Sommario: 1 Legittimazione a ricorrere 2 La richiesta di riesame: il termine 3 I provvediment
9. I poteri del Tribunale della libertà.
I poteri riconosciuti al collegio sono, come si intuisce dal principio della completa devoluzione applicato al procedimento di riesame, abbastanza ampi, dato che dovrà compiere una valutazione autonoma e integrale sulla sussistenza dei requisiti che permettono l’emissione del provvedimento restrittivo e sul rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità.
A proposito della valutazione del presupposto dei ‘gravi indizi di colpevolezza’, si è verificato un contrasto giurisprudenziale tra la Corte di cassazione e la Corte costituzionale.
La Cassazione aveva fornito una interpretazione per cui tale valutazione sarebbe preclusa al giudice del riesame se l’impugnativa avveniva dopo che sia stato pronunciato il decreto di rinvio a giudizio, perché il giudizio del giudice del rinvio era considerato assorbente rispetto alla valutazione sui 'gravi indizi' che era chiamato a fare il giudice del riesame ( ). 78
Al pari del decreto di rinvio a giudizio, anche altri provvedimenti che segnavano il passaggio dalla fase di indagini alla fase di giudizio erano considerati pregiudizievoli per una valutazione in sede di riesame, ad esempio il decreto di giudizio immediato o l'instaurazione del rito direttissimo.
Anche le sezioni unite si pronunciarono a riguardo, affermando che "l'emissione del decreto di rinvio a giudizio accertava la sussistenza di elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio, il che significava la concreta prevedibilità della condanna dell'imputato" (), e cioè una valutazione non tanto diversa da quella qualificata probabilità di colpevolezza che integra i gravi indizi ai sensi dell'art. 273 c.p.p.
Sent. n. 36 del 27 Novembre 1995.
La Consulta, invece, con la sentenza n. 71 del 1996, ha precisato che il vaglio sull’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza può essere fatto anche se il procedimento principale si trova in una fase avanzata, a meno che non sia resa una decisione tale da assorbire completamente la valutazione sulla gravità indiziaria, come può essere, ad esempio, la sentenza di condanna sul fatto di reato contestato. Si è notato che, nonostante la mancanza di indicazioni dell'art. 309 c.p.p. sul sindacato del giudice dell'impugnazione cautelare in momenti successivi alla fase delle indagini preliminari, ci sarebbero dei precisi dati testuali che escluderebbero la somiglianza tra i due tipi di valutazione: quando l'art. 273 c.p.p. fa riferimento al concetto di 'gravi indizi' si ritiene voglia affermare che il giudice, per applicare la misura, non deve né riscontrare una oggettiva indiscutibilità probatoria, perché questa è una regola tipica della fase dibattimentale, né è sufficiente, però, una situazione procedimentale in cui l'ipotesi accusatoria non sia corredata da elementi idonei per esprimere un giudizio su tutti i profili necessari; la corte costituzionale ha precisato che i gravi indizi, in definitiva, si sostanzierebbero in "una serie di elementi probatori individuati nelle indagini preliminari e idonei a fornire una consistente e ragionevole probabilità di colpevolezza dell'indagato" ( ). 79
Quanto, invece, al decreto di rinvio a giudizio deve notarsi, anzitutto, che il provvedimento con cui si opera il rinvio è un decreto, quindi una decisione interlocutoria, finalizzata all'introduzione del dibattimento; inoltre, si è evitato anche l'obbligo di motivazione di tale decisione, per non influenzare il giudice del dibattimento con quelle valutazioni. Per questo, la valutazione che compie il giudice per addivenire a tale decisione "si radicherà sulla ritenuta necessità di consentire nella
Corte cost. sent n. 432 del 6 settembre 1995.
dialettica del dibattimento lo sviluppo di elementi ancora non chiariti" ( ). 80
Con tale affermazione non si può certo arrivare a pensare che la valutazione sui gravi indizi di colpevolezza in sede di impugnazione de libertate sia sempre prospettabile in ogni momento processuale: è chiaro che la decisione di merito sulla responsabilità dell'imputato non può dirsi non assorbente rispetto alla valutazione incidentale, fino ad ammettere, per assurdo, una loro contraddittorietà.
D’altra parte, la pronuncia del Tribunale della libertà sulla carenza dei gravi indizi non incide in nessun modo sulle altri fasi del giudizio, ma resta circoscritta al procedimento incidentale: il pubblico ministero potrà continuare ad avere opinione contraria e ritenere che gli indizi raccolti siano sufficienti per esercitare l’azione penale e sostenere l’accusa in giudizio.
In passato l’art. 263 ter abr., prevedeva che il giudice del riesame avrebbe potuto operare un secondo giudizio in completa autonomia, ma sulla base della stessa piattaforma documentale già esistente al momento dell’emissione del provvedimento. Si precludeva, quindi, ogni potere istruttorio in capo al Tribunale, al quale non era concesso un supplemento di indagini,al fine di garantire la celerità della decisione ed evitare sovrapposizioni rispetto all’attività del magistrato competente per l’istruttoria, e quindi non era possibile integrare gli elementi con dei nuovi, nemmeno di fronte a carenze istruttorie da parte del giudice istruttore.
Sent 71/1996, commentata da Scomparin, La rivalutabilità dei gravi indizi di
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colpevolezza dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio: una sentenza additiva che riscopre alcuni alcuni capisaldi del rito penale, In Giur. cost., 1996, p.
L’attuale disciplina consente invece un arricchimento del quadro conoscitivo del giudice del controllo, sia perché si prevede che l’autorità procedente deve trasmettere tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta a indagini (art. 309, comma 5 c.p.p.), sia per la possibilità per la difesa di addurre nuovi motivi davanti al giudice del riesame (art. 309, comma 6 c.p.p.).
Sul concetto di ‘elementi nuovi’ si è pronunciata anche la Suprema Corte, ritenendo che non è necessario che l’elemento sia venuto ad esistenza solo dopo la decisione di applicazione della misura restrittiva, ma è sufficiente che sia una novità sul piano conoscitivo, ovvero è considerato tale tutto ciò che non è s t a t o p o r t a t o p r i m a a c o n o s c e n z a d e l g i u d i c e , indipendentemente dal fatto che sia sopravvenuto al provvedimento applicativo ( ). 81
Sembrerebbe, però, escluso un arricchimento delle conoscenze del giudice con elementi sopravvenuti che siano in danno della posizione del sottoposto alla misura coercitiva, prevedendosi il deposito dei soli elementi sopravvenuti e favorevoli alla persona indagata. Tale tesi, seconda una interpretazione, sarebbe avvalorata dalla possibilità riconosciuta al giudice del riesame di riformare il provvedimento in senso più favorevole anche per
motivi diversi da quelli enunciati: il concetto di motivi diversi
sembra proprio voler fare riferimento a elementi nuovi, non valutati nella precedente decisione; mentre la possibilità di confermare il provvedimento può avvenire solo per ragioni diverse, volendo dire in questo caso che il giudice può confermare il provvedimento per delle ricostruzioni motivazionali diverse da quelle operate dal primo giudice.
Sent Cass. 1 Febbraio 1995, Mass. Uff., 200750.
Occorrerebbe, quindi, dare importanza a questa differenza terminologica e sottolinearne il differente significato ( ). 82
Dal quadro appena descritto si deduce che il Tribunale del riesame non si pronuncia solo sulla situazione genetica dell’ordinanza coercitiva, ma sulla situazione attuale che si prospetta al collegio per iniziativa delle parti.
Il giudice del controllo ha la stessa piena cognizione del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, potendo, quindi, anche tener conto di nuove esigenze cautelari rispetto a quelle fatte valere dal pubblico ministero in sede di richiesta della misura cautelare stessa.
In realtà, il punto circa l'estensione dei poteri del giudice del riesame è un punto controverso: parte della giurisprudenza ( ) 83 ritiene che tale possibilità specifica di basare la decisione su una diversa esigenza cautelare sia preclusa al giudice del riesame per una serie di ragioni: innanzitutto, in quanto egli è vincolato alla richiesta del pubblico ministero, unico legittimato a dare impulso al processo penale in un sistema accusatorio; inoltre perché, anche per la sostituzione della misura con una più grave, è necessaria un'istanza da parte della pubblica accusa (art. 299, comma 4 c.p.p.), dato che il giudice ha solo un potere di reformatio in melius; infine perché è contrario al principio del contraddittorio il fatto che il giudice del controllo confermi la misura per la presenza di una diversa esigenza cautelare, senza che l'indagato abbia la possibilità di contraddire la diversa ricostruzione della situazione cautelare.
Per questa ricostruzione vedi Dinacci, I poteri del giudice di rinvio tra esigenze di
82
integrazione probatoria e limiti stabiliti dalla Corte di cassazione, in Giur. it., 1997, II,
p.448.
Corte cass., sent. n. 1453 del 10 aprile 1995.