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Capitolo 2. La responsabilità civile degli amministratori della S.r.l.

2.2 Responsabilità nei confronti della società

La responsabilità degli amministratori verso la società, prevista per tutti i tipi societari (dall’art. 2260 c.c. per le società di persone, dall’art. 2392 c.c. per le S.p.a. e dall’art. 2476 c.c. per le S.r.l.), viene considerata dalla dottrina il paradigma per l’approfondimento delle altre forme di responsabilità: il fondamento e l’ambito della responsabilità verso i creditori, il terzo o il socio, così come i presupposti delle azioni concesse a tutela di questi ultimi, sono cioè determinati in relazione alla responsabilità verso la società, e all’azione sociale di responsabilità.

Gli interpreti, valorizzando la rubrica dell’art. 2392 c.c., che si riferisce letteralmente alla

“Responsabilità verso la società” e il contenuto della medesima norma, che si esprime in

termini di inosservanza dei doveri61 imposti agli amministratori dalla legge e dallo statuto, hanno inquadrato la fattispecie nei tradizionali schemi della responsabilità contrattuale62 per inadempimento degli obblighi discendenti dal rapporto gestorio.

Il carattere contrattuale è stato affermato sia da coloro che individuano la fonte della stessa nel contratto intercorrente tra amministratori e società, sia da coloro che, considerando che il rapporto tra amministratori e società non derivi da un contratto, ma si perfeziona con l’accettazione da parte degli amministratori dell’atto di nomina, ritengono detti obblighi preesistenti l’assunzione della carica e diretti a regolare l’attività di gestione dovuta in favore della società63.

Da siffatta qualificazione sono derivati rilevanti problemi di adattamento della disciplina codicistica concernente la responsabilità contrattuale, sotto i profili della verifica della

60 In questo senso si è espresso Giuliano BUFFELLI in Crisi d’impresa: con le modifiche al codice civile più responsabilità agli organi sociali di controllo interno, 2019.

61 Appare significativo nell’impostazione che si vuole suggerire l’utilizzo del termine doveri anziché obblighi. 62 Cfr. FERRI G., Le società, cit., p. 712; MINERVINI, Gli amministratori, cit., p. 184 s; FERRI G. jr, Le deleghe interne, in Amministrazione e amministratori di società per azioni, a cura di B. Libonati, Milano

1995, il quale ritiene che la diligenza costituisca per l’amministratore, così come per il mandatario, il canone di condotta al quale egli deve uniformarsi, ed afferma che in caso di violazione dello stesso l’amministratore sia responsabile per colpa extracontrattuale dei danni causati al patrimonio sociale. Dovrebbe allora distinguersi tra l’inadempimento contrattuale del gestore, che si configurerebbe nel caso in cui questi non agisca per la realizzazione dell’interesse del gerito, e la violazione del canone di diligenza nell’assunzione delle scelte dirette a realizzare l’interesse del gerito, da cui deriverebbe una responsabilità avente carattere extracontrattuale, ma che si differenzia dalla disciplina dell’art. 2043 c.c., per la circostanza che il contratto assume rilevanza ai fini dell’individuazione della funzione affidata al gerente.

correttezza e dell’esattezza dell’adempimento; della distribuzione dell’onere probatorio; della quantificazione del danno.

L’applicazione di questa disciplina, impone di scomporre in singoli obblighi l’attività svolta dagli amministratori, ossia la gestione dell’impresa organizzata in forma societaria64, da intendersi non solo come il compimento di operazioni caratteristiche dell’attività economico-imprenditoriale prescelta, ma anche come attività di programmazione industriale e finanziaria e di organizzazione interna65.

In questa prospettiva la dottrina ha proposto diversi criteri distintivi66, pur nella dichiarata consapevolezza dell’incertezza e della scarsa utilità di ogni operazione classificatoria67: la pluralità delle suddivisioni suggerite, riflette la difficoltà di tradurre in una serie di obblighi puntuali verso la società la complessità e l’unitarietà della gestione dell’impresa societaria demandata agli amministratori.

Questo aspetto risulta evidente nel criterio maggiormente seguito68 ed accolto anche dalla giurisprudenza69, che contrappone gli obblighi aventi contenuto specifico a quello di

carattere generale di amministrare con diligenza e senza conflitto di interessi.

Siffatta classificazione, evidenzia i livelli in cui si articola l’attività affidata agli amministratori di società, all’interno della quale si può trovare un’attività di amministrazione in senso tecnico, costituita dal compimento di atti necessari a consentire l’operatività dell’organizzazione societaria e un’attività di gestione propriamente detta, consistente nello svolgimento dell’attività imprenditoriale della società ed in primo luogo nella determinazione degli indirizzi che si intendono assegnarle70.

La prima conseguenza è che il criterio della diligenza assume una funzione diversa a seconda che si tratti di verificare l’inadempimento di un obbligo a contenuto specifico o l’obbligo generale di amministrare con diligenza71: nel primo caso essa è chiamata a svolgere la funzione di parametro dell’esattezza dell’adempimento, in secondo luogo

64 Il principio risulta oggi cristallizzato dall’art. 2380 bis c.c. che espressamente individua le competenze

degli amministratori nella gestione dell’impresa.

65 Cfr. IRREA M., L’obbligo di corretta amministrazione e gli assetti adeguati, in Il nuovo diritto societario nella dottrina e nella giurisprudenza, 2005-2009.

66 Cfr. FRE’ G., L’organo amministrativo nelle società anonime, Roma, 1938, p. 24 ss. 67 MINERVINI G., sottolinea l’incompletezza e la disorganicità delle classificazioni.

68 Secondo BONELLI F., l’elaborazione del dovere di gestire con diligenza si rinviene anche in FERRI G., Le società, p. 170.

69 Tale orientamento è stato espresso dalla CASSAZIONE, 23 marzo 2004, n. 5718, in Società, 2004, p. 1517

ss.

70 Cfr. ANGELICI C., Società per azioni, cit., p. 998.

71 Cfr. IRREA M. Assetti adeguati, in Il collegio sindacale. Le nuove regole, a cura di R. Alessi, N. Abriani,

determina il contenuto dell’obbligazione dovuta72. Dottrina e giurisprudenza ritengono che

questa distinzione dovrebbe riflettersi nella ripartizione dell’onere probatorio: nei casi in cui sia invocata la violazione di un obbligo specifico, alla società attrice è richiesta la prova dell’inadempimento e non già della colpa degli amministratori, sui quali graverà l’onere di dimostrare i fatti che valgono ad escludere o attenuare la loro responsabilità73; mentre nel caso in cui sia addebitata la violazione dell’obbligo generale di amministrare con diligenza, è la società che agisce in giudizio a dover dimostrare la mancanza di diligenza in cui sia incorso l’amministratore, ed avrà l’onere di determinare il comportamento che l’amministratore avrebbe dovuto tenere e dal quale si è negligentemente discostato74.

A tale interpretazione la dottrina è giunta appellandosi ai risultati dell’elaborazione civilistica in tema di distinzione tra obbligazioni di risultato, nelle quali il debitore si obbliga a conseguire un risultato il cui contenuto è predeterminato, e obbligazioni di mezzi o di diligenza, nelle quali il debitore si obbliga a perseguire uno scopo attenendosi al canone di diligenza. Attraverso la qualificazione dell’obbligo generale di amministrare con diligenza, quale obbligazione di mezzi, la dottrina mira ad applicare la disciplina dell’onere probatorio della responsabilità contrattuale, evitando che all’amministratore possa essere imputato l’insuccesso dell’impresa societaria e, quindi, possano essergli addebitate le perdite derivanti dalle sue operazioni. La dottrina ritiene che l’amministratore risponda solo se i danni verificatisi nel patrimonio sociale siano conseguenza di un suo comportamento negligente75.

Così, anche nel nostro ordinamento si giunge agli stessi risultati elaborati dalla dottrina statunitense e anglosassone della Bussiness Judgement Rule, secondo cui risulta precluso al giudice sindacare ex post il merito della scelta compiuta dall’amministratore, ma gli è consentita una valutazione della correttezza del comportamento adottato nell’assunzione della decisione strategica. Alcune sentenze recenti si ispirano a questa dottrina, affermando che il giudice può esprimere il proprio giudizio solo sulle modalità con cui è stata assunta la decisione, ossia sul c.d. decision making process76, con l’esito che solo nel caso di

72 Cfr. BONELLI F., La responsabilità degli amministratori si società per azioni, cit., p. 8; Sent. Cass., 23

marzo 2004, n. 5718, cit..

La dottrina ha sostenuto che con la riforma del diritto delle società di capitali di cui al D. Lgs. 6/2003 il legislatore ha introdotto in modo esplicito il dovere, di carattere generale, di gestire correttamente l’impresa.

73 Cfr. BONELLI F., La responsabilità degli amministratori si società per azioni, cit., p. 6 s.; RABITTI M., Rischio organizzativo.

74 Cfr. WEIGMANN R., Responsabilità, Torino, 1974, cit., p. 183 ss.

75 Cfr. DE GREGORIO A., Corso di diritto commerciale, 5^ed., Roma, 1959, p. 304.

omissione delle cautele, informazioni e verifiche preventive richieste dal tipo di operazione da realizzare, potrà configurarsi la violazione dell’obbligo di diligenza77.

La dottrina, che ha approfondito la distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato, pur negando la possibilità di assimilare l’onere della prova previsto per la responsabilità extracontrattuale e quello concernente la violazione delle obbligazioni di mezzi, ammette che vi sia un’eccezione nel caso in cui “il debitore ha adempiuto in qualche modo ma si

discute dell’esattezza dell’adempimento” 78 . Il collegamento della diligenza dell’amministratore di S.p.a. alle specifiche competenze sue proprie, finisce con il rendere evanescente la distinzione tra negligenza intesa come oggettiva difformità tra il comportamento dovuto e quello posto in essere, e la negligenza intesa come atteggiamento psicologico del soggetto agente. La distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato non si attaglia né ai contenuti dei doveri degli amministratori, né tantomeno al regime probatorio ricavabile dalle norme previste, e ciò specie se si considerano i risultati interpretativi cui è giunta la giurisprudenza riguardo alla prova dell’inadempimento delle obbligazioni di mezzi79.

Tra le categorie di obbligazioni ai doveri degli amministratori di società, sorge una categoria di obbligazioni di mezzi in cui l’oggetto della prestazione coincide con la diligenza del bonus pater familias, essendo questa la diligenza imposta agli amministratori sia di società di persone80, sia di società a responsabilità limitata81. C’è da sottolineare, però, che agli amministratori di società per azioni è richiesta una diligenza di carattere professionale che ci permette di distinguere tra obbligazioni di mezzi e di risultato pur in presenza del medesimo canone di diligenza82.

Possiamo notare che gli obblighi specifici comuni a tutti i tipi societari risultano per la maggior parte essere preceduti da un’attività di valutazione richiesta agli amministratori, in modo che l’inottemperanza agli stessi derivi molto spesso dall’omissione di una condotta diligente; si può ritenere che la violazione dei precetti che riguardano l’attuazione di un determinato comportamento di per sé non risulti produttiva di danno, e pertanto non sia

77 In tal senso si è espressa la Cassazione, 12 febbraio 2012, n. 3409 cit.

78 Cfr. MENGONI L., Obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzi, in R.d.Co., II, 1984, cit., p. 372. 79 Tre sentenze della Corte di Cassazione hanno criticato la distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato,

tra cui ricordiamo quella della Cassazione 28 luglio 2005 n. 15781.

80 Cfr. MINERVINI G., Gli amministratori, cit., p. 184 ss.; WEIGMANN R., Responsabilità, cit., p. 387 ss. 81 Cfr. ANGELICI C., La riforma delle società di capitali, in Lezioni di diritto commerciale 2, PADOVA, 2006, cit., p. 164.

idonea a far sorgere la responsabilità degli amministratori83. I doveri introdotti con la

riforma recata dal D. Lgs. 6/2003 per gli amministratori di società per azioni, sono accomunati dal fatto che si riferiscono alla fase dell’assunzione della scelta gestoria e sono funzionali a schematizzare la condotta degli amministratori e vincolarla a modelli decisionali predeterminati, in modo da avere un protocollo tipizzato e legale di comportamento diligente, la cui violazione determina responsabilità poiché costituisce comportamento negligente.

Pertanto, la diligenza, costituisce pur sempre un modus operandi dello svolgimento dell’attività gestoria dell’impresa societaria, che l’amministratore dovrà rispettare nello svolgimento della stessa.

In tutti i tipi societari, la dimostrazione di essere immuni da colpa è prevista come limite dell’estensione solidale dell’obbligazione risarcitoria derivante dalla responsabilità. La colpa costituisce un criterio d’imputabilità soggettiva della responsabilità84 derivante dall’illecito gestorio, tanto che agli amministratori sarà richiesta la prova della mancanza di colpa.

La responsabilità degli amministratori di S.r.l. verso la società stessa, riprende lo schema adottato nelle S.p.a., configurandosi così come responsabilità risarcitoria, di natura contrattuale e solidale tra tutti gli amministratori. Si tratta di una responsabilità personale, cioè non si estende agli amministratori che dimostrino di essere esenti da colpa e, sapendo che l’atto si stava per compiere, abbiano fatto annotare il proprio dissenso secondo quanto sancito dal primo comma dell’art. 2476 c.c..

Si desume, quindi, un’inversione dell’onere della prova: l’amministratore deve dimostrare di essere esente da colpa. La clausola di esenzione va comunque interpretata sulla base del tipo di amministrazione prevista dall’atto costitutivo: perciò, non può aversi annotazione del dissenso in caso di un’amministrazione disgiuntiva o congiuntiva, perché in questo caso l’amministratore dissenziente potrà esercitare l’opposizione preventiva o precludere l’operazione con il proprio veto.

In caso di amministrazione delegata, si applica il criterio previsto per il tipo azionario dall’art. 2392 c.c.: se uno o più amministratori non adempiono agli obblighi gestori previsti per la loro funzione, i consiglieri non investiti di funzioni esecutive non possono

83 Un esempio in questo senso è costituito dalla mancata convocazione dell’assemblea da parte degli

amministratori in caso di perdite superiori ad un terzo ai sensi dell’art. 2446 c.c..

84 Cfr. FERRI. G. jr., Le deleghe interne, in Amministrazione e amministratori di società per azioni, a cura di

considerarsi esenti da colpa, se essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non abbiano fatto il possibile per impedirne la realizzazione o attenuarne gli effetti pregiudizievoli. Abbiamo visto che i presupposti, in gran parte, coincidono con quelli previsti per il modello azionario, mentre con riferimento alla legittimazione ad agire per la promozione dell’azione sociale di responsabilità, il legislatore ha previsto che possa essere esercitata da ciascun socio, in conformità con la struttura contrattuale della S.r.l.: ciascun socio, a prescindere dalla quota di capitale posseduta, può agire in giudizio per ottenere la condanna degli amministratori a risarcire alla società il danno da essa subito in conseguenza della loro mala gestio (art. 2476, co. 3 c.c.). Tuttavia, poiché nella S.r.l. il frazionamento del capitale è molto ridotto, dovrebbero essere rare le conformazioni societarie in cui sia presente un socio che abbia una partecipazione inferiore ad un quinto del capitale85.