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La libertà di esercizio del sacro ministero ed il reato di favoreggiamento personale

Nel documento La Chiesa e la 'ndrangheta in Calabria (pagine 67-72)

Sommario: 1.1 – Il mafioso ed il confessionale 1.2 – Le situazioni giuridiche soggettive del ministro di culto.

1.1 Le situazioni giuridiche soggettive del ministro di culto

1.1.2 La libertà di esercizio del sacro ministero ed il reato di favoreggiamento personale

La fonte normativa di riferimento, che garantisce la libertà di esercizio del ministero, si rinviene all’art. 2, comma 1°, dell’Accordo del 18 febbraio 1984 – accordi concordatari tra Stato italiano e Santa Sede – che assicura alla Chiesa cattolica la libertà di “esercizio del magistero e del ministero spirituale” e si riferisce alla specifica attività svolta dal ministero del culto cattolico.

Le modalità di esercizio dell’attività ministeriale sono rimesse alla disciplina esclusiva della confessione religiosa, perché rientrano nel suo ordine di competenza166. La garanzia assicurata dall’ordinamento statale alla libertà di esercizio del sacro ministero vale a porre un divieto, in capo al sistema giuridico civile, di predefinire o imporre modelli di comportamento vincolanti per gli organi del gruppo confessionale167. Il “sacro ministero” è visto, dal sistema normativo statale, come un qualcosa di diverso da una “professione”, perché a quest’ultima l’ordinamento civile è legittimato ad imporre divieti e prescrizioni sulle modalità di esercizio.

I rapporti tra libertà di esercizio del ministero pastorale ed il reato di favoreggiamento è di particolare complessità, in quanto non esistono criteri ben definiti che vadano a bilanciare le prerogative del ministro di culto e le esigenze dell’amministrazione della giustizia sottese alla previsione del divieto, valido per “chiunque”, di aiutare “ taluno ad eludere le investigazioni dell’Autorità, o a sottrarsi alle

165 S. Feroleto, Op. cit., p. 90. 166 A. Licastro, Op., cit., p. 386. 167 Ibidem, p. 386.

63 ricerche di questa”, art. 378 c.p. ossia reato di favoreggiamento personale168.

Talora si contesta, appunto, al ministro di culto di aver posto in essere concrete modalità di esercizio del ministero volte ad ostacolare le indagini degli organi giudiziari o ad agevolare la latitanza di persone sottoposte a misure di custodia cautelare, o destinatarie di un ordine di carcerazione. Oltre alla fattispecie dell’art. 378 c.p., si deve tener presente anche la fattispecie disciplinata dall’art. 390 c.p. che punisce “chiunque, fuori dai casi di concorso nel reato, aiuta taluno a sottrarsi all’esecuzione della pena”. Questo perché il reato di procurata inosservanza di pena è una figura speciale di favoreggiamento personale e la modalità di esecuzione dello stesso si distingue da quelle individuate dall’art. 378 c.p., perché presuppone l’esistenza di una condanna irrevocabile. Molto spesso è difficile poter precisare i margini entro i quali l’esercizio del ministero pastorale possa svolgersi liberamente, senza integrare gli estremi di un illecito penalmente sanzionato, quale quello previsto dalle richiamate disposizioni del codice penale169. Per poter escludere ogni concreta punibilità del

ministro di culto, in relazione alla “libertà di esercizio del sacro ministero”, occorre dare per scontato che il comportamento del soggetto “non sia estraneo, ma sia finalizzato alla propria missione spirituale e religiosa “, ossia non si risolva in azioni o omissioni poste in essere nella sua veste di cittadino qualunque170.

Quindi, fuori dal rispetto di tale condizione, non vi è spazio per l’operatività della causa di giustificazione della condotta del ministro di culto e ciò perché vanta peculiari poteri, che gli derivano dalla sua speciale appartenenza confessionale171.

168Ibidem, p. 400. 169 Ibidem, p. 400. 170 Ibidem, cit., p. 402 171 Ibidem, p. 402.

64 Il requisito della necessarietà o quasi-necessarietà delle modalità di esercizio del sacro ministero poste in essere dal ministro di culto dovrebbe ritenersi presente nella maggior parte dei casi, qualora si abbia riguardo alla situazione di pericolo per la libertà personale in cui viene a trovarsi il fedele, il quale ricorre ad una particolarissima figura di “assistenza spirituale”, suscettibile in astratto di avere rilevanza penale. Cioè, il ministro di culto che dovesse rifiutare di prestare “assistenza spirituale” a colui che teme di perdere la propria libertà personale, perché sospetto autore di un reato o latitante, andrebbe contro quelle che sono le esigenze religiose di una persona in difficoltà e quindi andrebbe contro i suoi doveri di fedeltà verso l’istituzione confessionale di appartenenza172.

Il requisito della necessarietà verrebbe meno sia nel momento in cui sarebbe realizzabile una soluzione alternativa, che andrebbe comunque a soddisfare il bisogno spirituale, sia nel caso in cui l’aiuto dato dal ministro di culto sia sproporzionato in relazione all’attività religiosa compiuta, “non potendo la scriminante coprire condotte antecedenti, concomitanti o susseguenti allo svolgimento della vera e propria attività ministeriale, se non nei limiti in cui queste possano ritenersi strettamente strumentali al compimento dell’attività medesima”173.

Esistono, poi, ipotesi in cui vi è spazio per risolvere il problema dei limiti entro cui la libertà di esercizio del ministero pastorale può prevalere sul reato di favoreggiamento personale, facendo leva sul rapporto astratto tra la norma del codice penale e alcune disposizioni autorizzative di natura speciale174. Un’ipotesi si verifica quando la condotta che costituisce favoreggiamento personale si realizza omettendo di comunicare notizie utili agli organi di polizia giudiziaria, finendo con l’aiutare taluno ad eludere le indagini espletate dalla

172 Ibidem, p. 403. 173 Ibidem, cit. p. 403. 174 Ibidem, p. 403.

65 stessa. In questi casi, la reticenza posta in essere dal ministro di culto costituisce un comportamento garantito dalle norme sulla tutela, in sede processuale, del “segreto professionale”. È indispensabile che la notizia omessa alla polizia giudiziaria, da parte del ministro di culto, sia avvenuta “per ragione del suo ministero e non in via del tutto casuale od occasionale”.

In tali contesti, affinché l’attività posta in essere dal ministro di culto costituisca “attività di esercizio del ministero pastorale”, si pretende di valutare quella attività alla luce di presunti canoni di “normalità”, che la vorrebbero confinata a particolari luoghi o sedi “istituzionali”, quali i locali della Parrocchia175. Perché “è noto che la Suprema Corte di Cassazione ha costantemente affermato che deve ravvisarsi l’ipotesi di favoreggiamento personale in tutti i casi in cui venga prestata un’assistenza, anche professionale, in modo diverso da quello normale, che precluderebbe al latitante la possibilità di continuare a sottrarsi alle ricerche, e, quindi, in forme tali da consentire al medesimo latitante la possibilità di continuare a sottrarsi alle ricerche, quindi consentedogli di soddisfare le proprie esigenze senza esporsi all’attenzione dell’autorità di polizia”176. Tale situazione è stata estesa,

anche, alle ipotesi in cui il sacerdote si rechi, per celebrare messa, nel nascondiglio di un capo mafia latitante, perché in questo caso il sacerdote incauto si è prestato non già a ricevere il latitante presso la parrocchia, ma si è recato presso il suo nascondiglio procurandogli altarino e cose quasi come fosse una Chiesa, così da consentire al latitante di soddisfare le proprie esigenze religiose senza, quindi, allontanarsi dal suo rifugio e senza mettere a repentaglio la propria libertà177. La conclusione è che l’indiziato avrebbe commesso il reato di favoreggiamento personale, in quanto avrebbe accettato di

175 Ibidem, p. 406.

176 Trib. pen. Palermo, ord. 29 ottobre 1997, in Quad. dir. pol. eccl., 1998/3, p. 927 s. e in Foroit, 1998, II, c. 280 ss., con nota di C. Visconti, cit.

66 esercitare il proprio ministero con modalità inusuali, esorbitando dal normale esercizio della professione di sacerdote e ciò farebbe ritenere esistente il fine di agevolare il latitante stesso a sottrarsi alla cattura da parte delle forze di polizia178.

Tuttavia, bisogna precisare che l’attività del sacerdote deve esser valutata sotto l’aspetto dell’esercizio di una missione spirituale ammessa fino a quando non esorbiti dall’ambito oltre il quale essa potrebbe integrare gli estremi di un reato, quindi, ad esempio, quello del favoreggiamento179. Prendendo, nuovamente, ad esempio l’ipotesi dell’eventuale incontro con il latitante, il sacerdote non dovrà sconfinare quello che è il suo campo specifico, come avverrebbe se gli fornisse supporto logistico, imputabile ai fini del reato di favoreggiamento180.

Come anticipato in apertura, sarebbe auspicabile che l’operatore del diritto ricercasse un criterio di “bilanciamento tra il bene della libertà religiosa e il bene dell’amministrazione della giustizia”, così evitando di pervenire a soluzioni sbilanciate a favore dell’uno o dell’altro interesse in gioco181.

Il problema degli incontri tra un latitante ed un sacerdote non consiste nella presenza della Chiesa in ogni luogo della società, piuttosto nelle modalità concrete di tale presenza e che la frequenza di criminali condannati, ed inoltre latitanti, da parte di un uomo di chiesa senza che sia seguito da una condanna chiara di quelle azioni e senza che l’accesso ai sacramenti avvenga nelle forme e con le condizioni normalmente richieste dal messaggio di vicinanza, comprensione, non

178 Ibidem.

179 A. Licastro, Somministrazione di sacramenti ed eventuale responsabilità penale

del sacerdote, Il diritto ecclesiastico, 1999.

180 Ibidem, p. 879.

181 C. Visconti, op. cit., c. 282 e c. 285 ss in A. Licastro I ministri di culto

67 può che rilegittimare agli occhi del popolo di Dio la figura screditata del capomafia182.

Nel documento La Chiesa e la 'ndrangheta in Calabria (pagine 67-72)