Ogni sistema autoreferenziale si conforma secondo il contesto ambientale che esso stesso consente. Tale contesto, per ciò detto, ha una forma e un tempo specifico, in quanto è concepibile a partire dai processi di selezione del sistema. Un sistema è pienamente concreto sul piano della riproduzione e della riproducibilità dei suoi elementi. Questo significa che, nell’attualità della propria riproduzione, un sistema afferma o smentisce la propria capacità di esistere. Gli elementi coinvolti hanno bisogno di seguire, come dice Luhmann, una sorta di «guida interna»103. Le strutture intervengono a questo livello autopoietico poiché rappresentano
la capacità da parte di un sistema di vincolare una indeterminata necessità di formazione a una dinamica specifica di differenziazione. Non a caso, infatti, con struttura si deve intendere tutto ciò che acquista rilevanza autopoietica per un sistema.
Operativamente una struttura limita le relazioni ammesse in un sistema. Qui limitare vuole dire: a) senso di una selezione, formazione di unità di senso quali le comunicazioni, le azioni o i dati di coscienza. Senso di una selezione, come dicevamo sopra, significa forma del rimando ad altre possibilità successive e storia dell’esclusione momentanea di possibilità precedenti; b) costruzione di elementi operativamente qualificanti; c) possibilità – strutturale – della “qualificazione”; d) la possibilità di imputazione e attribuzione da parte di un osservatore, secondo la linea interno/esterno.
102 Anche in relazione a Cassirer, cfr. C. Baraldi, Forme del sapere e complessità sociale, in Semantica e comunicazione, cit. 103 N. Luhmann, Sistemi sociali, cit. p. 451.
100 La riproduzione deve sostituire elementi concreti con elementi concreti, mentre per un osservatore si tratta di accontentarsi di riconoscere serie di possibilità statisticamente calcolabili o astrattamente deducibili, secondo il modello comparativo delle equivalenze funzionali. Ora, non esiste dimensione di concretezza che non debba resistere alla irreversibilità e alla consequenzialità dell’autopoiesi per come si dà nel tempo, e per come si dà rispetto al proprio tempo. Sia per un osservatore che per l’autopoiesi in sé, un evento è la condizione perché l’autoriferimento di base continui a operare come tale. Tuttavia, si pone qui un problema che concerne il modo di intendere il rapporto osservatore/osservazione, proprio in relazione al carattere eventuale della riproduzione. Il concreto non è solo l’unità di un molteplice che effettualmente si mette in scena, e quindi un ambito di aspettativa, ma anche l’ambito di possibilità, come condizione reale rischiosa, che un elemento sia operativamente cogente alla riproduzione.Si chiede Luhmann: in che modo la tradizione filosofica ha concepito il concreto e ne ha organizzato l’analisi? Lo strutturalismo, ad esempio, sosteneva che «si attribuisce un riferimento alla realtà e questo riferimento viene garantito dal concetto di struttura»104.
Attraverso il filtro teorico di “struttura” un osservatore è sicuramente capace di concepire e spiegare regolarità fenomeniche, così come riesce a spiegare un fenomeno secondo lo schema causa/effetto. Ciò che, per così dire, resta fuori dalla spiegazione è però lo stesso principio di spiegazione: lo strutturalismo – e la scienza causalistica, rispetto alle proprie specifiche tematizzazioni, abbiamo visto sopra, commette lo stesso errore – non spiega perché è nella forma di struttura che il concreto si organizza e acquista valori ordinativi. E si legge: «A differenza degli accennati approcci teorici strutturalisti o funzional-strutturalistici la teoria dei sistemi autoreferenziali non risale a posizioni di partenza gnoseologiche (né tantomeno semiotiche). Essa comincia dall’osservazione del suo oggetto»105. Che un oggetto sia oggetto-di-
conoscenza è il problema che emerge come problema e non come manifestazione di qualche intrinseca componente – come può essere intesa la facoltà conoscitiva di un soggetto-che- conosce. La domanda fondamentale non sarà come è venuto a crearsi questo o quello stato di cose, ma: «come è possibile l’astrazione»?106.
Dunque, una teoria è tale solo in quanto «concepisce la sua necessità come necessità di riprodurre esperienze conoscitive e in quanto individua il suo compito nella progettazione delle astrazioni a tal fine necessarie»107. D’altronde appare chiaro come la teoria crei un nesso tra
causalità e necessità, e viceversa, a seconda della tematizzazione che una certa configurazione
104 Ivi, p. 447. 105 Ivi, p. 448. 106 Ivi, p. 459. 107 Ivi, p. 460.
101 semantica mette in piedi, nel tentativo di astrarre, in una situazione autopoietica contingente, un piano strutturale e necessitante che sia esplicativo di ciò che accade.
Un esempio importante che spiega la funzione dell’astrazione nei sistemi sociali è l’emergere delle strutture che regolano l’aspettativa di comportamento. Le aspettative riguardano sia il piano cognitivo che quello normativo. Quando un’azione reagisce direttamente ad una particolare forma di aspettativa, ovvero quando l’aspettativa coincide con l’azione messa in opera, si parlerà di decisione. L’atto del decidere dipende dalla scomposizione binaria che implica l’esperienza dell’aspettativa, rispetto cioè alla possibilità di decidersi per confermarle o per deviarne. Non è perciò un atto di coscienza, non primariamente, ma un’operazione che struttura il senso di un atto sociale, attraverso il quale l’autoriferimento dell’agire sociale fa ricorso concreto ad aspettative. L’attualizzazione è poi assunta nell’auto-osservazione di un sistema psichico in termini di “coscienza”, di “autenticità” o di “falsa coscienza”, nel caso si faccia esperienza di una contraddizione operativa. In breve: “scelta” è uno degli aspetti legati all’autopoiesi sociale, per la quale gioca un ruolo fondamentale la semantica della decisione e della persona.
Nei sistemi sociali le aspettative rappresentano per un osservatore la forma temporale in cui vengono create strutture. L’aspettativa sa di essere attesa, viene assunta sul piano della riflessione e crea così un ordine emergente dotato di una propria forma di sensibilità. Questa si articola secondo le dimensioni del tempo, della struttura materiale delle aspettative e sulle strategie sociali di compensazione delle insicurezze. La concomitanza delle tre dimensioni lega le unità di senso tra loro in modo tale da saturare le esigenze diverse che discendono dai rispettivi ambiti autopoietici fino al momento in cui non ottengono elementi del tutto particolari e, stando alla tradizione, più che problematici. Si scopre infatti così che la struttura dell’ identità è «un aspetto ordinativo puntualizzato, fortemente selettivo, del mondo»108, ma che
dall’identità in sé non discende alcuna promessa di ordine. Anzi: più è determinato il contrasto di aspettative, più aumenta il rischio di delusione.
Anche la sociologia, sostiene Luhmann «ha su questo punto tentato esperimenti con concezioni diverse, unificate delle ipotesi che i criteri di identificazione da applicare alle aspettative di comportamento devono essere disposte in un continuum che va dall’astratto al concreto»109. Qui
l’esperimento riguarda la possibilità di isolare e riordinare le aspettative di comportamento per rendere ciascuna aspettativa indipendente dalle altre. In questo caso le identità che si interpenetrano nella dimensione sociale sono fasci di aspettative determinate, sono cioè
108 Ivi, p. 485. 109 Ivi, p. 486.
102 aspettative che un certo item si comporti come “persona”, come “ruolo”. L’identità ordina le aspettative di comportamento rispetto a elementi che sono in grado di soddisfare ciascuna il suo segmento particolare di aspettative, e, così facendo, di ordinare certi tipi di comportamento. Ancora più astratto si fa il discorso se si tiene conto dei programmi, intesi come insieme di condizioni di accettabilità sociale del comportamento. Ancora un gradino più in alto su questa ipotetica scala dell’astrazione troviamo i valori, che servono nel processo di comunicazione sociale «come una specie di sonda con la quale si può verificare se anche le aspettative più concrete funzionano»110.
Tra individui, valori, ruoli e programmi sussiste un rapporto di interpenetrazione, il quale mette in relazione i fondamenti della convivenza sociale e le esigenze stesse della complessità. Tali esigenze fanno in modo che si sviluppino strutture dedicate al mutamento, all’evoluzione di un dato sistema, alla capacità, cioè, del sistema di selezionare complessità sociale.
Prima parlavamo di norme e cognizioni: ora siamo in grado di capire in che cosa queste due espressioni, negli eventi autopoietici, consistano. Una norma è una struttura non disponibile
all’apprendimento, mentre una cognizione è un insieme di aspettative suscettibili di apprendimento. La
differenza tra soddisfazione o delusione delle aspettative viene così articolato nella differenza fra aspettative normative e cognitive. Successivamente, la differenziazione avvenuta nella dimensione materiale subisce un secondo passaggio di differenziazione, legato all’intervento delle dimensioni temporale e sociale. La logica binaria che connota il codice della comunicazione sociale ci presenta al riguardo aspettative conformi/devianti – rispetto alle norme – o la coppia sapere/non sapere rispetto alle cognizioni. L’ipotesi teorica centrale, dice a questo punto Luhmann, è quella «secondo la quale l’inclusione e l’assorbimento di maggiore insicurezza è reso possibile da strutture la cui genesi e la cui struttura è determinata da una differenza»111.
Un sistema di aspettative trasmette, assieme al senso della selettività che tenta di volta in volta di riaffermare, la pregnanza contestuale da cui emerge, ovvero il suo ambito di latenza, grazie a un insieme di simbolizzazioni che fanno della concomitanza delle tre dimensioni materiale, temporale e sociale, in relazione alla cognizione, un modo per intendere sapere e non sapere, in relazione alla normazione in atto nei sistemi sociali, invece, morale e diritto112.
110 Ivi, p.491.
111 Ivi, p.497.
112 Sul concetto di generalizzazione e il suo legame con l’emergere delle norme, cfr. ivi pp.498-533. L’aspetto specifico riguarda
103 IX.II. Latenza, contraddizione, conflitto. Una lettura funzional-strutturalistica della dialettica servo/padrone
Quando un sistema incontra difficoltà nella protezione della propria latenza, viene fuori con più chiarezza il legame che sussiste tra orientamento funzionale, sviluppo mediante differenziazione, le alternative ambientali di contro al superamento della contingenza e il grado di astrazione che un sistema di osservazione può sopportare – ciò che sopra è stato definito come l’ambito problematico che connota l’ illuminismo sociologico113.
Le strutture agiscono sul tempo in modo da garantire, rispetto all’irreversibilità del presente, una certa reversibilità della situazione. La permanenza di una dimensione latente aiuta il sistema nell’opera di costante mutamento che gli è necessaria per sopravvivere. Il problema che si pone sul piano teorico è allora come sia possibile concepire il mutamento se per definizione sappiamo che un sistema si concretizza tramite gli eventi che lo attualizzano e gli eventi sono immodificabili, poiché momentanei, in quanto dileguano nell’atto stesso della loro emersione. Per permettere una certa flessibilità nel rapporto con l’ambiente, e perché quest’ultimo non intacchi ma implementi la sensibilità agli eventi, un sistema tende ad identificarsi con strutture preminenti – o ad assegnare una dimensione di preminenza a certe strutture, e “preminenza” è l’aspetto funzionale che ne permette la sostituibilità. Questo, come abbiamo visto, è il compito svolto dalle aspettative, le quali sono suscettibili di modifica, poiché ogni aspettativa ha una matrice cognitiva prima ancora che normativa. Con aspettativa, infatti, si deve intendere un modo di combinazione degli eventi, ed è proprio al livello di questo connettere strutturale che si creano le condizioni di un mutamento sistemico, lì dove emergono selezioni contraddittorie e conflittuali.
Una modificazione dell’assetto autopoietico riguarda la sensibilità alle informazioni, tanto meglio disposta rispetto all’improbabilità ambientale quanto meglio riesce a rendersi indifferente alle continue turbolenze, quando riesce cioè a registrare informazioni che attualizzano strutture e che consentono, e non eliminano, tale instabilità. La storia della cultura umana è piena di «divinità volubili, prezzi variabili, governi destituibili»114, ricorda Luhmann,
categorie che hanno svolto - e svolgono - questa precisa funzione di sgravio autopoietico. Si deve ad Hegel l’aver concepito definitivamente la “società civile” come il campo d’elezione della emersione delle contraddizione e della variabilità. Tuttavia, per Luhmann quel concetto è
113 Ivi, p.515. 114 Ivi, p.561.
104 risultato essere eccessivamente ordinativo115. Al contrario, sia ontologicamente che
epistemologicamente: «Non sappiamo neppure se sappiamo cosa sia e a cosa serve una contraddizione»116.
Nella teoria dei sistemi le contraddizioni si sviluppano a partire dalla connessione mancata tra azioni e comunicazione, si collocano sul piano delle designazioni dell’osservazione e di auto- osservazione, e per questo aspetto hanno valore autocatalitico. La differenza con la dialettica, ad esempio, consiste nel fatto che per la teoria dei sistemi è un punto ineludibile quello di aver concepito una sostituibilità nel regime di cause per la modificazione di un dato sistema. Questo significa che per la teoria dei sistemi si ritiene necessario aver presente che «si reagisce ad una contraddizione diversamente da come si reagisce ad un dato di fatto che non è avvertito come contraddizione, ma si reagisce comunque»117.
Per un osservatore una contraddizione implica situazioni di indecidibilità, e ciò accade perché questi risulta incapace di operare una distinzione, giacché le designazioni che opera tramite il linguaggio e le aspettative di comportamento - che da queste risultano orientate - si escludono a vicenda. Un osservatore è così indotto «a concludere che la contraddizione è una forma semantica che coordina l’autopoiesi e l’osservazione mediando fra i due tipi di operazioni, una forma che separa e unisce, dato che l’interruzione delle operazioni connesse all’osservazione significa contemporaneamente l’avvio di operazioni che sono specificamente idonee per la circostanza»118. Una contraddizione, si può aggiungere, non ha soltanto una funzione dialettica,
autocatalitica, ma riguarda un ambito di azioni più generali e specifiche, risulta cioè osservabile da un punto di vista evoluzionistico: è il corso che compie una autoriproduzione deviante – secondo lo schema binario delle normatività – in quanto «chances di morfogenesi»119.
Tuttavia, si può chiedere: «Che interesse può avere il sistema a boicottare la determinazione autoreferenziale dei propri elementi?»120. Con contraddizione si deve intendere una tautologia
con segno negativo, scoperta ogni qual volta si determina una mancata connessione tra piano autopoietico e piano comunicativo. Si dirà: dunque sempre. E in effetti una contraddizione è
115 Eccessivamente ordinativo anche in virtù del fatto che, ad esempio, come si legge in .W.F. Hegel, Differenza fra il sistema di
Fichte e di Schelling in rapporto ai contributi di Reinhold per un più agevole quadro sinottico dello stato della filosofia all'inizio del diciannovesimo secolo, in G.W.F. Hegel, Primi scritti critici, tr.it. e cura di Remo Bodei, Mursia, Milano 2013, p. 15, la scissione è anche il principio della filosofia in quanto bisogno: «Quando la potenza dell’unificazione scompare dalla vita degli uomini e le opposizioni perdono il loro rapporto vitale e la loro azione reciproca e guadagnano l’indipendenza, allora sorge il bisogno della filosofia».
116 N. Luhmann, Sistemi sociali, cit., p. 561. 117 Ivi, p. 562.
118 Ivi, p. 563. 119 Ivi, p. 563. 120 Ivi, p. 564.
105 possibile proprio perché riguarda l’operazione di senso nella parte di rimando ad altre possibilità. Consiste dunque in ciò: un maggior numero di limitazioni implica un minor numero di possibilità, e questo limitare presiede non a una contraddizione logica ma una problematica di altro ordine. È un problema imputabile al senso. Infatti, una contraddizione è una componente dell’autoriferimento del senso «poiché ogni senso induce la possibilità della propria negazione»121.
Ma, ancora, perché questo problema appare come una “contraddizione”? E, nei termini della teoria dei sistemi, «cosa induce un sistema a bloccare l’osservazione (compresa l’auto- osservazione) con una contraddizione per consentire la propria riproduzione?»122. Gli elementi
vengono attinti da orizzonti di senso e sintetizzati nell’unità di una contraddizione, dato che solo in una contraddizione ciò che è riunito assume la forma di un che di contraddittorio, tale che si possa poi dire, applicando il punto di vista dell’autoriferimento anche a questo livello di analisi, che la contraddizione produce essa stessa gli elementi di cui è composta. Un elemento in sé non ha senso designarlo come contraddittorio, una selezione, che vuol dire connessione ed esclusione successive di elementi, certamente si.
Che si tratti di sistemi psichici o sociali il modo di costituzione di queste condizioni successive varia e si deve operare una distinzione preliminare tra le contraddizioni rinvenibili nella coscienza e quelle che si sviluppano nella comunicazione. «Tutto dipende da questa distinzione – ed è proprio questo che ci separa dalla concezione sviluppata da Hegel nella Fenomenologia dello Spirito»123: tutto dipende dalla difficoltà di circoscrivere la coscienza all’ambito in cui è
empiricamente riscontrabile, ai sistemi psichici.
L’autoriferimento è il punto, ma si dirà: come si può attribuirlo a qualcosa che non sia anche autocosciente? Si può rispondere: “attribuire” e “autocosciente” funzionano come giochi linguistici nel sistema semantico della “coscienza”, e sono uno dei modi per svelare la complessità delle strutture inerenti alla comunicazione sociale. Per quanto ne sappiamo, sia rispetto al concetto di autocoscienza che di autoriferimento, abbiamo lo stesso grado di decidibilità. La differenza la fanno, come sempre quando ci troviamo in un contesto di osservazione, i riferimenti sistemici e i criteri di attribuzione. Stesso grado di decidibilità teorica, certo, ma nel secondo caso si va assai più lontano nella spiegazione dei fenomeni sociali.
D’altro canto esiste già un modello di de-soggettivazione della coscienza, e cioè il modello di intersoggettività teorizzato da Habermas: perché non assestarsi al livello dell’ agire comunicativo?
121 Ivi, p. 565. 122 Ibid. 123 Ivi, p. 567.
106 L’agire comunicativo è definito come una interazione simbolicamente mediata, la quale, tuttavia, secondo Luhmann, se non si riferisce alla doppia contingenza, obbliga il teorico a trovare un dimensione originaria, o, nel caso peggiore, a stabilire una prassi magica di emersione e richiamo, per concepire le strutture sociali del riconoscimento, dell’intesa, della coscienza e persino dell’ altro. E aggiunge: «Il modello che rapporta (consapevolmente o inconsapevolmente) il trattamento delle contraddizioni alla coscienza non può essere trasferito ai sistemi sociali (nemmeno al rapporto servo/padrone)»124. Occorre infatti distinguere i
rapporti di dipendenza esistenti fra ambiente e sistema da quelli in atto fra sistemi.
Questa distinzione ci pare ri-orienti la lettura della dialettica servo-padrone. Se e in che misura è possibile creare le condizioni nelle quali un sistema domini sull’altro, è un problema connesso strettamente con il grado di dipendenza dei due sistemi, nonché del sistema dei loro rapporti, dal rispettivo ambiente. Ciò significa anche che non è solo una conquista di coscienza, che un Jacques, una volta capito che egli ha la cosa mentre il suo padrone il titolo125, deve insistere per il
superamento del rapporto stesso, perché l’uno smetta di dovere avere ciò che l’altro non può fare a meno di continuare ad anelare. E quindi? Logicamente e storicamente, sostituire, al dominio sulla cosa, la cosa sul dominio, che è come dire le forze di produzione riconosciute per diritto – il lavoro vivo e la cooperazione126 – sul dominio dei rapporti di produzione. E qui siamo al livello di
astrazione tipico della critica dell’economia politica.
Questo famoso dileguarsi della figura originaria dell’asimmetria, molto noto nella veste concettuale che si trova in Hegel, ha l’esito del riconoscimento della forma del contratto, lo spazio della società civile come il campo dello scambio, del mercato. Tuttavia, aggiunge Luhmann: le differenze e persino i contrasti fra il rispettivo contenuto della coscienza di sistemi psichici diversi non sono ancora una contraddizione. Non costituiscono una contraddizione neppure quando gli interessi prendono coscienza di tali differenze o contrasti. Diventano contraddizione quando «in seguito ad esse, uno dei sistemi psichici coinvolti pretende da se stesso cose fra loro incompatibili – ad esempio, se il padrone pretende di essere stimato dal servo che ha assunto a suo servizio – . Ma anche in questo caso, non abbiamo a che fare con una contraddizione
124 Ibid.
125 Come si legge nel «racconto filosofico», in Diderot: «Jacques – […] atteso che è scritto lassù che ci sono indispensabile, e
che io sento, e so, che non potete fare a meno di me, abuserò di questi vantaggi tutte le volte che se ne presenterà l’occasione […] sottomettetevi alla legge di un bisogno del quale non è in vostro potere liberarvi […] è altrettanto impossibile a Jacques di non conoscere l’ascendente e la forza che ha sul proprio padrone quanto al suo padrone di disconoscere la propria debolezza […] Tutto questo è stato stabilito a nostra insaputa, tutto questo ebbe timbro e sigillo lassù nel momento stesso nel quale la natura fece Jacques e il suo padrone. Fu decretato che voi avreste avuto il titolo e io avrei avuto la cosa», D. Diderot Jacques il fatalista e il suo padrone, traduzione di Glauco Natoli, Einaudi, Torino 1944.