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Per gli arabofoni, al di là dell’importanza all’appartenenza religiosa, la valenza linguistica non è irrilevante neppure da un punto di vista propriamente culturale ed emotivo. L’identità araba è incentrata sul fattore linguistico. Come affermano M. Giolfo e F. Sinatora:

A relevant Arab representation of Arabic appeared in the first centuries of the Arab–Islamic civilization. During this timeframe a process of standard language codification occurred, which was arbitrarily based on two sources of literary Arabic, namely the Qur’ān and pre- Islamic poetry. Such a partial corpus (cf. Anghelescu 1993) constitutes at the same time the cornerstones of the Arab–Islamic civilization and of Arab–Islamic identity, respectively its religious and its ethnic components. The codification was motivated by the needs of a rising empire: facilitating communication in the newly conquered territories, maintaining control, and regulating the expansion of lexicon. The early grammarians’ codification effort had the purpose to lead the peoples of the empire “towards” (naḥw) the language of the Arabs.94 What was codified as the language of the Arabs actually consisted of a form of literary Arabic that would ideally represent the Arab–Islamic civilization.95

Elemento fondamentale fin dal periodo preislamico nella sfera delle belles

lettres, la lingua araba, soprattutto per i fedeli musulmani ricopre un forte valore

sacrale, dal momento che il Corano fu trasmesso in quella lingua assurta a essere l’arabo puro; i dogmi di perfezione e bellezza a esso ascrivibili, fanno del suo linguaggio un idioma perfetto, quello di cui Dio si è servito per rivolgersi agli uomini.

La complessità culturale del mondo arabo si rispecchia anche nel suo sistema comunicativo, al punto da generare una situazione linguistica altrettanto eterogenea, unica nel suo genere, una diglossia96 esemplare che affronteremo più avanti.

94 Ibn al-Sarrāj (quoted by Versteegh 2006) notes that the Arabic word for grammar (al-naḥwu) derives from naḥwa

(“towards”).

95 Giolfo, M., Sinatora, F. (in corso di stampa, marzo 2018). “Orientalism and Neo-Orientalism: Arabic

Representations and the Study of Arabic”. In: Tugrul Keskin (ed.), Middle East Studies after September 11: Neo-

Orientalism, American Hegemony and Academia. (STUDIES IN CRITICAL SOCIAL SCIENCES, ISSN: 1573-4234.

Volume: 120), Leiden Boston: Brill. Cfr. Section 2 ‘Arab Dominant Representation of Arabic: Arabic as one and unique’.

96 Vedi: P. Branca, “Pagine di letteratura araba”: “Le modificazioni delle lingue di questa parte del mondo non sono

però soltanto recenti o esclusivamente determinate dalla pur massiccia influenza che su di esse giocano fattori esterni. A questo proposito e in particolare nel caso dell’arabo moderno, l’evoluzione della lingua è anche un processo endogeno, determinato in larga misura dal fenomeno della cosiddetta diglossia, per definire la quale riprenderemo le celebri parole di W. Marçais: “la langue arabe se présente à nous sous deux aspects sensiblement différents: 1° une langue littéraire, dire arabe écrit.. ou régulier, ou littéral, ou classique, qui seule a été partout et toujours écrite dans le passé, dans laquelle seule aujourd’hui encore sont rédigés les ouvrages littéraires ou scientifiques, les articles de presse, les actes judiciaires, les lettres privées, bref tout ce qui est écrit, mais exactement telle qu’elle se présente à nous n’a peut-être jamais été parlée nulle part, et qui dans tout les cas ne se parle aujourd’hui nulle part; 2° des idiomes parlés, des patois..., dont aucun n’a jamais été écrit...,mais qui partout, et peut-être depuis longtemps, (sont) la seule langue de la conversation dans tous les milieux, populaires ou cultivés” (cit. in MONTEIL, 1960, 69. Cf. anche FERGUSON 1959).

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In ambito islamico, il Corano rappresenta il modello inimitabile di perfezione poetico-letteraria, ma è al contempo elemento fondante dell’escatologia, dei gesti e della ritualità quotidiana, nonché mezzo accentratore della lingua e della cultura arabo-islamica:

[…] the purpose that guided [early] scholars was to describe this language with the intent to export it to the newly conquered territories. This representation of the Arabic language had the goal of making the Arabs themselves aware of the rising of an Arab–Islamic civilization as a politically independent and a culturally self-referential reality. On the other hand, it was functional to the political and socio-cultural project of the Neo Empire. In light of these considerations, this standardization process appears to be a form of linguistic policy informed by the creation of a conquering Arab and Islamic unity.97

Attualmente la lingua araba si suddivide nei seguenti sostanziali livelli:

a) Arabo classico, ovvero quello conosciuto come al-‘arabiyya al-fuṣḥā ةيبرعلا ىحصفلا, altresì definito come la lingua araba “elevata”98, che si manifesta in ogni

forma di testo scritto in quella lingua detta “del Corano” e che, nel suo insieme, costituisce il corpo della letteratura d’alto livello, dalla poesia classica - in particolare quella preislamica - ai discorsi e alle prediche. In ambito di studi sociolinguistici, è necessario tener conto di alcuni fondamentali parametri di variazione, comuni a tutto il mondo arabo, che ne ostacolano l’uso diffuso, tra cui:

Se l’arabo letterario è rimasto infatti sostanzialmente legato al modello classico, il parlato si è invece via via emancipato da esso e si può dire che nei paesi arabi esistono ormai numerose lingue locali utilizzate nella vita di tutti i giorni, mentre i discorsi ufficiali e la quasi totalità dei testi restano invece fedeli alle strutture tradizionali, benché non manchino neppure in essi alcune novità, soprattutto nel lessico.”

97 Giolfo, M., Sinatora, F. (in corso di stampa, marzo 2018). “Orientalism and Neo-Orientalism: Arabic

Representations and the Study of Arabic”. In: Tugrul Keskin (ed.), Middle East Studies after September 11: Neo-

Orientalism, American Hegemony and Academia. (STUDIES IN CRITICAL SOCIAL SCIENCES, ISSN: 1573-4234.

Volume: 120), Leiden Boston: Brill. Cfr. Section 2 ‘Arab Dominant Representation of Arabic: Arabic as one and unique’.

98 “La lingua araba “elevata” si confà alla letteratura d’alto livello, ai discorsi e alle prediche, e la lingua semplificata

a tutte le altre occasioni di scrittura e lettura; la lingua parlata educata si dovrebbe invece usare, fra l’altro, nell’insegnamento primario, perché i bambini non abbiano l’impressione che la lingua che imparano sia totalmente diversa da quella che hanno acquisito in famiglia”. Vedi: N. Anghelescu, Linguaggio e cultura nella civiltà araba, Silvio Zamorani editore, Torino, 1993, p. 139.

- l’istruzione, spesso e in alcuni luoghi non ancora di facile accesso; in alcuni paesi arabi si registrano infatti alti tassi di analfabetismo;

- l’identità etnica. Con gli ultimi sconvolgimenti socio-politici dovuti anche alle rivolte arabe e alle migrazioni, sia interne che all’esterno dei paesi arabi, varietà dialettali poco conosciute sono uscite dai loro confini storici culturali e territoriali, diffondendosi ampiamente;

- sesso e classe sociale del parlante, che a tutt’oggi registrano notevoli differenziazioni;

- i contesti specifici nei quali usare i diversi registri linguistici.

b) L’arabo Standard Moderno, al-‘arabiyya al-ḥadīṯa ةثيدحلا ةيبرعلا o طسولا ةيبرعلا “arabo medio”, rappresenta l’evoluzione della lingua classica, sia nella forma scritta sia in quella orale, adattata alle esigenze moderne. Sviluppato durante il XX secolo, trova la sua espressione orale nei media in generale, nei discorsi ufficiali, nelle conferenze e nelle comunicazioni internazionali. Questo genere di arabo, considerato appunto di livello “medio” waṣaṭ طسو, resta comunque appannaggio di una classe sociale colta, d’istruzione universitaria. Nadia Anghelescu ne sintetizza le linee con le seguenti parole:

L’elemento decisivo che interviene nel nostro secolo, e soprattutto negli ultimi decenni, è la penetrazione della cultura nelle masse, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano linguistico tanto per i produttori di cultura quanto per i consumatori. Il risultato principale della scomparsa del carattere aristocratico dell’istruzione e della cultura sarebbe l’apparizione d’un “arabo medio”, diversamente inteso da parte di coloro che ne utilizzano il concetto: intermediario fra il classico e il dialettale, fra il sacro e il profano, fra i diversi dialetti.99

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Nella forma classica l’arabo scritto è usato soprattutto per i libri di testo, la carta stampata, la burocrazia e in parte nel World Wide Web, soggetto della presente ricerca. Si può dire che, pur non essendo essa la lingua madre di nessun arabofono, grazie all’insegnamento scolastico, sin dagli inizi lo studente l’assimila, pur sempre come seconda lingua. Essa contraddistingue una comune identità culturale araba al di là dell’appartenenza nazionale. In ragione della sua diffusione, un numero sempre crescente di arabofoni è in grado di comprenderla, anche se non magari di parlarla correttamente prevalendo comunque la propria varietà o dialetto locale. L’arabo liturgico e quello letterario vengono appresi infatti solo successivamente al proprio dialetto; il madrelingua arabo vive dunque, sin dalla prima infanzia, una condizione di dialettofonia che muta in diglossia. Gli arabofoni, e anche i non arabi di fede mussulmana, si trovano a usare un’alta varietà comunicativa, all’interno delle moschee, nelle comunicazioni interpersonali, attraverso i discorsi politici, le dissertazioni religiose e nelle liturgie, nelle lezioni universitarie, nei radiogiornali e telegiornali, nella stampa, nella poesia e nella maggior parte della letteratura.

Le cosiddette varietà “basse”, coinvolgono invece i madrelingua nell’ambito della comunicazione in famiglia, nelle occasioni di svago nei luoghi pubblici, nei caffè, nei mercati e con gli amici e colleghi, nel canticchiare canzoni di successo, seguire film e produzioni televisive, talk show e dibattiti e infine nel leggere poesie e letteratura popolare.

Il “medio” arabo si caratterizza invece per l’assenza delle vocali brevi finali, e dei casi, ovvero per la tendenza all’uso delle parole afferenti all’arabo classico fuṣḥā, ma semplificate nella forma per una maggiore comprensione e un più agevole utilizzo nella parlata quotidiana. Ovviamente i tratti fortemente caratterizzanti la propria parlata dialettale devono essere minimizzati al massimo, quali ad esempio l’inclinazione ‘imāla nella pronuncia della (ā) verso tutti i gradi di realizzazione della (e) fino ad arrivare alla realizzazione della (i); analogamente non deve essere

troppo invasiva l’interferenza delle lingue straniere presenti nel proprio paese, il code-mixing all’interno della conversazione, la commutazione delle singole parole e i tratti fonetici e lessicali strettamente locali.

La varietà chiamata ‘āmmiyyah ةيماعلا oppure dāriǧah ةجرادلا e anche lahǧah ةجهللا identifica fondamentalmente la reale lingua madre di ogni arabo. È un idioma ricco di prestiti linguistici da altre lingue come il turco, il persiano, l’inglese, il francese e l’italiano, cui si è esposti nei contesti familiari e informali fin dall’infanzia.100 Le

filastrocche, le fiabe e le canzoni, che dall’età infantile si ascoltano e imparano dalla propria madre ne sono l’esempio più rappresentativo. Essa è usata quasi esclusivamente nella sua formulazione orale, identificando un arabofono come appartenente a una specifica nazionalità. Fino a qualche tempo fa la varietà è stata generalmente usata nella produzione romanzesca, per i dialoghi a tre ove intervengono personaggi del popolo, tuttavia di recente alcuni scrittori hanno pubblicato intere opere in dialetto locale, fra cui la poesia detta al-ši‘r al-ša‘bī رعشلا يبعشلا, ovvero “la poesia popolare, dialettale”, con un buon successo soprattutto fra i media arabi. Sempre nell’ambito della rete, essa si afferma con costante crescita attraverso la nascita di blog specifici.