La determinazione dei redditi di lavoro autonomo
3.8. I costi deducibili dal reddito professionale
3.8.10. Le spese per le visure ipotecarie e catastali
Le spese sostenute per le visure ipotecarie e catastali sono sempre presenti nel
“conto economico” dello studio notarile. Esse rappresentano una voce di costo tipica che, a seconda delle circostanze, e in base alla scelta effettuata dal notaio (cfr. infra) possono rappresentare una mera anticipazione finanziaria, oppure un costo deducibile.
In linea di principio si tratta di oneri sostenuti non solo per conto del cliente, ma anche in suo nome. Pertanto, se le anticipazioni sono idoneamente documentate, l’addebito di tali somme esposte nella fattura sarà escluso da Iva e non costituisce compenso professionale tassabile. Si tratta, anche in questo caso, di una mera anticipazione finanziaria. Conseguentemente, la spesa anticipata non sarà deducibile ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo.
Tuttavia, è necessario tenere distinti, senza che l’uso di una terminologia apparentemente simile induca il lettore in errore, i diritti (o compensi) spettanti ai visuristi219 rispetto agli altri oneri sostenuti per effettuare le visure (c.d. “spese vive”).
La prima tipologia di oneri, rappresentata dai diritti, non risulta posta a carico del cliente in base ad una specifica previsione di legge. Ciò in quanto si tratta di spese sostenute nell’esercizio proprio dell’attività notarile. Conseguentemente, tali oneri, non avendo natura di mera anticipazione finanziaria, possono essere considerati in deduzione ai sensi dell’art. 54 del T.U.I.R.220 ai fini della determinazione del reddito professionale netto. Tale circostanza, cioè la natura delle predette spese, non esclude la possibilità che il professionista addebiti le stesse nei confronti del cliente trattandosi comunque di oneri sostenuti per l’esecuzione della prestazione. In tal caso l’addebito costituirà un’operazione imponibile ai fini Iva e compenso tassabile ai fini delle imposte sui redditi.
Il chiarimento – relativo ai compensi percepiti dai visuristi – è stato fornito dall’Agenzia delle entrate con la circ. n. 84/E del 28 settembre 2001, avente ad oggetto la metodologia di controllo relativa agli studi notarili (III edizione). In pratica, i predetti oneri (i compensi ai visuristi) costituiscono per il notaio spese sostenute per l’esecuzione dell’incarico a lui conferito. Conseguentemente
219 Oggi il servizio di visure viene prestato, nella maggior parte dei casi, da apposita società di servizi interamente partecipata dal Consiglio Nazionale del Notariato.
220 È irrilevante che tale disposizione non preveda espressamente la deducibilità. D’altra parte, la deducibilità dei componenti negativi dal reddito professionale non richiede mai un’espressa previsione in tal senso. Il legislatore ha fornito specifiche indicazioni con l’unico intento di derogare al principio di cassa o prevedere specifiche limitazioni.
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rimangono a suo esclusivo carico e sono deducibili ai fini della determinazione del reddito. Sono quindi deducibili i compensi imponibili pagati a Notartel per il servizio di visure prestato. Eventuali somme oggetto di addebito a tale titolo nei confronti dei clienti devono essere assoggettate ad Iva e costituiscono compensi assoggettati a tassazione nell’anno in cui sono stati percepiti.
Invece, gli altri oneri sostenuti per le visure si sostanziano nelle “spese vive”
eventualmente anticipate per conto del cliente. È necessario, però, affinché le predette somme, versate all’Agenzia delle entrate221, siano escluse dal computo della base imponibile, e quindi siano “detassate” all’atto del rimborso222, che il visurista o il notaio siano in grado di “associare” gli oneri sostenuti in nome e per conto del cliente alle diverse pratiche e alle relative fatture emesse. Infatti, l’esclusione dal computo della base imponibile e l’irrilevanza dei rimborsi spese ai fini delle imposte sui redditi richiedono che le predette anticipazioni siano idoneamente documentate. Tale obbligo è finalizzato a verificare che le somme addebitate ai clienti a titolo di rimborso, ed indicate nelle fatture emesse, siano esattamente corrispondenti agli importi anticipati. Solo in tal caso le predette somme potranno essere considerate quali anticipazioni finanziarie e conseguentemente non saranno da un lato tassabili e dall’altro non saranno deducibili.
L’esibizione al Fisco della documentazione idonea a dimostrare la natura di anticipazioni finanziarie (spese sostenute in nome e per conto) delle “spese vive”
sostenute per l’effettuazione delle visure ipotecarie e catastali, può rivelarsi particolarmente onerosa sotto il profilo amministrativo. Nell’eventualità in cui il notaio dovesse subire un accesso, ispezione o verifica, dovrà essere in grado di associare tutte le fatture emesse, recanti l’indicazione delle spese escluse dalla base imponibile, ad ogni singola pratica223. Ciò al fine di fornire la prova della coincidenza tra gli importi anticipati e le spese addebitate e rimborsate, non imponibili né ai fini Iva, né ai fini delle imposte sui redditi224.
Per esigenze di semplificazione, «numerosi professionisti, esercitando una legittima opzione, preferiscono addebitare nei confronti del cliente le spese
221 Ufficio del Territorio.
222 Anche ai fini delle imposte sui redditi.
223 Cfr. Cass. civ., ord. 25 novembre 2021, n. 36584. Secondo quanto precisato dalla Suprema Corte «La valutazione della regolare documentazione delle spese per anticipazioni va, infatti, operata con riferimento alle singole operazioni cui le stesse accedono e non può essere effettuata globalmente con riferimento a tutte le operazioni di un singolo periodo di imposta, pena la obliterazione del requisito previsto dal legislatore della regolarità della documentazione».
224 La verifica dovrà essere effettuata con riferimento ad ogni singola pratica e non cumulativamente.
Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 36584 cit.
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anticipate con l’applicazione dell’Iva. In questo caso le predette somme perdono la natura di mere “anticipazioni finanziarie” per assumere quella di componenti negativi di reddito deducibili ai sensi dell’art. 54 del T.U.I.R.»225. Ai fini delle imposte sui redditi le somme addebitate e rimborsate assumono la qualificazione di compensi assoggettati ad imposizione.
Con riferimento agli oneri sostenuti per le visure, in alcuni casi l’Agenzia delle entrate ha contestato la deducibilità quali costi ai fini della determinazione dei redditi, in mancanza del requisito di inerenza. Ciò nel caso in cui il notaio non fornisse la prova dell’avvenuto addebito di tali somme nei confronti del cliente.
In particolare, per non disconoscere la deducibilità dei predetti costi, gli uffici accertatori chiedono che i predetti oneri siano distintamente evidenziati nella fattura emessa dal professionista rispetto ai compensi.
«Presumibilmente, la mancanza del requisito di inerenza, con la conseguente indeducibilità del costo, trova origine nella non corretta applicazione dell’Amministrazione finanziaria dell’art. 109, comma 5 del T.U.I.R. Secondo la ricostruzione (presunta) dell’Agenzia delle entrate, se le spese sostenute per le visure catastali non determinano la percezione di un compenso assoggettato a tassazione, il professionista non può fruire della deducibilità mancando l’inerenza degli oneri. Probabilmente, per tale ragione, l’Amministrazione finanziaria chiede ai professionisti di indicare nella fattura emessa, distintamente dai compensi, l’addebito delle spese sostenute per le visure»226.
Con riferimento all’onere della prova in tema di inerenza giova in questa sede ricordare i principi espressi dalla Corte di Cassazione. Tali principi non possono non considerare la diversa natura della spesa la cui deducibilità è stata oggetto di contestazione. Secondo l’orientamento della Suprema Corte, «laddove si tratti delle spese strettamente necessarie alla produzione del reddito, o comunque fisiologicamente riconducibili alla sfera imprenditoriale (ad esempio per l’acquisto di materie prime, o di macchinari o strumenti indispensabili a
225 N. FORTE, Il principio di inerenza nell’esercizio dell’attività notarile: la deducibilità dei costi sostenuti per le visure, Studio n. 265-2016/T, approvato dalla Commissione Studi Tributari il 20 aprile 2017.
226 Ibidem. La ricostruzione effettuata dall’Agenzia delle entrate non è condivisibile. «Il collegamento tra un componente negativo di reddito (visto che è prevalentemente di questi che si parla in funzione dell’inerenza), per consentirne, eventualmente, la sua deducibilità, non va ricercato in una qualche correlazione con i ricavi prodotti (per l’imprenditore), come accadeva con il vecchio articolo 61 del d.P.R. n. 597 del 1973, ma va individuato nella relazione che si genera tra un componente economico e l’attività esercitata, o da esercitarsi, secondo canoni di normalità, da parte dell’imprenditore. La stessa logica deve essere seguita ai fini della determinazione del reddito professionale».
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produrre certi beni, o di manufatti necessari per la loro custodia), che in quanto tali, possano ritenersi intrinsecamente inerenti all’attività d’impresa, sarà l’amministrazione finanziaria a dover provare l’inesistenza, nel caso specifico, del predetto nesso di inerenza».
La sentenza citata afferma tale principio con riferimento al reddito d’impresa.
Tuttavia, non sussistono valide ragioni per negare l’applicazione della medesima soluzione anche con riferimento ai redditi di lavoro autonomo. Il notaio è obbligato ad eseguire i dovuti accertamenti catastali e ipotecari, anche in assenza di un apposito incarico conferitogli dalle parti interessate alla stipula del rogito e anche laddove le parti lo esonerino espressamente dall’adempimento.
Il principio rappresenta oramai un orientamento di giurisprudenza consolidato.
«È di tutta evidenza, quindi, come le visure ipotecarie e catastali rappresentino un obbligo incondizionato e del tutto indipendente da un eventuale esplicita richiesta effettuata da parte del committente. Tale obbligo incombe sul notaio fino al punto da dover considerare gli oneri in contestazione “fisiologicamente riconducibili” alla sfera professionale nel senso ribadito dalla Corte di Cassazione. Pertanto, sarà l’Agenzia delle entrate a dover dimostrare che le spese di visura non sono state sostenute nell’esercizio dell’attività notarile. Nel caso in esame non v’è dubbio alcuno che la riconducibilità del costo alla sfera professionale e all’utilità si sostanzino nella possibilità che ha il notaio di rogare l’atto. Diversamente, in mancanza delle visure, il professionista non potrebbe comunque effettuare il rogito anche in considerazione della responsabilità che gli è stata attribuita dal consolidato orientamento di dottrina e di giurisprudenza.
In buona sostanza l’inerenza sussiste in ragione della tipologia di spesa (gli oneri per le visure) anche se gli oneri sostenuti dal notaio non dovessero essere stati addebitati al committente»227.
La soluzione risulta indirettamente confermata da ulteriori pronunce della Suprema Corte che, ai fini dell’onere della prova, ha effettuato una precisa distinzione tra i costi «normalmente necessari e strumentali» ed altri che non lo sono228. Pertanto, solo con riferimento a quest’ultima eventualità, l’assolvimento del predetto onere probatorio si pone a carico del contribuente229.
227 Ibidem.
228 Cass. civ., 12 febbraio 2013, n. 3340.
229 Cass. civ., 2 settembre 1995, n. 9265; Id., 30 ottobre 2001, n. 13478.
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