• Non ci sono risultati.

La lingua araba è geograficamente diffusa in un territorio che copre l’intero Medio Oriente, dall’Iraq alle coste dell’Oceano Atlantico. Il 43% dei musulmani che vivono in Israele e si autodefiniscono come "arabo-palestinesi", usa la lingua araba pur non essendo essa lingua ufficiale; infatti recentemente il Comitato Ministeriale ha approvato una proposta di legge sulla "Nazione-Stato" che, tra i vari punti, prevede che l'arabo non goda più di ufficialità linguistica, insieme all'ebraico, bensì di "uno status speciale". Inoltre stabilisce che lo Stato di Israele è "la casa nazionale del popolo ebraico" e che "il diritto di realizzare l'autodeterminazione in Israele" appartiene "unicamente al popolo ebraico". Il testo dovrà ora passare alla Knesset.60

Praticamente tutta la penisola arabica parla dunque arabo: le coste africane del Mediterraneo fino al Marocco e alla Mauritania, il Ciad e parte del Sudan verso l’interno dell’Africa, a est nella Turchia orientale in territorio curdo e in Iran in territorio persiano; è inoltre la lingua di alcuni villaggi dell’Uzbekistan, nonché di Kormakíti, nella parte settentrionale dell’isola di Cipro; verso ovest si espande in territorio berbero in Algeria e soprattutto in Marocco. Si aggiunga che fino al 1492 è stata di lingua araba anche l’Andalusia e sull’arcipelago di Malta, il maltese, lingua

60 Vedi: notizia su TGcom24:

http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/israele-via-a-proposta-su-arabo-non-piu-lingua-ufficiale_3070349- 201702a.shtml.

ufficiale, è in realtà un dialetto arabo occidentale con un cospicuo patrimonio lessicale romanzo, scritto in caratteri latini.61

Quello che viene definito “arabo standard” è la forma più di prestigio, utilizzata sia nello scritto che nel parlato, quasi esclusiva pertinenza degli ambiti culturali, ufficiali e religiosi. È codificata in grammatiche e dizionari e oggetto d’insegnamento. Nel mondo arabo, tali varietà non sono oggetto di insegnamento, in quanto costituiscono la lingua madre di tutti gli arabofoni.

Le varietà vernacolari, nel mondo arabo non sono state codificate in grammatiche. Tuttavia vi sono saggi, come quello di Anīs Ibrāhīm “Nelle varietà arabe”62, che ne

studiano e analizzano la natura e la portata. In occidente, invece, esistono molte grammatiche riferite a diversi dialetti arabi63.

Nel mondo arabo, tali varietà non sono oggetto di insegnamento, in quanto costituiscono la lingua madre di tutti gli arabofoni ecc

con marcate differenziazioni per regioni e strati sociali.64

61 Vedi: G. Bernini e V. Brugnatelli “Le negazioni in arabo dialettale”. In. Atti della 4° Giornata di studi camito-

semitici ed indoeuropei (Bergamo, 29.11.85). Milano, Unicopli, 1987, pp.41–52.

62 Anīs Ibrāhīm, “Nelle varietà arabe”, maktabat al-’angilū al-miṣriyya, Cairo 2003.

63 Tra le grammatiche pubblicate in Italia si vedano: Nallino C. A., dialetto arabo egiziano, Hoepli, Milano 1900;

Kallas E., Yatabi lebnaaniyyi. Un "livello soglia" per l'apprendimento del neo-arabo libanese, Cafoscarina, Venezia 1990; Durand O., Introduzione ai dialetti arabi, centro Studi Camito-Semitici, Milano 1995; Durand

O., Grammatica di arabo palestinese, Studi semitici N.S. 14, Università di Studi "La Sapienza", Roma 1996; Durand O, L'Arabo Del Marocchino. Elementi Di Dialetto Standard, Università degli studi “La Sapienza”, Roma 2004; Soravia G., Manuale di arabo parlato basato sul dialetto egiziano, Bologna, Clueb 2007; Durand O.,

Dialettologia araba, Carocci, Roma 2009; Durand O., Ventura AM., Grammatica di arabo mediorientale. Studi orientali, Hoepli, Milano 2017.

Tra le grammatiche pubblicate in altre lingue europee si citano: Francis T., Frost M., The Macmillan Arabic Cours

to Peninsular Arabic, The Macmillan Press Limited, London 1981;

Harrell, Richard S., A short reference Grammar of Moroccan Arabic, Georgetown Classics in Arabic Language and Linguistics 2004; Moha Ennaji, Ahmed Makhoukh, Hassan Es-saiydy, Mohamed Moubtassime, Souad Slaoui, Moha Ennaji Ahmed Makhoukh Hassan Es-saiydy Mohamed Moubtassime Souad Slaoui, A Grammar of Maroccan

Arabic, Royaume du Maroc Université Sidi Mohamed Ben Abdellah Publications de la Faculté des Lettres et Des

Sciences Humaines, Dhar El Mehraz, Fes 2004; Nicolas G., Ph.d. El-hage, Marhaba: A Course in Levantine Arabic

Lebanese, Createspace Independent Pub; Bilingual edizione 2015; Aldrich Matthew, Big Fat Book of Egyptian Arabic Verbs, Lingualism, 2016; Cowell Mark W., A Reference Grammar of Syrian Arabic, Georgetown Univ Pr, Reprint edizione, Georgetown 2016; Girod A., Emad A., Grammaire de l'Arabe Égyptien d'Aujourd'Hui, Ellipses Marketing, 2016; Aldrich Matthew, Levantine Arabic Verbs: Conjugation Tables and Grammar, Lingualism 2017;

Hoogland J., The Routledge Introductory Course in Moroccan Arabic, Routledge 2017;

64 Vedi: C. A. Ferguson, Diglossia, in “Word”, XV (1959) pp. 325-340. Linguaggio e società, Bologna, 1974, pp.

- 49 -

Il sistema grafico usato per l’arabo standard traccia solitamente solo le consonanti e le semiconsonanti; le vocali, costituite da segni che si pongono sopra o sotto la consonante, sono utilizzate in particolari tipi di testi religiosi o didattici.

La direzione della scrittura è da destra a sinistra.

La parola è costituita da due serie di elementi inseriti a pettine l’una dentro l’altra:

 una radice, di solito tre fonemi consonantici, che veicola il tratto semantico principale di un elemento lessicale;

 una sequenza di vocali (o di vocale e zero) che genera una categoria semantica generale che può essere azione, cosa, agente, e anche plurale.

Nella frase l’ordine dei costituenti maggiori è Verbo-Soggetto-Oggetto65

come in molte lingue che prevedono il verbo a inizio di frase, esso alla terza persona non si concorda con il soggetto plurale.

L’arabo ha anche frasi nominali, con copula inespressa. Attraverso la frase nominale è espresso anche il rapporto di possesso, che in italiano è marcato dal verbo

avere.

Coerentemente con l’ordine Verbo-Soggetto-Oggetto nella frase dichiarativa, l’arabo ha preposizioni e aggettivi solo post nominali. Anche i genitivi sono post nominali e si trovano in rapporto detto di “stato costrutto” con il nome da cui dipendono.

“La diglossia è una situazione linguistica relativamente stabile in cui, in aggiunta ai dialetti primari della lingua (che possono includere uno standard o più standard regionali), esiste una varietà sovrapposta molto divergente, altamente codificata (spesso più complessa grammaticalmente), che fa da veicolo a un ampio e rispettato corpus di letteratura scritta, sia di un periodo più antico sia di un'altra comunità linguistica; varietà che viene appresa generalmente attraverso l’istruzione ufficiale e usata per la maggior parte delle necessità di espressione scritta o orale elevata, ma che non viene usata da alcun settore della comunità per la conversazione quotidiana”.

Nel nome sono espresse le categorie di genere (maschile, femminile), numero (singolare, plurale, duale), caso (nominativo, accusativo, genitivo) e definitezza (articolo determinativo e indeterminativo).Il nominativo è il caso del soggetto e ha desinenza –u. L’accusativo è il caso del complemento diretto del verbo, compreso il predicato nominale del verbo kāna e ha desinenza -a. Il genitivo marca la dipendenza da una preposizione o da un nome e ha desinenza –i. La definitezza è indicata dall’articolo invariabile preposto al- la cui consonante lām può assimilarsi a certe consonanti iniziali della parola cui è preposto; il suo contrario, l’indefinitezza, è codificata con il suffisso -n, nei tre casi del nome.

Gli aggettivi si accordano con il nome da cui dipendono per il caso e la definitezza o l’indefinitezza.

I pronomi hanno forme legate per le funzioni di complemento oggetto, complemento di preposizione e complemento di possesso.

Il sistema verbale è costruito intorno a due paradigmi, detti “perfetto” e “imperfetto”; in assenza di indicazioni esplicite, le due forme sono generalmente interpretate rispettivamente come passato e presente. In presenza di indicazioni esplicite, tramite avverbi o entre in loro presenza, tramite avverbi o frasi subordinate temporali, l’interpretazione delle due forme è di tipo temporale e aspettuale: la prima ha valore perfettivo e la seconda imperfettivo.

L’arabo colloquiale in uso nelle prime fasi della conquista (dal 632 d.C.), ha dato origine alle attuali varietà classificabili in “dialetti, o varietà (di gruppi) nomadi” e “dialetti (di gruppi) sedentari”; a loro volta i dialetti sedentari si classificano in “dialetti urbani” e “rurali”, con ulteriori differenziazioni in base all’appartenenza religiosa dei parlanti:

I paesi di lingua araba sono contraddistinti da una situazione di diglossia. In situazioni di diglossia due varietà della stessa lingua (ma anche di lingue diverse) sono usate in ambiti

- 51 -

funzionali diversi. Le due varietà coinvolte sono la varietà di arabo detta fuṣḥā ‘(lingua) più pura’ (con altra terminologia: arabo classico, arabo moderno standard) e quella detta ‘āmmiyya ‘(lingua) popolare’ (cfr. uso di volgare rispetto al latino nel Medioevo). La prima è la varietà di prestigio, sia scritta che parlata, riservata agli ambiti religiosi, culturali e ufficiali. È codificata in grammatiche e dizionari e oggetto di insegnamento. La seconda è la varietà non prestigiosa, di fatto solo parlata in ambiti familiari e informali, non codificata in grammatiche e non oggetto di insegnamento. È però lingua madre di tutti i parlanti arabo, con marcata differenziazione dialettale per regioni e strati sociali.66

Tutte le varietà sono caratterizzate dalle seguenti proprietà che le differenziano dall’arabo puro classico:

 caduta delle vocali finali;

 perdita del duale nei verbi e nei pronomi;

 nel lessico i dialetti sono accomunati da certi cambiamenti di significato di certi lessemi rispetto all’arabo classico;

 lo stato costrutto è stato sostituito da una costruzione possessiva che contiene una preposizione sorta da parole piene col significato di proprietà.

Per quanto riguarda il sistema verbale, i dialetti hanno mantenuto la forma del perfetto con il valore che essa ha nell’arabo classico. L’imperfetto è invece diventato una forma modale con valore non-fattuale. In tutti i dialetti essa, preceduta da determinate particelle o prefissi, esprime l’aspetto continuo e abituale e il tempo futuro nella modalità fattuale corrispondente all’indicativo dell’italiano.

I dialetti sono accomunati dall’organizzazione del sistema verbale illustrata, che li differenzia dall’arabo classico, ma divergono per quanto riguarda gli elementi che hanno dato origine a particelle e prefissi per l’espressione dell’aspetto continuo e abituale e del tempo futuro.

66 Vedi: G. Bernini e V. Brugnatelli “Le negazioni in arabo dialettale”. Atti della 4° Giornata di studi camito-semitici