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Molte parole vengono prese in prestito dalle lingue occidentali e usate dai giovani non tanto per il loro contenuto originale quanto piuttosto per i significati di cui essi stessi le caricano per esprimere stati d’animo o per descrivere determinate situazioni sociale, o comunque per esigenze espressive, svincolandosi dalle regole imposte dalle varie Accademie Linguistiche Arabe.

163 Questi prestiti sono stati ricavati da un reportage del giornale libanese al-Diyār dal titolo “vocaboli e termini

stranieri che invadano le strade libanesi” pubblicato il 20.05.1997.

164 Apparso sul giornale libanese al-Mustaqbal del 22.01.2004. 165 Apparso sul giornale libanese al-Mustaqbal del 22.01.2004. 166 Apparso sul giornale libanese al-Mustaqbal del 22.01.2004.

- ةرَموَب bawmarah , derivato dal composto point mort, in italiano “il punto morto” o “lo stato in folle del cambio dell’automobile” viene utilizzato dai giovani arabi per indicare la condizione di una sorta di blocco psichico, come “bloccato, impedito”, oppure in riferimento all’impotenza sessuale, e ancota per indicare uno stato di stasi mentale: “fermo mentalmente, in questo momento non sta pensando”, si dice “questa persona è رَموَب م” mubawmar. La parola è costruita sul paradigma ل عَف م167, participio attivo della seconda forma aumentata َل عَف.

- ط نَج ǧannat derivante da jante, e arabizzato diventa ط نَج ǧannat In francese significa “il cerchio della ruota dell’auto” ma è impiegato dai giovani per indicare la condizione economica: “il ragazzo ط نج” per intendere che è “sul ferro”, ovvero senza un soldo. Il prestito è stato usato, per la prima volta anche in forma scritta in un articolo pubblicato sul giornale libanese al-Šarq nel 2008.

- لَبوَد dawbal, questo prestito deriva da doubler, in francese “raddoppiare”; in arabo viene costruito sullo schema morfologico del paradigma del participio attivo لَعوَف e usato nella forma verbale all’imperfetto لِبوَد ي yudawbil, inventando da esso anche il nome verbale al femminile ةَلَبوَد dawbalah. Esso è apparso scritto per la prima volta sul giornale al-Balad nel 2004.

- رَفوَه hawfar, prestato dal marchio dell’aspirapolvere Hoover, è usato come attributo per indicare una persona avida, che “arraffa tutto”, e in particolare nel significato del “corrotto che pretende somme di danaro come mazzetta”.168

- َك َربَف fabraka, ancora dal francese fabriquer, utilizzato per definire una “notizia fabbricata”, cioè inventata, arabizzato in َك َربَف fabraka, verbo usato soprattutto come sostantivo, ةَكَربَف fabrakah. È apparso per la prima volta in una notizia televisiva e poi in un articolo sul giornale saudita al-Šarq al-Awṣaṭ nel 2007.

167 Le petit Dictionnaire Francais – Arabe, Beyruth, Imperimerie Chatholique, 1939, p. 562.

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- جَتنَم mantaǧ, altro vocabolo prestato dal francese è montage, in arabo reso جَتنَم

mantaǧ, molto usato nel campo cinematografico ma, nel gergo comune, indicante

“un detto o notizia montati” ةَجَتنَم م mumantaǧah.169

- َت ق َو terme è usato dalla massa per dire “dare un tempo o un termine” َت ق َو waqqata, mentre il Dictionnaire Français – Arab Larousse170 lo dà come “termine di tempo

o di spazio”. Viene usato anche per chiedere l’orario di partenza di un mezzo o quello della preghiera, come “ةرئاطلا مرِت” tirm al-ṭā’irah; questo vocabolo, مرِت

tirm, in nord Africa è facilmente confondibile, per assonanza, con quello che

significa “sedere, deretano”, per cui spesso crea problemi di incomprensione con la popolazione del Medio Oriente.

- َك رَم marraka, prestato dal francese marquer, e usato dai giovani per indicare “un tale ك رَم a un altro”, ovvero “ha lasciato un segno”, ma da esso è stato creato il sostantivato كيرمَت tamrīk, cioè “puntare un paese o una persona” in particolare nel giornalismo in campo politico, come si nota in un articolo pubblicato dal giornale al-Aḫbār del 2008, che si riferisce agli Stati Uniti che puntano sull’Iran per metterlo sotto pressione.

- ت لَت, presa in prestito dall’inglese tilt, in arabo diventa una forma verbale per indicare lo stato del computer: si dice رتويبموكلا ت لَت cioè “è andato in tilt”. Questa forma verbale si usa anche per indicare la condizione di chi, mentre sta parlando, all’improvviso si ferma, si blocca, oppure relativamente a una città in caos “la città تت لَت”, ovvero “la città è in tilt”. Inoltre viene riferito anche alla linea telefonica che s’interrompe, allora si dice ةمدخلا تت لَت tallitat al-ḫidma “la linea è

169 Le petit Dictionnaire Francais – Arabe, Beyruth, Imperimerie Chatholique, 1939, p. 476. 170 Larousse al-muḥīṭ, accademia, Beirut, 2007, p.719.

fuori servizio”. Questo vocabolo è apparso in un reportage sui messaggi sms dei cellullari pubblicato sul giornale libanese al-Safīr nel 2009.

Nel linguaggio orale usato quotidianamente dai giovani esiste un certo numero di prestiti che a volte si trasferiscono nei testi scritti, diventando così materia per le espressioni letterarie, giornalistiche, nel campo dell’informazione e per il Social Network; tra questi possiamo elencare:

- ليوفَت tafwīl, sostantivo derivato dall’inglese full, che ha preso numerose forme: ad esempio, dicendo “l’autobus ل وف م mufawwil” s’intende che è pieno di passeggeri. Al femminile diventa ةل وف م mufawwilah, intendendo ad esempio che l’auto ha fatto il pieno di carburante, usato anche in riferimento al ogni situazione di stato di “pieno”, di un albergo, un aereo, un posteggio, un locale. Molto usato in Medio Oriente, è apparso scritto per la prima volta recentemente, nel 2009, in un articolo pubblicato dal giornale libanese al- Safīr.

- ةكتنأ antakah, derivato dal francese antique per dire “antico, vecchio”, diventa كتنأم mu’antik; è una espressione del participio passato nata per etimologia e costruita sul paradigma dello schema morfologico del paradigma لِلعَف م. Usato già dal 1861 in un documento ufficiale turco, alcuni linguisti arabi lo attribuiscono a un prestito dall’italiano antica-antico passato in arabo attraverso appunto i turchi. I giovani di oggi non lo usano nel suo significato originale, ma per descrivere lo stato o il carattere di una persona, fisicamente “degradata” oppure ritenuta “di vecchio stampo”.

- Anche il mondo dell’estetica, del bagno e del trucco ha avuto la sua porzione di vocaboli presi in prestito dalle lingue occidentali e inseriti per uso nel dizionario arabo. Malgrado il loro corrispettivo esista, la gente trova più facile

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e incisivo usare il prestito nella sua forma originaria senza cercarne la traduzione.

- شود Il vocabolo shower ad esempio, diventa in arabo رواش šāwir oppure doccia, doucher شود dūš, entrato in uso sin dal 1900 da cui deriva il verbo ش وَد dawwaš (fare la doccia) sullo schema morfologico della seconda forma verbale aumentata. Per asciugare i capelli si usa il sèchoir, in arabo راوشس sišwār, che poi diventa verbo ر َوشَس sašwara, creato sullo schema morfologico del paradigma لَوعَف fa‘wala e usato in larga misura nel campo dell’acconciatura. È citato nel Dictionnaire Français – Arab Larousse.171

- ةجيكَم makyaǧah, “trucco, truccarsi”, preso in prestito dal francese

maquillage, entrò tra i vocaboli del dizionario al-Manhal nel 1939 con il

significato “ungere il viso, disegnare il viso”, ma durante l’uso quotidiano esso assume il significato di “imbellettare la faccia con i prodotti da trucco”. Questo prestito viene citato anche nel Qāmūs al- kāmil al-Kabīr pubblicato nel 1996, comprendendo la coniugazioni come verbo derivato َجَيكَمَت tamakyaǧa “farsi il trucco” costruito sul paradigma della quinta forma verbale َل عَفَت e per etimologia si ottiene il sostantivo ج يكَمَت tamakyuǧ e il verbo َجَيكَم makyaǧa “truccare” transitivo. L’uso più diffuso lo ha imposto il popolo, al punto che è diventato comune anche nei titoli di libri, negli articoli dei giornali e nei media arabi. Anche i giovani, imitando i personaggi famosi e i loro idoli, usano questo prestito a fianco ad altri come model ليدو م mūdīl, oppure parrucca ةكوراب bārūkah, e anche poudre, cipria ةردوب būdrah e ultimamente il prestito che si riferisce alla tecnica per spianare le rughe, il Botox, in uso tra le donne, diventa in arabo سكوتوب būtūks.

- Il prestito ة َرَدوَب būdarah, dal francese poudre, apparse per la prima volta nel 1928 in una poesia scritta in dialetto del poeta libanese ‘Umar al- Za‘nī. Negli anni cinquanta venne estratto il verbo ردوبتَت tatabaūdar ovvero “la donna che mette la cipria”. Nel 2007 viene inserito nei dizionari come nome ةردوَب būdarah e il verbo رَدوَبَت tabaūdar. Oltre a essere usato nelle poesie dialettali, esso trova riscontro anche negli scritti letterari e commerciali in arabo standard.