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Capitolo 2. La responsabilità civile degli amministratori della S.r.l.

2.3 Obbligo di diligenza e di fedeltà degli amministrator

L’obbligo di diligenza da parte degli amministratori non è sancito espressamente da una disposizione normativa86.

L’art. 2476, co. 1, c.c. prevede che gli amministratori siano responsabili per i danni derivanti “dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo”. Per questo aspetto la disciplina delle S.r.l. è differente rispetto a quella della S.p.a., la quale prevede che gli amministratori adempiano ai doveri imposti loro dalla legge e dallo statuto

“con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze”

(art. 2392, co. 1 c.c.).

Nelle S.r.l., invece, il canone della diligenza è menzionato solo dall’art. 2489, co. 2 c.c., il quale prevede che “i liquidatori debbono adempiere i loro doveri con la professionalità e diligenza richieste dalla natura dell’incarico”. Si potrebbe paragonare la diligenza dei liquidatori nella fase terminale della società, alla diligenza richiesta agli amministratori durante la vita della stessa.

85 A tale soluzione è giunto DI CATALDO V., I sistemi di amministrazione e di controllo; le responsabilità

degli amministratori, dei sindaci e dei liquidatori, in Il punto sulla riforma del diritto societario, 2005.

86 Sul principio di diligenza nella regolamentazione delle società cfr., da ultimo, G. VISINTINI, La regola

Il mancato annovero del canone della diligenza degli amministratori nella disciplina della S.r.l., la dottrina non lo ritiene rilevante anche se tale criterio è considerato comunemente rilevante nella valutazione della responsabilità del gestore, pur mancando una disposizione ad hoc87. Se così non fosse, sarebbe legittimato un comportamento non diligente dell’amministratore.

Per risolvere questo dilemma, facciamo riferimento ai principi generali, secondo i quali, gli amministratori di S.r.l. sono tenuti ad osservare i “doveri ad essi imposti dalla legge e

dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società” (art. 2476, co. 1 c.c.).

Adempiere a tali doveri vuol dire adempiere alle obbligazioni in generale (art. 1173 ss. c.c.) con la diligenza prevista dall’art. 1176, co. 2 c.c.. Non si tratta della diligenza ordinaria del debitore, ma della diligenza richiesta nell’esercizio di attività professionali. Quindi, la mancanza di un’apposita disposizione che richiama il canone della diligenza nella S.r.l., non esclude l’applicazione delle regole generali in materia di adempimento. Questa appena descritta è una delle ipotesi dalle quali si desume il canone della diligenza, ma possiamo ritenere applicabile, in via analogica l’art. 2392, co. 1 c.c. in materia di S.p.a.. Il Tribunale di S.M. Capua Vetere ha previsto che, in materia di amministrazione di S.r.l., si applica il canone generale di diligenza secondo quanto stabilito dall’art. 1176 c.c., nell’adempimento di obbligazioni in generale88.

Si tiene conto della diligenza intesa in un raggio più ampio, ossia non quella richiesta all’uomo medio, ma quella che può configurarsi nel gestore di un patrimonio altrui, che nel nostro caso coincide con quello della società amministrata. Questa è la diligenza professionale richiesta all’amministratore di una S.r.l..

Secondo l’art. 2476, co. 1 c.c., grava in capo agli amministratori della S.r.l. la responsabilità per i danni derivanti dall’inosservanza dei “doveri ad essi imposti dalla

legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società”.

Capiamo ora cosa si intenda per tali doveri: si tratta di doveri che sono imposti dalla legge e dall’atto costitutivo. La disposizione di legge è imperativa e perciò l’atto costitutivo non vi può derogare. Pertanto, l’amministratore è tenuto ad osservare le disposizioni di legge e ad osservare quei doveri che integrano la legge e che sono stabiliti dall’atto costitutivo. I doveri quindi, si distinguono in quelli di origine legislativa e quelli di origine

contrattuale.

87 Cfr. ABRIANI N., in Diritto delle società, III ed., Milano, 2006, p. 314.

88 Tale soluzione è stata prospettata dal Trib. S.M. Capua Vetere, 15 novembre 2004 (ord.), in Società, 2005,

A tal proposito, l’art. 2476, co. 1, c.c. avrebbe dovuto prevedere l’opzione disgiuntiva (legge “o” atto costitutivo).

Ma quali sono i “doveri” che gravano in capo all’amministratore di una S.r.l.?

Si tratta dei doveri annoverati dalla legge. Ad esempio, l’art. 2466, co. 1 c.c. prevede che “se il socio non esegue il conferimento nel termine prescritto, gli amministratori diffidano

il socio moroso ad eseguirlo nel termine di trenta giorni”; oppure, l’art. 2470, co. 5 c.c.,

“quando si costituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli amministratori ne devono

depositare apposita dichiarazione per l’iscrizione nel registro delle imprese”. In questi

casi è richiesto un intervento degli amministratori e se questi non vi provvedono, risponderanno per i danni cagionati nei confronti della società.

Tra i doveri in capo all’amministratore, quello fondamentale consiste nello gestire la società alla quale è preposto, cioè quindi di esercitare l’attività d’impresa per il raggiungimento dell’oggetto sociale. Questo obbligo è previsto in maniera più intensa per le S.p.a. all’art. 2380 bis, co. 1 c.c. secondo il quale “la gestione dell’impresa spetta

esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”. Non è previsto espressamente lo stesso in materia di

S.r.l., ma possiamo dedurre tale obbligo dalla clausola generale posta all’art. 2475, co. 1 c.c., il quale prevede che “l’amministrazione della società è affidata a uno o più soci”. Per le S.p.a. si parla di “gestione dell’impresa”, mentre per le S.r.l. di “amministrazione

della società”, ma il contenuto del dovere è lo stesso. Inoltre, per le S.r.l., l’art. 2476, co. 1

c.c. prevede che gli amministratori sono responsabili dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti per “l’amministrazione della società” e l’art. 2486, co. 1, c.c. prevede che al verificarsi di una causa di scioglimento, gli amministratori conservano “il

potere di gestire la società”, anche se ai soli fini della conservazione dell’integrità e del

valore del patrimonio sociale. Il “potere di gestire la società” sussiste anche prima del verificarsi di una causa di scioglimento. L’obbligo fondamentale che fa capo all’amministratore viene dunque individuato nella gestione dell’impresa. Condurre l’impresa è un dovere dal contenuto generico, pertanto non si possono prevedere in

maniera analitica quelle che sono le incombenze di ciascun amministratore diligente e questo dipende anche dalle dimensioni della società89.

In definitiva, possiamo sostenere applicabile anche per gli amministratori di S.r.l., l’obbligo di diligenza previsto dall’art. 2476 c.c. sulla base di due presupposti:

1. l’art. 2392 c.c. sancisce principi generali che sono suscettibili di essere applicati a vari contesti, tenuto conto delle dimensioni e delle caratteristiche dell’impresa; 2. gli amministratori di S.r.l. sono tenuti ad osservare i doveri ad essi imposti dalla legge e dell’atto costitutivo per l’amministrazione della società.

Adempiere tali doveri, vuol dire adempiere obbligazioni e quindi ci si riferisce alle disposizioni sulle obbligazioni in generale (art. 1173 e ss. c.c.), caratterizzate non dalla diligenza ordinaria, ma da quella richiesta nello svolgimento di un’attività professionale che va applicata anche dall’amministratore.

Quanto all’obbligo di fedeltà degli amministratori, dobbiamo capire quali sono i casi in cui un amministratore può trovarsi in una situazione di conflitto d’interessi. Gli amministratori di S.r.l. possono agire in conflitto d’interessi, salvo il porre in essere determinate precauzioni. Il referente normativo per le S.r.l. è rappresentato dall’art. 2475 ter c.c., il quale disciplina la validità degli atti compiuti dal titolare del potere gestorio in contrasto con le istanze della società, nonché delle decisioni assunte con il contributo determinante del consigliere latore di interessi divergenti da quelli dell’ente90. La disposizione diverge notevolmente da quelle vigenti in materia di S.p.a., dal che discende una certa disomogeneità nella definizione delle aree della responsabilità dei soggetti preposti alla gestione nei due modelli.

L’art. 2475 ter c. c. sancisce l’annullabilità di quei contratti conclusi dall’amministratore dotato del potere di rappresentanza che si trovi in conflitto d’interessi con la società, qualora lo stesso conflitto fosse conosciuto o conoscibile da parte del terzo. L’annullabilità segue ad un’istanza, da inoltrarsi a cura della stessa società.

89 GALGANO, in Diritto Commerciale, Le società, 2005, 461, rileva che nella società a responsabilità

limitata “i doveri e le responsabilità degli amministratori sono sinteticamente riassunti nell’art. 2476,

suscettibile di integrazione con le norme dettate per gli amministratori di società per azioni”.

90 L’applicazione dell’art. 2475 ter, co. 2, c.c. presuppone l’affidamento della gestione al consiglio di

amministrazione. Pertanto, per i casi di amministratore unico, nonché di amministrazione disgiunte o congiunta, trova applicazione esclusivamente il primo comma, riproduttivo della regola generale dettata in tema di rappresentanza dall’art. 1394 c.c.

Il secondo comma del su richiamato articolo, invece, prevede l’impugnazione delle delibere del consiglio di amministrazione della società, che siano state assunte con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con la società, a condizione però che esse abbiano causato un danno patrimoniale alla società stessa. Legittimati ad agire in tal senso sono gli amministratori, il collegio sindacale o il revisore contabile.

Pertanto deve escludersi che l’amministratore di società a responsabilità limitata sia tenuto a esporre al consiglio, o ai contitolari della gestione nel caso di amministrazione congiunta o disgiunta, la natura e la portata degli interessi che egli abbia in una determinata operazione91, sicché il silenzio sul punto non potrà condurre ad alcuna responsabilità nei confronti dell’ente.

La decisione a cui ha partecipato un amministratore in conflitto d’interessi è annullabile qualora essa causi “un danno patrimoniale”, ricomprendendo con tale espressione sia l’effettivo danno (non solo patrimoniale), che il pericolo di danno.

Nella società a responsabilità limitata, quindi, ai componenti dell’organo di gestione non sarà mai imputabile la violazione dell’iter che impone:

- agli amministratori di informare i propri pari (e dove presente il collegio sindacale) della sussistenza, dell’entità e della natura dell’interesse di cui gli stessi siano latori per conto proprio o di terzi;

- al consiglio di motivare adeguatamente le decisioni che coinvolgano le istanze particolari di uno o più membri dell’organo;

- all’amministratore delegato controinteressato di astenersi dal provvedere, investendo della questione il consiglio92.

Ciò non significa che l’amministratore vada esente da responsabilità quando agisca in contrasto con l’interesse della società, cagionando un danno patrimoniale, ma in questo caso non è prevista una protezione che sanziona sotto il profilo risarcitorio anche la violazione degli obblighi tesi a prevenire l’insorgenza del conflitto.

Tuttavia, nulla impedisce che clausole sostanzialmente riproduttive della disciplina prevista per il modello azionario, vengano inserite nell’atto costitutivo, il quale può imporre agli amministratori obblighi più stringenti di disclosure, tanto in favore del

91 Cfr. ZANARONE G., Della società a responsabilità limitata, Giuffrè, 2010, cit., 1025 s.

consiglio o degli altri soggetti che partecipano alla gestione, quanto verso i soci, il che si rivela particolarmente utile per il caso di amministratore unico93.

2.4

Specifici obblighi e assetti organizzativi societari previsti dal