JOHN FORD , PARTE SECONDA
2. La donna, fuori campo
2.1. Le due madonne
È significativo che il regista dichiari che le donne non hanno giocato un ruolo rilevante, nella conquista del West – a giustificazione dei limiti della rappresentazione cinematografica che egli ne ha offerto –, malgrado a un’osservazione della sua filmografia si fatichi a trovare una pellicola in cui un personaggio femminile non costituisca una delle colonne portanti dell’intera struttura narrativa.
La prima delle due attrici ricordate dal cineasta in una delle interviste citate è Claire Trevor, che in
Stagecoach interpreta il ruolo di Dallas. La vicenda narrata nel film è tratta da un racconto di Ernest
Haycox, Stagecoach to Lordsburgh, che a sua volta si ispira a Boule de suif, di Guy de Maupassant, opera del 1880 rielaborata in chiave Western. Malgrado il doppio passaggio, e i significativi cambiamenti di contesto e linguaggio, può risultare interessante un confronto tra il racconto di Maupassant e la pellicola diretta da Ford, focalizzando l’attenzione sulle figure femminli.
Abbiamo già descritto sommariamente la trama di Stagecoach. Aggiungiamo ora qualche informazione in più. Siamo in Arizona, nel 1880, lo ricordiamo. Gli Apache sono sul piede di guerra, comandati da Geronimo; l’interruzione delle comunicazioni via telegrafo rende poco chiara l’entità del pericolo. Una diligenza decide così di affrontare il viaggio dalla cittadina di Tonto a quella di Lordsburgh, malgrado il rischio di imbattersi nei pericolosi selvaggi. Il gruppo di passeggeri, che abbiamo già indicato come metafora della intera società statunitense in viaggio lungo la linea del progresso, è composto nel modo seguente: la prostituta Dallas Douglas, Josiah Boone (medico alcolizzato), Hatfield (giocatore d’azzardo interpretato da John Carradine), il banchiere Henry Gatewood (Berton Churchill), Samuel Peacock (Donald Meek), commerciante in liquori, lo sceriffo Charlie Wilcox e Lucy Mallory (Louise Platt), moglie di un ufficiale dell’esercito, decisa, malgrado la gravidanza, ad affrontare il pericoloso viaggio per raggiungere il marito. Poco dopo l’uscita dalla città, al gruppo si aggiunge Ringo Kid, ricercato dalla legge per evasione, anch’egli in viaggio verso Lordsburgh, dove intende affrontare i fratelli Plummer, per vendicare la morte del padre e del fratello.
Nel gruppo vi sono dunque due donne. Lucy Mallory viene presentata immediatamente con le qualità della donna dell’est, simbolo di civiltà: è la moglie di un ufficiale, ha portamento e abbigliamento da signora, non appena giunta in città incontra un’elegante amica che la invita a prendere un tè (bevanda e rituale inglese), e per tutto il viaggio i membri del gruppo le si rivolgono con modi
ossequiosi e protettivi, tenendo nella dovuta considerazione la sua posizione sociale e lo stato di gravidanza.
L’altro personaggio femminile è Dallas. La donna compare nella narrazione scortata da un gruppo di spiacevoli esponenti della Lega per la moralità che ne reclamano l’espulsione. L’accompagnamento di una musica delicata, però, chiarisce immediatamente l’opinione del regista: la ragazza è vittima di un’ingiustizia sociale. I passeggeri, in linea con l’orientamento puritano dell’etica cittadina, le riservano rapide occhiate sprezzanti o la trascurano del tutto. Solo due personaggi contraddicono il moralismo che pervade la comunità: il medico ubriaco – anche lui desta scandalo in quanto alcolizzato e squattrinato – e il fuorilegge Ringo. Il primo la accompagna alla carrozza come un padre conduce la figlia all’altare; il secondo sorprende in più di un’occasione gli altri passeggeri – e Dallas stessa – rivolgendosi alla prostituta come a una signora.
Nick Browne, analizzando il film, rileva un conflitto tra lo stile di regia scelto da Ford e l’orientamento della narrazione: se da un lato riconosciamo con chiarezza la partecipazione del regista al dolore di Dallas, ingiustamente condannata dall’ipocrisia moralista, d’altro canto i movimenti di macchina andrebbero in direzione diversa, giacché le soggettive (e dunque l’identificazione dello sguardo) sono riservate alla sola Lucy, mentre Miss Douglas è inquadrata sempre con oggettive, e pertanto mai interpretata come soggetto237. Spiegheremo perché, a nostro parere, la contraddizione è solo apparente.
Esaminando la relazione tra queste due donne, va innanzitutto segnalato come il cineasta tenga a distinguere la sobria eleganza di Lucy dal vuoto formalismo delle donne della Lega. È pur vero che la moglie dell’ufficiale, in più di un’occasione, si avvicina pericolosamente al regno delle vuote convenzioni, con i suoi comportamenti a volte troppo misurati e rigidi; eppure vi sono chiari segnali di distinzione: uno fra tutti proprio le soggettive di Lucy su Dallas, a segnalare che, a differenza degli altri ipocriti passeggeri, la donna civilizzata osserva la prostituta, e, malgrado l’evidente diffidenza iniziale, avverte una curiosità partecipativa che, lungo il corso della narrazione, si trasformerà in sincera accettazione. Ogni dubbio sull’autenticità del valore di Lucy viene a cadere nel momento in cui la donna scambia uno sguardo a distanza con Hatfield, il quale, commentando il bel primo piano, la definisce come un angelo in una giungla. Lucy è dunque un angelo che porta in grembo il figlio di un guerriero venuto a combattere nel West; affronta un viaggio terribile per stare vicino al marito; durante il viaggio partorirà in condizioni estreme. Lucy Mallory è una incarnazione moderna della Madonna.
Dallas, secondo le false regole del moralismo di Tonto, sembrerebbe collocarsi in perfetta antitesi con la donna dell’est. Abbiamo però già rilevato come John Ford ci chiarisca che il punto di vista della Lega per la moralità vada fermamente rigettato. I bei primi piani sul volto tristemente pensoso della ragazza sono ben diversi dalle inquadrature con cui il regista condanna la torbida sensualità di
Chihuaua, in My Darling Clementine. Dallas, per tutto il film, non presenta mai sensualità né tantomeno malizia. Durante il viaggio, poi, la donna, dialogando con Ringo, ci rivela che nel suo passato si è verificato qualcosa di traumatico, ed è alla traccia di quel trauma che dobbiamo ricondurre la condizione degradante in cui la donna è costretta a vivere. Anche Dallas è dunque un angelo caduto.
Dopo circa tre quarti d’ora di narrazione, la diligenza fa una lunga sosta, durante la quale Lucy partorisce. Circa dieci minuti sono dedicati alla importante sequenza, in cui si definiscono elementi e simboli della narrazione densi di significato. Il travaglio è portato avanti da Boone, il medico ubriacone che, per l’occasione, rinuncia giudiziosamente a bere, recuperando la genuinità del suo ruolo, indispensabile alla prosecuzione della specie. Dopo un intervallo piuttosto lungo, in cui un totale ci mostra la comitiva al chiuso, in attesa dell’esito del parto, sullo sfondo, contro una parete spoglia, compare un’ombra di donna con bambino in braccio. È Dallas. La prostituta mostra alla comunità la bambina appena nata: il volto della donna è ora finalmente illuminato dal sorriso che per tutto il viaggio era rimasto inibito. John Ford si attarda emozionato sull’immagine di Miss Douglas con la bimba in braccio, e l’emozione del regista si riflette nell’espressione rapita del suo alter ego Ringo, che contempla con intensità l’immagine della prostituta ora trasformata in Madonna. Un silenzioso scambio di primissimi piani tra i due prelude al dialogo che si svolgerà di lì a poco, quello già esaminato nelle scorse pagine, in cui il fuorilegge, avvolto nella notte, propone alla ragazza perduta di andare a vivere in una fattoria, e quindi di formare una famiglia. Ma Dallas non è ancora pronta ad accogliere la felicità.
Nei minuti successivi, la donna, turbata dalla proposta e da un’identità incerta, si prende cura di Lucy Mallory, la quale, tuttavia, reagisce ancora con fredda rigidità: l’educazione maturata nell’est le fa avvertire come dissonanza il contatto tra la prostituzione e la maternità. Dallas evidentemente ne soffre, e, in un corridoio spoglio, chiede a Boone se per una donna come lei sia possibile amare ed essere ricambiata. Il medico, emarginato ma saggio, le risponde che sarà dura, che dovrà soffrire, un ammonimento che ha ancora il sapore di un riferimento chiaro alla Bibbia.
A conclusione del viaggio, tuttavia, in una città che porta un nome esplicitamente religioso, Lordsburgh, Lucy e Dallas troveranno il punto di conciliazione: Mrs Mallory, resa più consapevole dal viaggio nelle wilderness, osserverà benevolmente la ex-prostituta con in braccio la bambina, e le rivolgerà parole affettuose. Dallas, dal canto suo, le offrirà il proprio soprabito per coprirsi, e Lucy accetterà di scaldarsi vestendo panni appartenuti a una prostituta.
Il viaggio attraverso l’Inferno è dunque il travaglio che entrambe le donne devono vivere per conseguire una femminilità più alta, di cui entrambe rappresentano solo una configurazione parziale. Di primo acchito si potrebbe ritenere che il vero percorso di maturazione sia quello effettuato da Lucy: se, all’inizio del film, la donna dell’est è solo l’immagine ideale della Madonna – la solita forma europea ancora priva di materia –, a conclusione della storia, secondo la consueta visione turneriana, a contatto con il mondo selvaggio l’idea astratta si trasforma in sostanza, e dunque Mrs Mallory si reintegra con la
parte più autentica della società e della propria femminilità. Dallas, dal canto suo, sembrerebbe esente da un percorso di vera maturazione, perché la sua luminosità è già chiara sin dalle prime battute: è semplicemente nascosta, e non è dunque il risultato di una reale crescita interiore. È piuttosto la comunità (Lucy) ad averla esclusa, ed è ancora la comunità, alla fine del film, che ne comprende il valore e dunque torna ad accettarla. Dallas deve solo recuperare l’abitudine a essere integrata nel mondo civile. La bambina che il viaggio permette di generare è simbolo di una nuova femminilità che coniuga entrambe in una nuova figura di donna, non più dissociata.
A uno sguardo più attento, però, la dissociazione tra Lucy e Dallas risulta solo apparente: l’ombra proiettata dalla prostituta sulla parete, mentre tiene in braccio la bambina appena nata, ne sottolinea con chiarezza il carattere di riflesso oscuro della Madonna, di Madonna nera, privata da una società ingiusta, sia pur temporaneamente, della sua qualità essenziale: la maternità. Le due figure, dunque, si risolvono in una sola: la donna concepita come madre e moglie del guerriero. Il pistolero Ringo e l’ufficiale, marito di Lucy, visti da questa prospettiva, sono infatti del tutto sovrapponibili, a conferma del carattere solo apparente della opposizione.
È per questo che riteniamo che la contraddizione che Browne individua tra stile di regia e narrazione non sia reale. Lo studioso, lo ricordiamo, osserva come Ford assegni sin da subito valore positivo al personaggio di Dallas. La sua regia, tuttavia, si muoverebbe in direzione diversa: è solo allo sguardo di Lucy che il cineasta riserva le soggettive – il «guardare con» –, mentre alla prostituta solo oggettive, e quindi uno statuto inferiore. Riflettiamo però con attenzione su un dettaglio: in cosa consiste il valore che il regista assegna a Dallas? Lo abbiamo già osservato: nel configurarsi come ombra della Madonna, e dunque madre e moglie ancora in stato potenziale. La prostituta è quindi il riflesso alienato della brava donna – donna di famiglia –, e dunque la sua figura non può che essere oggetto del punto di vista altrui238. Noi spettatori vediamo Dallas dalla prospettiva della Madonna che, collocata al di qua dello steccato cittadino, proietta il suo sguardo su di lei e poi, al termine del travagliato viaggio, la riassorbe, riammettendola in città. La riabilitazione della prostituta, dunque, corrisponde alla sua adesione al modello civile-religioso della Madonna che porta in braccio il bambino.
Scorriamo ora le pagine del racconto di Maupassant239. La trama presenta significative differenze rispetto alla trasposizione cinematografica. Le più evidenti sono quelle di ambientazione: la storia si svolge durante la guerra franco-prussiana del 1870-71, e la carrozza, in fuga da Rouen, occupata dagli invasori, è diretta verso la più tranquilla Dieppe. Altra differenza tra film e racconto è nella composizione del gruppo di passeggeri. Si tratta di dieci personaggi, anche in questo caso esplicito riferimento alla fisionomia della società francese del secondo ‘800; il paesaggio umano è però più
238 Non siamo lontani dalla critica che la Feminist Film Theory rivolge al cinema classico, e al suo sguardo reificante e
dominatore, che impone alla donna il solo ruolo di oggetto della visione e del desiderio altrui. Vedi al riguardo L. Mulvey, «Visual Pleasure and Narrative Cinema», in Screen, autunno 1975, ora in Id., Visual and Other Pleasure, Indiana University Press, Bloomington 1989.
variegato di quello rappresentato in Stagecoach: vi sono commercianti, nobili, due suore, un pericoloso democratico; e anche questa volta tra i viaggiatori è presente una prostituta, la Boule de Suif che dà il titolo al racconto.
Vale la pena qui soffermarsi su un primo dettaglio. La descrizione della ragazza, la protagonista, è densissima di riferimenti alla sua fisicità florida e vitale: Maupassant zooma sul suo seno enorme che gonfia il vestito e sui magnifici occhi neri, sulla freschezza piacevole e su una bella bocca umida, da baci. Nella descrizione, i particolari esplicitamente carnali sono privi di connotazione morale: la freschezza della ragazza è appetitosa e desiderabile240, senza che in ciò l’autore individui alcunché di riprovevole o peccaminoso. Proseguiamo.
Malgrado l’evidente scandalo che la presenza della prostituta provoca nella comitiva di persone perbene, i passeggeri sono costretti in due occasioni a integrare provvisoriamente la ragazza nel gruppo. Nel primo caso perché Boule de Suif, ben più previdente di nobiltà, borghesia, clero e rivoluzionari, ha portato con sé cibo in abbondanza per il viaggio, e i viaggiatori dunque, messa da parte la morale, attingono alle scorte che la ragazza generosamente mette loro a disposizione. Più avanti, poi, durante una sosta, un ufficiale prussiano impedisce alla carrozza di ripartire, proponendo una transazione piuttosto triviale: una notte d’amore con la prostituta in cambio dell’autorizzazione a proseguire il viaggio. Boule de Suif inizialmente rifiuta sdegnata, ma l’insistenza degli ipocriti compagni di viaggio la induce ad accettare dolorosamente il sacrificio. La carrozza così può ripartire. La ragazza, nelle ultime righe, torna a essere trascurata dagli altri membri della società, come un passeggero assente. Uno dei viaggiatori, il democratico Cornudet, fischietta La Marsigliese.
La fisionomia del gruppo di Boule de Suif è ben diversa da quella dei viaggiatori di Stagecoach. Al di là del numero di personaggi, nel film di Ford vi è una chiara differenziazione all’interno della micro- società: il medico ubriacone, Ringo, lo sceriffo Wilcox e Mrs. Mallory – sebbene quest’ultima solo al termine del lungo travaglio – rappresentano l’aspetto migliore della civiltà, quello per cui vale la pena proseguire lungo la via del progresso; l’unica vera figura negativa è il banchiere Gatewood, simbolo di un Capitalismo condotto fino alla sua egoistica esasperazione. Il giudizio negativo di Maupassant si estende invece all’intera società in viaggio. Lo stesso personaggio del democratico Cornudet, alla cui figura in qualche modo rimanda quella del fuorilegge Ringo, malgrado la sua aggressività verbale anti- borghese, partecipa ben integrato al processo di rimozione operato dal gruppo: anch’egli attinge ampiamente alle provviste di Boule de Suif; di nascosto poi, e con pudore infantile, cerca goffamente di approfittare della sua bellezza; infine, anche il barbuto rivoluzionario acconsente a che la ragazza sia offerta al nemico, per proseguire il viaggio verso la tranquillità. L’intero edificio della civiltà, con tutto il bagaglio di valori e regole morali, riposa sulla rimozione della vitalità dei bisogni primari: cibo e desiderio sessuale. E dunque sulla rimozione del corpo.
Di questo lavoro di negazione partecipa, più o meno consapevolmente, anche John Ford, dal momento che la valorizzazione della prostituta Dallas dipende dal riassorbimento della sua femminilità nella figura della Madonna-madre, e dunque da una corporalità concepita in modo ben diverso dalla vitalità erotica del corpo di Boule de Suif; l’eros di Dallas è così addomesticato, normalizzato, reintegrato nel sistema: inteso in funzione procreativa, il desiderio della donna diviene elemento essenziale del processo di costruzione della famiglia e della società, e dunque ripulito del suo carattere più perturbante241.
Vi sono altre due sequenze, tratte da altrettanti film, che a nostro parere confermano questa nostra interpretazione della donna secondo John Ford. La prima è una delle scene centrali di They Were
Expendable (1945), prima pellicola diretta dal regista dopo la lunga pausa causata dal conflitto mondiale.
Si tratta di un film di guerra, ambientato nel 1941, nelle Filippine, nell’ambito della prolungata battaglia ingaggiata dagli Stati Uniti contro il Giappone. L’opera ha suscitato pareri contrastanti: generalmente giudicata da molti al di sotto degli standard di John Ford – il regista stesso non si riteneva pienamente soddisfatto del risultato finale242 –, è stata rivalutata da alcuni critici, Lindsay Anderson, ad esempio, che vi ritrovarono gli stessi valori di lealtà e fratellanza celebrati in Grapes of Wrath243.
Durante uno dei momenti di tregua dalle operazioni militari, la narrazione si concede una parentesi sentimentale che ha per protagonisti Rusty Ryan (John Wayne) e Sandy Davyss (Donna Reed), ufficiale il primo, infermiera la seconda. La sequenza si apre con l’alternarsi dei due primi piani dell’uomo e della donna: Sandy è impegnata in una difficile operazione di soccorso di un soldato ferito; Rusty la osserva intensamente. Per manifestare il fiorire prepotente del sentimento, John Wayne ricorre alla stessa espressione che aveva Ringo, folgorato dall’immagine di Dallas col bambino in braccio. Questa volta, però, l’oggetto del suo sguardo innamorato non rinvia alla maternità: Sandy ha indumenti militari, e i suoi capelli lunghi sono raccolti all’interno del berretto, cosicché la figura della donna assume uno spiccato carattere mascolino, contraddetto solo dalla femminilità dei bei lineamenti.
Pochi minuti dopo, la tensione si allenta nel ballo serale organizzato all’interno della caserma, un momento di serenità – sebbene transitoria e apparente – offerto a una piccola comunità circondata dalla violenza e dalle miserie di un mondo in conflitto. John Wayne e Donna Reed stanno danzando, e l’intensità emozionale della scena cresce: il ballo è simbolo di contatto erotico tra i corpi, e dunque la rigidità e la tensione della guerra può ora mutarsi in sensualità musicale. Come prevedibile, i due si allontanano dal gruppo, appartandosi in una zona meno illuminata del porticato della caserma. La
241 Utilizziamo il termine riferendoci al tedesco un-heimliche – negazione di heimliche, familiare, confortevole – con cui
Sigmund Freud designa qualcosa che turba il soggetto per il suo carattere di estraneità. L’autore, nel saggio dedicato al perturbante, segnala tuttavia che il termine heimliche può anche indicare qualcosa che è «nascosto in casa». I due termini, pertanto, non sono poi così antitetici: la condizione di perturbamento rinvia proprio a un dualismo affettivo, provocato da qualcosa che il soggetto percepisce contemporaneamente come familiare ed estraneo. Vedi S. Freud, Das Unheimliche, in Gesammelte Werke 9, S. Fischer Verlag, Frankfurt, Imago Publishing Co., London 1940.
242 L. Anderson, op. cit., p. 20. 243 Ibid., pp. 73-74.
macchina da presa li segue, e con sguardo discreto Ford e noi spettatori spiamo un contatto che si fa sempre più intimo. L’uomo e la donna sono ora due silhouettes complementari, e la passione pare pronta a esplodere. Rusty e Sandy decidono invece di sedersi sull’amaca che dondola lì accanto a loro, e il porticato della caserma si trasforma idealmente in quello di una fattoria: i due, guardando malinconici fuori campo, immaginano un caminetto, il campo coltivato e il bestiame, insieme ad altri simboli di serenità familiare. Ci eravamo illusi di spiare con John Ford l’incontro appassionato tra due amanti, ma il regista ha preferito la prospettiva del bambino che, nella tenerezza di un dopocena estivo, sorprende i genitori stretti dolcemente l’uno accanto all’altra, a fare progetti per il futuro della famiglia.
Qualcosa di analogo accade anche in un’altra scena di ballo, quello descritto nell’ultima parte di
Grapes of Wrath, quando Tom Joad, guida del gruppo familiare nel lungo percorso verso un futuro più