Dalla sintesi dei precedenti DDL e dal dibattito che essi hanno suscitato in dottrina, è scaturita la legge n. 532/1982 recante “disposizioni in materia di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale e dei provvedimenti di sequestro- Misure alternative alla carcerazione preventiva”.
Da notare, che, a differenza dei precedenti disegni di legge, che facevano espresso riferimento all’istituto del ‘tribunale delle libertà nella denominazione o nel testo stesso, la legge in commento elimina ogni etichetta emblematica; tuttavia, è conosciuta comunque come la legge istitutiva del ‘tribunale delle libertà’ proprio perché esprime la “superiore e generale esigenza di un controllo giudiziario effettivo su questo momento cruciale e drammatico del processo, in cui viene coinvolto in nome delle ragioni della giustizia un fondamentale diritto individuale costituzionalmente garantito” ( ). 43
Ancora da un punto di vista generale, la legge si pone all’attenzione per due caratteri fondamentali: anzitutto la legge rappresenta l’adempimento di un impegno internazionalmente assunto dall’Italia con la ratifica della CEDU, basandosi sulla precisazione che, nonostante la normativa europea richieda un controllo sulla “legalità”, il concetto nella mentalità anglosassone, che ha per larga parte presieduto a quegli accordi, è ben più vasto della nostra “legittimità” e si può dire con certezza che abbraccia anche il merito del provvedimento.
Vassalli, Premessa alla l. 12/08/1982, in Legisl. pen, 1983, p. 58.
Il secondo carattere fondamentale è rappresentato dalla netta inversione di tendenza rispetto alla legislazione degli anni ’70, incentrata sulla lotta al terrorismo e ai reati più gravi. Si può anzi dire, che rappresenta la prima legge dal 1974 che non incide negativamente sulla libertà personale nel processo penale (basta pensare a qualche intervento precedente per capire la netta differenza: allungamento dei termini della carcerazione preventiva- l. n. 220/1974; ripristino della correlazione tra obbligatorietà del mandato di cattura e concepibilità della libertà provvisoria e ritorno all’effetto sospensivo dell’impugnazione del pubblico ministero- l.n. 15/1980) e che afferma il “ritorno a principii di civiltà processuale” ( ). 44
La legge operò delle scelte compromissorie tra le varie soluzioni prospettabili, cercando di ridurre al minimo i problemi evidenziati nel corso del dibattito.
Innanzitutto, ponendo l’attenzione sulle scelte lessicali, è stato introdotto un 'riesame' nel merito, non qualificato, quindi, come appello. Il motivo di questo allontanamento risiede nella volontà di sottrarre il riesame a una disciplina ritenuta di ostacolo alla speditezza delle indagini e alla tutela del segreto istruttorio, e forse anche nella volontà di circoscrivere la portata del controllo al fine di evitare che esso potesse incidere sull'intera regiudicanda ( ). 45
Non si tratta quindi di appello, sia per la formulazione adottata, sia per la disciplina che in concreto viene riservata al riesame. Le opinioni espresse circa la natura del riesame sono, però, le più diverse: secondo alcuni autori, si colloca all'interno dello schema delle impugnazioni, definite come strumenti per denunciare l'ingiustizia di un provvedimento azionabili ad
Vassalli, Premessa, op. cit, p. 61.
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Cfr. Relazione della 2^ commissione permanente(giustizia), 27/7/1982, rel. Bausi.
iniziativa di parte. Tale costruzione non è contraddetta dall'art. 190 c.p.p., che afferma il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, perché la norma non prestabilisce i mezzi di impugnazione ammissibili.
Nello specifico, il riesame sarebbe da classificare all'interno dei mezzi di 'gravame', che permettono di devolvere al giudice competente l'intero tema da decidere ( ). 46
Secondo altri, invece, si pone come un rimedio sui generis, quindi distinta dal sistema di impugnazioni.
Altri autori qualificano il riesame come una "fattispecie a formazione progressiva", in cui le due ordinanze, quella applicativa e quella del tribunale in sede di riesame, si integrano e si completano a vicenda, dato che la richiesta di riesame proposta dall'imputato consente al tribunale di emettere una pronuncia di conferma integratrice del provvedimento.
Addirittura c'è che inquadra il riesame come un ricorso gerarchico improprio, facendo leva sugli aspetti specifici di questo rimedio, che lo differenziano nettamente dagli altri sistemi di impugnazione, e anche sulla alternatività con il ricorso per Cassazione, che richiamerebbe chiaramente la regola del concorso alternativo tra il ricorso in via amministrativa e il ricorso in via giurisdizionale nota al diritto amministrativo. Il rimedio del riesame e del ricorso per Cassazione sono infatti concepiti come due sistemi paralleli, ovvero opera la regola "electa una via non datur recursus ad alteram". Si conclude, quindi, che "il riesame di merito dei provvedimenti restrittivi appare inserito tra le c.d.impugnazioni [...] solo per comodità di raggruppamento" ( ). 47
Cfr. Illuminati, Commento art. per art. della l. 12/8/1982 n. 532, p. 101.
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Giambruno, Spunti per un inquadramento del riesame sui provvedimenti cautelari
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Attualmente, la dottrina maggioritaria ritiene che il riesame, e tutte le impugnazioni cautelari in genere, sia da classificare nell'ambito delle impugnazioni, non solo per la chiara indicazione codicistica (il libro IV, titolo I, capo IV è intitolato "impugnazioni"), ma anche per una serie di caratteristiche che lo accomuna a questi istituti: la necessaria istanza di parte per azionare il rimedio, finalizzato alla rimozione in tutto o in parte del pregiudizio sofferto; la tassatività nell'indicazione dei soggetti che possono inoltrare l'istanza e delle ordinanze impugnabili; le decisioni che possono essere adottate dal giudice del riesame, che richiamano quelle tipiche dei mezzi di impugnazione (annullamento, conferma, riforma).
Non sarebbe contrastante con tale ricostruzione il fatto che nella richiesta di riesame non è necessario indicare i motivi, volti a delimitare l'ambito del devolutum, perché questa caratteristica è comune all'opposizione al decreto penale di condanna, pacificamente ricondotta tra i mezzi di impugnazione. L'unico elemento distonico di questo inquadramento, è rappresentato dalla perdita di efficacia del provvedimento in caso di mancato rispetto dei termini.
Va, ad onor del vero, precisato però che il riesame presenta comunque connotati peculiari rispetto alla generale categoria di riferimento, dovuti al particolare thema decidendum devoluto al giudice del controllo.
Il tema cautelare, infatti, è per sua natura instabile, basato su elementi mutevoli, che permettono di definire l'ordinanza cautelare con un provvedimento rebus sic stantibus. Per questo la decisione cautelare dovrà giovarsi sempre della corrispondenza con l'attuale situazione, rifiutando ogni stabilità definitiva al provvedimento.
Conclusivamente, quindi, si può affermare che ci sono disposizioni dettate dal libro IX del codice di procedura penale che possono essere applicate anche alle impugnazioni cautelari, anche in ragione del fatto che alcune norme specifiche che riguardano le impugnazioni delle misure cautelari dettano una disciplina derogatoria rispetto a quella generale, che si spiega solo in relazione a una normale applicabilità delle altre disposizioni.
Non si può, però, giungere ad una completa e aprioristica applicazione della disciplina, anche nel silenzio del legislatore, che non sempre è indice di uniformità di trattamento.