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La sociologia come teoria dei sistemi sociali

La sociologia di Talcott Parsons rappresenta per Luhmann il punto di arrivo della ricerca sociologica, l’ultimo e più compiuto esempio di ricerca che ha voluto e saputo assumersi l’onere di una teoria che avesse pretese di universalità. Questa ambizione ha tuttavia un carattere differente rispetto a quello esibito da concetti come quello tradizionale di totalità. Universale si è detto in molti modi: in Parsons significa la possibilità di tener conto dell’unità della disciplina, fondata sulla fecondità euristica del riferimento sistemico, l’ azione. Viene cioè abbandonata la pretesa dell’esclusività e della giustezza assoluta della teoria generale. Il limite, invece, della teoria dei sistemi d’azione sarebbe riscontrabile in certi elementi di senso che vengono sottratti alla problematizzazione, come conseguenza diretta, sostiene Luhmann, dell’anteporre in fase di analisi il concetto di struttura a quello di funzione. Il metodo struttural-funzionalistico di Parsons non è capace di definire teoricamente il concetto di struttura perché lo ipostatizza in quanto concetto-chiave del metodo. Invertendo la relazione parsoniana, Luhmann dichiara di riuscire a «porre il problema della funzione di strutture sistemiche, senza dover presupporre

79 Al di là della metafora teatrale, la trama delle opere di Luhmann è qualcosa di realmente particolare se si guarda al metodo

di composizione e a quanto questo risulti sintomaticamente legato al suo modo di concepire il cominciamento come gli sviluppi della attività di scrittura teoretica. Cfr. H.G. Moeller, Per comprendere Luhmann, cit., pp. 27-32.

50 l’esistenza di una struttura sistemica complessiva quale punto di riferimento del problema»80

come succede nel caso specifico con le azioni.

La sociologia si colloca in un rapporto di rottura rispetto alla razionalità della vita quotidiana, poiché se questa e quella coincidessero non ci sarebbe bisogno di ricorre alla formulazione di alcuna scienza. Rispetto ai giudizi di valore, all’ambito delle motivazioni, allo schema formale che, ad esempio, seguono i behavioristi, Luhmann è, da questo punto di vista, assai più tedesco che non americano. La difficoltà è sempre stata quella di rinvenire, nella fenomenicità sociale, un filo conduttore81, per dar conto dei legami che sussistono tra motivazioni reali e motivazioni

apparenti, tra strutture e sovrastrutture, anche quando queste interessano lo stesso modo del conoscere. Questioni che «nella ingenua vita quotidiana, ma anche dai concetti giustificatori e razionalizzatori usati dall’agente»82, non è possibile desumere. Infatti, si può ancora leggere, «è

del tutto fuori discussione che la distanza dal piano dell’esperienza della vita quotidiana costituisca un presupposto della costruzione della scienza che sia teoricamente compiuta, della sua relativa invarianza quale sistema di concetti e giudizi»83.

Ora, eliminare il riferimento a una struttura fondamentale non vuol dire abbandonare l’analisi alla deriva della mancanza di alcun tipo di riferimento. Ogni analisi funzionale, infatti, presuppone l’esistenza di un punto di riferimento rispetto al quale una funzione viene svolta, poiché si comincia sempre da un quid irrisolto e problematico. La questione è quella di stabilire in base a quali criteri tale elemento è stato concepito come riferimento, seppur iniziale.

Dalla storia delle scienze sociali sappiamo che l’analisi struttural-funzionalistica aveva individuato nel problema del mantenimento dell’ordine interno al sistema il presupposto di ogni ricerca: ciascuna teoria aveva l’incarico di designare gli elementi che concorrevano alla conservazione del sistema nei termini di strutture di identità, differenziate a partire dall’univoca funzione del rispetto dei rapporti di conservazione interni al sistema. Nella teoria funzional- strutturalista di Luhmann il punto di partenza è rappresentato invece dalla differenziazione fra un dentro e un fuori, e dal rimando che questa differenziazione rende possibile all’idea di un’entità

80 N. Luhmann, La sociologia come teoria dei sistemi sociali, in Id. Illuminismo sociologico, cit., p. 131.

81 «Filo conduttore» è espressione tipica di un certo modo di intendere il procedimento di indagine teoretica. L’espressione

italiana traduce Leitfaden: è interessante ricordare come questa ricorra nel Kant della Idea di storia universale da un punto di vista cosmopolitico, già nel titolo dello Schiller della Sulla prima società umana secondo il filo conduttore del documento mosaico e anche nella Prolusione Accademica che questa, come le altre Lezioni di filosofia della storia , precede, ma è anche espressione che si trova in Marx, nel documento che annuncia la cosiddetta concezione materialistica della storia. Marx vi parla in quanto «filo conduttore per i miei studi», nella Prefazione del ’59, cfr. K. Marx, Per la critica dell’economia politica, tr. it. Emma Cantimori Mezzomonti, Editori Riuniti, Roma 1984, p.4.

82 N. Luhmann, Metodo funzionale e teoria dei sistemi, p. 52. 83 Ibid., corsivo mio.

51 di riferimento che non ha più alcun fuori a delimitarla. Questa entità è per Luhmann contrassegnata dal concetto di mondo. L’analisi funzionale deve poter confrontare le soluzioni funzionalmente equivalenti a questo problema analitico dell’emergere di un orizzonte non strutturato, un’entità finita che conferisce significati pur rimandando all’infinito84, in quanto

insieme di tutte le possibili equivalenze funzionali di un dato sistema. Mondo come problema designa in ogni momento una data relazione tra un determinato sistema e il problema del suo riferimento, attuale o potenziale, a questo mondo.

Il mondo diventa un problema non rispetto al suo essere, ma in quanto ente astratto che denota una complessità eccessiva. Ciò che accade dipende da ciò che esiste: il modo di questo esistere riguarda la possibilità e la capacità di operare connessioni di senso. La funzione di rimando è la prestazione sistemica e teorica propria del senso, l’unica funzione di riduzione della complessità che è in grado di essere contemporaneamente selezione nel contesto delle altre possibilità e rinvio. Un’altra mancanza della teoria sistemica che antepone il concetto di struttura a quello di funzione consiste proprio nell’intendere la categoria di senso come un che di essenziale all’azione, una componente intrinseca e necessaria, una struttura che poi funziona, appunto, nel modo del senso – previa definizione di che cosa sia una tale funzionalità.

I sistemi sociali hanno il compito di cogliere e riordinare la complessità che si genera dalla compresenza di sistemi sociali diversi, in una sorta di mediazione tra la complessità massima del mondo e la capacità del sistema sociale interessato di stabilire di volta in volta funzioni di differenziazione tra un dentro e un fuori. Complessità meno improbabile del sistema e complessità più improbabile del mondo sono assunte come variabili che stanno tra loro in un

nesso di corrispondenza in quanto «la complessità presuppone di per sé la formazione di sistemi»85.

Un sistema impara a distinguersi dal proprio ambiente, ad escludere un numero più alto di possibilità rispetto a quelle del mondo e perciò a fondarsi su un ordine “superiore”, più

improbabile. L’improbabilità è un prodotto della determinazione, la quale dipende dall’operazione

propria del senso. Ecco allora perché possiamo intendere il nesso che fa corrispondere aumento e riduzione di complessità al potenziale selettivo del sistema, in relazione alla concreta strutturazione della differenziazione funzionale nel quale si trova a riprodursi. Non a caso, infatti, Luhmann fa notare che questo processo chiarirebbe la differenza evolutiva tra le società,

84Il riferimento è a Husserl, infatti si legge: «Husserl ha cercato di cogliere nell’immagine dell’ “orizzonte” questa

particolarità del mondo dell’uomo che consiste nell’apparire come un’entità finita che conferisce significati pur rimandando all’infinito», il problema per la sociologia è vedere cosa c’è dietro alla felice metafora del fenomenologo, il contenuto problematico da cui deriva, cfr. N. Luhmann, La sociologia come teoria dei sistemi sociali, cit., p. 132.

52 sostit uendo alla semantica del progresso86 quella della complessità, per la quale si può dire che

«Le società relativamente semplici hanno un mondo più semplice delle società differenziate»87 -

ovvero si fondano su un ordinamento meno improbabile.

Col crescere della complessità interna il sistema accresce la sua capacità di mantenersi in

autonomia, nel senso che riesce sempre meglio a strutturare la propria specifica forma di

indifferenza relativa all’ambiente e al mondo. I sistemi sociali conservano questa autonomia perché sono in grado di istituzionalizzare le regole di comprensione e di riduzione della complessità che scoprono di perpetuare nella riproduzione. Una di queste è contrassegnata da Luhmann con la formula di «trasposizione del problema»88, l’altra con quella di doppia selettività,

in base alla differenziazione fra “struttura” e “processo”.

Nel primo caso, un sistema diventa capace di un aggiramento del problema del riferimento esterno: il problema-mondo, concepito in quanto rimando a una estrema complessità dei fenomeni, viene tradotto come problema interno al sistema, trasposto nell’ambito delle possibilità individuabili come funzioni sostituibili. In questo modo il problema viene riferito al sistema, il quale risulta così in grado di elaborare informazioni di tipo selettivo.

Questa dinamica di rappresentazione interna dei problemi, o meglio, dell’acquisizione di informazioni in quanto problemi, innescata dall’esigenza di rispondere a problematiche esterne, è la base di sviluppo di processi riflessivi89, della trasmissibilità di contenuti semantici e, dunque,

dell’emergere e del perpetuarsi delle tradizioni culturali. Creando una «cornice di riferimento semplificata»90, alcune trasposizioni diventano insostituibili nell’uso corrente, altre assumono la

funzione di presupposti indiscutibili.

Vi sono diversi problemi sostitutivi della complessità, tuttavia storicamente si può constatare l’importanza di tre trasformazioni di problematiche latenti: assumono questa connotazione concetti come quello di stabilità, per quanto concerne la dimensione del tempo, di scarsità quando ci si riferisce alla dimensione materiale, e di dissenso se si guarda alla dimensione sociale dei problemi di comunicazione91. In conseguenza di ciò non solo ci si abitua a pensare

correntemente, ma si creano tradizioni di pensiero e ambiti di erudizione che considerano come irrilevanti, o comunque meno rilevanti, gli eventi del mondo che non riguardino il

86 Come viene ben spiegato, ad esempio, in L. Calabi, «Progrès » e «Progress », «Perfection » e «Improvement ». Sul lessico di alcuni

autori dell'Illuminismo in Francia e Gran Bretagna, in «Società e storia», n. 60, pp. 279–307, 1993.

87 N. Luhmann, La sociologia come teoria dei sistemi sociali, cit., p. 134. 88 Ivi, p. 135.

89 Cfr. N. Luhmann, Meccanismi riflessivi, in Id., Illuminismo sociologico, cit., pp. 103-127. 90 N. Luhmann, La sociologia come teoria dei sistemi sociali, cit., p. 136.

53 compromettere o il favorire della stabilità nel sistema temporale di riferimento, la riduzione o l’incremento nella dimensione materiale di riferimento, l’incoraggiare o il frenare il dissenso nel sistema sociale di riferimento. Ridefinire il problema della complessità indeterminata nei termini di stabilità, dissenso, scarsità, aiuta il sistema a differenziare e specificare le sue operazioni interne. In breve: il concetto di trasposizione indica il modo in cui i problemi vengono circoscritti grazie alla formazione di sistemi. Tuttavia, «Con ciò – chiosa Luhmann – non si compie, lo ripetiamo, alcuna spiegazione, ma si fornisce un presupposto necessario di qualsiasi spiegazione»92.

L’altro modo per dotarsi di strutture orientate alla risoluzione dei problemi, come dicevamo, è la doppia selettività, l’operazione interna di rimando tra struttura e processo. Una struttura è una proiezione di senso e, in quanto tale, è già un atto selettivo, il prodotto di un’operazione di base del sistema. «Il rischio – dice Luhmann – di vivere entro il mondo viene così diviso: esso viene assorbito in larga parte dalle strutture, e per il resto viene affrontato caso per caso»93. Come atto

selettivo una struttura nasce dall’esclusione di una complessità che coglie in modo generico e in termini di altre possibilità.

In un certo senso ogni tipo di struttura si origina e crea un processo simile a quello della

illusione, ovvero risulta determinata dalla possibilità indeterminata di accedere all’autentica

complessità del mondo. Ogni processo di formazione di strutture deriva da questa possibilità di escludere, come dalla presenza di una latenza funzionale che orienta in un senso specifico la selettività. L’elemento funzionale riguarda la capacità di accrescere entro certi limiti la complessità di un sistema sociale e la capacità di comprendere la complessità ambientale, poiché «più una struttura è generalizzata, più alto è il numero delle azioni che essa permette»94.

Il metodo comparativo e la teoria del rapporto sistema/ambiente risulta efficace perché nel caso della rappresentazione dei legami tra prassi quotidiana e astrazione ricorre all’assunto che qualsivoglia azione è selezione e opera tramite selezioni. In ciò consiste l’universalità della teoria dei sistemi. Luhmann è dunque in grado di accostare i due ambiti senza ricorrere a dimensioni trascendentali, trasposte dal primo al secondo livello – come succede nel pragmatismo americano e in Habermas – o dal secondo al primo – come si dà nel criticismo kantiano. Certo, si può dire, fenomenologicamente che la comparazione non riconduce ciò che è all’ essenziale; tuttavia, si può aggiungere: essa offre un incremento di analisi della razionalità sistemica in

92 N. Luhmann, La sociologia come teoria dei sistemi sociali, cit., p. 138. 93 Ivi, p. 139.

54 relazione alla certezza che «a determinate condizioni non sia necessario che ciò che è resti se stesso»95. Una libertas indifferentiae che il sistema sviluppa, e che gli consente di organizzare il

livello e la forma della propria selettività interna, recuperando, in caso di necessità, strutture che aveva momentaneamente escluso.

Una volta realizzate queste possibilità di comparazione e le cognizioni fondate su queste, un blocco – se così si può dire – sul contesto, l’altro su valori costituiti a partire dallo schema dell’aspettativa di comportamento e istituzione delle norme – anche e soprattutto latenti –, i sistemi risultano dipendere esclusivamente dai criteri di riferimento rispetto ai quali si effettua la comparazione, mentre risultano essere completamente indipendenti dalle ragioni per cui questi stessi criteri di riferimento vengono definiti come pertinenti dalla teoria. L’individuazione di equivalenze non autorizza alla sostituzione di criteri di riferimento, mentre non ha alcun legame con i criteri che presiedono alla scelta di questi: in altre parole il passaggio da una motivazione teorica a un’altra fondata su valori fa in modo che la prassi possa appropriarsi delle conoscenze scientifiche senza che ne risulti falsificato il contenuto di verità. Dunque, né il metodo né una teoria dei modelli di attribuzione possono rispettivamente garantire in maniera esclusiva la razionalità della comparazione.

La ricerca di modelli teorici da applicarsi alla razionalità sistemica – che consiste di invarianza relativa e indifferenza ontologica, come abbiamo detto – deve tener presente che la riduzione di complessità è il presupposto per la formazione dei sistemi, e il modo di questa formazione non può che essere processuale.

Processo e sistema sono due aspetti diversi della selettività. Un processo è la categoria analitica che designa la fattualità del fenomeno selettivo e che rileva la necessità di tracciare confini; il concetto di sistema, invece, designa quali confini è necessario tracciare per riprodurre una certa struttura selettiva.

Poiché aumenta il numero di rimandi a possibilità di selezione, è necessario che si creino strutture in grado di potenziare le selezioni già avvenute e di ridurre il tempo nella selezione di nuove selezioni. La selettività in questo modo viene caratterizzata in due modi: come riduzione e come complessità, come processo e come rimando, come senso e come mondo.

Ad esempio, la complessità di un sistema sociale cresce grazie alla generalizzazione delle sue aspettative di comportamento e in base alla differenziazione funzionale in sistemi parziali: il concorso di questi due livelli di formazione innesca il bisogno sempre crescente di dipendenza

55 dai processi, ovvero di ridefinizione delle conformità ai confini tra sistema e ambiente, per orientare la selezione delle strutture successive. Il fatto che i sistemi sociali siano dotati di senso implica poi che si verifichino soltanto determinate possibilità. Chi si aspettasse di più, o anche di meno – termina Luhmann – «misconoscerebbe la funzione del senso, che consiste nell’orientare un’esperienza e un’azione di tipo selettivo, pur mantenendo il mondo come contesto estremamente complesso di possibilità»96.

Soltanto l’interpretazione dei fenomeni sociali in base all’analisi funzionale, svolta nell’ambito della teoria dei sistemi, è in grado di spiegare il “senso degli eventi”, ovvero il campo delineato in termini strutturali come l’ambito delle possibilità delle quali una e una soltanto è divenuta evento. Una teoria sociologica che pone al centro della sua indagine il tema della selettività e, dunque, della complessità, si candita a diventare una teoria generale poiché comincia, e continua ad orientarsi, dal processo di base che tiene insieme la formazione di ogni sistema possibile, sia reale che analitico. Aumentando il numero delle possibilità e le forme dei rimandi, i processi di selezione si rafforzano attraverso l’applicazione dei processi a se stessi, in una dinamica che Luhmann chiama riflessiva, e attraverso l’assicurazione della trasmissibilità delle prestazioni selettive, utilizzando pattern di selezione come mezzi di comunicazione. Il metodo dell’analisi funzionale offre la possibilità di definire una teoria della selettività generale, come conseguenza della scelta – etica ed epistemica97 – di orientarsi al punto di vista della complessità: in relazione a ciò, apre

l’analisi alla formulazione di enunciati metateorici come quelli qui appena abbozzati. In conclusione: soltanto un’analisi del genere, quella che integra il funzionalismo delle equivalenze e la formazione dei sistemi «può giustificare che si consideri l’esperienza non solo come un qualcosa che fa parte del passato, ma come una possibilità che continua a essere tenuta presente quale possibilità futura di un determinato sistema»98. La possibilità, detto hegelianamente, di un

conoscere conformemente alla conoscenza.