Per ciò che attiene il passaggio dalla potestà alla responsabilità genitoriale, il decreto legislativo n. 154 del 2013 supera la nozione di potestà genitoriale sostituendo, in tutte le norme del codice civile, tale espressione con quella di responsabilità genitoriale, in attuazione del criterio direttivo espresso dall'art. 2, comma 1, lett. h) della legge n. 219 del 2012, che prevedeva "l'unificazione delle disposizioni che disciplinano i diritti ed i doveri dei genitori nei confronti dei figli nati nel matrimonio e dei figli nati fuori dal matrimonio, delineando la nozione di responsabilità quale aspetto dell'esercizio della podestà genitoriale".
Questa opzione legislativa si colloca, in tutta evidenza, in simmetria con la ratio della Riforma, consistente nell'unificazione dello stato di figlio: il legislatore ha infatti non solo eliminato le diverse categoria di figli agendo sullo status, ma ha modificato anche il rapporto genitori- figli attraverso una revisione dei poteri e doveri dei genitori verso i figli, ricondotti con il decreto attuativo nella nuova categoria della responsabilità genitoriale.
Senza soffermarmi sui possibili dubbi di sconfinamento dai limiti della delega dal parte del legislatore che sono stati avanzati in dottrina168, è opportuno rilevare come tale modifica terminologica
far prevalere la stabilità dei rapporti familiari a discapito dell'accertamento della verità, rilevando che: " è vero che la legge fa sempre salva la libertà del figlio di valutare se agire o meno per l'accertamento della verità, ma è anche vero che da parte del genitore sussiste analogo interesse al'identità familiare, cioè alla sua identità di padre, che in sé merita tutela incondizionata".
168
Alcuni esponenti della dottrina hanno sostenuto che la sostituzione della potestà con il nuovo concetto di responsabilità genitoriale rappresenta una violazione del principio dettato dalla legge delega. In questi termini, G. DE CRISTOFORO, Dalla
potestà alla responsabilità genitoriale: profili problematici di una innovazione discutibile, in Nuova giur. civ. comm., 2014, p. 785: " La sostituzione della potestà
ponga direttamente l'attenzione sull'assunzione e attuazione di scelte e comportamenti responsabili cui sono tenuti i genitori nell'interesse superiore del figlio169: la stessa Relazione illustrativa dello schema del decreto sottolinea come la nozione di responsabilità genitoriale definisca i contenuti dell'impegno genitoriale, non più da considerare come un potestà sul figlio minore, ma come un' assunzione di responsabilità da parte dei genitori nei confronti del figlio.
Dunque, il nuovo concetto di responsabilità genitoriale si incentra, non più sul potere del genitore di intervenire nella sfera giuridica del figlio - come accadeva con l'istituto della potestà - ma sul dovere del genitore di provvedere alle necessità del figlio, sempre nell'ottica del suo interesse170.
Si può quindi evidenziare come tale innovazione a livello lessicale testimoni una diversa e mutata considerazione del rapporto genitori- figli, nella quale viene posto in primo piano il superiore interesse del figlio minore.
dalla legge delega, la quale anzi muoveva chiaramente dal presupposto della conservazione della nozione di potestà genitoriale, limitandosi a richiedere al Governo di intervenire sula determinazione dei contenuti di tale nozione affinché al suo interno venisse opportunamente valorizzato [...] il profilo attinente alla responsabilità genitoriale".
169
A. GORASSINI, La responsabilità genitoriale come contenuto della potestà, in
Filiazione. Commento al decreto attuativo, a cura di M. BIANCA, Milano, 2014, cit.
p. 91. Nello specifico l'a. sottolinea che "la modifica terminologica dà risalto alla diversa visione prospettica che nel corso degli anni si è sviluppata ed è ormai da considerare patrimonio condiviso: i rapporti genitori-figli non devono essere più considerati avendo riguardo al punto di vista dei genitori, ma occorre porre in risalto il superiore interesse dei figli minori".
170
E. GIACOBBE, Il prevalente interesse del minore e la responsabilità genitoriale.
Riflessioni sulla riforma "Bianca", in dir. fam., 2014, p. 817 ss, evidenzia questo
elemento di novità della disciplina, affermando: "ratio della modifica, è quella di abbandonare una visione che si potrebbe definire genitoricentrica delle relazioni genitori-figli [...]. Una tale visione, infatti, apparteneva al nostro retroterra culturale, tant'è che ancora la si ritrova nei commi 1 e 2 dell'art. 30 Cost., nei quali, mantenere, istruire ed educare i figli è presentato come dovere-diritto dei genitori, e non pretesa dei figli. La responsabilità genitoriale, per contro, inverte l'ordine dei fattori e il prodotto cambia; la posizione attiva - da protagonisti - passa ai figli, mentre la posizione passiva - insita nell'essere responsabile - passa ai genitori, che diventano spalla".
Per ciò che concerne le novità dal punto di vista sistematico, il decreto attuativo, attraverso gli artt. 39 - 41, ha riorganizzato le regole riguardanti la responsabilità genitoriale nel Titolo IX del Libro I, intitolato "Della responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio", il quale si compone di due Capi.
Il Capo I, del Titolo IX, rubricato "Dei diritti e dei doveri del figlio", racchiude gli artt. dal 315 al 337 c.c., che disciplinano i rapporti tra genitori e figli, mentre il Capo II intitolato"Esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio", contiene i nuovi articola dal 337 bis al 337 octies c.c. In particolare, all'interno del nuovo Capo II, sono state inserite tutte le norme riguardanti l'esercizio della responsabilità genitoriale in caso di crisi familiare: sono state infatti trasportate negli artt. 337 bis - 337
octies c.c. sia la disciplina che regolava il rapporto tra genitori e figli
in caso di cessazione dell'unione dei genitori, delineata dalla legge n. 54 del 2006 e collocata negli artt. 155 - 155 sexies c.c., sia alcuni dei commi dell'art. 6 della legge n. 898 del 1970 relativa al divorzio. Si evince dunque come i nuovi Capi I e II del Titolo IX hanno uniformato, anche a livello sistematico, la disciplina dei rapporti che intercorrono tra genitori e figli, tanto nella fase fisiologica del rapporto tra genitori, quanto nella fase patologica, a prescindere dalla sussistenza o meno di un vincolo matrimoniale tra i genitori.
Specificatamente, tra le modifiche introdotte dalla riforma, merita particolare attenzione il nuovo articolo 316 c.c., il quale ha subìto una profonda modifica con l'entrata in vigore del decreto legislativo171.
171
La riforma ha infatti modificato quasi interamente l'articolo, mantenendo inalterato, rispetto alla formulazione precedente, il comma 2 dell' articolo, il quale richiama la vecchia formulazione del comma 3.
Nella nuova formulazione dell'art. 316 c.c. il riferimento alla potestà genitoriale è eliminato e sostituito con quello della responsabilità genitoriale: il nuovo articolo difatti recita "la responsabilità genitoriale spetta ad entrambi i genitori che la esercitano di comune accordo, avendo rispetto delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figli". Si abbandona quindi la nozione di potestà per valorizzare, come si afferma nella Relazione illustrativa delle riforma, l'assunzione di responsabilità da parte dei genitori nei confronti dei figli, la quale suole indicare "una situazione giuridica complessa idonea a riassumere i doveri, gli obblighi e i diritti derivanti per il genitore dalla filiazione, sostituendo così il tradizionale concetto di potestà". È netto quindi il distacco con il passato, in quanto il legislatore delegato passa da una nozione di "potestà", basata su una situazione giuridica soggettiva del potere, alla nuova figura di "responsabilità" che trova la sua base nella dimensione del dovere giuridico, il cui esercizio deve avere come obiettivo il preminente interesse del minore172: si intende dunque porre l'attenzione sui quei doveri rivolti all'attuazione dell'interesse del figlio, rispetto al quale il ruolo dei genitori si configura come una vera e propria funzione173.
Rilievo ulteriore assume, nella nuova formulazione dell'art. 316 c.c., il prolungamento della responsabilità genitoriale oltre il raggiungimento della maggiore età del figlio, con la conseguente soppressione della limitazione temporale della stessa.
Se la previgente formulazione, prevista dalla riforma del 1975, prevedeva che il figlio fosse soggetto alla potestà genitoriale fino al raggiungimento della maggiore età o all'emancipazione, il nuovo
172
A. G. CIANCI, La nozione di responsabilità genitoriale, in La riforma del diritto
di famiglia, Padova, 2015, p. 585.
173
M. SESTA, Famiglia e figli a quarant'anni dalla riforma, in Fam. dir., 2015, p. 1013.
articolo invece non pone alcun limite di tempo alla funzione genitoriale.
La stessa relazione illustrativa evidenza come la responsabilità genitoriale "vincola i genitori ben oltre il raggiungimento della maggiore età, fino cioè al raggiungimento dell'indipendenza economica": emerge quindi un dovere, posto a carico dei genitori , di mantenere il figlio fino a che esso non abbia raggiunto un'indipendenza economica; dovere da assolvere, quindi, oltre la soglia della maggiore età174.
È importante di conseguenza sottolineare come, sotto questo aspetto, la nozione di responsabilità genitoriale abbia acquistato un carattere ampio e duttile, in quanto, se da un lato, a seguito del raggiungimento del diciottesimo anno di età, si estinguono i poteri del genitore nella sfera giuridica del minore, poiché questo acquista capacità d'agire (art. 2 c.c.), dall'altro lato, permane il dovere genitoriale di assicurare tutti quei diritti derivanti dallo stato di figlio richiamati dal nuovo art. 315
bis c.c., tra cui il dovere di mantenimento175.
È da evidenziare difatti come una parte della dottrina, riguardo tale aspetto, ritenga come il nuovo sintagma della responsabilità genitoriale non abbia sostituito il concetto giuridico di potestà, il quale continua a permanere come istituto nell'ordinamento176. Nello
174
A. M. IADECOLA, Il principio di unificazione dello status di figlio, in Dir. fam.
pers., 2013, p. 379; A. BELELLI, I doveri del figlio verso i genitori nella legge della riforma della filiazione, in Dir. fam. pers., 2013, p. 645; E. AL MUREDEN - M.
SESTA, Commento all'art. 315 bis c.c., in Codice della famiglia, Milano, 2015, p. 1154 ss.
175
Sul punto v. A. G. CIANCI, La nozione di responsabilità genitoriale, in La
riforma del diritto di famiglia, Padova, 2015, p. 588 ss.
176
A. GORASSINI, La responsabilità genitoriale come contenuto della potestà, in
Filiazione. commento al decreto attuativo, Milano, 2014, p. 91 ss. L'a. sottolinea
come sia desumibile la permanenza della potestà genitoriale come istituto da tre elementi testuali presenti nella l. 219/2012:
- Il comma 6, dell'art. 1, che ha sostituito la rubrica del Titolo XI del libro I del c.c. con la formula "Della potestà dei genitori e dei diritti e doveri del figlio";
specifico, secondo tale tesi, la responsabilità genitoriale rappresenterebbe l'unico contenuto della potestà genitoriale, la quale, in quanto istituto si manifesterebbe "nel mondo giuridico essenzialmente attraverso il suo esercizio nelle forme della responsabilità, pur mantenendo la potestà una sua rilevanza (ma non una efficacia e/o effettività) come luogo di vigenza nel sistema durante la minore età del figlio"177, acquistando altresì rilevanza giuridica nel caso in cui il genitore decada dall'esercizio della responsabilità genitoriale nel momento della minore età del figlio. Ciò permetterebbe di mettere in evidenza come, con il raggiungimento della maggiore età del figlio, il genitore da un lato decada dal potere di intervento nella sfera giuridica del figlio (visto l'acquisto della capacità d'agire), mentre dall'altro persista la responsabilità genitoriale.
Centrale altresì nella disciplina del riformato art. 316 c.c., è il comma 4.
L'importanza della sua riformulazione è duplice in quanto, da un lato, il decreto attuativo cancella il testo previgente, che racchiudeva una norma di disuguaglianza tra padre e madre nell'esercizio della potestà genitoriale; dall'altro, con la novellazione del suddetto comma, sancisce una regola di portata generale, secondo la quale l'esercizio condiviso della responsabilità genitoriale si estende anche ai casi in
- La lettera h) dell'art. 2, che nel dettare i criteri direttivi per il legislatore delegato, ha impostato l'unificazione dello stato dei figli "delineando la nozione di responsabilità
genitoriale quale aspetto della potestà genitoriale";
- L'art. 448 bis che parla sin dalla rubrica di "decadenza della potestà".
177
A. GORASSINI, La responsabilità genitoriale come contenuto della potestà, cit. 93. L'a. sottolinea come sia desumibile la persistenza della potestà genitoriale come istituto da tre elementi testuali presenti nella l. 219/2012:
cui i genitori biologici non siano mai stati legati né dal vincolo matrimoniale, né da una convivenza more uxorio178.
Specificatamente l'articolo 316, comma 4 c.c., nel testo previgente, attribuiva al padre il potere di adottare provvedimenti urgenti, qualora vi fosse "un incombente pericolo di grave pregiudizio per il figlio". Tale norma quindi, attribuendo al padre il potere esclusivo di prendere delle decisioni nell'interesse del figlio in via temporanea, rappresentava da una parte un vulnus al principio di parità tra i coniugi nell'esercizio della potestà previsto dalla riforma del 1975, dall'altra, sacrificava la posizione della madre in favore di quella del padre, ritenuta prevalente in questi casi179.
La riforma elimina questa previsione, considerata da più parti in contrasto con l'art. 3 della Costituzione180, senza tuttavia individuare una soluzione alternativa. Sul punto è intervenuta la dottrina, la quale ritiene potersi applicare - fermo restando la possibilità di un'azione cautelare d'urgenza ex art. 316, comma 3 c.c. - il criterio generale secondo cui i genitori dovranno decidere di comune accordo.
Per ciò che concerne l'ulteriore aspetto di innovazione, l'attuale formulazione del comma 4 dell'art. 316 c.c., insieme alla modifica del testo dell'art. 317 bis c.c., segnano - come accennato in precedenza - l'affermarsi di una disciplina uniforme e di portata generale in tema responsabilità genitoriale: prevedono difatti l'esercizio condiviso della responsabilità da parte di entrambi i genitori, a prescindere
178
E. EL MUREDEN, La responsabilità genitoriale tra condizione unica del figlio e
pluralità dei modelli familiari, in Fam .dir., 2014, cit. p. 478.
179
Per un approfondimento si veda V. D'ANTONIO, La potestà dei genitori, in Il
diritto di famiglia, diretto da G. AUTORINO STANZIONE, vol. IV, La filiazione. La podestà dei genitori, gli istituti di protezione del minore, Torino, 2011, p. 592 ss.
180
Circa i dubbi di costituzionalità che gravavano sull'art. 316, comma 4 c.c., si veda G. AUTORINO STANZIONE, Codice civile annotato con la dottrina e la
dall'esistenza o meno di qualsiasi tipo di relazione giuridica o di fatto esistente tra questi.
Per comprendere quanto detto, è necessario ricordare che, antecedentemente alla riforma, il vecchio articolo 316 c.c. presentava una norma di carattere generale, la quale prevedeva che la potestà fosse esercitata di comune accordo da entrambi i genitori; mentre l'art. 317 bis c.c. disciplinava l'esercizio della potestà dei genitori in ipotesi di riconoscimento dei figli naturali, richiedendo al comma 2 il presupposto della convivenza tra i due genitori per l'esercizio della potestà sui figli riconosciuti.
Da tale assetto normativo si può evincere dunque, come persistesse nei confronti dei figli naturali una disciplina discriminatoria in ordine all'esercizio congiunto della potestà da parte dei genitori, vista la richiesta di un'unione stabile fondata sulla convivenza da parte dei genitori per l'attribuzione di tale esercizio.
Anche con l'introduzione della legge n. 54 del 2006 la situazione non è mutata , in quanto il legislatore, pur affermando da un lato il principio di bigenitorialità (artt. 155 c.c. e seguenti), dall'altro ha confermato la disciplina differenziata dell'esercizio della potestà in riferimento alla natura della filiazione, mantenendo intatta la regola prevista dall'art. 317 bis c.c.
Tale intervento legislativo invero ha creato non pochi dubbi di carattere interpretativo, contrapponendo quanti ritenevano che l'art. 317 bis c.c. risultasse perfettamente compatibile con il principio affermato dall'art. 155 c.c. - dal momento che quest'ultimo limitava esclusivamente la sua operatività alle controversie nate a seguito della fine della convivenza tra genitori non coniugati, senza in alcun modo riguardare ogni rapporto tra genitori e figli181-, e quanti viceversa
181
Favorevoli all'abrogazione tacita dell'art. 317 bis, in seguito alla legge n. 54/2006, M. A. LUPOI, Aspetti processuali della normativa sull'affidamento condiviso, in Riv.
ritenevano implicitamente abrogato l'art. 317 bis c.c. per incompatibilità con il principio di bigenitorialità182.
Posizione quest'ultima fatta propria dalla Corte di Cassazione, la quale anticipando come si vedrà la riforma del 2013, ha chiarito che la regola dell'esercizio della potestà ad entrambi i genitori avesse "efficacia pervasiva e generalizzata", e che pertanto ciò implicherebbe la possibilità di applicare tale regola anche ai casi in cui i genitori non abbiano mai convissuto, con la conseguente "abrogazione implicita di ogni contraria disposizione di legge"183.
L'attuale formulazione dunque dell'art. 317 bis c.c.(che adesso regola il diritto degli ascendenti di mantenere i rapporti significativi con i nipoti), e del novellato art. 316, comma 4 c.c. (il quale sancisce che "il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui" e che "se il riconoscimento del figlio, nato fuori dal matrimonio, è fatto dai genitori, l'esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi"), consentono di superare le discriminazioni presenti in passato.
Difatti deve ritenersi alla luce di tali modifiche e a seguito dell'affermazione dello stato unico di figlio, come l'esercizio della responsabilità genitoriale abbia acquistato una portata generale ed uniforme che trova applicazione indipendentemente dal fatto che i genitori siano coniugati, conviventi o non conviventi: i genitori
trim. dir. proc. civ., 2006, p. 1063 ss.; E. ANDREOLA, Legge sull'affidamento condiviso e l'art. 317 bis c.c.: l'equiparazione mancata, in Riv. not., 2010, p. 1499 ss.
182
Si annoverano fra i contrari all'implicita abrogazione dell'art. 317 bis c.c., G. MANSI, Figli naturali e potestà genitoriale tra l'art. 317 bis c.c. e la l. n. 54/2006, in
Fam. dir., 2011, p. 1097; M. SESTA, Per l'esercizio comune della potestà dei genitori naturali occorre la convivenza, in Fam. dir., 2012, p. 609 ss..; M. SESTA -
M. BALDINI, La potestà dei genitori, in L'affidamento dei figli nella crisi della
famiglia, a cura di M. SESTA - A. ARCIERI, Torino, 2012, p. 91 ss.
183
Cass. 10 maggio 2011, n. 10265, in Giur. it.., con nota di C. SGOBBO,
L'esercizio della potestà sui figli naturali da parte dei genitori non conviventi, 2012,
p. 790 ss., e in Nuova giur. civ. comm., 2011, p. 1206, con nota di M. SESTA,
L'Esercizio della potestà sui figli naturali dopo la legge n. 54/2006: quale sorte per l'art. 317 bis cod. civ.?.
saranno sempre titolari della responsabilità genitoriale in maniera congiunta per il semplice fatto della procreazione184, e dunque la mancata convivenza non rappresenterà più un ostacolo all'esercizio congiunto della responsabilità genitoriale.
Il principio in base al quale la responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori trova applicazione anche nella fase di dissoluzione del vincolo che lega i genitori, qualunque esso sia.
Il nuovo Capo II del Titolo IX difatti predispone, agli artt. 337 bis - 337 octies c.c. (riproponendo in parte il contenuto degli artt. 155 - 155
sexies c.c.), una disciplina unitaria dell'esercizio della responsabilità
genitoriale anche nella fase patologica del rapporto genitoriale, senza che rilevi la modalità - nullità del matrimonio, separazione, divorzio, cessazione del legame more uxorio - con le quali la crisi del legame si manifesta185.
In particolare, all'art. 337 ter, comma 3 c.c. trova conferma la regola, già espressa nell'art. 155 c.c. (modificato dalla legge n. 54/2006)186, secondo cui l'esercizio della responsabilità genitoriale è attribuita ad entrambi i genitori, postulando che le decisioni di maggior interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione e alla salute devono essere assunte "di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli".
Si riconferma quindi la nozione di responsabilità genitoriale quale esercizio di una vera e propria funzione finalizzata alla realizzazione dell'interesse del figlio, anche nella fase di crisi del rapporto genitoriale.
184
In tal senso E. EL MUREDEN, La responsabilità genitoriale tra condizione unica
del figlio e pluralità dei modelli familiari, in Fam. dir., 2014.
185
O. CLARIZIA, La disciplina delle responsabilità genitoriali, in La nuova
disciplina della filiazione, Santarcangelo di Romagna, 2015, cit. p. 152.
186
Precedentemente la regola generale consisteva nell'attribuzione dell'esercizio della potestà al solo genitore affidatario.
Interessante inoltre rilevare come il nuovo art. 337 c.c. aggiunga tra le decisioni di maggior interesse per i figli la "scelta della residenza abituale del minore".
Tale esplicitazione da parte del legislatore invero dà voce ad un orientamento consolidato nella dottrina e nella giurisprudenza prevalenti: queste infatti, a partire dall'entrata in vigore della legge sull'affidamento condiviso, avevano più volte annoverato tra le decisioni di maggior interesse per i figli anche la scelta della loro residenza abituale, desumendola dall'interpretazione dell'art. 155 c.c187.
Non solo, l'inserimento della scelta della residenza abituale del minore tra le decisioni di maggior importanza che i genitori devono prendere di comune accordo, anche in caso di crisi familiare, è coerente con il principio ispiratore della Riforma del 2012188: al centro di ogni tutela vi deve essere il preminente interesse del figlio, considerato oggi