In sede parlamentare il problema di fondo rimaneva, dunque, quello degli ademprivi, come continuava ad insistere il Salaris, le cui interpellan- ze portarono alla presentazione di un progetto governativo per la loro abo- lizione69. Il testo del disegno di legge, appena approvato dal senato, passò alla camera il 3 febbraio 186570.
In base ad esso i comuni avrebbero dovuto vendere, entro i tre anni successivi, la parte rimasta dopo la cessione dei 200.000 ettari; inoltre poi- ché questa si svolgeva a rilento, i ministri dell’agricoltura, delle finanze e dei lavori pubblici accolsero la richiesta della società ferroviaria, presenta-
derale anche ne’ miei studi, perché questa è la sola forma d’unità possibile colla libertà, colla spontaneità, colla natura. D’una unità chinese, o russa, o francese, non m’importa. Io vagheggio una famiglia unita colla lingua, cogli interessi, coll’amicizia, con un’amicizia non arrogante, né avara, molto meno colle stringhe, colle catene, cogli odii, come furono Sicilia e Napoli, Sardegna e Piemonte. L’iniziativa di questa vera e libera unione appartiene alla Sicilia; il tempo, la costanza e la necessità la condurranno a compimento»; cfr. Cattaneo. Lettere (1821-1869), a cura di C. G. Lacaita, Mondatori, Milano 2003, p. 225; cfr. anche L. Ortu, Presentazione in G. Lilliu, Le ragio-
ni dell’autonomia, Cuec, Cagliari 2002, pp. 7-16.
69 Di particolare rilevanza l’articolo di Salaris comparso sul “Corriere di Sardegna” del 3 gennaio
1865 intitolato «La questione degli ademprivi e la perequazione fondiaria». L’articolo affronta la delicata questione della redistribuzione del carico fiscale sui possessori di terre in Sardegna. Egli riteneva «infondato e ingiusto» l’aumento dell’imposta fondiaria e ricollegandosi alla legge sul conguaglio provvisorio dell’imposta fondiaria egli sottolineava l’enorme danno che si sarebbe recato alla proprietà fondiaria dell’Isola se il peso dell’imposta fosse stato ripartito solo sui fondi privati. Il Salaris corregge qui una falsa convinzione secondo la quale la Commissione per il con- guaglio d’imposta avesse tenuto conto, nella determinazione del carico d’imposta, del necessario scorporo dei terreni ademprivili (oltre 400.000 ettari). La Commissione, come si evince dalla re- lazione Allevi, aveva compreso nei suoi calcoli anche i terreni ademprivili, i quali per non avendo un proprietario, avrebbero fatto ricadere l’imposta sui privati, i quali avrebbero così dovuto con- correre al pagamento di una somma doppia a quella dovuta. Il Salaris precisa che l’aumento d’imposta per la Sardegna sarebbe stato accresciuto senza fondamento e in violazione della legge del 1851, la quale stabiliva che non si potesse aumentare l’unità d’estimo catastale prima che fos- sero trascorsi trent’anni; cfr. “Il Corriere di Sardegna”, n. 2 del 3 gennaio 1865.
ta il 18 febbraio, di ottenere il rimborso della cauzione di tre milioni che essa aveva consegnato allo Stato71. Proposero che si facesse in rate non inferiori a 50.000 lire di rendita, purché la Società documentasse l’acqui- sto di terreni e l’esecuzione di lavori. In contropartita essa avrebbe dovuto rinunciare ad ogni pretesa per il ritardo nella consegna dei terreni adem- privili.
Nelle tornate del 19 e 20 marzo una commissione composta da Ferrac- ciu, Venturelli, Canalis, Farina, Piroli, Cavalletto, Mureddu, Menichetti e Mancini modificò la proposta dei ministri: il governo avrebbe stipulato con la Società un contratto addizionale in sostituzione della cauzione, che sarebbe stata restituita alla stessa la quale, in cambio, avrebbe rinunciato ad alienare i 200.000 ettari e a tagliare i boschi fino a quando non avesse aperto linee ferroviarie per almeno 150 chilometri, in particolare i tratti Cagliari-Iglesias, Cagliari-Oristano e Sassari-Portotorres72.
Allorché ripresero i lavori alla Camera73, il Salaris osservò che, mentre l’ex ministro Pepoli, nel 1862, aveva ritenuto che gli ademprivi apparte- nessero ai comuni, al contrario, in quel momento si parlava come se ap- partenessero completamente al demanio e «se si indugiasse ancora, quei terreni ritornerebbero feudali». Previde che il progetto avrebbe dato l’avvio a liti infinite, una volta divenuto legge, e si mostrò buon profeta. Ad esempio l’articolo 2 pareva ordinare un compromesso tra tutti gli a- demprivisti, ma nel 3° comma ordinava che i comuni vendessero gli a- demprivi nel perentorio termine di tre anni. Ciò sarebbe stato dannosissi- mo, infatti la proprietà fondiaria avrebbe subito un forte deprezzamento, perché all’improvviso e per breve tempo si gettavano sul mercato esten- sioni di terreno così vaste che l’offerta avrebbe superato di molto la do- manda. Nonostante tutto, tuttavia, non proponeva di modificare la legge, per evitare che tornasse al senato, ritardando ulteriormente la costruzione della ferrovia, alla quale invece era interessato. Ne propose piuttosto un’altra per far prorogare il termine dei tre anni, come in effetti poi av- venne, e concluse affacciando un dubbio: se il compenso spettasse ai co- muni o ai singoli utenti comunisti. Anche il presidente della Camera ap- poggiava le sue sollecitazioni ed il Sineo aggiungeva che si provvedesse opportunamente con la nuova legge perché altrimenti sarebbero stati dan-
71
Atti parlamentari, tornata del 18 febbraio 1865, p. 4735.
72 Atti parlamentari, tornata del 17 e 21 marzo 1865, pp. 5271-5272. 73 Atti parlamentari, tornata del 7 aprile 1865, pp. 5273 e segg.
neggiati ancor più proprio quei comuni che in origine avevano meno del necessario, come Bono, ad esempio. Il ministro Torelli assicurava che i tre anni concessi per la vendita dovevano decorrere non dal momento in cui sarebbe stata emanata la legge, ma da quello in cui i comuni avessero ot- tenuto la proprietà perfetta, dato che molte liti erano ancora in piedi. La commissione proponeva pure un altro espediente: se i comuni non fossero riusciti a vendere, e ciò non per loro negligenza, si sarebbe fatta un’altra legge di proroga. Il Sineo continuava ad insistere che quelle terre apparte- nevano all’Isola e non al demanio. A questo punto vennero approvati i set- te articoli della legge, il primo dei quali così inizia perentoriamente: «Tutti gli usi conosciuti nell’Isola di Sardegna sotto il nome di ademprivi, non che i diritti di cussorgia, sono aboliti»74. Le opposizioni tra i sardi furono
74 Legge n. 2232 del 23 aprile 1865. Ecco qui di seguito i suoi articoli:
ART. 1 - Tutti gli usi conosciuti nell’Isola di Sardegna sotto il nome di ademprivi non che i diritti di cussorgia sono aboliti.
Ogni atto di ulteriore esercizio di questi usi a diritti, costituisce una violazione al diritto di pro- prietà, alla quale sarà applicato il Codice penale comune.
ART. 2 - Detratti gli ettari duecentomila assegnati colla legge 4 gennaio 1863 ai concessionari delle ferrovie sarde, tutti gli altri terreni ademprivili e cussorgiali esistenti nell’Isola, e di spettan- za al demanio, sono devoluti in piena e perfetta proprietà ai comuni nel cui territorio codesti stabi- li trovansi, a condizione però:
1. che i comuni soddisfaciano alle ragioni di coloro ai quali competono sui terreni ceduti diritti di ademprivio e di cussorgia.
2. che essi comuni tengano in ogni circostanza pienamente rilevato ed incolume il demanio da ogni molestia di lite o di pretesa degli aventi ragioni ademprivio od a cussorgia:
3. che soddisfatte queste ragioni, gli stessi comuni, nel perentorio termine di anni tre dal giorno dell’eseguita cessione, vendano tutti i terreni ademprivili e cussorgiali a loro con questa legge ceduti.
ART. 3 - Trascorso il termine, ove non sarà compiuta per parte dei comuni cessionari la vendita dei terreni ademprivili o cussorgiali loro devoluti, saranno questi venduti dall’autorità governativa a beneficio del demanio dello Stato.
ART. 4 - Chiunque pretenda a compenso per le sue ragioni di ademprivio o di cussorgia ne deve porgere domanda al sotto-prefetto del suo circondario con distinta indicazione dei titoli a cui le appoggia, nel perentorio termine di mesi sei a far tempo dalla firma della pubblicazione della pre- sente legge.
Trascorso tale termine, si avrà senz’altro per prescritta la ragione dell’ademprivista e cussorgista, comunque si tratti di minorenni o di corpi amministrati, ai quali però è sempre riservata l’azione di regresso verso i rispettivi amministratori.
ART. 5 - Queste domande di compenso non sono ammesse, se non si fondano sovra un titolo, ovvero un possesso trentennario atto a prescrivere, o sopra una sentenza passata in giudicato, ov- vero sovra atti di positiva cognizione, ancorché seguiti in via amministrativa.
ART. 6 - In ogni capoluogo di mandamento, dove hannovi ademprivili o cussorgiali da ripartire, saranno nominati tre arbitri: l’uno dal prefetto della provincia; l’altro dal presidente del tribunale del circondario ove trovansi i terreni; il terzo dal comune interessato.
tali che il termine non venne rispettato da nessuno e dovette essere proro- gato più volte. Tale esigenza si manifestò appena pochi mesi dopo, quando fu discusso un progetto di proroga del termine disposto dall’articolo 4, il quale imponeva a chiunque pretendesse un compenso per diritti adempri- vili o cussorgiali il limite di soli sei mesi per fare la relativa domanda. Alla discussione parteciparono anche l’Asproni ed il Salaris, i quali riaffaccia- rono i soliti temi. Il secondo, in particolare, ripresentò ed approfondì le critiche già formulate contro il termine dei tre anni e propose una proroga di dieci anni. Ma dopo ben quattro anni di discussioni il termine concesso risultò inferiore. Infatti il decreto regio n° 5839 del 18 agosto 1870, modi- ficando la legge del ‘65, ordinò che le deputazioni provinciali alienassero i beni non venduti allo scadere dell’ultima proroga di due anni75.
Nello stesso periodo fu approvata la legge n° 5858, la quale riconse- gnava allo Stato i beni che erano passati in proprietà della Compagnia fer- roviaria in forza della legge del ‘63.