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5 – La legge n 42 del 2009 sul federalismo fiscale e la l 135 del 2012 che ha convertito il d.l n 95 del 2012 conosciuto come d.l spending review.

LO SCENARIO NORMATIVO ITALIANO

II. 5 – La legge n 42 del 2009 sul federalismo fiscale e la l 135 del 2012 che ha convertito il d.l n 95 del 2012 conosciuto come d.l spending review.

Il cammino per l’istituzione delle Città metropolitane si è messo nuovamente in moto, dopo una generale stasi dei processi decisionali, con la Legge 5 maggio 2009, n. 42, recante delega al Governo per l’attuazione dell’art. 119 della Costituzione e per l’introduzione del cd. federalismo fiscale163, che ha previsto, tra l’altro, significa-

161 Cfr. in tal senso, F.P

IZZETTI, Le deleghe relative agli enti locali (Commento all’articolo 2), in G.FALCON (a cura di), Stato, regioni ed enti locali nella legge 5 giugno 2003, n. 131, Bologna, 2003, p. 50.

162 Cfr. A. B

RANCASI, P. CARETTI, Il sistema dell’autonomia locale tra esigenze di riforma e spinte conservatrici: il caso della Città metropolitana, cit., p. 553.

163 Non è certo questa la sede adatta per esaminare dettagliatamente la legge delega concernente la

riforma del sistema di finanziamento delle autonomie locali. Ci si limiterà, quindi, a richiamare gli aspetti della stessa pertinenti all’oggetto della presente ricerca, rinviando ai numerosi studi dottrinali in materia: ex pluribus, si v. E.JORIO,S.GAMBINO,G.D’IGNAZIO, Il federalismo fiscale, Rimini, 2009; T.MARTINES,A.RUGGERI,C.SALAZAR, Il federalismo fiscale secondo la l. n. 42 del 2009, Appendice di aggiornamento, in Lineamenti di diritto regionale, Milano, 2009; R. NANIA, La questione del “federalismo fiscale” tra princìpi costituzionali ed avvio del percorso attuativo, in www.federalismi.it, n. 23/2009; V.NICOTRA, F.PIZZETTI,S.SCOZZESE (a cura di), Il federalismo fiscale, Roma, 2009, E.BUGLIONE, la nuova autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali, in www.federalismi.it, n. 10/2010; C. BURATTI, L’esperienza italiana, in Atti del Seminario internazionale “Federalizing Process in Italy, Comparative perspectives, Roma, 17-19 febbraio 2010; A.FERRARA,G.M.SALERNO (a cura di), il “Federalismo fiscale”. Commento alla l. n. 42 del 2009, Napoli, 2010; C.DE FIORES, Federalismo fiscale e Costituzione. Note a margine della l. n. 42 del 2009, in AA.VV., Studi in onore di Vincenzo Atripaldi, vol. I, Napoli, 2010, p. 436; F.SCUTO, The italian Parliament paves the way to “fiscal federalism”, in Perspectives on Federalism, 2010; G. RIVOSECCHI, La legge delega in materia di federalismo fiscale e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario: un’occasione mancata (14 maggio 2009), in

www.amministrazioneincammino.luiss.it; N. LUPO, Il procedimento di attuazione del federalismo fiscale alla luce della legge di delega, in G. CAMPANELLI (a cura di), Quali prospettive per il federalismo fiscale? L’attuazione della legge delega tra analisi del procedimento e valutazione dei contenuti, Torino, 2011, p. 77 e ss.; F.PALERMO, E.ALBER,S.PAROLARI (a cura di), Federalismo fiscale: una sfida comparata, Padova, 2011. Per una disamina della legge delega di riforma del sistema di finanziamento delle autonomie strettamente riconnessa al tema della delegazione

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tivi interventi normativi incidenti sui procedimenti per l’istituzione delle Città me- tropolitane.

Sebbene l’impianto generale di detti enti sia stato dato per “presupposto” nel te- sto della legge (non essendosi ritenuto di dover modificare i princìpi recepiti nel T.U.E.L.), l’intervento legislativo è stato ampliato a seguito della discussione parla- mentare, al punto da ricomprendere nuove regole per la formazione delle Città me- tropolitane.

Nondimeno, com’è stato evidenziato, trattasi di una legge-delega «caratterizzata largamente da princìpi e criteri direttivi di carattere deliberatamente generale, se non generico, dai contenuti amplissimi ed estremamente complessi»164, se non contrad- dittori viste le diversità ideologiche interne della maggioranza parlamentare dell’epoca (dalla Lega Nord ad Alleanza Nazionale).

Segnatamente, l’art. 22 della legge n. 42/2009 ha rimesso l’iniziativa dell’istituzione delle Città metropolitane ad una proposta avanzata dagli enti locali interessati, comprendente la perimetrazione dell’ente, l’articolazione della città stes- sa in Comuni, nonché un’ipotesi di statuto provvisorio. Su tale proposta, avrebbe e- spresso il proprio parere, entro 90 giorni, la Regione.

Il parere della Regione, questa volta, non avrebbe avuto effetti vincolanti, bensì solo conseguenze sul referendum da indire tra tutti i cittadini della Provincia.

Qualora il referendum avesse avuto esito positivo, il Governo avrebbe adottato il decreto di istituzione.

A tale scopo, il Governo è stato delegato ad adottare, entro 36 mesi dall’entrata in vigore della legge, e previo parere della conferenza unificata e delle commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi per l’attuazione della città in conformità al volere espresso nel referendum.

legislativa e delle recenti trasformazioni del modello costituzionale, v. G. MARCHETTI, La delegazione legislativa tra Parlamento e Governo: studio sulle recenti trasformazioni del modello costituzionale, Milano, 2016, p. 117 e ss.

164 In tal senso Cfr. A.S

PADARO, Considerazioni sull’area metropolitana di “Reggio Calabria” (art. 22 n. 2 l. n. 42/2009) e, poi, sulla città metropolitana “dello Stretto”: sua potenziale incidenza sull’assetto istituzionale della Regione Calabria (e Sicilia), in AA. VV., Istituzioni e proposte di riforma (Un “progetto” per la Calabria) a cura di A.SPADARO, vol. e vol. II, Napoli, 2010. Nella fattispecie, Vol. I, p. 75.

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In seguito all’adozione del decreto ovvero dei decreti attuativi, gli organi ordinari della Città metropolitana avrebbero dovuto provvedere all’approvazione dello statu- to definitivo entro 6 mesi dal loro insediamento.

Ciò che emerge, ictu oculi, dal descritto iter di formazione della Città metropoli- tana è l’estrema complessità, se non la farraginosità, di un procedimento che cercava un improbabile consenso per la definizione di un nuovo soggetto istituzionale, senza considerare le potenziali differenze politiche che possono verificarsi tra i vari enti protagonisti della vicenda, né le differenze culturali dei territori, né i rapporti com- plessi che si verificano tra Comune capoluogo e tra Comuni minori, nonché tra que- sti e la stessa Provincia.

Sono finiti, così, col riproporsi tutti i problemi e le emergenze cui era stato adde- bitato il mancato decollo della Città metropolitana, tanto più che nulla è stato previ- sto per l’ipotesi di mancata conclusione o, peggio, di mancato avvio dell’iter di for- mazione.

Le alternative erano in tal caso due: o considerare la città metropolitana un ente tanto estraneo alle singole realtà locali da considerare la sua istituzione come una opportunità che coscientemente veniva non colta, o considerare la città metropolita- na come una assoluta necessità comunque da istituire.

Nel primo caso la norma avrebbe dovuto prevedere un termine trascorso il quale i soggetti coinvolti avrebbero dovuto obbligatoriamente cercare altre strade per (cer- care di) realizzare comunque gli obiettivi propri della città metropolitana.

Nel secondo caso avrebbero dovuto essere previsti meccanismi di determinazione “dall’alto” del nuovo assetto istituzionale che avrebbero dovuto consentire la sosti- tuzione agli enti del governo territoriale minore con quelli del governo territoriale maggiore i quali avrebbero assunto — seppur temperati eventualmente dalla consul- tazione popolare — il ruolo di effettivi momenti decisionali per la creazione del nuovo livello di governo.

La legge 42 del 2009, inoltre, ha previsto che il perimetro della Città metropoli- tana comprendesse quello di almeno tutti i Comuni che ne avessero proposto l'istitu- zione, ivi compreso il Comune capoluogo165, da ritenersi il fulcro della costituenda

165 Cfr. art. 23 comma 3 l. 42 del 2009.

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Città metropolitana, rispetto alla quale, come è stato rilevato, «i Comuni della Pro- vincia potevano aderire con un processo di opt-in»166.

La legge sul "federalismo fiscale", inoltre, non prevedeva all'atto dell'istituzione delle Città metropolitane, la contestuale soppressione delle Province, bensì solo la cessazione di esistenza delle Province insistenti nel territorio ove sarebbero state co- stituite le Città metropolitane, con la cessazione di tutti i relativi organi, a decorrere dalla data di insediamento degli organi delle Città metropolitane, individuati dalla legge recante la disciplina a regime167.

Con la l. 42 del 2009, inoltre, si è posto il problema di identificare, con un’elencazione, definita dallo stesso legislatore come “provvisoria”, le funzioni fon- damentali degli enti locali previsti in Costituzione, ivi comprese le Città metropoli- tane, alle stesse demandando il compito di organizzare la pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali, la strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico e sociale, nonché attribuendo le funzioni fondamentali delle Province168.

Gli organi delle Città metropolitane avrebbero dovuto essere individuati da una emananda legge contenente la disciplina ordinaria riguardante anche le loro funzioni fondamentali ed il sistema elettorale delle stesse, oltre che la disciplina del trasferi- mento delle funzioni e delle risorse umane, strumentali e finanziarie inerenti alle funzioni trasferite e l'attuazione delle nuove perimetrazioni169.

La legge sul federalismo fiscale, ha previsto, infine, che lo Statuto definitivo del- le Città metropolitane avrebbe dovuto essere adottato dai competenti organi entro sei mesi dalla data del loro insediamento.

L’emananda legge di disciplina delle funzioni fondamentali, del sistema elettora- le e degli organi delle Città metropolitane avrebbe dovuto, altresì, stabilire la rego- lamentazione dell’esercizio dell’iniziativa da parte dei Comuni della Provincia non inclusi nella perimetrazione dell’area metropolitana, in modo da assicurare la scelta

166 Cfr. B.C

ARAVITA, Problemi di impostazione nella istituzione delle Città metropolitane e nella disciplina di Roma capitale, in www.federalismi.it, n. 19/2012, p. 2.

167 Cfr. art. 23 comma 8 l. 42 del 1990.

168 Cfr. art. 21 l. 42 del 1990 quanto alle funzioni fondamentali “provvisorie” di Comuni e

Province, ed art. 23 l. 42 del 1990 quanto alle funzioni fondamentali “provvisorie” delle Città metropolitane.

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da parte di ciascuno di tali Comuni circa l’inclusione nel territorio della città metro- politana ovvero in altra Provincia già esistente, nel rispetto della continuità territo- riale170.

Sebbene la legge 8 giugno 2011, n. 85, abbia prorogato di un ulteriore anno il termine per l’adozione dei decreti legislativi attuativi, le deleghe concernenti l’istituzione delle Città metropolitane non sono state esercitate, come del resto gran parte delle deleghe concernenti la riforma del c.d. federalismo fiscale171, né tanto- meno è stata adottata la legge che ne avrebbe dovuto disciplinare definitivamente funzioni, organi e sistema elettorale: ciò che sembra davvero sorprendente.

Com’è noto, la crisi economica e finanziaria scoppiata nella metà del primo de- cennio del XXI secolo, acuitasi nel 2011 soprattutto con riferimento ai titoli pubblici italiani, ha segnato, tuttavia, un’inversione di tendenza: nell’agosto del 2011 il Pre- sidente entrante e quello uscente della BCE hanno scritto una lettera al Governo Ber- lusconi per chiedere con urgenza, tra l’altro, misure normative e finanziarie tese ad introdurre riforme strutturali172.

170

Cfr. art. 23 comma 9 l. 42 del 1990.

171 Com’è stato efficacemente evidenziato, la legge sul c.d. “federalismo fiscale” costituisce «un

emblema dei limiti di un uso scorretto dello strumento della delegazione legislativa, che, peraltro, non ha portato ai risultati sperati. Nonostante la disciplina relativa alla definizione degli ambiti di autonomia finanziaria di Regioni ed enti locali fosse volta a dare attuazione a una norma costituzionale e, pertanto, di necessaria e imprescindibile adozione, si è preferito rinviare ad una futura determinazione del Governo un gran numero di decisioni riguardo un aspetto fondamentale per l’attuazione del Titolo V della Costituzione. […] La conseguenza è che, se in un primo momento si è assistito all’approvazione di alcuni decreti attuativi della legge delega [ndr: come il d. lgs. N. 85 del 2010 di attribuzione alle autonomie territoriali di un proprio patrimonio (c.d. “federalismo demaniale”)], successivamente il processo di attuazione del federalismo fiscale si è essenzialmente interrotto. Ciò è dipeso non solo dall’aggravarsi della crisi economico finanziaria che ha colpito il nostro Paese e che ha reso difficile conciliare il processo di contenimento della spesa pubblica con un ampio trasferimento di poteri tributari dallo Stato al sistema delle autonomie, ma soprattutto dall’uscita dalla maggioranza del partito che aveva maggiormente sostenuto – facendone addirittura una bandiera politica – il processo di attuazione del federalismo fiscale. Questo tema è uscito dall’agenda politica dei principali partiti, i quali hanno preferito, in anni più recenti, focalizzarsi sui temi dei costi della politica e del sistema di sprechi e corruzione nelle amministrazioni locali e regionali, giustificando, così, la sostanziale interruzione del processo di decentramento delle risorse finanziarie» (cfr. G.MARCHETTI, La delegazione legislativa tra Parlamento e Governo: studio sulle recenti trasformazioni del modello costituzionale, cit., p. 121-123).

172 Il testo della lettera riservata è stato poi pubblicato dai quotidiani. Cfr. ex pluribus,

http://www.wallstreetitalia.com/testo-della-lettera-bce-draghi-e-trichet-al-governo-berlusconi. Le raccomandazioni della Banca centrale europea a intervenire sulle Province sono state ribadite anche successivamente dal monitoring team dell’istituzione nel 2012: cfr. G.GARDINI, Crisi e nuove forme di governo territoriale, in Istituzioni del Federalismo, n.3/2015, p. 538.

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La crisi di Governo che si è aperta in conseguenza della crisi finanziaria che ha investito il nostro Paese, ha condotto alla costituzione del Governo Monti, chiamato a dare seguito alle richieste provenienti dall’Unione europea.

Tra gli altri interventi, è stato richiesto al Governo italiano di mettere “sotto stret- to controllo l’assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle auto- rità regionali e locali, in linea con i princìpi della riforma in corso delle relazioni fi- scali tra i vari livelli di governo”. Si è, quindi, sostanzialmente imposto al nostro E- secutivo di prendere le azioni caldamente consigliate dalla BCE il prima possibile con “decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di Settembre 2011”. Inoltre, è stata segnalata “l’esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province)” ed a rafforzare “le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali”.

Il Parlamento è stato indotto a determinarsi nel senso di individuare soluzioni di razionalizzazione del sistema degli enti locali, spingendo verso un sempre più strin- gente obbligo di esercitare in forma associata le funzioni loro conferite, nonché ridu- cendone i componenti degli organi di governo.

Ma, come viene correttamente rilevato in dottrina, «ad oggi, fatta eccezione per poche norme che […] riguardano Roma Capitale, tutti i Comuni italiani hanno la medesima disciplina organizzativa e le medesime funzioni e solo in pochi casi le Regioni, nelle materie di propria competenza legislativa, hanno assegnato nuove competenze»173.

In ogni caso, già con la legge n. 191/2009 (c.d. legge finanziaria 2010), si è prov- veduto ad una significativa riduzione del numero dei consiglieri comunali, provin- ciali e dei componenti delle Giunte.

Nell’agosto 2011 il Governo ha, poi, emanato il d.l. n. 138 che non solo ha can- cellato le Giunte nei Comuni con meno di 1.000 abitanti, ma anche che ha definito il Sindaco come “unico organo” di quegli enti. Inoltre, si sono introdotte disposizioni normative volte alla parziale soppressione delle Province.

Invero, si è prevista la soppressione delle Province con meno di 300.000 abitanti e 3.000 km quadrati di territorio.

173 Così A.S

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La l. 148 del 2011 ha confermato sostanzialmente la determinazione di raziona- lizzare il sistema degli enti locali minori, mantenendo quale unico organo di governo il Sindaco, mentre non ha dato seguito alle previsioni dettate nel d.l. 138 con riguar- do alla soppressione delle Province, delle quali, nondimeno, sono stati dimezzati i consiglieri e gli assessori174.

Un ulteriore intervento normativo particolarmente incidente sul sistema degli enti c.d. di area vasta si è realizzato, com’è noto, con il d.l. 201/2011 c.d. “Salva Italia” convertito nella l. 214 del 2011.

Com’è noto, con il d.l. “Salva Italia” non si sono soppresse le Province, ma se ne sono svuotate le competenze e si è inciso sui loro organi di governo, non più eletti a suffragio universale e diretto, bensì in via indiretta.

Alle Province si sono attribuite esclusivamente funzioni di indirizzo e coordina- mento delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze175.

In particolare, si è previsto che lo Stato e le Regioni, nelle loro rispettive materie di competenza legislativa, avrebbero dovuto “sottrarre” alle Province ed assegnare ai Comuni, o auto-attribuirsi le competenze non riconducibili alle funzioni di indirizzo e coordinamento.

Tali previsioni normative presentavano evidenti profili di incostituzionalità per violazione con gli artt. 117 e 118, atteso che lo Stato non poteva certo costringere le Regioni nelle materie di loro competenza esclusiva ovvero concorrente a conferire ai Comuni piuttosto che ad altri enti diversi dalle Province le competenze normative ed amministrative.

A distanza di pochi mesi, il Legislatore è intervenuto nuovamente in materia con la Legge 7 agosto 2012, n. 135 (di conversione, con modifiche, del d. l. 6 luglio 2012, n. 95, c.d. spending rewiew)176, il cui art. 18, in attuazione degli artt. 114 e

174 Una critica alla disciplina contenuta nel d.l. 138 del 2011 viene mossa da F.F

ABRIZZI, Quando lo slogan prevale: brevi considerazioni sulla riduzione delle province, in www.federalismi.it n. 16/2011.

175 Cfr. art. 23 comma 14 d.l. 201 del 2011 come approvato nella legge n. 214 del 2011. 176 Per una più ampia disamina di tale intervento legislativo, si rinvia al contributo di M.A

LULLI, W.TORTORELLA, Le Città metropolitane secondo la legge 135/2012, in Amministrare, aprile 2013, fasc. 1.

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117, comma 2, lett. p) Cost., ha dichiarato soppresse le Province di quelle città in cui erano state istituite le aree metropolitane177.

Segnatamente, il citato art. 18 ha previsto l’istituzione, entro il 1° gennaio 2014, delle città metropolitane di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Fi- renze, Bari, Napoli, Reggio Calabria (quest’ultima, n.b., del tutto di nuova istituzio- ne: ma sul punto specifico si rinvia al Cap. IV), con contestuale soppressione delle relative Province, con i cui confini la nuova istituzione sarebbe coincisa.

Nel caso in cui lo scioglimento del Consiglio provinciale di una delle Province interessate fosse intervenuto in data precedente al 1° gennaio 2014, si sarebbe pro- ceduto alla soppressione dell’istituzione provinciale ed all’istituzione della Città me- tropolitana alla data di scioglimento del consiglio stesso.

La Legge 135/2012 ha istituito, in ciascuna Provincia interessata, una Conferenza metropolitana, composta dal Presidente della Provincia ed i Sindaci dei Comuni del territorio, con il precipuo compito di elaborare lo statuto provvisorio della Città me- tropolitana entro il novantesimo giorno precedente la scadenza prevista per l’istituzione dell’ente178.

L’istituzione della Città metropolitana è stata prevista dalla legge anche per l’ipotesi in cui la Conferenza non avesse approvato lo Statuto provvisorio nei tempi previsti. In questo caso, il ruolo di Sindaco metropolitano sarebbe stato attribuito di diritto al Sindaco del Comune capoluogo, che avrebbe mantenuto la carica fino all’approvazione dello Statuto definitivo dell’ente. Con l’approvazione dello Statuto provvisorio della Città metropolitana, la Conferenza avrebbe cessato di esistere. In qualunque caso (anche in assenza dell’approvazione di uno Statuto), la Conferenza sarebbe cessata al 1° novembre 2013.

Sotto il profilo della delimitazione territoriale dell’ente, ferma restando la coinci- denza dei confini metropolitani con quelli della Provincia, ai Comuni è stata data fa- coltà di ridefinire la propria articolazione territoriale.

177 Sugli interventi normativi volti alla razionalizzazione del sistema degli enti di area vasta, si v.

tra gli altri, L.VANDELLI, Il sistema delle autonomie locali, Bologna, 2013, p. 62 e ss.; F.STADERINI, P. CARETTI,P. MILAZZO, Diritto degli enti locali, Padova, 2014, p. 62 e ss.; F. FABRIZZI, Il caos normativo in materia di province, in www.federalismi.it, n. 1/2014, p. 1 e ss.

178 La legge 135/2012 ha previsto che lo statuto provvisorio della Città metropolitana fosse

adottato con maggioranza dei due terzi dei membri della conferenza e, comunque, con voto favorevole del Presidente della Provincia e del Sindaco del Comune capoluogo.

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In particolare, il Comune capoluogo della Provincia, su deliberazione del proprio Consiglio comunale, poteva stabilire la propria articolazione in più Comuni metro- politani. In questo caso, la proposta complessiva di Statuto metropolitano era sotto- posta a parere consultivo della Regione e a successivo referendum (tra tutti i cittadi- ni della città metropolitana)179.

Sempre in punto di perimetrazione delle Città metropolitane, è stata introdotta la facoltà, per i Comuni rientranti nel territorio metropolitano, di deliberare l’uscita dal nuovo ente con richiesta di adesione ad altra provincia limitrofa. Oppure ancora, per i Comuni limitrofi ad una Città metropolitana, è stata prevista la possibilità di deli- berare la richiesta di entrare a farne parte, con contestuale separazione dalla Provin- cia di appartenenza.

Non si è mancato di sottolineare, in dottrina, quali siano state le novità di mag- gior rilievo della novella legislativa del 2012: in primo luogo, si è superato del tutto il ruolo di veto players attribuito alle Regioni dalla normativa precedente.

Secondariamente, è apparsa superata la natura facoltativa dell’istituzione dell’ente. Ed invero, com’è stato evidenziato in precedenza, a partire dalla Legge 265/1999, la Città metropolitana è stata definita come ente la cui costituzione era “possibile”. La Legge n. 42/2009, inoltre, aveva proposto quella sulle città metropo- litane come norma transitoria, in attesa di legislazione definitiva in materia.

Alla Legge n. 135/2012 si deve, pertanto, riconoscere il merito di avere previsto l’istituzione delle Città metropolitane come un obbligo, non più come una mera fa- coltà180.

Inoltre, la Legge 135/2012 ha perseguito la finalità della “razionalizzazione e ri- duzione della spesa degli enti territoriali”, prevedendo che le Città metropolitane a-