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La rete ferroviaria

Nel documento La questione sarda tra Otto e Novecento (pagine 87-91)

La rete ferroviaria, già presente in alcune zone della penisola prima dell’Unità, venne individuata come uno strumento necessario e imprescin- dibile per lo sviluppo dell’economia; era opinione diffusa che senza un adeguato sistema di comunicazione su rotaia ferroviaria non si sarebbe po- tuto raggiungere una concreta riunione delle province italiane in un solo Stato9.

Nel resto d’Italia, già prima che fosse compiuta l’Unità, si cominciò a pensare e a realizzare linee ferroviarie, considerate il mezzo indispensabile per lo sviluppo dei traffici commerciali e quindi dell’economia10; ciò spie- ga la ragione per cui nei primi decenni postunitari il notevole impegno fi- nanziario che lo Stato italiano dedicò alla costruzione delle ferrovie e i tempi della loro realizzazione non trovino confronti in altri settori11. La

8 G. Solari, Per la vita e i tempi di G.B. Tuveri, in “Archivio Storico Sardo”, vol. XI, Cagliari,

1916, pp. 140-142, ora ripubblicato in G.B. Tuveri, Tutte le opere, vol. VI, “Per la vita e i tempi

di G.B. Tuveri” e altre opere, a cura di A. Delogu, Delfino, Sassari 2002.

9 C. De Biase, Il problema delle ferrovie nel Risorgimento italiano, Società tipografica modenese,

Modena 1940; A. Crispo, Le ferrovie italiane. Storia politica ed economica, Giuffrè, Milano 1940; La nascita della ferrovia in Italia. Ricerca e scelta dei documenti e scheda storica di Ales-

sandro Piccioni, La Nuova Italia, Firenze 1974; C. Cavour, Le strade ferrate in Italia, a cura di

Arnaldo Salvestrini, La Nuova Italia, Firenze 1976.

10 Nel 1840 erano state aperte al traffico la Milano-Venezia, la Firenze-Livorno, la Torino-

Genova e la Roma-Civitavecchia; E. Corda, Le contrastate vaporiere, cit., p. 9.

11 Al momento dell’unificazione l’Italia possedeva 1.623 chilometri di ferrovie in esercizio, e

1.442 in costruzione. Il 90% delle linee costruite si trovava in Piemonte e in Lombardia. I chilo- metri di ferrovia in esercizio passarono nel 1896 a 16.053, e tra il 1861 e il 1877 lo Stato spese

rete ferroviaria avrebbe dovuto costituire il supporto indispensabile alla creazione di un mercato nazionale; al passaggio, cioè da un’economia pre- valentemente di consumo ad un’economia di scambio.

Nel decennio 1865-75 le più importanti città italiane erano ormai col- legate con la strada ferrata e solo la Sardegna ne era rimasta esclusa.

Fatta eccezione per alcune proposte rimaste senza seguito12, il proble- ma venne sollevato nell’Isola nel 1860, quando il governatore di Cagliari Felice Mathieu, facendo proprie le idee «generose e ardite» del marchese Ignazio Aymerich di Laconi, nella seduta del 3 settembre pronunziò una relazione davanti al Consiglio provinciale «per la costruzione di una fer- rovia tra i due capi dell’Isola di Sardegna»13. Era quello il periodo in cui molti sardi riponevano grandi speranze nella costruzione della ferrovia. Ritenevano che l’agricoltura e la pastorizia avrebbero potuto progredire enormemente e, addirittura, che la Sardegna sarebbe diventata il punto no- dale dei traffici tra l’Africa e l’Europa. Tali esagerate speranze si possono comunque comprendere perché rientravano tra le ottimistiche aspettative diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo per l’apertura del canale di Suez, che sarebbe avvenuta di lì a pochi anni.

Nel suo intervento il Governatore esponeva convinzioni comuni a buo- na parte dell’opinione pubblica, che sembrava far dipendere dalla costru- zione di una rete ferroviaria la possibilità stessa per la Sardegna di uscire dalla crisi14.

per l’esercizio delle sue ferrovie 678,3 milioni e 694,3 per la costruzione di nuove linee; le società private spesero altri 1.000 milioni fino al 1882. Nel 1885 la rete nazionale mostrava collegamenti estesi a tutta la penisola su entrambi i litorali tirrenico (Genova-Napoli) che adriatico (Venezia- Lecce). La gestione delle ferrovie restò per buona parte nelle mani di tre società private, la Medi- terranea, l’Adriatica e la Sicula, fino al 1905 quando venne approvata la statalizzazione del servi- zio e venne istituita l’Azienda delle ferrovie dello Stato; Cfr. A. Capone, Destra e sinistra da Cavour

a Crispi, in Storia d’Italia, diretta da G. Galasso, vol. XX, Bompiani, Milano 1981, pp. 165-169. 12 Il primo a parlare di strade ferrate fu nel 1851 il canonico Gaetano Gutierrez nel consiglio divi-

sionale di Sassari; cfr. “La Nuova Sardegna” del 30 aprile e del 1 maggio 1968.

13 F. Mathieu, Relazione del Governatore di Cagliari al Consiglio provinciale per la costruzione di una ferrovia, Torino 1860. Egli faceva proprie le idee del Marchese Ignazio di Aymerich di

Laconi, il quale aveva inviato a Cavour una lettera per suggerirgli l’opportunità di un percorso ferroviario lungo la linea del Tirso (cfr. I. Aymerich, Lettera del marchese di Laconi senatore del

regno al marchese di Cavour deputato al parlamento sul tracciato delle ferrovie della Sardegna,

18??), cfr. L. Del Piano, La Compagnia reale delle ferrovie sarde ed i moti operai del 1864-65, in “Studi Sardi”, Sassari 1968-70, vol. XXI, pp. 483 e segg.; F. Ogliari, La sospirata rete, in Storia

dei trasporti italiani, Milano 1978, pp. 157-160.

14 Nella relazione tra l’altro si legge: «L’applicazione del vapore alla locomozione è oramai dive-

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Secondo il Mathieu la ferrovia, percorrendo il centro dell’Isola e riu- nendo «in un unico asse le strade carrettiere fatte e da farsi», avrebbe reso più agevole ed economicamente più conveniente il trasporto dei prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento del bestiame ai due porti terminali della rete, Cagliari e Olbia, allora Terranova, posti uno sulla via del commercio con l’Oriente, l’altro vicinissimo al continente italiano. Egli era assai otti- mista: prevedeva, tra l’altro, che la ferrovia avrebbe valorizzato la posi- zione strategica della Sardegna nel Mediterraneo, anche perché non era da escludere che i viaggiatori diretti dall’Europa all’Africa e viceversa gra- dissero interrompere il lungo viaggio per mare e guadagnare diverse ore sbarcando in uno dei due porti, attraversando in treno tutta l’Isola e reim- barcandosi quindi nell’altro porto. Egli concluse invitando il Consiglio a deliberare l’inizio degli studi e lo stanziamento a tal fine di una somma adeguata nel bilancio del 186015.

Il Consiglio comunale di Cagliari accolse la relazione del governatore e, concordemente col Consiglio di Sassari, nominò una commissione; que- sta, a sua volta, affidò alla società Baratelli e C. lo studio di massima del progetto, e con esso, il 10 dicembre 1860, venne firmata una convenzio- ne16.

gna, la costruzione di una ferrovia è sin d’ora possibile, sempreché si voglia fare per noi ciò che si è fatto in simili contingenze per le province del Continente. La nostra regione, comparativamente alla ricchezza dei suoi prodotti naturali ed alla sua superficie, è sicuramente povera e spopolata, ma vi è da domandarsi, il perché essa è povera? La causa principale è da ricercarsi nell’iso- lamento in cui essa è rimasta per tanto tempo; quando la mancanza di strade era comune a tutti i paesi e quando i Governi, colle dogane interne e con altri aggravi, impedivano le comunicazioni reciproche tra province e province; quando insomma, l’isolamento era lo stato normale economi- co-politico di quasi tutti i popoli, anche la nostra regione non dovette trovarsi in condizioni molto dissimili da quelle delle province vicine»

15 Secondo i proponenti l’iniziativa poggiava su un solido fondamento economico, visto che si

stimava che la gestione della ferrovia, in base a calcoli di massima, avrebbe dato un prodotto an- nuo di circa 2.800.000 lire, si sarebbero ricavati in vent’anni 56 milioni, i quali, divisi per 300 chilometri, presumibile sviluppo delle linee, avrebbero dato una cifra di oltre 180.000 lire a chi- lometro, reputata sufficiente alla costruzione di una strada ferrata a binario semplice. In realtà per tutto questo periodo la spesa media per l’acquisto di terreni, la costruzione della base stradale e gli impianti fissi era valutata in circa 200.000 lire a chilometro per una linea a binario semplice, a sua volta maggiorata di circa 30.000 lire annue per il materiale e gli edifici; cfr. G. Luzzato, Sto-

ria economica dell’età moderna e contemporanea, vol. II, Padova 1952, p. 384.

16 L’accordo prevedeva gli studi per una strada ferrata a binario semplice che da Cagliari avrebbe

raggiunto sia Ozieri, sia Sassari insieme a Porto Torres e Porto Conti, sia Olbia e Golfo Aranci. Nel contratto era specificato che le spese per gli studi sul territorio sarebbero stati a carico della società Baratelli; qualora, tuttavia, entro i cinque anni dalla data di approvazione della convenzio- ne, la costruzione non si fosse effettuata, le province di Cagliari e Sassari avrebbero dovuto prov-

Intanto già si diffondevano le polemiche per la scelta del tracciato, condotte principalmente da una certa borghesia pseudo intellettuale che cominciò a far circolare per l’Isola, inviandoli anche alla Camera, nume- rosi saggi tendenti a dimostrare l’utilità di diversi tracciati che passassero per questo o per quel paese17.

Il modo stesso col quale si affrontava il problema, ormai, rendeva ma- nifesti con assoluta chiarezza gli orientamenti fiscali e i presupposti colo- nialistici del nuovo Stato. E non mancava chi poneva in risalto il triste fe- nomeno, denunciando che la Sardegna, ancora una volta, veniva doppia- mente sfruttata in quanto da un lato pagava le tasse che servivano alla co- struzione delle ferrovie nazionali, dall’altro doveva finanziare praticamen- te da sola la costruzione delle sue18. Né i politici settentrionali nasconde- vano questo disegno, anzi offrivano una giustificazione soddisfacente per la borghesia: se le ferrovie di qualsiasi parte della penisola servivano per tutta l’Italia, quelle sarde erano soltanto di interesse locale. Sono significa- tive al riguardo le parole del Lanza nella tornata parlamentare del 22 giu- gno 1862. Poneva in risalto che, nel periodo tra il 1848 e il 1859, degli 800 milioni ricavati dai vecchi prestiti, se ne erano spesi circa 165 in opere pubbliche; di questi 125 erano serviti per la realizzazione della strada fer- rata Genova-Torino Lago Maggiore e quindi sottolineava: «è importante la ferrovia da Cagliari a Porto Torres, ma lo è ancora di più quella da Torino a Genova»; dei restanti 40 milioni – «ben otto» – noi diciamo «solo otto» – erano andati alla Sardegna19.

Naturalmente la gravità di tale atteggiamento discriminante risulterà più evidente se si osserverà come tutti gli interventi al Parlamento e gli scritti del periodo dimostrano che, specialmente i deputati continentali, vedere alle spese con 100.000 lire; Cfr. L. Del Piano, La Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde, cit., p. 486; cfr. E. Altara, Binari a Golfo Aranci: ferrovie e treni in Sardegna dal 1874 ad oggi, S.l. 1992.

17 Uno dei tanti esempi al riguardo è in Atti parlamentari, leg. VIII, tornata del 7 gennaio 1862, i

cui lavori iniziarono con le seguenti parole del presidente Rattazzi: «L’avvocato Busacchi Giu- seppe di Oristano fa omaggio di 450 esemplari di un suo scritto intorno ad un tracciato di una ferrovia interno all’Isola di Sardegna».

18 Su questo aspetto ancora dieci anni più tardi Giovanni Battista Tuveri avrebbe scritto sul “Cor-

riere di Sardegna” che «nonostante si spesso ci lamentiamo, possiamo rispondere, che noi paga- vamo da oltre mezzo secolo un contributo speciale per ponti e strade, benché non si facessero né ponti né strade»; cfr. “Il Corriere di Sardegna” n. 290, del 7 dicembre 1872. Ma già venti anni prima altri aveva fatto una denuncia simile; cfr. L’Eco della Sardegna di Stefano Sampol Gandol-

fo, a cura di L. Ortu, con un saggio introduttivo di G. Marci, CUEC, Cagliari 1998. 19 Atti parlamentari, leg. VIII, tornate del 22 e 23 gennaio 1862, p. 164 e segg.

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avevano una conoscenza distorta e superficiale delle reali condizioni dell’Isola: spesso affermavano che la sua “feracità” era tale da superare quella della pianura padana, magari basandosi su quanto avevano letto in Plinio o appreso dai colleghi sardi non precisamente attendibili20.

3. Le ferrovie e gli ademprivi. Due problemi “fittiziamente” associati

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