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Lo stupore delle anime per Dante vivo

Nel documento La Commedia degli sguardi (pagine 120-123)

5. Le anime del Purgatorio: gli occhi della sorpresa e del pentimento

5.1. Lo stupore delle anime per Dante vivo

L’incontro con le anime purganti non suscita l’interesse del solo pellegrino Dante, ma anche la curiosità e lo stupore degli spiriti stessi. Essi osservano increduli il passaggio dei viaggiatori, ai quali è concesso procedere senza obbligo di pena verso la meta tanto agognata, il regno celeste, a cui naturalmente tutte le anime tendono.

Una meraviglia che fa obliar la meta. Sin dal primo incontro con le anime

appena traghettate dall’angelo nocchiero, dalle quali poi si staccherà il famoso poeta e musico Casella per conversare con Dante ed allietare l’atmosfera con dolci note, risulta evidente la sorpresa suscitata dalla viva presenza di Dante

L'anime, che si fuor di me accorte, per lo spirare, ch'i' era ancor vivo,

maravigliando diventaro smorte. 69

E come a messagger che porta ulivo tragge la gente per udir novelle,

e di calcar nessun si mostra schivo, 72 così al viso mio s'affisar quelle

anime fortunate tutte quante,

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Il verbo maravigliando, posto in posizione incipitale, descrive con enfasi lo stupore nello sguardo delle anime che vedono un vivo inspiegabilmente intento a percorrere il loro stesso viaggio. La meraviglia è poi accompagnata dalla concentrazione dello sguardo (così al viso mio s'affisar quelle), che si fissa con attenzione sulla novità della condizione del pellegrino, con una tensione attrattiva tale da distogliere addirittura le anime dal loro procedere verso la meta della purificazione (quasi oblïando d'ire a

farsi belle).

Così anche nel canto V, in cui il tema del corpo si rivela fondamentale per le anime dei per forza morti, la cui vita fu tolta attraverso la violenza fisica

Io era già da quell' ombre partito, e seguitava l'orme del mio duca,

quando di retro a me, drizzando 'l dito, 3 una gridò: «Ve' che non par che luca

lo raggio da sinistra a quel di sotto,

e come vivo par che si conduca!». 6 Li occhi rivolsi al suon di questo motto,

e vidile guardar per maraviglia

pur me, pur me, e 'l lume ch'era rotto. 9 (Purg. V, 1-9)

Il grido di meraviglia di uno spirito alla presenza dell’ombra prodotta dalla sostanza carnale del corpo di Dante colpisce qui lo stesso pellegrino, che nell’anafora

pur me, pur me, rivela quasi un certo turbamento (subito dopo rimproverato dal

maestro, che lo inviterà a continuare il viaggio senza indugi). Lo sforzo di queste anime pigre, coerentemente con la loro colpa di immobilità, appare qui tutto visivo, nella tensione volta a capire; l’insistenza sui verbi legati alla visione crea in questi versi una sorta di movimento circolare, in cui Dante si guarda attorno e si vede a sua volta osservato, quasi come in uno specchio (li occhi rivolsi…e vidile guardar).69

La Commedia degli sguardi

Potenza evocativa e comunicativa degli occhi nel poema dantesco

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È il caso anche di Currado Malaspina, nobiluomo incontrato presso la Valletta dei principi negligenti, che, distratto dal notare la corporeità terrena di Dante, non smette di guardarlo, tralasciando lo spettacolo della sacra rappresentazione che in quel momento si sta svolgendo come da rituale

L'ombra che s'era al giudice raccolta quando chiamò, per tutto quello assalto

punto non fu da me guardare sciolta. 111 (Purg. VIII, 109-111)

Uno stupore, dunque, dettato dalla straordinarietà del viaggio dantesco, che esula da ogni legge stabilita, sottolineando l’unicità dell’esperienza (i cui precedenti si ritrovano solo per Enea e San Paolo) e il ruolo chiave attribuito dal poeta alla sua stessa figura e ancor più alla sua nuova poesia.

Sguardare e riguardare – lo sguardo intenso di Sordello. Una nota particolare

deve essere inoltre riservata ad un incontro singolare quanto a magnanimità e commozione, qual è l’entrata sulla scena dell’anima di Sordello da Goito, poeta mantovano. È Virgilio il primo a scorgere la figura che siede immobile e isolata rispetto al gruppo di anime (sola soletta)

Ma vedi là un'anima che, posta sola soletta, inverso noi riguarda:

quella ne 'nsegnerà la via più tosta». 60 Venimmo a lei: o anima lombarda,

come ti stavi altera e disdegnosa

e nel mover de li occhi onesta e tarda! 63 Ella non ci dicëa alcuna cosa,

ma lasciavane gir, solo sguardando

a guisa di leon quando si posa. 66 (Purg. VI, 58-66)

I versi sottolineano l’atteggiamento risoluto e forte dell’anima, definita altera e

disdegnosa, ponendo l’accento sin da subito sull’espressione del volto e sullo sguardo.70

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Lo spirito di Sordello emerge immediatamente per la fissità e l’intensità con cui scruta i pellegrini da lontano, come denota la forza del verbo riguarda. Anche i versi successivi insistono sul mover de li occhi del personaggio, che osserva con insistenza e curiosità, studiando attentamente la situazione, quasi sott’occhio. Allo stesso tempo, però, da quello sguardo emerge anche il carattere interiore di Sordello: magnanimità e saggezza onesta si sprigionano infatti dei suoi occhi, oltre ad un’aura di solenne dignità e nobiltà d’animo, tutta insita nel suo intenso e profondo sguardare. La forza d’animo e la posa altera a guisa di leon quando si posa hanno spesso fatto pensare alla critica alla possibilità che Sordello potesse ergersi a “figura”, ad anticipazione simbolica dello stesso Dante negli anni dell’esilio.71

Sguardi di stupore e di meraviglia, dunque, quelli delle anime nei confronti di Dante pellegrino e del suo itinerario straordinario; ma anche occhi di personaggi dalla grande nobiltà interiore e magnanimità che si presentano al cospetto del poeta, arricchendo di fascino e varietà gli incontri vissuti lungo il cammino.

Lo sguardo dell’altro assume un valore fondamentale nel processo di maturazione e auto riconoscimento del pellegrino. Similmente al personaggio di una quête, Dante sembra così compiere il suo itinerario di formazione, raggiungendo via via la piena consapevolezza della propria dimensione di uomo in carne ed ossa e della propria missione anche e soprattutto grazie alla sollecitazione degli sguardi che incrociano il suo cammino, dalla suggestività dei quali non si può dunque prescindere.72

Nel documento La Commedia degli sguardi (pagine 120-123)