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Capitolo 2. La responsabilità civile degli amministratori della S.r.l.

2.9 Legittimazione attiva e revoca degli amministrator

In questo paragrafo analizziamo la posizione dei soggetti legittimati attivi all’esperimento dell’azione sociale di responsabilità e che possono chiedere la revoca degli amministratori in carica.

Nelle S.r.l., la centralità del singolo socio comporta anche ampi poteri di controllo sull’operato degli amministratori, i quali, possono essere convenuti in responsabilità da parte del socio stesso, in luogo della società, quando questo accerti la commissione di atti di mala gestio.

Da un lato, l’art. 2476, co. 2 c.c. attribuisce ai quotisti che non partecipano all’amministrazione il diritto di ottenere dagli amministratori, informazioni sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di propria

124 Posizione sostenuta dal Trib. Milano, 19 luglio 2011, Riva Crugnola Presidente, Fiecconi Relatore. R.G.

fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all’amministrazione125; dall’altro lato, il terzo

comma dispone che l’azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa da ciascun socio, fatto salvo quanto si dirà in materia di rinunzia e transazione. Nelle S.r.l. le prerogative del socio si sovrappongono a quelle che nel modello azionario sono affidate ad amministratori e sindaci. Inoltre, al collegio sindacale è attribuito oltre al compito di vigilare sulla gestione, anche la legittimazione all’esperimento dell’azione sociale di responsabilità, a condizione che la relativa delibera sia approvata con maggioranza, pari ad almeno i due terzi dei componenti126.

La legittimazione del singolo socio è la migliore garanzia dell’effettività dei poteri di monitoraggio sulla gestione, e inoltre il potere di esperire l’azione di responsabilità rischierebbe di restare lettera morta se i soci non fossero posti nelle condizioni di vigilare con continuità sugli atti e sulle omissioni dell’organo amministrativo, dal momento che solo in questo modo essi sono in grado di venire a conoscenza delle irregolarità commesse127. Entrambe le disposizioni sono inderogabili.

Lo strumento che il socio è in grado di esperire uti singuli non costituisce, almeno sotto il profilo sostanziale, un rimedio ulteriore rispetto a quelli che caratterizzano la società azionaria, ma coincide con l’azione sociale128.

Il fatto che il socio sia legittimato ad attivare non un diritto proprio, ma una pretesa della società, si evince dalla circostanza che il solo soggetto che ha titolo per rinunziare all’azione intrapresa o per renderla oggetto di transazione è la società stessa.

Inoltre, a carico della società sono previste le spese sostenute dal socio per ottenere il risarcimento. Quindi, in caso positivo di esperimento dell’azione, il ricavato va versato dagli amministratori direttamente nelle casse della società, senza che il socio attore possa trarre dal buon esito dell’iniziativa giudiziale alcun beneficio immediato e diretto129.

L’azione del quotista non presenta carattere surrogatorio, poiché il suo intervento non è subordinato in alcun modo all’inerzia dell’ente, bensì deve ricondursi alla sostituzione processuale ex art. 81 c.p.c., la quale consente di esercitare in nome proprio un diritto

125 Cfr. GUIDOTTI, I diritti di controllo del socio nella s.r.l., Milano, 2007; MONTAGNANI, Informazione e controlli nelle nuove società a responsabilità limitata, cit..

126 Cfr. ROSSI A., La responsabilità degli amministratori verso la società per azioni.

127 Il nesso di strumentalità tra i poteri d’informazione e consultazione e l’esperimento dell’azione di

responsabilità può considerarsi pacifico, secondo quanto affermato in Società di capitali, Commentario III, cit., 1588.

128 Cfr. ANGELICI, La riforma delle società di capitali. Lezioni di diritto commerciale, cit., 172., Padova,

2003.

129 Cfr. DI AMATO, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina della società a responsabilità limitata,

altrui130. Sotto questo profilo la società deve ritenersi litisconsorte necessario e nel caso in

cui siano convenuti in responsabilità tutti gli amministratori, o l’amministratore unico, dovrà essere nominato un curatore speciale131. Nel corso del giudizio, la società potrà presentare una domanda autonoma a condizione che sia stata deliberata l’azione sociale. L’intervento del litisconsorte necessario, invece, è limitato all’eventuale fruizione del provvedimento favorevole ottenuto dal socio attore. Gli amministratori possono opporre al socio tutte le eccezioni che potrebbero sollevare nei confronti della società132, ma il risarcimento compete alla società e l’attore potrà ottenere solo il rimborso delle spese della lite.

Tali caratteristiche, rendono l’azione esperibile dal singolo socio per molti aspetti assimilabile allo strumento della minoranza previsto nel modello azionario, con la differenza che qui non è richiesta una partecipazione qualificata.

Quanto al rimborso delle spese processuali sostenute dal singolo socio, queste sono ottenute direttamente dall’ente, senza dover procedere alla preventiva escussione dell’amministratore soccombente condannato alla rifusione delle spese.

Come accade nella S.p.a., anche nella S.r.l. l’ente e i soci non sono i soli legittimati all’esperimento dell’azione sociale di responsabilità. Vengono quindi in considerazione le prerogative di due soggetti: il collegio sindacale e il curatore fallimentare.

Quanto al primo, l’organo di controllo interno è legittimato, secondo l’art. 2393, co. 3 c.c., a proporre l’azione sociale di responsabilità, a condizione che la relativa decisione sia approvata dai due terzi dei membri del collegio133. Nella S.r.l. la norma non è stata così meramente riprodotta poiché i soci possono legittimamente astenersi dal designare un organo di controllo. Se la S.r.l. è dotata del sindaco unico o del collegio sindacale, si applica la disciplina azionaria in materia.

Quanto al curatore fallimentare, poiché l’azione dei creditori non appartiene al patrimonio del fallito, essa non passa in capo al curatore ex artt. 42 e 43 L.F. ed occorre una norma speciale che ne preveda la legittimazione; tale norma che, per le S.p.a. è espressamente prevista (art. 2394 bis c.c.), non lo è invece per le S.r.l..

130 Posizione sostenuta da Trib. Milano, 21 dicembre 2005, in Società, 2007, 193. 131 Posizione sostenuta da Trib. Piacenza, 23 agosto 2004, cit., in Società, 2007, 76.

132 Cfr. DI AMATO, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina della società a responsabilità limitata,

cit., 292., in Giur. Comm., 2003.

Il sistema previgente, delineato dal codice civile e dalla legge fallimentare, aveva una propria interna coerenza e compiutezza: l’art. 146 L.F. esplicitamente richiamava sia l’art. 2393 che l’art. 2394 e questi a loro volta erano richiamati, per le S.r.l. dall’art. 2487 c.c. e ciò consentiva agevolmente di ritenere il curatore, legittimato ad agire anche per l’azione di responsabilità esercitata dai creditori di S.r.l..

Il nuovo articolo 146 della legge fallimentare, non fa più riferimento agli articoli 2393 e 2394 c.c., ma al co. 2 sancisce che “sono esercitate dal curatore: a) le azioni di

responsabilità contro gli amministratori, gli organi di controllo i direttori generali i liquidatori”.

Questa nuova formulazione della norma, tende a ricostituire la coerenza originaria del sistema, in modo da evitare di integrare l’illegittimità costituzionale dovuta alla mancanza di una previsione che consenta, in caso di fallimento, al curatore di agire anche in nome dei creditori, contro gli amministratori delle S.r.l..

Anche la Corte di Cassazione è giunta alla medesima conclusione, non richiamando, però, l’applicazione in via analogica dell’art. 2394 c.c. alle S.r.l., ma stabilendo che l’art. 146 L.F. “prevede semplicemente che il curatore è legittimato a esercitare le azioni di

responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali ed i liquidatori della società fallita. Sicché il curatore può esercitare qualsiasi azione di responsabilità sia ammesso contro gli amministratori di qualsiasi società … ”.

Inoltre, considerata la natura unitaria ed inscindibile dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore “in favore della massa concorsuale” e “finalizzata al risultato di acquisire

all’attivo fallimentare tutto quanto sottratto per fatti imputabili agli amministratori” non

rileva “il riferimento all’art. 2393 piuttosto che all’art. 2394 c.c. bensì i fatti che il

curatore allega come generatori di responsabilità. E correttamente i giudici del merito a tali fatti si sono riferiti per definire i limiti della domanda proposta”134.

Per quanto attiene, invece, la revoca prevista dall’art. 2476 c.c., si tratta di un provvedimento cautelare e può essere di due tipologie:

1) Fatta valere in via giudiziale; 2) Fatta valere in via d’urgenza.

134

Posizione sostenuta dalla Cassazioen, n. 17121 del 2010. Nello stesso senso, sia pure indirettamente, cioè non rilevando d’ufficio il (non ritenuto) difetto di legittimazione del curatore: Cassazione, n. 9619 del 2009.

La revoca in via giudiziale, nelle S.p.a., costituisce un’eccezione rispetto alla revoca per via assembleare dei gestori, prevedendo che gli amministratori “sono revocabili

dall’assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell’atto costitutivo, salvo il diritto dell’amministratore al risarcimento del danno, se la revoca avviene senza giusta causa”

(art. 2383 co. 3 c.c.). Per le S.r.l. non vi è, invece, una disciplina ad hoc, ma questo aspetto può essere disciplinato dall’atto costitutivo, il quale, secondo l’art. 2463, co. 2 c.c., deve indicare, fra le altre cose, le norme relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti l’amministrazione e la rappresentanza. Tra queste vi rientrano i presupposti per la revoca degli amministratori e il procedimento da seguire in detta occasione per la cessazione dalla carica.

È possibile, però che l’atto costitutivo non preveda nulla a riguardo; in tal caso si può ricorrere alla clausola generale sulle decisioni dei soci rappresentata dall’art. 2479, co. 1 c.c., secondo il quale i soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo, nonché sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione. Si può, allora ritenere applicabile, in via analogica, l’art. 2383, co. 3 c.c., il quale prevede che gli amministratori sono revocabili in qualunque tempo, salvo il diritto al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa.

In linea generale, il potere di revoca degli amministratori, si può ricavare dalla disciplina del mandato, dell’art. 1725, co. 2 c.c., il quale prevede che “se il mandato è a tempo

indeterminato, la revoca obbliga il mandante al risarcimento, qualora non sia dato un congruo preavviso, salvo che ricorra una giusta causa”. Tale disposizione, però deve

essere adattata al contesto delle S.r.l..