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La negazione delle pubbliche esequie per i peccatori manifesti.

Nel documento La Chiesa e la 'ndrangheta in Calabria (pagine 87-91)

dell’autorità di pubblica sicurezza sulla negazione delle pubbliche esequie 2.1.2 – Il caso del parroco di Platì

1.1 La celebrazione delle esequie ecclesiastiche in casi particolar

1.1.2 La negazione delle pubbliche esequie per i peccatori manifesti.

Come abbiamo più volte evidenziato il mafioso è destinatario della pena massima, ossia la scomunica, ed è doveroso fare un excursus di alcuni casi di diniego alle esequie per inquadrare e comprendere meglio la fattispecie in esame.

Il canone 1184 § 1 nell’elencare i soggetti ai quali vadano negate le esequie ecclesiastiche, annovera i peccatori manifesti. Nonostante lo stesso canone non fornisca un elenco dettagliato di chi debba esser considerato peccatore manifesto, all’interno di codesta categoria pare possano rientrare i concubini e i divorziati riposati, gli aderenti a sette e associazioni che tramano contro la Chiesa, i propugnatori di ideologie atee e materialiste, gli scomunicati e quanti sono colpiti dall’interdetto228. Affinché si possa loro negare la

celebrazione delle esequie ecclesiastiche, è necessario che ricorrano due condizioni. Una prima condizione è che la situazione di peccatore sia manifesta, quindi conosciuta in modo notorio oppure tramite testimoni che ne abbiano conosciuto un certo comportamento e che lo possano attestare. Seconda condizione è quella che la celebrazione delle esequie sia fonte di scandalo per i fedeli e la comunità cristiana. Per scandalo si intende «azione che muove gli altri al male»229.

Dobbiamo, però, fare attenzione al fatto che spesso il non concedere le esequie può costituire fonte di scandalo, piuttosto che celebrarle. Il pericolo di scandalo si attenua quando si illustra ai fedeli

227 Ibidem, p. 278. 228 Ibidem, p. 282.

229 Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi, Dichiarazione, 24 giugno 2000, in «Communicationes» 32 (2000) 160.

83 il vero senso della celebrazione delle esequie ecclesiastiche, come ricorso alla misericordia divina e testimonianza della fede cristiana nella risurrezione230, e si divulghi un eventuale segno di pentimento compiuto dalla persona.

L’attenzione richiesta, sulla necessità di valutare la situazione dell’individuo prima di negare la celebrazione delle esequie ecclesiastiche, è in linea con quanto affermato prima della promulgazione del Codice vigente, ossia ‘’se siamo in presenza, prima della morte, di segni di pentimento e nel caso in cui venga evitato il pubblico scandalo dei fedeli, a queste persone non è più vietata la sepoltura ecclesiastica’’231.

Una delle categorie che rientra nei peccatori manifesti è rappresentata dagli scomunicati e da quanti sono colpiti da interdetto. Il can. 1331 § 1, 2° e il can. 1332 dispongono che essi non possano celebrare i sacramenti e i sacramentali e ricevere sacramenti. Dato che le esequie si costituiscono di un sacramentale e della celebrazione dell’eucarestia, a tali soggetti potrebbero non essere negate le esequie, ad esclusione della celebrazione dell’eucarestia. Un eventuale rifiuto delle esequie non si basa sul fatto che essi sono colpiti da una pena canonica, qual è la scomunica, bensì dal fatto che la loro posizione «essendo pubblica e manifesta, può essere motivo di scandalo»232.

Dovendo trattarsi di una situazione manifesta, dovrà necessariamente esserci una scomunica latae sententiae dichiarata o ferendae

sententiae. Qualora tale situazione non ricorresse, si potranno

concedere le esequie ad un soggetto incorso in una scomunica latae

sententiae non dichiarata, a meno che l’incorrere in tale pena non sia

causato da una situazione di peccato manifesto. In questi casi, il

230 Cfr. Sacra Congregazione per la dottrina della fede, lettera circolare Complures

conferentiae, 29 maggio 1973.

231 A. Zambon, La celebrazione delle esequie in alcune situazioni particolari, Quaderni di diritto ecclesiale 15, 2002, cit. p. 282.

232 M. Calvi, can. 1184, in Codice di diritto canonico commentato, a cura della redazione di «Quaderni di diritto ecclesiale», Milano, 2001, cit., p. 942.

84 diniego di esequie è motivato non dalla pena canonica della scomunica, quanto dall’essere peccatore manifesto233.

Ulteriore categoria che ritroviamo all’interno dei peccatori manifesti è quella delle persone notoriamente mafiose o morte durante azioni malavitose.

I mafiosi, i quali – come abbiamo visto in precedenza – sono stati ufficialmente scomunicati da Papa Francesco durante la messa alla Piana di Sibari nel 2014, che concluse la visita pastorale a Cassano allo Jonio, dove pronunciò: ‘’i mafiosi non sono in comunione con Dio, quindi sono scomunicati’’234.

In questi casi particolari si prevede una celebrazione delle esequie senza eucarestia, quindi non vengono propriamente negate le esequie. Semplicemente vengono celebrate in modo tale da far emergere, con evidenza, la non approvazione da parte della Chiesa di un certo comportamento malavitoso. In ogni caso, potrebbe verificarsi l’opportunità di non concedere le esequie ecclesiastiche a tali soggetti, in quanto sono conosciuti come peccatori manifesti.

Stante le precisazioni poste dal Rito delle Esequie, così come assunte dalla CEI, viene lasciato uno spazio di autodeterminazione ai vari episcopati italiani, affinché la celebrazione si possa adattare alle esigenze locali e lo strumento utilizzato è quello degli orientamenti normativi.

Un primo esempio è la direttiva dell’allora vescovo di Crotone, monsignor Agostino – già negli anni ’90 – nella lettera pastorale Mafia

ed evangelizzazione nel crotonese, scriveva: «Rispettando l’attuale

legislazione canonica e nulla innovando, determino quanto segue relativamente ai soggetti notoriamente mafiosi, o quando c’è stata, a

233 A. Zambon, La celebrazione delle esequie in alcune situazioni particolari, Quaderni di diritto ecclesiale 15, 2002, p. 284.

234 La visita pastorale. Il Papa: «I mafiosi sono scomunicati», Avvenire, 21 giungo 2014, sito web: https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/papa-partito-per-cassano-all- jonio, consultato in data 03/092018.

85 riguardo, una sentenza [civile] chiara e definitiva. Senza voler emettere giudizi sulla persona che toccano a Dio solo, senza farsi condizionare dal sentire comune o dai possibili limiti di una condanna umana, solamente per ragioni pastorali o di testimonianza: […] le esequie di chi muore perché ha partecipato a conflitti armati mafiosi ed è notoriamente conosciuto come tale si celebreranno con la sola liturgia della Parola, senza celebrazione eucaristica. Tale limite vale anche per chi è stato condannato per omicidio mafioso o per rapina e muore senza aver dato segni di vero pentimento»235.

Ulteriore esempio è il recente Direttorio236 del 2015, elaborato dalla conferenza episcopale calabra, dal titolo ‘’per una nuova evangelizzazione della pietà popolare’’. Più che direttorio si vuole definire ‘’Orientamenti pastorali, offerti a tutte le diocesi della Calabria’’ e si lascia l’opportunità ai vari vescovi di procedere ad un Direttorio preciso e dettagliato per la propria Diocesi. Tale documento, in un primo momento, mette in luce il discorso sulla pietà e religiosità popolare e ne evidenzia i valori ed i rischi e, in un secondo momento, affronta il problema della celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, ma anche del matrimonio e della celebrazione delle esequie. Momenti nei quali, per la CEC237 è necessario porre la massima

attenzione ed osservare le norme, questo per evitare di compiere errori pastorali, dai quali possano scaturire accuse che vedono la Chiesa quale responsabile di compromessi con realtà mafiose. Il documento affronta ulteriori aspetti legati alle feste religiose, alle processioni ed alla necessità di perseguire ‘’una nuova evangelizzazione’’ della pietà popolare. Nella conclusione si evidenzia il messaggio chiaro di una Chiesa che ribadisce l’assoluta negatività di ogni prassi mafiosa e ricorda la pratica del perdono per chiunque decida di convertirsi.

235 G. Agostino, Mafia ed evangelizzazione nel crotonese. La parola di Dio non è

incatenata, in Il Regno. Documenti, 38 (1993), cit. p. 162-163.

236 Documento di cui i vescovi calabresi ne avevano anticipato la stesura a conclusione della Nota pastorale sulla ‘ndrangheta.

86 Nel capitolo secondo, dedicato ai sacramenti di iniziazione cristiana, matrimonio ed esequie, si ribadisce il senso cristiano del morire, di fronte alla quale la Chiesa non esprime alcun giudizio, ma affida nella preghiera ogni defunto alla misericordia di Dio. Si ricorda come le esequie non rappresentano la celebrazione della vita del defunto, ma sono semplicemente il suo affidamento alla misericordia del Padre celeste. Quindi, anche nel caso di persone condannate per reati di natura mafiosa – qualora non ci sia stato un loro precedente espresso rifiuto della celebrazione religiosa – ‘’la Chiesa concede anche ad essi il conforto delle esequie religiose, ma in forma semplice, senza segni di pomposità, di fiori, di canti, musiche e commemorazioni’’238.

Il dettato del can. 1184 dispone la negazione delle esequie ecclesiastiche in assenza di ogni segno di pentimento e qualora dovessero residuare dubbi si deve consultare l’Ordinario del luogo, al cui giudizio bisogna stare. Prendendo spunto da quanto messo in evidenza dalla norma codiciale circa i ‘’segni di pentimento’’, la Nota pastorale in esame profila l’ipotesi di un caso dubbio circa l’atteggiamento penitenziale assunto da chi ora è defunto e sul suo precedente effettivo ritorno a una ‘’nuova vita’’ – per rispetto della ‘’natura sociale’’ dell’Eucarestia per non inserire, in modo strumentale, la stessa Eucarestia, ad un conflitto di interpretazioni – prevede che si dovranno adottare delle restrizioni significative nello stile celebrativo, lasciandosi guidare da quanto già previsto nei Rituali239.

Nel documento La Chiesa e la 'ndrangheta in Calabria (pagine 87-91)