cavallo della sua entrata in vigore, tra cui, il secondo conflitto mondiale, la caduta del regime fascista, l'entrata in vigore della Carta costituzionale. Questi avvenimenti comportarono un cambiamento del clima sociale e culturale nel quale il codice si trovò ad operare18. In particolare l'avvento della Costituzione segnò l'inizio di una nuova visione della famiglia e un nuovo assetto dei rapporti familiari.
2. La Carta Costituzionale e la sua interpretazione evolutiva in materia di filiazione
La Carta Costituzionale con le sue disposizioni ha delineato nell'ambito del diritto di famiglia una prospettiva del tutto antitetica rispetto a quella tracciata nel codice civile del 1942: la visione pubblicistica nonché paternalistica della famiglia ha lasciato spazio ad una concezione personalistica e solidaristica, dove il valore della persona umana e la sua tutela diventano il punto di riferimento per la delineazione dei rapporti familiari.
Il disegno tracciato dall' Assemblea costituente in ambito familiare lo si evince specificatamente con gli artt. 29 e 30, in cui si afferma per la prima volta l'uguaglianza giuridica e morale dei coniugi, nel riconoscimento della famiglia quale società naturale, e l'uguaglianza tra filiazione legittima e naturale, con l'eliminazione delle discriminazioni nascenti dal diverso status filiationis.
La portata innovativa di tale impostazione non può tuttavia essere apprezzata se non attraverso la lettura dei principi fondamentali delineati agli artt. 2 e 3, su cui si informa il nuovo modello di famiglia
18
G. GIACOBBE, La famiglia nell'ordinamento giuridico italiano. Materiali per una
ricerca, Torino, 2011, p. 8.
e in particolar modo i rapporti tra coniugi e i rapporti tra genitori e figli.
Le previsioni contenute negli articoli 2 e 3 della Costituzione hanno avuto il pregio di porre al centro del sistema l'individuo e la tutela dei suoi diritti, promuovendo fortemente il suo sviluppo tanto come singolo quanto all'interno di quelle formazioni sociali in cui si esprime la libertà della persona, divenendo queste ultime strumento stesso per lo sviluppo della personalità umana.
L'individuo quindi assume un ruolo primario che precede lo Stato: non sarà più il singolo ad essere proiettato in funzione dello Stato, ma viceversa sarà lo Stato ad essere al servizio della persona19, assicurando il rispetto delle libertà fondamentali e i diritti del singolo. Questa nuova dimensione permea anche il sistema familiare: difatti gli artt. 29 e 30 devono essere letti alla luce di questa impostazione di sistema. Nello specifico si può sottolineare come dal combinato disposto di tali previsioni (artt. 2, 3 e 29 Cost.) si delinei una famiglia non più come soggetto distinto dai suoi componenti e proiettato al servizio dello Stato, ma una famiglia come comunità autonoma ed indipendente dallo Stato stesso - si definisce infatti "società naturale"- che diviene il primissimo luogo di sviluppo e di realizzazione della personalità dei singoli individui20.
Tale principio trova conferma anche al comma 2 dell'art. 29 dove si afferma l'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi: viene in questo modo smantellato in maniera definitiva quel sistema familiare ordinato
19
MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, I, Padova, 1975, p. 155, dove testualmente si afferma che "non è l'uomo in funzione dello Stato ma quest'ultimo in funzione dell'uomo".
20
M. MANETTI, Famiglia e Costituzione: le nuove sfide del pluralismo delle
morali, in Rivista dell'associazione italiana dei costituzionalisti, 2010, p. 5, in cui
rileva come la famiglia diventi la prima formazione sociale in cui si svolge la personalità degli individui, perdendo di conseguenza rilievo il modello di famiglia come istituzione, quale entità portatrice di interessi sovraordinati rispetto a quelli dei singoli.
gerarchicamente e rimosso gli ostacoli che tradizionalmente impedivano la parità dei coniugi21.
Ciò che interessa maggiormente approfondire al fine della presente analisi è il mutamento impresso dalla Costituzione sopratutto in materia di filiazione.
L'art. 30 rappresenta il fulcro del cambiamento e sancisce al comma 1: " È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori del matrimonio".
Con tale norma la Costituzione ha apportato una delle innovazioni più significative rispetto al sistema previsto dal codice civile del 1942. Va ricordato, infatti, come questo contrapponesse filiazione legittima ed illegittima, riconoscendo solo ai figli nati all'interno di una relazione di coniugio piena tutela.
L'articolo 30 della Costituzione ribalta questa impostazione, statuendo non solo il riconoscimento per figli nati fuori dal matrimonio degli stessi diritti che spettano ai figli nati dentro il matrimonio verso i genitori, ma sancisce il principio della responsabilità genitoriale per il fatto della procreazione a prescindere dalle circostanze del concepimento: il dovere del genitore di mantenere, istruire ed educare i figli discende dal fatto della procreazione, senza che rilevi il riconoscimento formale di figlio naturale.
Il rapporto di filiazione, quindi, tra genitori e figli trova la sua fonte nel fatto stesso della nascita, senza che rilevi che quest'ultima sia avvenuta in costanza di matrimonio o in sua assenza.
Tale assunto sancisce di conseguenza come non sia più ammissibile la presenza di discriminazioni tra filiazione legittima e naturale basate
21
M. BESSONE- G. ALPA- A. D'ANGELO- G. FERRANDO- M.R. SPALLAROSSA, La famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme
sull'attribuzione formale dello status22. L'art. 30 Comma 1 Cost. altresì sottolinea il cambiamento anche a livello terminologico, ritenendo opportuno che anche nella forma si manifestasse il progresso compiutosi: non si parla più di figli illegittimi ma di figli nati fuori dal matrimonio.
Il comma 3 dell'articolo in esame inoltre enuncia che "la legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti della famiglia".
Tale enunciazione è stata oggetto di un vasto dibattito in dottrina circa il significato da attribuire alla clausola di compatibilità.
Ad una prima lettura il disposto sembrerebbe essere in contraddizione con quanto affermato al primo comma, in quanto pare considerare il rapporto, non tanto nella prospettiva verticale del rapporto di filiazione derivante dal fatto della procreazione, quanto la prospettiva orizzontale della famiglia legittima 23. Difatti, la dottrina conservatrice ha individuato nella normativa la conferma della preminenza della famiglia legittima24 e di conseguenza la continuità di quella logica discriminatoria della filiazione naturale: i figli nati fuori dal matrimonio continuavano a vedersi comprimere i loro diritti sul piano personale quanto sul piano patrimoniale in ragione di un' esigenza di compatibilità con i figli legittimi25.
22
E. FALLETTI, La filiazione. Questioni sostanziali, processuali, internazionali
nell'analisi della giurisprudenza, Matelica, 2007, p. 14.
23
E. FALLETTI, La lunga strada dell'equiparazione tra filiazione legittima e
naturale, in Vita not., 2007, p. 2.
24
L. CARRARO, La filiazione in generale, in La riforma del diritto di famiglia. Atti
del II convegno di Venezia, Padova, 1972, p. 112.
25
E. LAMARQUE, Art. 30, in Commentario alla Costituzione, a cura di R. BIFULCO- A. CELOTTO- M. OLIVETTI, vol. I, Torino, 2006, p. 630 ss. dove l' a. sottolinea come la dottrina basasse la sua interpretazione sulla centralità del comma 3 ritenendo di conseguenza che gli altri comma dell'art. 30 Cost. dovessero essere interpretati alla luce del criterio di compatibilità.
In base a tale linea interpretativa, l'art. 30 comma 1 Cost. veniva infatti interpretato alla luce del criterio di compatibilità, comportando di conseguenza che l'obbligo in capo ai genitori di mantenere, istruire ed educare sorgesse solamente nei confronti di quei figli il cui status fosse stato accertato in base alle norme del codice26.
Invero il comma 3 per esplicare pienamente il suo significato - come rilevato dalla dottrina e dalla giurisprudenza più evoluta affermatasi a partire dagli anni '60 - deve essere letto in collegamento sia con il comma 1 dell'art. 30 Cost., il quale rappresenta il punto di riferimento per ricostruire la portata degli altri comma,27 sia con l'art. 2 Cost., che attraverso il principio personalista, attribuisce un riconoscimento giuridico alle formazioni sociali in cui si realizzano le personalità dei singoli, sia con l'art. 3 della Costituzione, che consente di derogare al principio di uguaglianza solo in presenza di valori che nella Carta costituzionale sono sovraordinati a questo28.
A fronte di ciò, il comma 3 non rappresenta alcuna limitazione all'equiparazione tra figli naturali e legittimi fissata dal primo comma, al contrario costituisce un'affermazione di tale principio, con la conseguenza che la clausola di compatibilità riduce la sua operatività ai soli casi in cui il figlio nato fuori dal matrimonio possa rappresentare un pericolo all'integrità e alla coesione della famiglia legittima29. Al di fuori di tale ipotesi, al figlio nato fuori dal matrimonio deve essere riconosciuta una tutela del tutto identica al figlio nato in costanza di matrimonio. La stessa giurisprudenza
26
B. CECCHINI, Accertamento ed attribuzione della paternità, Padova, 2008, p. 71.
27
Così P. RESCIGNO, La tutela dei figli nati fuori dal matrimonio, in Riv. dir. matr. 1965, p. 35.
28
G. FERRANDO, La successione tra parenti naturali: un problema ancora aperto, in Familia, 2002, p. 330.
29
G. GIACOBBE, La famiglia nell'ordinamento giuridico italiano. Materiali per
costituzionale, basandosi su tale impostazione, ha circoscritto sempre più l'utilizzo della clausola fino a renderla inoperante30.
La portata innovativa del testo costituzionale in materia di filiazione, fin qui descritta, non fu in ogni caso riconosciuta ed accolta all'indomani della sua entrata in vigore. In un primo momento, sia la dottrina che la giurisprudenza costituzionale, erano concordi nel ritenere le disposizioni codicistiche del codice del 1942 conformi al dettato costituzionale, conservando di conseguenza il dato normativo esistente.31 Il considerare, inoltre, la Costituzione quale norma di principio priva di un valore precettivo immediato32, ha fatto si che il processo di adeguamento operato dalla Corte costituzionale tra i principi costituzionali e le norme del codice sia stato graduale.
Nello specifico la Corte si attestò inizialmente su una posizione conservatrice ritenendo che, pur in presenza dell'art. 30 Cost. che promuoveva una parificazione fra filiazione legittima e naturale, non fosse possibile, in assenza di un provvedimento legislativo, intervenire eliminando quelle norme che determinavano una situazione deteriore in capo ai figli naturali.
30
Per un' approfondimento circa la giurisprudenza costituzionale in tale ambito si rinvia E. LAMARQUE, , Art. 30, in Commentario alla Costituzione, a cura di R. BIFULCO- A. CELOTTO- M. OLIVETTI, vol. I, Torino, 2006, p. 635 ss.
31
M. BESSONE- G. ALPA- A. D'ANGELO- G. FERRANDO- M.R. SPALLAROSSA, La famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme
legislative, orientamenti della giurisprudenza, Bologna, 2002, p. 20.
32
Così E. LAMARQUE, , Art. 30, in Commentario alla Costituzione, a cura di R. BIFULCO- A. CELOTTO- M. OLIVETTI, vol. I, Torino, 2006, p. 623 ss, l'a. in particolare spiega i motivi per cui in un primo momento i principi costituzionali e soprattutto quelli inerenti al diritto di famiglia furono considerati meramente programmatici; fra i motivi richiamati vi era la mancanza di un vero contenuto normativo delle norme, nonché il fatto che le materie erano riservate alla competenza del legislatore.
Emblematica in tal senso è la pronuncia 33 n. 54 del 1960 in cui la Corte costituzionale, non solo continua a riconoscere la legittimità costituzionale di quegli articoli ( artt. 467 e 468) che limitavano i diritti successori del figlio naturale, ma sottolinea come spettasse al legislatore ordinario individuare i confini della tutela del figlio naturale, in quanto dall'art. 30 Cost. non era possibile far discendere modifiche dirette al miglioramento della situazione dei figli naturali.
Solo a partire dalla fine degli anni '60 si fece strada una lettura maggiormente evolutiva del testo Costituzionale ed in particolare in materia dei rapporti di filiazione.
La Corte costituzionale inizia sia ad attribuire all'articolo 30 Cost. natura immediatamente precettiva34 sia - come ho avuto modo di sottolineare in precedenza - a leggere il disposto in collegamento con i principi fondanti del sistema costituzionale, quale il principio personalista delineato all'art. 2 Cost. e il principio di uguaglianza presente nell'art. 3 Cost.
In tale prospettiva giunge ad affermarsi l'assunto che il rapporto di filiazione dipenda esclusivamente dal vincolo biologico che lega colui che procrea a colui che è stato procreato, indipendentemente dal titolo di tale rapporto35. Non solo, La Corte avvia un percorso volto a delineare il criterio di compatibilità in termini concreti, giungendo ad affermare come "ogni tutela giuridica e sociale" per i figli naturali
33
Corte cost., 30 giungo 1960 n. 54, in Rass. dir. pubbl., 1960, 725 ss.
34
M. BESSONE, Rapporti etico -sociali :Art. 29-34, in Commentario della
Costituzione, a cura di G. BRANCA, Bologna, 1976, p. 95.
35
Principio ben delineato da Cass. 9 giugno 1990, n. 5633, in Giust. civ., 1991, 1975 ss, in cui testualmente : "Il precetto costituzionale indirizza il legislatore ad una regolamentazione del tema informata al principio del dovere (nel senso di obbligo) del genitore di mantenere, istruire ed educare i figli in funzione del solo fatto materiale della procreazione senza alcun vincolo con il riconoscimento formale della paternità o maternità naturale; al principio, cioè, per cui il diritto al mantenimento deve trovare la sua fonte immediata nel fatto della procreazione e non nello status formale di figlio naturale".
implichi la necessità di raggiungere un tendenziale trattamento paritario tra figli nati fuori dal matrimonio e figli legittimi36, il cui unico limite sia rappresentato dagli interessi della famiglia legittima, intesa in termini restrittivi, vale a dire quella formatasi "con il matrimonio del padre naturale e composta soltanto dal coniuge e dai figli legittimi"37e non anche dagli ascendenti ed i collaterali.
Prende così avvio l'opera della Corte Costituzionale volta ad eliminare, attraverso le pronunce di legittimità costituzionale, le norme del codice che racchiudevano le maggiori discriminazioni nei confronti dei figli naturali, concentrandosi in particolare sul profilo successorio.
Senza pretendere di delineare un quadro completo, si può richiamare la dichiarazione di incostituzionalità, pronunciata con sentenza n. 50 del 1973, dell’ art. 539 c.c., nella parte in cui riservava ai figli naturali riconosciuti o dichiarati, in assenza di membri della famiglia legittima, una quota di riserva inferiore a quella stabilita dall'art. 537 c.c. a favore dei figli legittimi, in quanto contrastante con l'art. 3 e 30 della Costituzione38.
Sempre ad opera della stessa pronuncia la Corte ha dichiarato altresì l'incostituzionalità degli articoli 545 e 546 c.c. , riguardanti nello specifico il concorso degli ascendenti legittimi con i figli naturali ed il concorso degli ascendenti legittimi, figli naturali e coniuge, ritenendo che tali articoli risultavano in contrasto, sia con l'art. 30 Cost. nella parte in cui limitavano i diritti del figlio naturale anche in quei casi in cui vi fosse l'assenza dei membri della famiglia legittima, sia con l'art.
36
G. CASSANO, Il diritto di famiglia nei nuovi orientamenti giurisprudenziali, vol. I, Famiglia e matrimonio, Milano, 2006, p. 21.
37
Principio affermato in Corte Cost., 14 aprile 1969 n. 79, in Foro it., 1969, I, 1034 ;M. BESSONE- G. ALPA- A. D'ANGELO- G. FERRANDO- M.R. SPALLAROSSA, La famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme
legislative, orientamenti della giurisprudenza, Bologna, 2002, p. 25.
38
3 Cost., in quanto delineavano un trattamento di disparità successoria dei figli legittimi rispetto i figli naturali.
Va richiamata inoltre la sentenza n. 82 del 1974 che ha dichiarato incostituzionale l'art. 575 nella parte in cui prevedeva il concorso tra ascendenti del genitore e figli naturali riconosciuti o dichiarati, nel caso in cui non vi fossero i figli legittimi o il coniuge del genitore: secondo la Corte, infatti, la previsione del codice civile contrastava con l'art. 30 comma 3 Cost. dal momento che "i diritti ereditari dei figli naturali riconosciuti o dichiarati possono essere legittimamente limitati solamente quando essi concorrono con i figli legittimi ed il coniuge del genitore, ma non quando vi siano soltanto gi ascendenti poiché questi - secondo i principi affermati dalla stessa Corte costituzionale con sentenza n. 79 del 1969 - non sono membri della famiglia legittima"39 . In tali casi i giudici costituzionali hanno ritenuto che i figli naturali debbano ricevere piena tutela.
Significativa è inoltre, per ciò che concerne i rapporti personali, la sentenza n. 327 del 1974 che ha dichiarato illegittimo l'art. 284 n. 2 c.c.40, nella parte in cui escludeva che la legittimazione per decreto del Presidente della Repubblica potesse essere concessa anche quando i figli legittimi o legittimati per susseguente matrimonio fossero maggiorenni o avessero prestato il loro assenso.
La Costituzione e l'opera adeguatrice della Corte Costituzionale hanno quindi avuto il merito, pur attraverso interventi circoscritti e limitati a situazioni residuali, di intraprendere la strada dell'eliminazione dal nostro ordinamento di quelle ataviche discriminazioni a carico dei figli nati fuori dal matrimonio, nonché di mettere le basi per un 'opera di unificazione fra i due tipi di filiazione. Si dovrà comunque attendere il
39
Corte cost. 21 marzo 1974 n. 82, in www.giurecost.org.
40
1975 per un primo intervento organico da parte del legislatore41 - auspicato invero più volte dalla Corte Costituzionale nel corso del suo lavoro di adeguamento42 - in materia di filiazione. Questa rappresenterà la prima riforma impegnata sul fronte del raggiungimento della parificazione fra i due status filiationis.
3. La riforma del diritto di famiglia del 1975 attua una parificazione parziale tra filiazione legittima e naturale
La legge n. 151 del 19 maggio 1975 rappresenta il primo intervento riformatore del legislatore ordinario della disciplina codicistica della famiglia volto a dare attuazione ai principi costituzionali, quali l'uguaglianza giuridica e morale dei coniugi e la parità tra figli legittimi e naturali.
La riforma recepisce, per la prima volta in modo organico, quelle istanze provenienti dalla società civile di cambiamento della realtà familiare, già in parte evidenziate dall'incisa opera svolta dalla Corte costituzionale negli anni sessanta: si abbandona sempre di più la visione istituzionale della famiglia per accogliere una nuova concezione dei rapporti familiari basati sul riconoscimento dei diritti
41
Se la riforma del 1975 rappresentò il primo intervento organico nell'ambito del diritto di famiglia, non bisogna dimenticare altri interventi legislativi che, cogliendo sia la portata innovativa della Costituzione sia i mutamenti provenienti dalla società, intervennero in alcuni settori del sistema familiare. Fra questi vanno ricordati la legge n. 1064 del 1955, la c.d. legge Bianchi, che eliminò la prassi di scrivere nei certificati anagrafici la paternità, con la conseguenza che il figlio che non veniva riconosciuto risultava iscritto come figlio di N.N; la legge n. 431 del 1967, meglio conosciuta come legge Dal Canton, che introdusse l'istituto dell'adozione speciale, la cui finalità era quella di inserire il minore abbandonato in una famiglia idonea; la legge n. 898 del 1970, che disciplinò per la prima volta i casi di scioglimento del matrimonio.
42
BESSONE- G. ALPA- A. D'ANGELO- G. FERRANDO- M.R. SPALLAROSSA,
La famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della giurisprudenza, Bologna, 2002, p.19.
dei singoli che compongono la famiglia e la protezione dei valori della persona43.
Tra i punti più importanti che la riforma innova vi è la disciplina della filiazione.
La legge innanzitutto ha parificato la filiazione naturale - espressione usata in sostituzione a quella altamente discriminatoria di figli illegittimi del codice del 1942 - alla filiazione legittima, in attuazione delle disposizioni costituzionali. Va infatti ricordato come il trattamento differenziato riservato ai figli naturali trovava la sua origine "nell'esigenza di non svalutare l'istituto del matrimonio"44, da cui derivava una disciplina deteriore nei confronti dei figli nati fuori da tale unione.
Impostazione, quest'ultima, capovolta dall'avvento della Costituzione, ma sopratutto dall'intervento della dottrina e dalla giurisprudenza costituzionale che individuò come il principio di uguaglianza sancito all'art. 3 Cost. e il principio personalista dell'art. 2 Cost. trovassero specificazione nei rapporti genitore- figlio.
Punto focale della parificazione delle due categorie di figli è l'art. 261 c.c., secondo cui "il riconoscimento comporta da parte dei genitore l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi".
Con tale disposizione si è voluto delineare una disciplina unitaria per quanto riguarda l'aspetto relativo ai diritti e doveri derivanti dalla costituzione del rapporto di filiazione45: dal punto di vista sostanziale, quindi, il rapporto genitori - figli è regolato in maniera identica senza
43
M. SESTA, Diritto di famiglia, Padova, 2005, p. 8.
44
A. CICU, La filiazione, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da F. Vassalli, vol. III, tomo II, Utet, Torino, 1969, p. 2.
45
E. FALLETTI, La lunga strada dell'equiparazione tra filiazione legittima e
che rilevi quale elemento di distinzione il vincolo matrimoniale sussistente tra i genitori46. Ne consegue che opera anche per la filiazione naturale, nello stesso modo in cui opera per la filiazione legittima, la disciplina degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione secondo quanto indicato all'art. 147 c.c., l'usufrutto legale, gli obblighi alimentari, nonché l'art. 315 c.c. riguardante i doveri del figlio verso i genitori47.
La riforma, pur rappresentando un tassello fondamentale nel percorso di avvicinamento tra la filiazione legittima e naturale, accordando piena tutela giuridica al figlio nel rapporto con il genitore indipendentemente dalla natura della filiazione, non riesce a realizzare una completa uguaglianza fra i due status filiationis, separando in modo definitivo le loro sorti dal matrimonio dei genitori.
Il legislatore infatti mantiene dal punto di vista formale la distinzione tra le due categorie: il Capo I, del Titolo VII del Libro I è rubricato "Della filiazione legittima, mentre il Capo II, del Titolo VII "Della filiazione naturale".
Inoltre le disposizioni riformatrici nel trattare la filiazione naturale usano la tecnica dell'equiparazione e del rinvio alla filiazione legittima48. Si è parlato pertanto di una non completa parificazione tra i due tipi di filiazione. A conferma di ciò, vi è l'istituto della legittimazione (art. 280 c.c.), la cui presenza nel codice sottolineava
46
V. Cass., 22 novembre 2000, n. 15063, in Giust. Civ., 2001, p. 1296 in cui si afferma che "nel nostro ordinamento il riconoscimento del figlio naturale comporta, a norma dell'art 261 c.c., tutti i doveri propri della procreazione legittima, compreso quello dello status genitoriale, e quindi l'obbligo di mantenimento, a partire dalla nascita del figlio".
47
G. FERRANDO, Diritto di famiglia, Bologna, 2013.
48
D. CARUSI, La filiazione fuori dal matrimonio nel diritto italiano, in La nuova
disciplina della filiazione, a cura di M. della Rocca, Santarcangelo di Romagna,
come sussistesse ancora una netta distinzione tra le categoria di figli e come di conseguenza la filiazione legittima fosse il modello di riferimento.
La distinzione tra i due status filiationis presente da un punto di vista formale si riscontrava anche nella permanenza di elementi di diversità di trattamento tra figli naturali e figli legittimi.
Si pensi a riguardo all'attribuzione del cognome (sui cui anche dopo l'intervento della legge 219/2012 e del d. lgs 154/2013 non è stato raggiunto un risultato soddisfacente49) e all'inserimento del figlio naturale, riconosciuto in costanza di matrimonio, nella famiglia legittima di uno dei due genitori.
A tale proposito, l'art. 252 c.c. prevedeva una disciplina improntata alla cautela, secondo cui l'inserimento del figlio nella vita familiare non era automatico a seguito del riconoscimento o dell'accertamento giudiziale della genitorialità, ma era subordinato all'autorizzazione del giudice, il quale era chiamato a valutare l'interesse del minore e l'eventuale consenso dell'altro coniuge.
La dottrina ha rilevato come le cautele richiamate derivassero dalla necessità di contemperare i diritti del figlio con quelli dei componenti della famiglia fondata sul matrimonio50, nel rispetto della clausola di compatibilità prevista dal comma 3 dell'art. 30 della Costituzione. Anche in ambito successorio la parificazione non risultava completa, in quanto da una parte la riforma ha attribuito a tutti i figli gli stessi diritti di successione nei confronti dei genitori, dall'altra ha però mantenuto all'art. 537 c.c. il diritto di commutazione in capo ai figli legittimi, con la possibilità per questi ultimi di soddisfare in denaro o
49
Sul punto V. TRIMARCHI, Il cognome dei figli:un'occasione perduta dalla
riforma, in Fam. dir., 2013, p 243 ss.; S. STEFANELLI, Illegittimità dell'obbligo del cognome paterno e prospettive di riforma, in Fam. dir., 2014, p. 224 ss.
50
Così F. NADDEO, La filiazione naturale, in Il diritto di famiglia, diretto da G. STANZIONE, vol. IV, La filiazione. La podestà dei genitori, gli istituti di protezione
in beni immobili ereditari la quota spettante ai figli naturali, i quali possono comunque opporsi.
La permanenza di tale facoltà ha acceso un ampio dibattito in dottrina51, che nel delineare la ratio della norma ha ritenuto in maniera unanime di interpretare il comma 3 dell'art. 537 c.c. in maniera restrittiva, nel senso che il diritto di commutazione, per essere legittimamente esercitato, deve essere riferito a quei beni della comunione ereditaria che "corrispondano ad un patrimonio comune di affetto o di lavoro, rispetto al quale il figlio naturale è rimasto estraneo"52, nell'ottica quindi, ancor una volta, di protezione dell'unità della famiglia legittima ex art 30, comma 3 Cost.
La differenza più significativa che persisteva tra filiazione legittima e naturale riguardava la parentela: la formulazione dell'art. 74 c.c., secondo la quale la parentela si istaurava tra le persone discendenti da uno stesso stipite, unita alla disciplina del riconoscimento ex art 258 c.c., per cui il riconoscimento produceva effetti solo nei confronti del genitore che lo aveva posto in essere, aveva portato ad affermare che nessun rapporto di parentela si istaurasse tra il figlio nato fuori dal vincolo matrimoniale e i parenti del genitore che aveva effettuato il riconoscimento.
Difatti, per parte della dottrina53 nonché della giurisprudenza54, l'intervento riformatore aveva confermato come il vincolo di parentela
51
La disposizione è stata oggetto di critica, fra i tanti, v. F.S. AZZARITI - G. MARTNEZ - G. AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1979, p. 216.
52
F. NADDEO, La filiazione naturale, in Il diritto di famiglia, diretto da G. AUTORINO STANZIONE, vol. IV, La filiazione. La podestà dei genitori, gli istituti
di protezione del minore, Torino, 2011, cit. p. 74.
53
F. SANTORO PASSARELLI, Parentela naturale, famiglia e successione, in R.
trim. d. proc. civ., 1981, p. 33; A. TRABUCCHI, Natura, legge, famiglia, in Riv. dir. civ., 1977, p. 11.
presupponesse l'esistenza del rapporto di coniugio tra i genitori per avere rilevanza giuridica, negando pertanto la rilevanza della c.d. parentela naturale. Di conseguenza mentre il figlio legittimo, per l'esistenza stessa del matrimonio, entrava a far parte della famiglia dei genitori, il figlio naturale non istaurava alcun relazione parentale con la famiglia dei genitori, vista la mancanza del vincolo matrimoniale; veniva in essere solo una relazione autonoma ed indipendente55 con il genitore che lo aveva riconosciuto, e anche nel caso in cui entrambi i genitori avessero effettuato il riconoscimento, il figlio istaurava due rapporti di filiazione con ciascuno dei genitori, distinti tra loro56. La dottrina più illuminata57 riteneva al contrario già insita nella lettera degli artt. 74 c.c. e 258 c.c. la rilevanza della parentela naturale, evidenziando come la formulazione dell'art. 74 c.c. non legasse la parentela ad alcun tipo di relazione intercorrente tra i genitori, ma richiamasse in realtà il mero dato della discendenza biologica. Allo stesso modo riscontrava come dall'art. 258 c.c. non fosse possibile ravvisare l'irrilevanza della parentela naturale, in quanto la disposizione aveva il solo scopo di escludere che il riconoscimento del figlio naturale da parte di un genitore producesse effetti nei confronti dell'altro genitore che non l' aveva effettuato, non tanto limitare gli effetti nei riguardi dei parenti58. Non solo, si tendeva a riconoscere una capacità espansiva della parentela naturale - in particolare tra i figli e
54
La Corte costituzione è intervenuta più volte sul tema della parentela naturale, in particolare sui problemi legati al profilo successorio, v. Corte cost. 12 maggio 1977 n. 76, in Giur. cost., 1977, p. 672 .
55
M. BESSONE-G. ALPA- A. D'ANGELO- G. FERRANDO- M.R. SPALLAROSSA, La famiglia nel nuovo dritto. Principi costituzionali,riforme
legislative, orientamenti della giurisprudenza, Bologna, 2002, p. 255.
56
M. SESTA, La filiazione, in Trattato di diritto privato, diretto da M. Bessone, vol. IV, Filiazione, adozione, alimenti, a cura di T. Auletta, Torino, 2011, p. 20.
57
Fra questi v. G. FERRANDO, La filiazione naturale e la legittimazione, in
Trattato di diritto privato, a cura di P. RESCIGNO,vol. IV, Persone e famiglia,
Torino, 1997, p. 115
58
R. PICARO, Stato unico della filiazione. Un problema ancora aperto, Torino, 2013, p. 205.
gli ascendenti del genitore riconoscente - non soltanto dal tenore letterale dell'art. 74 c.c., ma anche valorizzando alcuni dati legislativi presenti nel tessuto dell'ordinamento59: il riferimento era all'art. 433, comma 3, n. 2 c.c. che parificava i discendenti e gli ascendenti naturali ai legittimi in ordine agli alimenti, nonché all'art. 467 c.c., che riconosceva ai figli naturali il diritto di succedere per rappresentazione al proprio ascendente che non voleva o poteva accettare l'eredità.
Tale linea interpretativa non ha trovato accoglimento nella giurisprudenza della Corte costituzionale, sopratutto nei riguardi della parentela collaterale60, visto che ha continuato a sostenere come il rapporto tra figlio naturale e collaterale sia una relazione fattuale di "consanguineità" e non un "vincolo giuridico di parentela"61.
Era pertanto necessario un intervento da parte del legislatore - avvenuto a distanza di ben quarant'anni con la legge n. 219 del 2012 - che eliminasse la discriminazione esistente tra filiazione legittima e naturale in ordine ai rapporti di parentela e ponesse fine alle divergenze interpretative fino a quel momento esistenti.
59
In tal senso, F. PROSPERI, Matrimonio, famiglia e parentela, in Rass. dir.
civ.,1983, p. 429; G. CIAN, Potestà dei genitori, tutela, affiliazione, alimenti, in Commentario alla riforma del diritto di famiglia, a cura di G. CIAN - G. OPPO - A.
TRABUCCHI, vol. I, pt. 2, Padova, 1977, p. 812 ss.
60
Corte cost. 23 novembre 2000 n. 532, in Giust. civ., 2000, p. 2747 ss, con nota di C. M. BIANCA, I parenti naturali non sono parenti? La parola torna alla Corte
costituzionale, dove la Corte osserva che "la situazione esistente tra le persone tra le
quali esiste un rapporto di semplice consanguineità non è assimilabile - in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione - alla situazione in cui si trovano i soggetti legati dal vincolo di vera e propria parentela".
61
3.1 Dal favor legitimitatis al favor veritatis
Sul piano dell'accertamento formale del rapporto di filiazione e delle relative azioni di stato la legge n. 151 del 1975 ha mantenuto la regola fondamentale, per cui il figlio nato in costanza di matrimonio assume in modo automatico lo status di figlio legittimo, mentre il figlio nato fuori dal matrimonio acquista lo status a seguito di un atto giuridico del genitore, quale il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità. Si può quindi semplificare affermando che l'accertamento dello stato è improntato nella filiazione legittima al principio dell'automatismo mentre in quella naturale al principio volontaristico.
La riforma del diritto di famiglia, pur conservando tale impostazione, ha cercato di delineare le regole sull'accertamento di stato perseguendo un maggiore equilibro tra verità biologica e certezza giuridica del rapporto di filiazione62.
Equilibrio non presente fino a quel momento nel nostro ordinamento, dal momento che vigevano regole di speciale favore nell'accertamento dello stato di figlio legittimo che si esprimevano in un sistema rigido di attribuzione legale della paternità: nell'ideologia del codice civile del 1942, l'interesse dei singoli alla verità della paternità soccombeva al superiore interesse familiare e alla stabilità del nucleo legittimo.
Emblematica in tal senso la nota sentenza della Corte di Appello di Firenze63 del 1949, la quale confermò il ricorso indiscriminato del
favor legitimitatis anche nel caso di una coppia di coniugi di pelle
chiara che dette alla luce un figlio di pelle scura. La Corte, pur essendo evidente l'adulterio, ritenne "assorbente il rapporto di coniugio e
62
G. FERRANDO, Il nuovo diritto di famiglia, Bologna, 2007, p. 31.
63
insormontabile lo status filiationis irreversibilmente consolidatosi all'indomani della nascita in costanza di matrimonio"64.
Nello specifico il legislatore del '75 è intervenuto da un lato temperando il principio del favor legitimitatis, quale espressione dell'interesse super-individuale della famiglia, e dall'altro ha cercato di privilegiare, con qualche incertezza, la ricerca della verità, in attuazione del principio di responsabilità per il fatto della procreazione enunciato dall'art. 30, comma 1 della Costituzione65.
Nell'ambito della filiazione legittima ha limitato, rispetto alla disciplina previgente, l'ambito di applicazione delle presunzione legale di paternità, escludendo all'art. 232, comma 2 c.c. che questa operi durante il periodo di separazione tra i coniugi66.
Allo stesso modo, per quanto riguarda la presunzione di concepimento durante il matrimonio, ha innovato la disciplina presente all'art. 234 c.c. negando da un lato che il figlio nato dopo trecento giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio possa essere considerato legittimo in modo automatico, dall'altro lasciando la possibilità ai coniugi o ai loro eredi di provare che il figlio sia stato concepito in costanza di matrimonio.
64
Corte d'Appello Firenze, 19 Aprile 1949, 1949,nota come la sentenza del mulatto di Firenze, cit., in Il diritto di famiglia, diretto da G. AUTORINO STANZIONE, vol. IV, La filiazione. La podestà dei genitori, gli istituti di protezione del minore, Torino, 2011, cit. p. 3.
65
In tal senso M. BESSONE- G. ALPA- A. D'ANGELO- G. FERRANDO- M.R. SPALLAROSSA, La famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme
legislative, orientamenti della giurisprudenza, Bologna, 2002, p. 268 ss.
66
L'art 322, comma 2 recitava infatti: "La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione". Sono quindi tutte situazioni un cui risulta improbabile un concepimento da parte del marito.
L'art 234 c.c. quindi diviene applicabile solamente in quei casi in cui vi è una gravidanza che si protrae per oltre trecento giorni o quando si ha una "riunione tra coniugi separati"67.
Un tentativo di far emergere con più forza il principio di favor veritatis nell'accertamento del rapporto di filiazione si riscontra anche nella disciplina dell'azione di disconoscimento ex art. 235 c.c.
La riforma ha ampliato le ipotesi di ammissibilità dell'azione, prevedendo al comma 1 n. 3, che il celamento della gravidanza, della nascita e l'adulterio divenissero tre casi distinti, così come ha ampliato il novero dei legittimati ad agire. Difatti, se in base alla formulazione previgente era necessario per esercitare l'azione dimostrare l'adulterio, il celamento della gravidanza e il celamento della nascita in maniera congiunta, con il nuovo art. 235 le tre ipotesi sono diventate alternative. Non solo, le prove biologiche e genetiche sono state ammesse per dimostrare in modo certo la paternità nei casi di adulterio e celamento, offrendo quindi maggior spazio alla ricerca della verità biologica.
A tale riguardo é opportuno evidenziare come tali prove, a seguito della riforma, costituiscono non più un mezzo di prova eccezionale68, da ammettersi in tutti quei casi in cui il giudice non fosse in grado di delineare in altro modo il proprio convincimento, ma sono divenute a tutti gli effetti un mezzo di prova ordinario69, tanto per la prova negativa quanto per quella positiva della paternità.
Nell'ambito della filiazione naturale si trova ulteriore conferma della tendenza di far maggiormente coincidere la verità legale con quella
67
M. BESSONE- G. ALPA- A. D'ANGELO- G. FERRANDO- M.R. SPALLAROSSA, La famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme
legislative, orientamenti della giurisprudenza, Bologna, 2002, cit. p. 273.
68
V. Cass. Sez. un. 20 febbraio 1957, n. 527, Giur. it., 1958, I, 1; Cass. 27 luglio 1965, n. 1785, in Foro it., I, 1871.
69
G. FERRANDO, Libertà, responsabilità e procreazione, Padova, 1999, p. 142. Si vedano al riguardo le sentenze della Cassazione 11 marzo 1976, n. 852, Foro it., 1976, I, 951; Cass. 11 dicembre 1980, n. 6400, Giust. civ., 1981, I, 3.
biologica. La riforma all'art. 250 c.c. ha previsto la possibilità del riconoscimento dei figli "adulterini"70 e ha dato facoltà a tutti i figli di agire per la dichiarazione giudiziale di paternità, senza limiti legali di prova.
Le novità elencate fino a questo punto manifestano da un lato come il principio di verità biologica nei rapporti di filiazione si stia gradualmente affermando nell'impianto codiscistico, dall'altro è necessario rilevare come questo tuttavia non rappresenti un principio di carattere preminente, capace di prevalere sulla contrapposta esigenza di tutela della stabilità dello stato di figlio già acquisito71, in quanto permangono disposizioni il cui obiettivo resta quello di garantire la stabilità del rapporto familiare a discapito della ricerca della verità. Al riguardo, per ciò che concerne la filiazione naturale, va richiamata la previsione dell'art. 251 c.c., che esclude il riconoscimento dei figli incestuosi da parte dei loro genitori, salvo il caso di buona fede dei uno dei due72.
Nell'ambito della filiazione legittima va invece presa in considerazione la disciplina del disconoscimento di paternità.
Chiari limiti al favor veritatis sono rappresentati sia dalla presenza di ipotesi tassativamente indicate dal legislatore per esperire l'azione di
70
l'art. 250 c.c., diversamente dalla vecchia formulazione, prevedeva la possibilità per il padre e la madre di riconoscere il figlio anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento.
71
Così Cass. 17 agosto 1998, n. 8087, in Fam. dir., 1998, p. 427, con nota di V. CARBONE, in cui si delinea come la verità biologica non ha un valore assoluto rispetto a quella legale, in quanto la Costituzione all'art. 30, comma 4, nel disporre " che la legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità, ha demandato al legislatore ordinario la possibilità di privilegiare la paternità legale rispetto a quella biologica, nel rispetto degli altri valori costituzionali".
72
Nello specifico l'art. 251 prevedeva la possibilità del riconoscimento da parte di chi fosse stato in buona fede quando questi ignorava l'esistenza del vincolo di parentela o affinità o nel caso in cui venisse dichiarato nullo il matrimonio da cui derivava l'affinità. In ogni caso il riconoscimento doveva essere autorizzato dal giudice previa valutazione dell'interesse del figlio.
disconoscimento, sia dalla tipicità dei legittimati attivi73. Tali disposizioni invero manifestano come all'interno di una stessa previsione è possibile riscontrare una tensione tra il favor legitimitatis e l'emersione del principio di verità: da una parte infatti la riforma amplia i casi in cui è possibile proporre l'azione di disconoscimento, dall'altra sottolinea come queste siano le uniche ipotesi previste dalla legge.
Allo stesso modo, dal punto di vista procedurale, concede sia alla moglie che al figlio la possibilità di proporre l'azione, ma sottopone la disposizione al vincolo della tipicità: non è infatti prevista la legittimazione attiva del presunto padre biologico né di altri soggetti. Ulteriore previsione in cui si riscontra tanto l'intento di far corrispondere la verità biologica con la verità legale, quanto l'obiettivo di tutelare la famiglia legittima e lo stato di figlio legittimo è rappresentata dall'art. 235 c.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui prevede l'ammissibilità, nel corso dell'azione di disconoscimento, delle prove biologiche. Difatti il riconoscimento del valore probatorio delle prove ematologiche rappresenta sicuramente un'apertura verso il principio del favor veritatis, ma il fatto che queste siano subordinate nel loro utilizzo alla previa dimostrazione dell'adulterio da parte della moglie dimostra al contrario l'esigenza di tutelare la famiglia legittima74.
È opportuno a tale proposito rilevare come la Corte Costituzionale, a distanza di anni, abbia inciso sul rapporto tra prova dell'adulterio e prova biologica, tutelando maggiormente il diritto di acquisizione di
73
In tal senso G. FERRANDO, Libertà, responsabilità e procreazione, Padova, 1999, p. 136 ss; M. BESSONE- G. ALPA- A. D'ANGELO- G. FERRANDO- M.R. SPALLAROSSA, La famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme
legislative, orientamenti della giurisprudenza, Bologna, 2002, p. 269 ss.
74
R. ROSETTI, Allineamento delle regole di accertamento della filiazione, in
Filiazione. Commento al decreto attuativo, a cura di M. BIANCA, Milano, 2014, p.
uno status che corrisponda a verità e facendo così prevalere il principio del favor veritatis75. Con la sentenza n. 266/2006 la Consulta ha infatti dichiarato illegittimo l'art. 235 nella parte in cui "ai fini dell'azione di disconoscimento della paternità, subordina l'esame delle prove tecniche, da cui risulta che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, alla previa dimostrazione dell'adulterio della moglie”76: oggi pertanto è possibile, senza che vi sia stata prova dell'adulterio, produrre prove ematologiche che dimostrino l'incompatibilità tra le caratteristiche genetiche del figlio e quelle del padre. Si evince di conseguenza come le prove biologiche siano divenute strumenti che consentono sempre più di accertare la verità biologica del rapporto di filiazione.
4. La legge n. 219 del 2012: L'unificazione dello stato di figlio
La legge 10 dicembre 2012, n. 219 entrata in vigore il 1 gennaio 2013 recante " Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali" modifica l'assetto giuridico della filiazione eliminando l'arcaica distinzione tra figli legittimi e figli naturali, grazie all'introduzione del principio di unicità dello stato di figlio77.
Tale principio rappresenta la struttura portante dell'intera riforma e trova la sua espressione nella nuova formulazione dell'art 315 c.c.
75
In dottrina sul tema E. BOLONDI, L'azione di disconoscimento della paternità
può essere accolta anche sulla base delle sole risultanze delle indagini genetiche o ematologiche, in Fam. dir., 2006, p. 463 ss; E. CARBONE, Disconoscimento di paternità: un'incisiva riforma orientata al favor veritatis, in Familia, 2006, p. 1169
ss.
76
Corte cost., 6 luglio 2006, n. 266, in Fam. pers. e succ., 2007, p. 628.
77
Autorevole Dottrina per meglio rendere il senso profondo della riforma della filiazione puntualizza come anche la legge italiana conosce solo figli, riprendendo le parole usate da Dieter Henrich nel commentare la riforma della filiazione introdotta in Germania il 25 settembre 1997, v. C.M. BIANCA, La legge conosce solo figli, in