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La legge del 4 gennaio 1863 e la costruzione delle ferrovie

Nel documento La questione sarda tra Otto e Novecento (pagine 48-53)

Dopo la parentesi della seconda guerra d’indipendenza il problema si ripresentò sotto nuove forme, dapprima in sede regionale, il 3 ottobre 1860, quando il governatore di Cagliari, Felice Mathieu, pronunziò una relazione davanti al Consiglio provinciale «per la costruzione di una fer-

40 Tutti gli articoli pubblicati vennero riuniti e ripubblicati a parte in un opuscolo di 66 pagine che

venne distribuito gratuitamente, specie agli impiegati delle contribuzioni e del demanio, e fu in- viato a Torino al Ministro delle Finanze.

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Sulla polemica tra i due giornali cfr. “Lo Statuto” nn. 43, 48, 49 del 10, 22 e 24 aprile 1858; nn. 19, 22 dell’8 e 19 febbraio, nn. 27, 28, 30, 31, 36 del 3, 5, 10, 12 e 24 marzo, nn. 46, 51, 52 del 16, 28 e 30 aprile, nn. 56 e 60 del 10 e 16 maggio, nn. 167, 169, 174 180, 181, 182 e 184 del 10, 13, 19, 26, 27, 28 e 30 settembre, nn. 185, 186, 187 e 188 dell’1, 3 4 e 5 ottobre 1859; “La Gaz- zetta Popolare” nn. 13 del 16 gennaio, nn. 63 e 66 del 24 e 27 marzo, nn. 70, 72, 78 e 87 del 2, 7, 15 e 28 aprile, nn. 97 e 100 del 12 e 18 maggio, n. 195 del 18 settembre 1858; nn. 211, 216, 220, 223, 228 e 230 del 7, 14, 19, 22, 28 e 30 settembre, nn. 232, 234 [sic], 235, 238, 240, 242, 245, 248, 250 e 254 del 3, 4, 5, 8, 10, 13, 17, 20, 22 e 27 ottobre, n. 267 del 12 novembre 1859.

rovia tra i due capi dell’Isola di Sardegna»42; una proposta subito accolta che divenne progetto di legge (15 luglio 1862) in tempi relativamente bre- vi.

Il 9 agosto 1862 i deputati Salaris, Costa, Sanna, Meloni Baille e Leo chiesero la precedenza per la discussione del progetto di legge in questio- ne, che fu approvato con 156 voti favorevoli contro 54; passò al senato 1’11 e fu approvato il 18 con 68 voti a favore contro 30, divenendo così la legge n° 1105 del 4 gennaio 1863, che poneva insieme due problemi ben diversi, quello degli ademprivi e quello della costruzione delle ferrovie.

Prima di analizzarne i termini appare opportuno osservare i punti noda- li degli interventi del Sineo e di Gustavo di Cavour durante la discussione che precedette l’approvazione. Il primo cominciò ricordando che in passa- to finanche i feudatari avevano ceduto spontaneamente parte dei loro dirit- ti ai comuni; poi, nell’Ottocento, Carlo Alberto aveva sancito il riscatto dei feudi per raggiungere in maniera globale lo stesso fine. Ma poiché per- sistevano le barriere doganali ed erano mancate le strade, quei beni erano rimasti infruttuosi. In quel momento si stavano costruendo le strade che però non erano ancora sufficienti per reggere la concorrenza: quindi, così come si stava facendo nel resto dell’Italia, anche in Sardegna bisognava costruire le ferrovie. Invece, benché l’Isola avesse contribuito col sangue e con le magre risorse alla realizzazione del Risorgimento e contribuisse con tasse esorbitanti alla realizzazione delle ferrovie nazionali, il governo non riteneva opportuno assumersi per intero l’onere delle spese per quelle sar- de, così come stava facendo nella penisola e si arrogava il diritto di dispor- re dei beni appartenenti ad alcuni comuni, obbligando gli altri a concorrere all’indennità col pagare una parte del prezzo corrispondente a quelli che erano stati spogliati dei loro beni. Di conseguenza appariva ben chiaro che la commissione parlamentare pretendeva addirittura che l’onere di fornire l’indennità ai costruttori della ferrovia gravasse per intero sopra i comuni, i quali possedevano beni «anticamente soggetti alle angherie feudali e che erano conosciuti come beni ademprivili»43. Eppure pochi anni prima la

42 F. Mathieu, Relazione del Governatore di Cagliari al Consiglio provinciale per la costruzione di una ferrovia, Torino 1860. Egli faceva proprie le «generose ed ardite idee del Marchese Igna-

zio di Aymerich di Laconi», come riporta L. Del Piano, La Compagnia reale delle ferrovie sarde

ed i moti operai del 1864-65, in “Studi Sardi”, Sassari 1968-70, vol. XXI, pp. 483 e ss.

43 Il Sineo veniva spesso interrotto dal Salaris il quale, essendo uno dei membri della Commissio-

Camera aveva proposto di dividerli tra Stato e comuni, purché questi ri- nunziassero a portare la questione davanti ai tribunali. Evidentemente il potere legislativo non si era ritenuto competente a decidere a quali persone od enti morali spettasse la proprietà degli ademprivi. Per di più tutti i tri- bunali a cui avevano fatto ricorso i comuni avevano dato loro ragione.

L’esercizio degli ademprivi era assolutamente indispensabile alla po- polazione, la quale, senza di essi, avrebbe dovuto emigrare (e si mostrava buon profeta). Il Sineo, infine, riteneva che i numerosi problemi, derivanti dall’indennità che avrebbe dovuto pagare il governo e dalla scelta del trac- ciato, dovevano essere risolti mediante un intervento organico e coordina- to tra Stato, Province e comuni44. Infatti «il voler decidere quale sarà il sa- crificio che alcuni comuni devono fare io credo sia cosa sommamente im- provvida [...] Il sacrificio di 200.000 ettari mi pare sia un premio esorbi- tante. È vero che nelle circostanze attuali quei terreni non avrebbero in comune commercio grande valore, ma se non hanno valore è colpa della nostra legislazione, è colpa della cattiva amministrazione del nostro pae- se»45.

Naturalmente gli si opponeva Gustavo di Cavour, il quale, a difesa dell’operato della Commissione, sosteneva che i beni ademprivili non a- vevano mai avuto padrone. «Così pure in America, ove gran parte dei beni non sono occupati, il governo li dice suoi, perché nei codici di quasi tutte le nazioni incivilite i beni che non hanno proprietario si considerano del demanio46. Quando Alessandro II volle sopprimere la servitù della gleba, dovette riconoscere che [...] occorreva dare una parte dei beni in proprie- presto, senza altre discussioni. Tutto il discorso del Sineo e le altre citazioni di queste pagine si trovano in: Atti parlamentari, leg. VIII del 9 e 12 agosto 1862.

44 Persino il Sineo, il quale pure non era uno sprovveduto, sembra dimostrare in questa occasione

di non conoscere a fondo la natura e le reali caratteristiche degli ademprivi, ma non deve meravi- gliare poiché effettivamente non era e non è ancora facile comprendere appieno la reale natura di questa istituzione che si perdeva in un lontano passato.

45 Prendevano la parola, a questo punto, il Costa e Gustavo di Cavour per sostenere che secondo

quel progetto le ferrovie sarde sarebbero state utili soltanto alla fascia occidentale dell’Isola e che sarebbero costate molto all’erario. Significativo è anche l’intervento del deputato Michelini: «Al- cuni passi della relazione (quella sulle strade ferrate sarde) mi confermano nella mia antica opi- nione, vale a dire che la Sardegna non è ancora giunta a quello stadio di civiltà (!) e di ricchezza che rende necessarie ed utili le ferrovie». E più avanti: «Avvertasi che la divisione del lavoro è pressoché nulla e per mancanza di comunicazioni lo stesso produttore è costretto a recare il pro- dotto fin in riva al mare a schiena di cavallo».

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Veramente singolare questo paragone che, se non fosse motivato dal tentativo di difendere ben precisi interessi economici, dimostrerebbe una notevole ignoranza della Storia e del Diritto da parte del relatore.

tà»47. In ogni caso gli ademprivi valevano meno di quanto generalmente si credesse: infatti persino la Società Agraria ed Economica di Cagliari ave- va riconosciuta equa la divisione a metà tra Stato e comuni. Non era esat- to, infine, che dappertutto si fossero fatte prima le strade ordinarie e poi quelle ferrate; nella Confederazione americana, per esempio, le due Caro- line, la Georgia, la Florida, il Mississipi ed il Tennessee non avevano stra- de rotabili ma ottime strade ferrate perché, non disponendo di grossi capi- tali, come gli stati del Nord, avevano dovuto scegliere tra le une e le altre e, conoscendo bene i loro interessi, avevano optato per le ferrovie.

Poco prima che si concludesse la discussione fu respinto anche l’emen- damento Ricciardi teso ad imporre alla società concessionaria di assegnare in enfiteusi a lavoratori italiani la parte coltivabile degli ademprivili, ben- ché facesse notare che così sarebbero affluiti in Sardegna molti liguri i quali, invece, emigravano in America48. Il Depretis, infine, affermò che il compenso proposto per la società non era eccessivo rispetto al valore dell’opera, né troppo gravoso per lo Stato. Quei 200.000 ettari non erano troppi, considerando che per valorizzarli la Compagnia avrebbe dovuto spendere forti somme49.

Si giunse così alla legge del gennaio 1863 la quale, mentre approvava la convenzione ed il capitolato50, autorizzava il governo a scorporare dalla

47 Atti parlamentari, leg. VIII, pp. 3365-3368 ed L. Del Piano, La compagnia Reale, cit., pp. 491-

495.

48 Sono quei “sardi” di cui si parla in apertura del capitolo sull’emigrazione.

49 L. Del Piano, La compagnia Reale, cit., pp. 494-495; anche per la discussione al Senato, pp.

495-504.

50 La legge 4 gennaio 1863, n. 1105 si articola come segue:

ART. 1 - È approvata la convenzione coll’annesso Capitolato in data del 14 luglio 1862, intesa fra i ministri delle Finanze, dei Lavori pubblici e dell’agricoltura, Industria e Commercio, ed il Si- gnor Gaetano Semenza di Londra, contraente in nome proprio ed in quello di diversi Capitalisti inglesi da lui rappresentati, relativa alla concessione di strade ferrate nell’Isola di Sardegna. ART. 2 - Per gli effetti di cui all’art. 8 della predetta convenzione è fatta facoltà al Governo di scorporare dalla massa dei terreni ademprivili in Sardegna, compresi quelli conosciuti sotto la denominazione di Cussorgie, ettari 200.000 da assegnarsi in libera proprietà ai concessionari delle ferrovie della Isola.

ART. 3 - La scorporazione dei terreni di cui sopra si farà, dividendo in due lotti, di qualità e valo- re uguali, i terreni ademprivili situati nella giurisdizione di ciaschedun comune. La sorte deciderà quale debba essere la porzione da assegnarsi ai Concessionari.

ART. 4 - Il riparto sarà fatto coll’opera di tre periti, dei quali l’uno rappresenterà i Concessionari, un altro i comuni, il terzo sarà nominato d’Ufficio dal Ministro d’Agricoltura e Commercio. Il perito per conto dei comuni sarà nominato dalla riunione dei Sindaci che compongono il distret- to mandamentale a maggioranza assoluta di voti, ed in caso che non si ottenesse la maggioranza suddetta, dalla Deputazione Provinciale.

massa dei terreni ademprivili, comprese le cussorgie, 200.000 ettari da as- segnare in proprietà ai concessionari delle ferrovie. A tal fine una com- missione, composta da tre periti, nominati rispettivamente dai comuni, dai concessionari e dal Ministero dell’Agricoltura, avrebbe diviso gli adem- privi di ciascun comune in due parti di eguale valore, poi, mediante sor- teggio, una delle due sarebbe stata assegnata ai concessionari, l’altra al comune interessato.

Il regolamento per lo scorporo e l’assegnazione fu approvato, con de- creto regio, il 25 febbraio 1864. Precisava, fra l’altro, che l’operazione in- teressava non soltanto i terreni sui quali gli utenti esercitavano diritti me- ramente ademprivili, cioè d’uso, e cussorgiali, cioè di pascolo, ma anche quelli che, «senza legittimo titolo» erano posseduti da privati. Ciò avrebbe determinato una miriade di liti e di contrasti; cosa ovvia, del resto, perché il processo di privatizzazione era stato avviato malamente e da pochi de- cenni; per di più la compilazione del catasto era avvenuta secondo criteri assai discutibili51.

Il 2 giugno 1863, a Londra, fu costituita la “Compagnia reale delle fer- rovie sarde” che affidò l’appalto di costruzione alla ditta Smith e Knight; questa iniziò i lavori contemporaneamente a Cagliari, Oristano, Sassari e Portotorres il 20 novembre 1864, come si vedrà più avanti.

ART. 5 - Dopo l’estrazione a sorte, e l’arbitramento fatto dai periti, sarà per Decreto del Prefetto reso immediatamente esecutivo.

ART. 6 - Se la porzione per tale modo assegnata ai concessionari non risultasse di ettari 200 mila, e vi fosse eccedenza, le Deputazioni Provinciali delibereranno riunite, come, e per quali terreni parimenti ademprivili debbano farsi l’aumento o la diminuzione.

ART. 7 - I Decreti dei Prefetti di cui all’art. 5 corredati dalle relative perizie e verbali, avranno forza di atti pubblici, e sulla loro presentazione avrà luogo la relativa mutazione di proprietà in catasto.

ART. 8 - Le spese occorrenti alla scorporazione e riparto dei terreni ed alla fissazione dei limiti restano a carico dei Concessionari.

ART. 9 - Con legge soppressiva degli ademprivi si provvederà ai diritti dei comuni e dei Cussor- giali ed altri utenti mediante la cessione ad essi dei rimanenti terreni ademprivili in quelle propor- zioni e con quelle prescrizioni che saranno stabilite dalla stessa legge.

Nel documento La questione sarda tra Otto e Novecento (pagine 48-53)