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La receptio della disciplina suntuaria per mores utentium: una

L’ingerenza della disciplina statutaria sulla condotta dei cives è dunque giustificata dall’esigenza di impedire l’error communis nella valutazione dei buoni mores26. A tale proposito occorre prestare atten- zione all’allegazione patristica – il passo di Gregorio Magno tratto dalle

Homiliae al vangelo di Luca – apposta a sostegno delle ragioni della

colpevolezza delle vesti preziose. Questa auctoritas – chiarisce Uberto – è richiamata, con il medesimo intendimento, anche dal glossatore or- dinario del Decretum27. Sennonché, a leggere la glossa di Giovanni

26 Sullo sviluppo della complessa ed articolata dottrina medioevale dell’error com-

munis in relazione a consuetudines e mores cfr. E. CORTESE, La norma giuridica. Spun-

ti teorici nel diritto comune classico, II, Milano, 1964 (Ius Nostrum. Studi e testi pub-

blicati dall’Istituto di Storia del Diritto italiano dell’Università di Roma La Sapienza, 6.2) pp. 104-114.

27 UBERTO DA CESENA, Questio disputata Bononie, sub 13: «De quo Gregorius: ‘si culpa in cultu preciosarum vestium non esset, sermo Dei non tam manifeste exprimeret quod dives indutus purpura et bisso descendit ad inferos’ (Gregorio Magno, Hom. XL,

Teutonico cui Uberto rinvia, si scopre una complessità interpretativa tale da arricchire profondamente l’intera questione della disciplina degli ornamenti. Il testo è il seguente:

[C.XXI q.4 d.a.c.1] ad vv. Quod vero: Nota quod usus vestium non despicitur sed abusus, scilicet iactantia et voluptas, quia in victu non refert quis vel quid vel quantum comedat dummodo non gulose sumat, ut XLI dist., Quisquis et cap. Delicie (D.XLI cc.1 et 2). Idem dico in veste, ut XLI distin., Parsimoniam (D.XLI c.5) et hic in capitulo primo (D.XLI c.1). Possunt ergo clerici secundum consuetudinem regionis pretiosis vestibus uti, ut conforment se moribus eorum inter quos vivunt et ne vilescat dignitas clericalis, argu. LXXX distinc., Episcopi (D.LXXX c.3). Sed rubris et viridibus pannis non utentur omnes, desuper habebunt clausas vestes, extra., de vita et honestate clericorum, Clerici (1 Comp., 3.1.2), purpuram et cendalum possunt ferre. Nam vestis domini purpurea fuit, nec tenet illud quod legitur extra., de vita et hone. clerico., Statuimus (1 Comp., 3.1.9), quia non fuit per usum utentium approbatum, sicut nec illud Grego. VII, extra., de appella., Meminimus (1 Comp., 2.20.9). Gregor. tamen dicit quod si cultus pretiosarum vestium non esset in culpa, sermo Dei non tam manifeste exprimeret quod dives indutus purpura et bisso descendit ad inferos, de poenitentia, dist. III, c. Cavendum (D.III c.47 de pen.). Sed illud non obstat quia sine charitate erat, nam propter divitias quis non damnaretur, XXX distinc., c. Haec scripsimus (D.XXX c.16).

L’intera argomentazione qui proposta è orientata a dimostrare la peccaminosità dell’abuso, non dell’uso, degli ornamenti. Tant’è che – conclude infine Giovanni Teutonico – il ricco vestito preziosamente, di cui fa menzione Gregorio Magno, discese agli inferi non a causa delle sue ricchezze, ma per l’assenza di carità con cui fece uso di esse (Sed

illud non obstat quia sine charitate erat, nam propter divitias quis non damnaretur). Tutto ciò fa buon gioco alla dimostrazione della peccami-

nosità degli ornamenti, qualora usati per indurre alla concupiscenza carnale. Ma la glossa attira massimamente l’attenzione per la digressio- ne che precede questa soluzione finale. In essa si affronta la questione dell’ornamento dei chierici. Ciò offre l’occasione al glossatore ordina- rio per chiarire che le vesti preziose degli ecclesiastici sono ammesse

ad Lc. XVI, 19-31), et notatur XXI, q. IV, in Summa (Giovanni Teutonico, gl. Quod

laddove risultino secundum consuetudinem regionis, e tali che essi

conforment se moribus eorum inter quos vivunt et ne vilescat dignitas clericalis. Questo principio – aggiunge il Teutonico – non risulta infi-

ciato neppure dal dettato della decretale ‘Statuimus’ accolta nella Prima

Compilatio antiqua (1 Comp., 3.1.9), giacché «non fuit per usum

utentium approbatum». Questa espressione rinvia evidentemente ad un principio fondamentale fissato nel Decretum grazianeo (D.IV d.p.c.3) – responsabile di una lunghissima tradizione interpretativa – secondo cui «leges instituuntur, cum promulgantur, firmantur, cum moribus uten- tium approbantur»28. Tutto ciò interesserebbe molto alla lontana la di- sciplina suntuaria di cui ci stiamo occupando se si omettesse di leggere il testo decretalistico in questione. In verità la decretale ‘Statuimus’, promulgata da papa Gregorio VIII nel 1187 (Jl16079), non statuisce solamente con riguardo all’ornato dei chierici, ma anche con riguardo alle vesti dei laici. Dopo aver descritto di qual foggia debbano essere gli

indumenta ecclesiastici, la decretale così prosegue:

[1 Comp., 3.1.9] …Viri quoque incisas uestes ab inferiori non habeant parte, et mulieres uestibus sumptuosis e propri corporis longitudinem excedentibus amodo non utantur, sed in habitu honesto et moderato incedant, qui nec lasciviam notet nec iactantiam uanitatis ostendat. Quisquis uero uir siue mulier talia fecerit amodo indumenta, et a communione Dominici corporis donec se corrigat reddatur extraneus…

Qui si vietano le vesti traforate e gli strascichi, si raccomandano ve- sti moderate, si vieta l’ostentazione e soprattutto si prevede la pena del- la scomunica per i trasgressori. Ma questa decretale che certamente è in linea con la disciplina suntuaria statutaria dalla quale scaturisce la

quaestio ubertina, non risulta recepita dai mores utentium, come ben

chiarisce Giovanni Teutonico. E quale sia il significato di questa dichia-

28 Ampie considerazioni sul punto in O. CONDORELLI, Ragione, autorità, consenso:

costanti e varianti nella dottrina canonistica della norma giuridica (Spigolature stori- che), in Glossae, 10 (2013), pp. 161-185, poi in N. CAPIZZI, O. CONDORELLI (a cura di),

Processi di formazione del consenso: atti del Convegno di studi organizzato dallo Stu- dio teologico S. Paolo di Catania e dal Dipartimento seminario giuridico dell’Univer- sità degli studi di Catania. Catania, 18-19 aprile 2013, Catania, 2014 (Quaderni di

razione è presto detto: la decretale ‘Statuimus’ è scartata dal Liber

Extra di Gregorio IX, incrementa la serie delle partes decisae. In poche

parole, in materia di disciplina degli ornamenti, il diritto canonico nel 1234, anno di promulgazione della compilazione gregoriana, è costretto a fare un passo indietro: frater Ubertus ed i suoi seguaci ce ne spieghe- ranno la ragione.