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Le resistenze conservatrici: il ruolo della madre

Nel documento IL ROMANZO STORICO ITALIANO DEL XXI SECOLO (pagine 149-152)

LA LINEA FEMMINILE

4.5 Le resistenze conservatrici: il ruolo della madre

Se dunque il personaggio maschile sopra descritto si colloca in una posizione mediana, in equilibrio precario fra due concezioni della società e della vita antitetiche, la rappresentazione dell’adesione al più vieto tradizionalismo, l’incarnazione del più convinto pregiudizio di genere è garantita dall’introduzione di un altro personaggio femminile, anch’esso di

norma legato alla protagonista da relazioni di parentela o da una generica prossimità.

Si tratta di una figura di donna il cui profilo è piuttosto stabile: segnato da un’esperienza di vita deludente, frustrato nelle proprie aspirazioni o angustiato dalle condizioni della vita materiale, è un personaggio che si attesta su posizioni decisamente conservatrici, manifestando i propri limiti caratteriali e culturali: sfiducia in se stesso, atteggiamento scettico e rinunciatario, visione fatalista dell’esistenza, mancanza di energia e di spinta ideale. Il suo ruolo di antagonista consente da un lato di dare rilievo all’eccezionalità della figura femminile posta al centro della narrazione, dall’altro di incarnare quei principi e quei valori condivisi contro i quali cozza l’azione anticonformista e destabilizzante della protagonista. Tale personaggio contribuisce altresì a rappresentare la funzione negativa esercitata dalle stesse donne nella lotta per l’emancipazione sociale. La rigidità dell’universo femminile appare così frutto della secolare condizione di subalternità culturale e sociale, della violenta repressione di ogni spontanea idealità e progettualità inflitta dalla storia al genere femminile.

Anche in Ildegarda229 questo personaggio è presente, benché solo abbozzato nelle prime pagine del romanzo. Come accade spesso in questa variante tipologica del romanzo storico, si tratta della madre della protagonista. Mathilde (questo è il suo nome) appare una figura ripiegata su se stessa, cinica in quanto delusa dalla vita, ormai priva di energie vitali e di speranze per l’avvenire. Nelle parole della narratrice la caduta delle illusioni da lei sperimentata è posta in relazione con la sua mancanza di fede e di un «intelletto robusto»230: ha riposto tutte le sue aspettative in aspetti caduchi dell’esistenza, trascurando di dare spessore e solidità al suo carattere attraverso un processo di formazione che la potesse fortificare. Mathilde rappresenta così nel romanzo il destino di irrilevanza a cui la

229 C. Salvatori, op. cit.

donna è condannata da una società che non le assegna un ruolo attivo nella storia.

Ne L’amante del doge231 a svolgere questa funzione è incarnata dal personaggio di Donata Salamon, madre di Caterina. La tenacia con cui Donata aderisce ad una concezione tradizionale del ruolo e del destino della donna appare l’esito di una dinamica psicologica piuttosto convenzionale, in virtù della quale ella cerca compensazione alle frustrazioni subite nel corso della sua vita infliggendole a propria volta alla figlia. La sua infelicità è infatti il frutto dell’accettazione del ruolo sociale assegnato alla donna: il suo matrimonio, un contratto stipulato tra influenti famiglie sulla base del reciproco interesse, sfocia infatti in un rapporto mortificante, che uccide in lei qualsiasi speranza di gratificazione e di realizzazione. La sua è l’immagine di un individuo mediocre, che ha accettato docilmente le limitazioni che la società impone alle donne232. Il suo comportamento, ispirato al principio della pubblica rispettabilità, la chiude in una gabbia di inautenticità dalla quale le è impossibile evadere. In questo modo Donata rappresenta nel romanzo l’immagine del destino di avvilimento ed abiezione verso cui la stessa Caterina si avvierebbe accettando il matrimonio combinato per lei dalla madre; la sua presenza si rende dunque necessaria per rendere accettabile la ribellione di Caterina e il suo abbandonarsi ad azioni eccessive e provocatorie, secondo i canoni della morale tradizionale.

Ne La lunga attesa dell’angelo233 a svolgere questa funzione è il personaggio di Faustina, moglie di Tintoretto e matrigna di Marietta. Tanto la figliastra è curiosa, inquieta, ribelle, tanto Faustina aderisce non solo acriticamente, ma – si direbbe – entusiasticamente al modello di donna del suo tempo: indifferente alla cultura, insensibile ai tormenti e ai piaceri dispensati dalla pratica artistica, di intelligenza semplice e limitata, prevedibile negli interessi e nelle inclinazioni, è una donna frustrata, in

231 C.M. Russo, op. cit.

232 Si veda questa descrizione di Donata Salamon: «docile e mite, graziosa anche, ma di aspetto scialbo e insignificante. Modesta la cultura, le ambizioni, i bisogni.Una vita quieta accanto al marito: questa la massima aspirazione» in Ivi, pag. 28.

perenne competizione con la figliastra, alla quale tenta di contendere l’affetto di Tintoretto che ama perdutamente, senza per questo riuscire a conquistare stabilmente un posto nel suo cuore. I suoi tentativi di seduzione si fermano all’esercizio di una malizia puramente esteriore, incapace di coinvolgere intellettualmente il marito. Tutte le attenzioni che questi rivolge alla figlia, tutte le libertà che di volta in volta le concede trovano in lei una convinta oppositrice. La sua voce si leva per perorare la bontà di una educazione tradizionale, per insistere sulla necessità di reprimere le bizzarrie di Marietta e pretendere da lei uno stile di comportamento più sobrio e composto. Quando Tintoretto, a corto di insegnamenti, decide di arricchire la formazione di Marietta pagandole delle lezioni di musica, è Faustina ad opporsi con tutte le forze, sostenendo che imparare la musica non è «cosa da donna onorevole»234. Tanto Marietta ha voce in capitolo ed esercita un potere reale sull’animo del padre, tanto Faustina è in balia delle sue intemperanze e prona alle sue decisioni, per le quali non viene mai consultata né tenuta in considerazione. Lo si vede chiaramente in relazione al destino che il Robusti riserva alle figlie avute dal suo matrimonio con lei: tutte avviate alla vita monastica, nella totale indifferenza e quasi a dispetto delle inclinazioni di ciascuna. Faustina ha in comune con Donata Salamon, la protagonista de L’amante del doge, la preoccupazione maniacale per il giudizio degli altri, per la rispettabilità sociale, per la reputazione propria e dei familiari: un atteggiamento che rivela in lei l’adesione convinta e acritica ad una gerarchia tradizionale di valori, nella quale né Tintoretto né Marietta, i personaggi del romanzo maggiormente proiettati verso il presente del lettore, si riconoscono più.

Nel documento IL ROMANZO STORICO ITALIANO DEL XXI SECOLO (pagine 149-152)