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Ordinamento canonico: la ‘ndrangheta “struttura pubblica di peccato” che comporta la

Nel documento La Chiesa e la 'ndrangheta in Calabria (pagine 39-42)

1.4 ‘’Mamma di San Luca’’ e il ruolo del Santuario della Madonna di Pols

3.1 Ordinamento canonico: la ‘ndrangheta “struttura pubblica di peccato” che comporta la

scomunica

Da una recente Nota Pastorale sulla ‘ndrangheta94, in continuità con gli interventi del Magistero episcopale calabrese dell’ultimo quarantennio, si avverte la necessità di rivolgersi a tutti i cittadini, dando loro una ‘’lettura’’ dell’attuale momento storico, alla luce del Vangelo in rapporto al fenomeno ‘ndranghetistico. Questo per contribuire alla promozione non solo morale e religiosa, ma umana e culturale, sociale e politica. L’intento che promana da tale Nota

Pastorale non è quello di leggere il Vangelo alla luce delle situazioni

difficili, ma di leggere queste situazioni difficili alla luce del Vangelo. In quest’ultimo caso si tratta di lottare per accompagnare e condurre la vita concreta della gente di Calabria verso le altezze del Vangelo, nella convinzione che la Misericordia non possa mai essere disgiunta dalla Verità e la Verità dalla Misericordia. Perciò, si intona un unico appello a ‘’testimoniare la verità del Vangelo’’. In questo contesto, i pastori delle Chiese che sono in Calabria fanno riecheggiare il grido contro la mafia, lanciato da San Giovanni Paolo II: ‘’Convertitevi, verrà il giudizio di Dio’’95 prima e da Papa Francesco dopo, in visita

pastorale a Cassano all’Jonio nel giugno del 2014.

“La ‘ndrangheta – si legge nella nota della Conferenza Episcopale Calabra – non ha nulla di cristiano. È una struttura di peccato che stritola il debole e l’indifeso, calpesta la dignità della

94 Conferenza Episcopale Calabra, Testimoniare la verità del Vangelo, Nota

Pastorale sulla ‘ndrangheta, 25 dicembre 2014, consultabile sul sito:

(http://www.diocesilocri.it/download/CEC-Nota-

Pastorale_sulla_ndrangheta_completa_251214.pdf), consultato in data 12/03/2018. 95 Giovanni Paolo II, Omelia per la Messa nella Valle dei templi, Agrigento, 9 maggio 1993.

35 persona, intossica il corpo sociale”. La conseguenza è la scomunica di fatto e l’esclusione dall’accesso ai sacramenti, in mancanza di ravvedimento e di pentimento concreto. I Vescovi calabresi, quindi, qualificano la mafia quale apostasia e i suoi adepti vengono collocati fuori dalla comunità cristiana96.Per la prima volta il delitto di mafia è qualificato giuridicamente come ‘’apostasia’’ che, ai sensi del can. 751 CIC è ‘’il ripudio totale della fede cristiana’’. L’apostasia, insieme all’eresia e allo scisma, viene collocato nel codice di diritto canonico, nel Titolo I - riguardante i delitti contro la religione e l’unità della Chiesa - e la sanzione prevista dall’art. 1364 §1, CIC è, appunto, la scomunica latae sententiae. Si definisce latae sententiae se scaturiscono da un comportamento delittuoso in quanto tale e in questo caso non è necessario che vengano esplicitamente comminate da un ente ecclesiastico: chi compie un certo atto si trova a essere scomunicato automaticamente97. Le sanzioni penali della Chiesa possiamo suddividerle in pene medicinali o censure ed in pene espiatorie, la scomunica rientra nella prima categoria. La finalità medicinale, insita nella scomunica, è quella di portare il reo a ravvedersi98.

Nell’ambito dell’applicazione delle pene, diversi canoni del Codice rimettono la scelta sull’irrogazione della pena alla discrezionalità dell’autorità ecclesiale. Questo comportamento si giustifica in base al fatto che, nel diritto canonico, vige la necessità di salvaguardare l’integrità dei valori essenziali per la realizzazione della salus animarum, oltre che del singolo reo-peccatore anche della comunità affidata alla sua cura pastorale. Il reo-peccatore, in un’accezione del sistema penale canonico, ha una responsabilità

96 Nota Pastorale sulla ‘ndrangheta, Op., cit. p. 6. 97 I. Sales, Op., cit., p. 296 ss.

98 Cfr. F. Romano, Come può essere definita e chi può rimuovere la scomunica ai

mafiosi?, articolo di giornale, 2014, consultabile sul sito:

(http://www.toscanaoggi.it/Opinioni-Commenti/Come-puo-essere-definita-e-chi- puo-rimuovere-la-scomunica-ai-mafiosi), consultato in data 12/03/2018.

36 giuridica che va ben oltre rispetto quella tradizionalmente intesa. Infatti, si diventa responsabili non solo per cosa non si doveva fare – ad esempio, violazione di un obbligo comportamentale – ma per quello che si può e si deve fare al fine di realizzare il proprio essere fedele. Potremmo, quindi, affermare che il reo-peccatore sarà responsabile per il mancato esercizio della sua responsabilità ecclesiale99. Accanto al presupposto per l’applicabilità della sanzione, ossia la responsabilità giuridica, emerge la dimensione istituzionale della responsabilità, quale modalità con cui si realizza l’appartenenza del fedele alla comunità, la cui finalità è etico-religiosa, ma la cui natura è giuridica in quanto si concretizza nell’esercizio dei doveri e diritti previsti dall’ordinamento100.

Come previsto per gli altri delicta graviora, anche la condanna nei confronti dei mafiosi è quella della scomunica101. Tale categoria di delitti allude a quei crimini accomunati tanto dal fatto di offendere beni giuridici aventi primaria rilevanza nell’ordinamento canonico, tanto alla circostanza di essere riservati alla competenza della Congregazione per la dottrina della Fede102; la quale non si è attivata

a rendere effettiva la condanna per i mafiosi, anche dopo la ferma posizione assunta dalla Conferenza Episcopale Calabra.

In un primo momento, il silenzio perpetuato dalla Congregazione per la dottrina della Fede sembra aver comportato un vulnus, perché non ha dato seguito concretamente alla condanna per apostasia comminata ai mafiosi103. Solo per apostasia, eresia e scisma si attribuisce all’Ordinario la competenza esclusiva ad accertare in prima

99 Cfr. M. D’Arienzo, Sanzione e riparazione del danno nel sistema sanzionatorio

canonico, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, rivista telematica, 26 ottobre

2015, consultato in data 12/03/2018.

100 M. D’Arienzo, Op., cit. p.12. L’autore sostiene che «Il concetto giuridico di responsabilità che è possibile dedurre dal sistema penale canonico acquista una peculiare accezione rispetto alla “responsabilità giuridica” tradizionalmente intesa».

101 A. Mantineo, Op., cit., p. 85. 102 Ibidem, p. 85.

37 istanza la colpevolezza dell’imputato; competenza che per questi delitti si estende anche alla remissione delle pene latae sententiae, nelle quali il condannato sia incorso104.

Possiamo affermare che la scomunica nei confronti degli appartenenti ad associazioni di stampo mafioso assume un importante valore non solo per il singolo nei confronti del quale è comminata, ma soprattutto per il messaggio rivolto alla società. Perché, nella capacità della Chiesa di utilizzare la potestà coattiva, legittimamente a quanto disposto dall’art. 1311 CIC, si ravvisa il carattere proprio della sua missione, ossia proseguire sulla strada di Testimone della Verità del Vangelo. Perché la ‘ndrangheta non è altro che negazione del Vangelo.

3.2 Ordinamento giuridico italiano: verso la

Nel documento La Chiesa e la 'ndrangheta in Calabria (pagine 39-42)