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Una maggiore responsabilità con il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

Capitolo 2. La responsabilità civile degli amministratori della S.r.l.

2.1 Una maggiore responsabilità con il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

La responsabilità civile degli amministratori è regolata dall’art. 2476 c.c., integrato con un successivo comma da parte della recente riforma, che ha introdotto il Codice della Crisi d’Impresa e dell’insolvenza.

In primo luogo, ricostruiamo storicamente la disciplina della responsabilità degli amministratori, rivedendo quelli che sono i passaggi fondamentali che hanno portato all’attuale normazione.

Il legislatore del 1942 ha introdotto una disciplina coniata ex novo là dove il previgente art. 2487, co. 2, c.c. si limitava a richiamare, tra gli altri, gli artt. 2392 ss. c.c.46, in materia di S.p.a.. L’abbandono dello schema del 1942 è accompagnato dall’adozione di norme più flessibili, la cui effettività è affidata innanzitutto all’iniziativa dei membri della compagine sociale. Questi, dotati uti singuli dei penetranti poteri di controllo e di sanzione declinati nelle tre gradazioni del diritto all’informazione e alla consultazione, della facoltà di esperire l’azione di responsabilità senza la necessità di una preventiva decisione ai sensi dell’art. 2479 c.c. e della possibilità di ottenere la revoca in via d’urgenza degli amministratori nonostante l’eventuale dissenso dei propri pari (salvo quanto disposto dall’art. 2476, co. 5, c.c. in tema di rinunzia e di transazione da parte della società), sembrano essere divenuti destinatari della tutela a tutto tondo del proprio interesse a una gestione conforme alla legge e all’atto costitutivo.

Benché l’esperimento dell’azione di responsabilità da parte del singolo socio non richieda, quale requisito di procedibilità, il verificarsi della lesione della redditività, né del valore della partecipazione del legittimato attivo, pare tuttavia arduo negare che, di fatto, ciascun quotista è incentivato ad assumere le iniziative di cui all’art. 2476 c.c. quando esse si rivelino idonee, oltre che a procurare alla società il ristoro del danno sofferto per effetto del comportamento contra legem dell’organo di gestione, a ripristinare le aspettative di lucro riposte nell’ingresso e nella permanenza all’interno della compagine sociale47.

46 In matteria di responsabilità degli amministratori di società per azioni: BONELLI, Gli amministratori di S.p.a. dopo la riforma delle società, Milano, 2004, 158 ss.; AMBROSINI La responsabilità di amministratori, sindaci e revisori contabili, Milano, 2007.

47 Il parallelismo tra danno patito dalla società e pregiudizio accusato dal singolo socio non può considerarsi

necessitato, per l’altro, si rivela inidoneo a spiegare effetti in campo processuale, in particolare con riferimento all’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c..

Oggi la società a responsabilità limitata è caratterizzata dall’ampia elasticità, dagli spiccati profili di semplificazione rispetto al paradigma azionario e dall’accresciuta valorizzazione del ruolo dei soci, destinata pertanto ad assurgere a “modello di normale applicazione per

le imprese medio-piccole”48, vale a dire a schema standard per quelle realtà nelle quali, in

virtù della tendenziale ristrettezza della compagine sociale, “normalmente ciascun socio

sarà in grado di negoziare la costruzione del contratto sociale; assumerà il ruolo di gestore o comunque di soggetto interessato a vigilare sulla gestione e di finanziatore della società; la sua persona avrà in ogni caso un particolare rilievo per la vita della società”49.

Analizzando l’art. 2476 c.c., il primo comma sancisce quelli che sono i presupposti della responsabilità degli amministratori del modello capitalistico minore50, questi rispondono verso l’ente dei danni conseguenti all’inosservanza dei doveri che la legge e l’atto costitutivo pongono a carico di chiunque svolga funzioni gestorie, ancorché in via di mero fatto51. La sanzione risarcitoria costituisce l’opportuno bilanciamento delle prerogative

connesse all’incarico, fungendo da potente incentivo al corretto esercizio delle medesime: com’è stato osservato, infatti, “la minaccia del risarcimento del danno, se si vuole

adoperare una metafora, è il peso che la legge colloca sull’altro piano della bilancia, a fronte del potere, per assicurare un perfetto equilibrio nella condizione efficiente della società”52. In questa prospettiva, l’insorgere della responsabilità coincide con l’area dell’inadempimento, che l’art. 2476 c.c. riconnette alla violazione delle prescrizioni legali e statutarie, in ciò ponendosi in perfetta continuità con il regime previgente53 e adottando

un’impostazione ancora oggi coincidente con quella propria del modello azionario.

Il mero compimento dell’atto contra legem non è idoneo, di per sé solo, a generare l’obbligazione risarcitoria, disciplinata dallo schema generale previsto per la responsabilità contrattuale degli artt. 1218 ss. c.c.54, essendo sempre necessaria la presenza di due

48 Cfr. CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, cit., 1 ss. 49 Cfr. COTTINO, Diritto societario, cit., 629 ss.

50 Cfr. CAGNASSO, La responsabilità degli amministratori di s.r.l., in AMBROSINI, La responsabilità di amministratori, sindaci e revisori contabili, Milano, 2007, 222.

51 Cfr. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, in Comm. Schlesinger, Milano, 2010, 1050. 52 Cfr. WEIGMANN, Responsabilità e potere legittimo degli amministratori, Torino, 1974, 101.

53 In passato l’art. 2487, co. 2 c.c. rinviava all’art. 2392 c.c., il quale imponeva agli amministratori

l’osservanza dei doveri derivanti dalla legge e dall’atto costitutivo.

54 Cfr. AMBROSINI, La responsabilità degli amministratori e dei soci “cogestori in Il nuovo diritto societario. Profili civilistici, processuali, concorsuali, penali e fiscali, Torino, 2005, I, 456.

ulteriori elementi concorrenti: la verificazione del danno e il nesso di causalità tra quest’ultimo e la condotta dell’amministratore55.

Esulano, invece, dal campo di applicazione dell’art. 2476 c.c. le ipotesi di responsabilità nei confronti della società discendenti da condotte non ricollegabili alla violazione delle norme attinenti all’esercizio della funzione gestoria56 , delle prescrizioni dell’atto costitutivo o delle clausole del contratto tra l’ente e il soggetto deputato alla gestione. In questi casi, quando l’autore del pregiudizio coincida con l’amministratore, la reazione del danneggiato rimane affidata agli ordinari rimedi civilistici57, con la conseguenza che la società è libera di agire senza necessità di sottoporre preventivamente la questione ai soci; non opera l’ipotesi di sostituzione processuale in favore del singolo quotista di cui all’art. 2476, co. 3 c.c.; non si ravvisa alcuno strumento peculiare a tutela dei creditori, fatta naturalmente salva la possibilità che questi, dinanzi all’inerzia dell’ente, azionino il relativo diritto in via surrogatoria ex art. 2900 c.c. o che, ricorrendone i requisiti, facciano valere l’eventuale lesione del credito.

Inoltre, in queste eventualità non trova applicazione la regola della solidarietà tra i membri dell’organo gestorio, salvo che essi, in concreto, risultino coobbligati all’esecuzione della prestazione rimasta inadempiuta (artt. 1292 ss. c.c.) o abbiano compartecipato alla realizzazione dell’illecito extracontrattuale (art. 2055 c.c.).

Tornando alla responsabilità degli amministratori in senso proprio, la relativa enucleazione postula la definizione dei doveri ai quali i soggetti deputati alla gestione sono sottoposti in virtù del proprio incarico. Benché la legge costruisca al riguardo un regime standard, ai soci è concesso di intervenire su di esso attraverso specifiche disposizioni dell’atto costitutivo, ammissibili nei limiti in cui le regole di riferimento si rivelino davvero derogabili. Ferma la facoltà della società di rinunziare al risarcimento del danno, deve escludersi che i soci possano validamente autorizzare ex ante la commissione di atti contra

legem58, con la conseguenza che all’autonomia statutaria deve riconoscersi solo il potere di

55 In tal senso si è espressa la Cassazione, 22 ottobre 1998, n. 10448, in Giust. Civ., 1999, I, 75, con nota di

SALAFIA, Considerazioni in tema di responsabilità degli amministratori verso le società e verso i creditori

sociali.

56 Include tra i doveri legali la cui violazione è fonte di responsabilità degli amministratori in senso proprio

sia quelli posti dalle norme afferenti all’esercizio dell’impresa sociale, sia quelli derivanti dal regime della organizzazione dell’ente, ZANARONE, in Delle società a responsabilità limitata, cit., 1056 ss..

57 A questa soluzione è giunta la Cassazione, 6 marzo 1999, n. 1925, in Giur. Comm., 2000, II, 167;

Cassazione, 9 luglio 1987, n. 5989, ivi, 1989, II, 208, con nota di SCOGNAMIGLIO, Osservazioni in tema

di illecito dell’amministratore e azione sociale di responsabilità.

58 SANGIOVANNI V., La responsabilità degli amministratori di s.r.l. verso la società, in Contratto e impresa, 2007, 696, osserva che “a voler essere pignoli bisogna rilevare che la disposizione in esame parla di legge e di atto costitutivo. Sembrerebbe cioè che i doveri debbano essere affermati dalla legge e ribaditi

integrare la fonte primaria, senza poterla modificare alla radice. La facoltà si risolve nella puntualizzazione degli obblighi e soprattutto nell’ampliamento del loro perimetro dell’organo di gestione, con conseguente rafforzamento della tutela sia della società, sia indirettamente dei soci.

Si è soliti distinguere tra doveri connotati da un contenuto specifico e quelli che, al contrario, si risolvono in clausole generali59. Questi ultimi, sono destinati a venire in considerazione con maggiore frequenza, acquistando un più elevato peso specifico nella definizione dell’area della responsabilità degli amministratori. Sennonché, chi volesse ricercare nel testo dell’art. 2476 c.c. la declinazione dei predetti doveri generali di corretta gestione, rischia di rimanere, almeno in parte, deluso, trovandosi al cospetto di una delle tante lacune di cui è costellata la disciplina del tipo. Mentre con riguardo alla società per azioni la legge enuclea con chiarezza sia il dovere di svolgere l’incarico gestorio con la diligenza richiesta dalla natura del medesimo e dalle specifiche competenze dell’amministratore, sia l’obbligo di non agire in conflitto d’interessi; quanto alla società a responsabilità limitata la norma prende espressamente in considerazione solo il secondo aspetto (art. 2475 ter c.c.), tacendo del tutto sul primo profilo. Si rende pertanto necessario individuare, attraverso il ricorso all’analogia, il parametro della diligenza che meglio si attagli al tipo in esame, verificando se esso si debba atteggiare in maniera diversa da quello proprio del modello azionario, o se, al contrario, sia ipotizzabile una sostanziale reductio ad unum del paradigma, individuando un solo criterio per tutte le società di capitali, quando non addirittura per l’intero universo societario.

Veniamo ora ad analizzare le novità che sono state introdotte dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in materia di responsabilità degli amministratori. L’art. 378, co. 1, del D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, ha aggiunto all’art. 2476 c.c., dopo il quinto comma, una disposizione che riproduce interamente la norma prevista dall’art. 2394 c.c. in materia di società per azioni, prevedendo pertanto, che: “Gli amministratori rispondono

verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei

dall’atto costitutivo. Questa soluzione non può essere accolta. Se la disposizione di legge è imperativa, l’atto costitutivo non vi può derogare”.

59 In questo senso, cfr. BONELLI, La responsabilità degli amministratori, in Trattato delle società per azioni, a cura di G.E. Colombo e G.B. Portale, UTET, Torino, 1991, cit., 323 s.

creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi”. Tutto ciò, in linea con le

disposizioni vigenti per S.p.a. e S.a.p.a., amplia la responsabilità degli amministratori in riferimento agli obblighi di conservazione del patrimonio sociale, sancendo espressamente la loro responsabilità personale verso i creditori sociali quando il patrimonio della società risulti insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.

In particolare, il nuovo sesto comma dell’art. 2476 c.c.:

- sancisce la responsabilità degli amministratori con riferimento agli obblighi di conservazione del patrimonio sociale nei confronti dei creditori;

- consente ai creditori di esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, quando il patrimonio della società risulti insufficiente rispetto al soddisfacimento dei loro crediti;

- esplicita che la rinuncia, da parte della società, all’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori non impedisce l’esercizio di tale azione da parte dei creditori.

Così facendo, il Legislatore ha superato la problematica interpretativa che vedeva contrapposti coloro che ritenevano applicabile per analogia il disposto dell’art. 2394 c.c. anche in materia di S.r.l. e coloro che, al contrario, ritenevano non esserci spazio per dette interpretazioni analogiche (ripiegando sulla disciplina dettata dall’art. 2043 c.c.).

Appare quindi consequenziale l’introduzione, all’articolo 2486 c.c., di un terzo comma, secondo il quale, in caso di accertamento della responsabilità personale degli amministratori a norma dell’articolo 2476, stabilisce il criterio di liquidazione dei danni da adottare dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, individuandolo nella differenza fra il patrimonio netto alla data di apertura della liquidazione giudiziale – ante dichiarazione di fallimento - e il patrimonio determinato alla data in cui si è verificata una delle cause di scioglimento previste dall’articolo 2484 c.c., detratti però i costi sostenuti o da sostenere dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al completamento della liquidazione. Come vedremo, anche l’articolo 2484 c.c. è stato a sua volta innovato dall’articolo 379 dello schema in esame, con l’introduzione dell’apertura della procedura di liquidazione giudiziale fra le cause di scioglimento delle società di capitale.

Ulteriore ipotesi analizzata, riguarda il caso in cui non essendo state tenute regolarmente le scritture contabili, risulti ardua l’adozione del sopra indicato criterio di liquidazione dei

danni. In tale ipotesi, in difetto della possibilità di accertare i patrimoni netti, l’entità del danno sarà determinata dalla differenza fra l’attivo e i passivi accertati nella liquidazione giudiziale (già fallimento)60.