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2. Taking action Interventi educativi e sociali rivolti a persone senza dimora

2.3 Le politiche sociali per le persone senza dimora in Italia

2.3.3 Linee di indirizzo: homelessness strategy e gli approcci metodologici

L’homelessness strategy indicata nelle linee di indirizzo non si limita ai modelli di inter- vento legati alla riduzione del danno e alla bassa soglia, ma presenta quattro approcci metodologici:

1. l’approccio emergenziale; 2. lo staircase approach;

3. l’approccio olistico o multidimensionale; 4. housing led approach.

L’approccio emergenziale, chiamato anche residuale, consiste nell’attivazione di risorse a favore di persone senza dimora al verificarsi di stati d’emergenza come il freddo o il caldo eccessivi. È considerato un approccio tendenzialmente privo di una strategia com- plessiva, di lungo termine e risolutiva rispetto alla homelessness, sebbene sia alquanto diffuso. È pertanto una strategia di corto raggio. Un esempio usuale dell’approccio emergenziale svolto in Italia si ha con i dormitori di “emergenza freddo” attivati durante i mesi più rigidi dell’anno, che vengono appositamente considerati momenti straordina- ri, quando è evidente si presentino ciclicamente tutti gli anni e pertanto potrebbero esse- re abbondantemente pianificati, tant’è vero che da qualche anno alcuni comuni hanno scelto di pianificare l’intervento cambiando la dicitura in “piano freddo”. Strutturando interventi in emergenza, reale o percepita come tale, le risorse impiegate servono ordi- nariamente a finanziare azioni finalizzate al soddisfacimento dei bisogni primari, urgen- 54 Oppioide sintetico utilizzato nelle terapie per dipendenze da eroina.

ti ed indifferibili, in quanto si presume che sia a rischio l’incolumità della persona. Tale modo di procedere tuttavia non arresta il processo di impoverimento, né va ad incidere quantitativamente o qualitativamente sulla homelessness. Questi interventi vengono così accolti dalle linee di indirizzo solo nel momento in cui si trovino strutturati all’interno di un piano strategico più ampio e, pertanto, ricollocati all’interno di una reale cornice di straordinarietà.

Lo staircase approach (approccio a gradini) nasce in ambito psichiatrico a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta, come approccio deistituzionalizzante ovvero finalizzato a restituire gradualmente l’emancipazione al soggetto istituzionalizzato. Questo «prevede una successione di interventi propedeutici l’uno all’altro, dalla prima accoglienza sino al reinserimento sociale una volta nuovamente conseguita la piena autonomia da parte del- le persona senza dimora» (Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali 2015, p. 26), procedendo cioè per stadi (da qui l’immagine dei gradini da salire)56. Lo staircase ap-

proach è stato il modello dominante nelle politiche istituzionali di contrasto alla home- lessness di USA, Europa e Australia, fino alla fine degli anni Novanta e, benché oggi

non sia più l’unico modello possibile, detiene ancora una notevole importanza e diffu- sione. I motivi principali della crisi sono da ricercarsi nell’omologazione degli interventi messi in atto dai servizi con staircase approach, omologazione in contrasto con lo spiri- to iniziale del modello, fortemente orientato alla deistituzionalizzazione. Gli interventi via via sempre più standardizzati, non hanno favorito l’emersione della volontà dei be- neficiari, i loro bisogni e i loro desideri. Così la necessità prevalente nei percorsi educa- tivi fu sempre più quella di standardizzare i requisiti di accesso allo stadio (gradino) successivo, anziché dare spazio alla soggettività, tanto che – per assurdo – questo ap- proccio viene considerato per certi aspetti un modello istituzionalizzante, in quanto cau- sa indiretta di passività, assistenzialismo e cronicizzazione.

L’approccio olistico o multidimensionale ha premesse analoghe a quelle dell’approccio a gradini, con la differenza che in questo approccio è previsto che con ogni persona sia 56 Un esempio di suddivisione sono i livelli di accoglienza: bassa soglia, media soglia (primo livello), alta soglia (secondo livello) e così via. Ogni livello rappresenta un pacchetto di servizi a cui la persona può accedere. Ad esempio, un primo livello potrebbe essere strutturato attraverso un’accoglienza notturna continua, mentre un secondo livello potrebbe esserlo attraverso un’accoglienza diurna e notturna continuativa.

condivisa la progettualità per realizzare una maggiore inclusione sociale, facendo ricor- so a tappe personalizzate anziché standardizzate. «Simile per morfologia dei servizi ma differente nella logica» (Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali 2015, p. 26), que- sto approccio prevede una serie di strutture atte a rispondere ai diversi bisogni delle per- sone senza dimora, in grado cioè di poter coprire differenti gradi di intensità dei loro bi- sogni.

Infine l’housing first approach e l’housing led approach, tendenzialmente utilizzati nel- le linee di indirizzo come approcci analoghi, benché il secondo sia in effetti un gruppo più ampio di approcci comprendente, fra gli altri, anche l’housing first. Questo, come si vedrà, nasce come percorso finalizzato al recupero delle autonomie della persona a par- tire dalla casa. L’accesso rapido ad una abitazione è uno degli elementi essenziali di questo approccio, che vede principalmente nella casa un diritto della persona da garanti- re e, successivamente, il setting educativo da cui partire per strutturare azioni educative personalizzate, concordate e negoziate con il beneficiario del servizio (ad esempio, at- traverso un patto abitativo che espliciti le norme condivise e gli obiettivi da raggiunge- re). A questo approccio se ne affiancano molteplici altri racchiusi all’interno di un più ampio gruppo chiamato housing led, percorsi sempre basati sul concetto di casa come diritto e pertanto punto di partenza dell’intervento di inclusione sociale, ma con una mi- nore intensità di intervento e una durata del progetto ipoteticamente ridotta rispetto a quella prevista per l’housing first, che idealmente rappresenta la casa per la vita. I desti- natari di quest’ultimo approccio sono persone senza dimora con minore compromissio- ne relazionale, capacitazionale, psichica e fisica, teoricamente in grado di raggiungere nel breve periodo un livello tale di autonomia da permettersi di ricollocarsi nel mondo del lavoro e di reperire un alloggio, al contrario di quanto avviene nell’housing first dove a questo obiettivo si preferisce quello centrale del recupero del benessere.