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Capitolo 3. Forme ulteriori di responsabilità degli amministrator

3.6 La responsabilità degli amministratori di S.r.l in Germania e in Italia

Con riferimento al medesimo modello societario previsto dall’ordinamento tedesco, gli amministratori della Gesellschaft mit beschrankter Haftung (GmbH), anche nel caso in cui svolgano funzioni gestorie di mero fatto, rispondono della propria condotta nei confronti della società secondo lo schema tipico della responsabilità contrattuale. Quando gli amministratori di una società violano i propri doveri, nasce a loro carico una sanzione, che nei casi più gravi assume carattere penale, ma che comunque determina una responsabilità civile sotto forma di obbligo al risarcimento del danno nei confronti di chi lo abbia subito: società, creditori sociali, singoli soci o terzi. Nel modello tedesco troviamo delle norme sostanzialmente identiche sia in Germania che in Italia, nonché a livello europeo, se si guarda lo statuto della Società europea199.

Per più di cento anni dall’emanazione della legge tedesca sulla S.r.l. nel 1892, la norma sulla responsabilità degli amministratori di S.r.l., come anche quella in tema di S.p.a., è rimasta quasi lettera morta. Il silenzio giurisprudenziale è stato rotto con la sentenza del 21 aprile 1997 nella causa ARAH / Garmenbeck, con la quale il Bundesgerichtshof ha accolto

198 RE BRIAN D PIERSON Ltd, cit., ha condannato gli amministratori a ripianare il 70% del deficit.

199 Si richiama la disciplina contenuta nell’art. 51, Regolamento CE n. 2157/2001, ossia lo statuto della

nel nostro ordinamento la bussiness rule di stampo anglosassone.

In Italia, la responsabilità dell’amministratore di una società di capitali sembra essere da alcuni decenni uno dei grandi temi del diritto societario vivente, almeno a partire dalla sentenza “Bragolusi” della Corte di Cassazione del 12 novembre 1965. Già allora la giurisprudenza italiana sviluppò la regola che il controllo giudiziario delle scelte d’impresa erronee è limitato, e dal 1997 i giudici parlano della bussiness judgement rule anche in diritto italiano200. Nel diritto italiano la responsabilità degli amministratori è sancita dall’art. 2476 c.c.; in diritto tedesco la norma analoga è rappresentata dall’art. 43 GmbHG, il quale prevede che gli amministratori, nella gestione della società, devono usare la diligenza di un buon commerciante. Gli amministratori che violano i loro doveri sono solidalmente responsabili nei confronti della società per i danni che ne derivano.

Inoltre, gli amministratori non violano il loro dovere di diligenza se, al momento della scelta d’impresa, potevano ragionevolmente ritenere di agire sulla base di informazioni adeguate e nell’interesse della società201. L’applicazione di tali principi anche nella S.r.l. è

generalmente riconosciuta202. Uno dei punti chiave dell’esenzione della responsabilità è l’analisi puntuale degli elementi di fatto e di diritto alla base della decisione, senza la quale non c’è discrezionalità imprenditoriale e l’esenzione non opera. Pertanto, si è giunti ad affermare che c’è spazio per l’esercizio della discrezionalità imprenditoriale da parte degli amministratori se questi ultimi abbiano accertato con diligenza la base fattuale e giuridica della decisione ed abbiano valutato i pro e i contra delle varie opzioni. Il

Bundesgerichtshof ha riconosciuto uno spazio per le decisioni urgenti in conformità con gli

obblighi di diligenza, anche se la base fattuale non sia stata accertata esaustivamente. Nel diritto tedesco, il requisito della scelta d’impresa traccia una linea di demarcazione nei confronti delle decisioni imposte dalla legge, ad esempio, la decisione se richiedere l’apertura di un procedimento fallimentare in caso d’insolvenza o d’indebitamento della società, in realtà non è una decisione libera. La discrezionalità dell’imprenditore non comprende le violazioni della legge203. Lo ritiene anche la Cassazione italiana quando dice che la violazione di obblighi specifici è sottoposta al sindacato giudiziario pieno204, ed

200 Posizione sostenuta dalla Cassazione, 4 aprile 1998, n. 3483, in Dir. Fall., 1998, 262. 201 Si richiama la disciplina contenuta nel AKtG art. 93 co. 1, frase 2.

202 Cfr. G.H. ROTH-ALTMEPPEN, GmbHG, Monaco di Baviera, 2015. 203 Cfr. H. FLEISCHER, in Aktiengesetz, Spindler, Monaco di Baviera, 2011. 204 Posizione sostenuta dalla Cassazione, 23 marzo 2004, n. 5718.

anche la dottrina italiana è unanime nel ritenere che la discrezionalità è limitata da disposizioni di stretta legalità205.

È uno degli obblighi centrali degli amministratori perseguire lo specifico interesse sociale, richiedendo che l’amministratore miri al rafforzamento a lungo termine della redditività e della competitività dell’impresa, il che può giustificare la rinuncia ad un guadagno immediato o di sostenere delle spese206. A tale riguardo la giurisprudenza italiana sembra essere meno univoca. Le sentenze si limitano a constatare che gli amministratori debbano perseguire l’interesse sociale207. La violazione dell’interesse sociale si considera solo con riferimento alla colpa dell’amministratore e non già, come in diritto tedesco, con riferimento all’inadempimento in senso oggettivo. Così spetta all’amministratore fornire la prova di aver agito nell’interesse della società; la società si può limitare a provare il danno ed il nesso causale tra tale danno e un determinato comportamento dell’amministratore, possibilmente rivolto contro gli interessi della società.

A livello processuale, non c’è differenza tra i due ordinamenti: anche la giurisprudenza tedesca fa incombere l’onere della prova sull’amministratore in merito alla mancata violazione di un dovere, se soltanto la società dimostra un danno e la causalità tra tale danno e un comportamento in violazione degli obblighi dell’amministratore208.

Ogni conflitto d’interesse nella persona dell’amministratore elimina la presunzione, in materia di scelte d’impresa, secondo cui l’amministratore aveva già in mente unicamente l’interesse della società.

La micro-comparazione fra la responsabilità degli amministratori in Germania e quella in Italia rivela una sintonia nei presupposti di base per un controllo giudiziario limitato alle scelte d’impresa (business judgement rule). Ciò vale, innanzitutto, per quanto riguarda la nozione stessa di scelta di impresa ed il carattere prevalentemente formale del sindacato giudiziario. Sugli amministratori incombe l’onere della prova per il rispetto della diligenza di un buon commerciante. La legge statuisce a favore della società un’eccezione al principio generale secondo cui, nel processo civile, ogni parte deve provare i fatti che costituiscono il fondamento del diritto fatto valere, principio codificato in Italia nell’art.

205 P. F. MONDINI è colui che si fa portavoce della dottrina in questione. 206 La disciplina in questione è prevista dall’art. 93 AktG.

207 Posizione sostenuta dalla Cassazione, 24 agosto 2004, n. 16707. 208 Posizione sostenuta dal BGH, sentenza del 22 febbraio 2011.

2697 c.c.. Nel diritto tedesco spetta quindi alla società provare:

- il fatto e l’ammontare del danno; - il comportamento dell’amministratore;

- il nesso causale fra tale comportamento ed il danno.

Se la società riesce a fornire questa triplice prova, spetta all’amministratore la prova liberatoria con riferimento alla correttezza o al carattere non colposo del suo comportamento oppure provare che il danno si sarebbe verificato anche nel caso in cui l’amministratore si fosse comportato in conformità alla legge e allo statuto. La giurisprudenza tedesca tutela l’amministratore da un eccessivo onere della prova unicamente attraverso l’onere processuale della società di specificare qual è il dovere che l’amministratore avrebbe presumibilmente violato.

Una differenza rispetto al diritto tedesco, sta nel fatto che il rispetto della diligenza esclude l’inadempimento e non soltanto la colpa. Di conseguenza la società deve dimostrare la sussistenza delle violazioni e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi209. Bisogna, diversamente da quanto sostiene la giurisprudenza tedesca, esporre specificamente in cosa abbia consistito la mancata diligenza da parte dell’amministratore convenuto in giudizio.

A tal riguardo possiamo concludere che, nel diritto tedesco, essendo gli amministratori obbligati in solido a risarcire i danni cagionati all’ente in conseguenza dell’inadempimento ai propri doveri, tale regola può essere superata qualora si ravvisi una ripartizione di competenze all’interno dell’organo gestorio. In conformità alla nota business judgement

rule, i soggetti incaricati della gestione non rispondono quindi del risultato economico

dell’impresa, ma esclusivamente della violazione degli obblighi di legge e di statuto, siano essi generici, o specifici. In sostanza, l’amministratore deve rispettare la legge, lo statuto e il contratto che lo lega alla società; lo statuto e il contratto in particolare, possono costituire la fonte di specifiche limitazioni ai poteri del Geschaftsfuhrer, disponendo, ad esempio, che egli possa compiere solo le operazioni caratterizzate da un controvalore non superiore a un dato importo.

Quanto agli obblighi specifici, alcuni sono espressamente menzionati nel GmbHG, con

riferimento alle ipotesi in cui gli amministratori abbiano effettuato, in favore dei soci, pagamenti che abbiano intaccato il capitale sociale210, nonché in caso di acquisto di quote in violazione della normativa in materia211. Quando i soggetti incaricati della gestione vengano meno ai propri obblighi, essi rischiano di essere chiamati a risarcire l’intero danno patito dalla società, il che assume anche una valenza preventiva: la sanzione della condanna al ristoro del pregiudizio costituisce un incentivo a svolgere l’attività di gestione conformemente alla legge.

Di norma la quantificazione del danno viene effettuata tramite un criterio differenziale, in base al quale si procede al confronto della situazione patrimoniale della società prodottasi a seguito della lesione con quella che si sarebbe determinata in assenza della condotta oggetto della censura; dalla differenza tra il primo e il secondo scenario si ricava l’ammontare del risarcimento212.

La legge prevede alcuni casi di esonero della responsabilità, tra i quali, il caso in cui gli amministratori si siano conformati alla deliberazione dell’assemblea213. La società ha

diritto di rinunciare all’azione di responsabilità, come di aderire all’eventuale accordo transattivo con gli amministratori. L’ente appare incentivato a sanzionare ogni deviazione dalla linea della corretta gestione214, ma non può escludersi che esso ritenga più conveniente accettare l’ammontare proposto in sede di composizione bonaria della vertenza o di abdicare ai propri diritti. Sennonché, essendo la GmbH una società caratterizzata dal beneficio della limitazione della responsabilità, nulla garantisce che, laddove la maggioranza dei soci ritenga di poter rinunziare alla richiesta di condanna, le conseguenze di tale opzione non pregiudicano i terzi. Pertanto, benché i soci godano del potere di esonerare gli amministratori dalle relative responsabilità, ad essi è precluso autorizzare o ratificare la condotta dell’organo di gestione quando i soggetti danneggiati non siano i quotisti stessi, ma anche i terzi, in particolare i creditori. Così agli amministratori è sempre vietato mettere a repentaglio l’esistenza della società215 e in nessun caso i soci possono esonerare gli amministratori dall’obbligo di osservare le disposizioni penali e le norme imperative. Quando i soci condividono le scelte degli

210 La disciplina di riferimento è prevista all’art. 30 GmbHG. 211 La disciplina di riferimento è prevista all’art. 33 GmbHG. 212 KG Berlin, 17 dicembre 2004, in GmbHR, 2005, 477.

213 Cfr. FICHTELMANN, in Bartl, GmbH-Gesetz, Monaco, 2000. 214 Cfr. HASS, in MICHALSKI.

amministratori, pur dannose per la società e per i creditori, i quotisti possono comunque porre in essere condotte di totale inerzia, lasciando trascorrere invano un termine prescrizionale.

Conclusioni

Il presente elaborato si pone l’obiettivo di delineare il profilo normativo attuale in materia di responsabilità di amministratori di S.r.l. a fronte della recente riforma introdotta con il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, il quale ha modificato e integrato alcuni articoli del codice civile in ordine alla responsabilità degli amministratori.

Abbiamo visto, come la portata del Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza prescinde dal contesto della crisi d’impresa e questo si può desumere anche dal fatto che le disposizioni del Codice, dirette a regolare la crisi d’impresa, entreranno in vigore successivamente. È fondamentale, pertanto, che gli amministratori percepiscano immediatamente la portata dei nuovi obblighi cui sono sottoposti, in modo da adeguare la propria organizzazione d’impresa.

In primo luogo, la riforma ha riguardato l’art. 2086 c.c., rubricato ora “Gestione

dell’impresa”, imponendo all’imprenditore, in qualsiasi forma questo operi, di istituire un

assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, in modo da cogliere in maniera rapida un eventuale segnale che indichi la presenza di una crisi, per poterla fronteggiare adeguatamente. In linea con questo modello gestionale216, queste novità sono state estese a tutti i modelli societari (art. 2257 c.c.). La disposizione normativa, impone l’assunzione e la messa in atto di protocolli aziendali ispirati a principi di corretta gestione imprenditoriale, dove per assetto organizzativo si intende l’insieme di regole e procedure finalizzate ad attribuire correttamente il potere decisionale in relazione alle capacità e responsabilità dei diversi soggetti aziendali. Questo aspetto non costituisce certamente una novità nel contesto delle società per azioni, dove l’art. 2381, co. 5, c.c., già disponeva l’obbligo, per l’amministratore delegato, di curare l’adeguatezza di tale assetto e di riferirne agli amministratori privi di delega.

Quindi, la sostanziale modifica, consiste nell’affidare esclusivamente agli amministratori della S.r.l., la gestione dell’impresa (art. 2475 c.c.), i quali sono gli unici legittimati a compiere gli atti necessari per il raggiungimento dell’oggetto sociale. Tale aspetto stride con la flessibilità e con l’autonomia statutaria che da sempre avevano caratterizzato le S.r.l..

Inoltre, l’art. 377 c.c.i., modificando l’art. 2476 c.c., prevede ora, che gli amministratori rispondano verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla

216 Per un’analisi dei modelli gestionali e dei modelli di prevenzione delle insolvenze aziendali: E. Giacosa,

conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione, in questo caso, può essere proposta dai creditori quando sia insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.

Ma, l’esclusiva gestione in capo agli amministratori della S.r.l. è in aperto contrasto con le previsioni in materia di decisioni riservate alla competenza dei soci (art. 2479 c.c.).

Una volta accertata la responsabilità, il danno risarcibile è pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data dell’apertura della procedura di liquidazione giudiziale e il patrimonio netto alla data in cui si è verificato lo scioglimento, detratti i costi sostenuti e da sostenere fino alla conclusione della liquidazione. L’eventuale prova del diverso ammontare, deve essere fornita dall’amministratore convenuto in giudizio217.

Rimane comunque ferma la possibilità per i soci di esperire l’azione sociale di responsabilità, convenendo dinanzi al Tribunale competente gli amministratori che abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione, tali da risultare dannose per la società stessa. Con riguardo agli organi di controllo, l’art. 378 c.c.i., amplia le ipotesi in cui le S.r.l. sono obbligate alla nomina degli organi di controllo ovvero dei revisori. Se la società non provvede autonomamente alla nomina, potrà farlo qualsiasi altro soggetto interessato anche su segnalazione del conservatore del registro delle imprese. Anche tale previsione si allontana dall’autonomia statutaria e dalla flessibilità, tipiche della S.r.l.

La finalità della riforma, con riferimento agli aspetti presi qui in considerazione, è volta a dotare le imprese di un assetto organizzativo che sia adeguato a monitorare il funzionamento dell’azienda e di reagire con prontezza ai primi sintomi di crisi e quindi ad anticipare i tempi di emersione della crisi per salvaguardare la continuità aziendale. In tale sede, quest’ultimo aspetto è stato analizzato e integrato con la disciplina vigente in materia di amministrazione del modello capitalistico minore.

217 G. GUERRIERI, La responsabilità dell’amministratore nell’impresa in crisi, in Nuove leggi civ. comm.,

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