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Lo sguardo basso: reverenza,“pensamento” e pentimento

Nel documento La Commedia degli sguardi (pagine 105-108)

3. Dante: lo sguardo del pellegrino

3.3. Lo sguardo basso: reverenza,“pensamento” e pentimento

Il percorso di Dante nel secondo regno si differenzia da quello compiuto nell’Inferno per la condizione dello stesso poeta, che si fa pellegrino nel vero senso del termine e non più semplice spettatore. Il suo procedere lungo le pendici del monte prevede il coinvolgimento in prima persona nel processo di purgazione e purificazione necessaria alla salita al cielo. Dante si rende partecipe delle pene inflitte alle anime lungo il tragitto, si pente delle proprie mancanze e si purifica via via, fino al raggiungimento del Paradiso terrestre. La purificazione è segnata concretamente dal sempre minore peso del corpo percepito dal pellegrino e dalla cancellazione progressiva delle sette P incise sulla fronte dall’angelo custode della porta del Purgatorio, simbolo dei sette peccati da espiare. Il processo di purificazione, però, non può attuarsi senza previa contrizione e confessione delle colpe, che lo stesso Dante dovrà quindi affrontare lungo l’ascesa. Le due fasi del pentimento (contritio cordis e confessio oris nella dottrina medievale) segneranno in particolare l’incontro con Beatrice negli ultimi canti,

La Commedia degli sguardi

Potenza evocativa e comunicativa degli occhi nel poema dantesco

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nei quali avrà luogo il compimento del procedimento rituale di rinnovamento del poeta pellegrino, attraverso l’immersione nel fiume Lete e l’abbeveramento dalle acque dell’Eunoé.

Prima che ciò avvenga, è però necessaria la contrizione, il pentimento sincero, il pianto che redime dalla macchia della colpa. E così in molte pagine del poema si delinea l’immagine di un Dante umile, deferente, il cui segno più tangibile è l’inginocchiamento e soprattutto l’abbassarsi dello sguardo a terra.

Umile deferenza – lo sguardo del rispetto. Talvolta si tratta di reverenza nei

confronti di personaggi illustri presenti lungo la via: si pensi all’incontro con il saggio Catone, allo sguardo umile con cui si avvicina allo spirito del nobile Manfredi (bello era

e biondo e di gentile aspetto), a quello con papa Adriano V, che invita Dante a non

inginocchiarsi a lui, in quanto ormai fratelli legati da un comune destino di pellegrinaggio verso la città celeste.

L’errore – gli occhi della vergogna. In molti altri casi Dante abbassa gli occhi a

terra in segno di vergogna per un errore commesso, come accade talvolta con Virgilio, quando avanza dei rimproveri puntigliosi, seppur amorevoli, al dolce figlio, invitandolo a non indugiare e non lasciarsi distrarre da eventi o incontri che lo porterebbero a rallentare il suo percorso.

Dolore e “pensamento” – lo sguardo turbato. In altri casi a provocare

l’abbassamento dello sguardo del pellegrino è il sorgere nella mente di questioni e pensieri che si adombrano l’uno sull’altro, provocando l’apparire pensoso e turbato del poeta. Si veda ad esempio nel canto XIX il “pensamento” di Dante, provocato dal sogno profetico della femmina balba: lo stesso Virgilio coglie il disagio dell’allievo

«Che hai che pur inver' la terra guati?», la guida mia incominciò a dirmi,

poco amendue da l'angel sormontati. 54 E io: «Con tanta sospeccion fa irmi

novella visïon ch'a sé mi piega,

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In tali casi sarà fondamentale la delucidazione del maestro, grazie alla quale Dante riesce a riprendere il cammino con prontezza e disposizione d’animo adatta.

Il supremo pentimento, al cospetto di Beatrice. Il momento più intenso e ricco di

pathos in cui gli occhi del poeta si abbassano ad indicare l’imbarazzo e il pentimento profondo dell’animo è certamente il colloquio con Beatrice. Già dalle prime parole la donna si rivolge a Dante con tono perentorio e severo

«Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice. Come degnasti d'accedere al monte?

non sapei tu che qui è l'uom felice?». 75 Li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte;

ma veggendomi in esso, i trassi a l'erba,

tanta vergogna mi gravò la fronte. 78 Così la madre al figlio par superba,

com' ella parve a me; perché d'amaro

sente il sapor de la pietade acerba. 81 (Purg. XXX, 73-81)

Per il rimprovero gli occhi di Dante si abbassano; incontrano quindi il riflesso della propria immagine nell’acqua del Lete, che acuisce il senso di vergogna, facendo perciò deviare nuovamente lo sguardo.

Così nel canto successivo lo sguardo penitente di Dante è paragonato a quello dei fanciulli pentiti quando colti nel fallo

Quali fanciulli, vergognando, muti con li occhi a terra stannosi, ascoltando

e sé riconoscendo e ripentuti, 66

tal mi stav' io; ed ella disse: «Quando per udir se' dolente, alza la barba,

e prenderai più doglia riguardando». 69 Con men di resistenza si dibarba

robusto cerro, o vero al nostral vento

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Potenza evocativa e comunicativa degli occhi nel poema dantesco

108 ch'io non levai al suo comando il mento; e quando per la barba il viso chiese,

ben conobbi il velen de l'argomento. 75 (Purg. XXX, 64-75)

In questi versi, però, si oppone la parola di Beatrice, che invita Dante ad alzare lo sguardo, ad affrontare a testa alta le proprie responsabilità e i propri errori, richiamandolo quindi al suo essere uomo maturo (si noti il riferimento alla barba) e non più bambino vergognoso. Lo sguardo del poeta è infatti talmente fisso a terra da opporre una resistenza senza eguali. È la resistenza di un occhio che riconosce la sua colpevolezza e desidera nascondere il più possibile il suo traviamento; una volta alzato, infatti, proprio quell’occhio si renderà testimone di asprezza e dolore destinati a raggiungere il cuore.

Nel documento La Commedia degli sguardi (pagine 105-108)