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Vita di Maria-Teresa d'Austria

Maria-Teresa nacque a Madrid il 10 settembre 1638, figlia di Filippo IV di Spagna e di Elisabetta di Francia. Crebbe in un ambiente fortemente cattolico e le fu impartita un'educazione molto rigida e incentrata sulla religione. All'età di 8 anni era l'unica erede di Filippo IV e del suo impero sul quale non tramontava mai il sole.

Il 9 giugno 1660 sposò Luigi XIV come previsto dal trattato dei Pirenei, voluto da Mazarino e da Anna d'Austria. Al suo arrivo a corte la regina madre la 294Oraison funebre de Marie Therese d'Autriche, Reine de France et de Navarre, epouse de Louis de Grand et mere de Monseigneur le Dauphin, Prononcée dans l'Eglise Metropolitaine de Toulose le 3 Septembre 1683, Par Messire Cosme Roger Evéque & Seigneur de Lombez,à Toulouse par J. Boude,

prese sotto la sua protezione per istruirla nel ruolo di regina, ma Maria-Teresa era di natura timida e goffa nel portamento e non riuscì mai a giocare un ruolo politicamente rilevante. Alla corte di Francia si rinchiuse nel suo entourage spagnolo, preferendo la compagnia delle sue dame, dei nani e dei cani, alla vita di corte. A causa di questo isolamento conservò un forte accento spagnolo e a lungo faticò nella comprensione del francese.

Dal matrimonio con Luigi XIV nacquero sei figli, fra i quali solo Luigi, il Gran Delfino, giunse all'età adulta. Pur occupandosi di garantire una discendenza, il re era circondato da amanti, che si sceglieva anche fra le favorite della regina, e non si faceva remore a farle viaggiare insieme alla regina. Questa mancanza di rispetto era vissuta con sofferenza da Maria-Teresa, la quale tuttavia non si oppose mai apertamente, nemmeno quando il re fece legittimare i suoi figli naturali che gettavano ombre sul delfino.

La regina fece sempre prova di grande devozione, impiegandosi attivamente per la cura dei poveri e dei malati e procurando una dote alle figlie dei nobili decaduti.

Maria-Teresa morì il 30 luglio 1683 a Versailles, colpita da un tumore benigno al braccio sinistro che degenerò in un ascesso a causa di cure sbagliate.

6.3 L'orazione di Cosme

Presentando la defunta regina come il giudice che condannerà le anime nell'aldilà, il predicatore divide il discorso in tre parti: nella prima la regina giudicherà i potenti della terra con il metro della sua umiltà; nella seconda giudicherà le persone del suo sesso paragonandole alla sua purezza; nella terza giudicherà la fede cristiana.

L'orazione funebre dipinge il ritratto delle ben note virtù cristiane della regina con una nota di nostalgia personale. Le qualità della regina che vengono esaltate sono l'umiltà, la purezza e la fede; il predicatore ricorda la natura virtuosa ma schiva di Maria-Teresa e la descrive come l'ombra necessaria ad esaltare le qualità

splendenti del re.

Come anticipato dal tema della divisione, il discorso vuole essere innanzitutto una critica ai potenti, alle donne poco virtuose e a coloro che mostrano poca fede. Senza esplicitarlo, Cosme coglie l'occasione per censurare i principali vizi del suo pubblico d'élite, dall'altro rende effettivamente giustizia alla memoria della regina defunta, che in vita fu vittima dei giochi di potere a corte, dovette subire la presenza delle amanti del re in pubblico, e fu oggetto di scherno per la sua devozione.

6.3.1 Esordio

L'orazione funebre è preceduta da una citazione dal vangelo di Matteo: «Regina surget in Judicio cum generatione ista & condemnabit eam»295, alla quale segue la traduzione: «Une Reyne consommée en merites sur la terre& couronnée de gloire dans le Ciel, s'élevera au grand jour du Jugement & condamnera par ses Vertus le monde aveuglé, qui n'aura poit profité de ses exemples»296.

Il vescovo di Lombez apre il discorso con una considerazione malinconica: avendo predicato per tanti anni alla corte di questa regina non avrebbe mai pensato, dopo essersi ritirato nella sua lontana diocesi, di ritrovarsi davanti a una così illustre assemblea per pronunciare il suo elogio funebre.297 Si chiede come farà ad assolvere ad un compito così delicato data la sua scarsa eloquenza e il dolore che ancora lo affligge. I panegirici sono riservati ai grandi principi o ai santi e la loro composizione è affidata agli oratori profani per i primi e ai predicatori evangelici per i secondi. Lodare i grandi del mondo è un'operazione ardua, infatti fra tutti i grandi oratori dell'antichità ci sono pervenute pochissime orazioni degne di nota, ma scrivere l'orazione funebre di un santo è un compito ancor più elevato, poiché le parole devono trascendere le conoscenze umane per raggiungere la forza che si trova nella 295 Matteo 12, 42. Ibid., p. 2.

296Ivi.

297Nell'edizione di Boude c'è un'errore nella numerazione delle pagine: dalla 2 passa alla 4, senza che manchi alcuna pagina.

parola di Dio298.

Tutti ammetteranno, dunque, che un predicatore si trova ad affrontare delle difficoltà doppie quando compone l'elogio di un grande principe che in vita fu pure un santo, ovvero la situazione in cui si trova egli nel momento attuale, dovendo assolvere al compito di fare l'elogio funebre di una grande regina del mondo e di una grande santa agli occhi di Dio.

In verità, Cosme aggiunge, si potrebbe dire che il suo compito è già stato in parte assolto dalla voce pubblica e che a lui non toccherà altro che fare da eco alle migliaia di voci che in ogni luogo stanno lodando la regina Maria-Teresa e piangendo la sua morte.

Ma dalla tomba della regina si alza una voce che esorta tutti a non piangere per lei, la quale vive nella gioia della felicità eterna, ma che comincino invece a piangere per la propria sorte. Malgrado questa virtuosa regina non abbia considerazione delle proprie virtù, ella si è consumata in meriti in questa vita e dopo la morte degli uomini si ergerà a giudice e condannerà tutti coloro che non hanno saputo trarre insegnamento dal suo esempio. Ella con la sua umiltà condannerà l'orgoglio dei nobili ; con la sua purezza condannerà le sregolatezze delle donne; con la sua pietà condannerà la mancanza di fede e di virtù dei cristiani.

6.3.2 Prima parte

La prima parte si apre con una dichiarazione sulla natura di testimonianza del discorso: l'orazione funebre della regina tratta esclusivamente di ciò che è stato direttamente osservato dagli occhi del predicatore, che non dovrà in alcun modo fare ricorso ad aneddoti altrui, ma riportare scrupolosamente ciò che ha vissuto direttamente e senza mai oltrepassare i limiti della verità con inutili lodi che offenderebbero l'onore della defunta. Nell'enunciare i suoi propositi, il predicatore prende a prestito le parole di Giovanni nell'esordio della prima lettera299, affermando

298“Sermo meus & Praedicatio mea non in persuasibilibus humanæ sapientiæ verbis, sed in ostensione spiritûs & virtutis”. Corinzi, 2, 4. Ibid., pp. 2-4.

che non è un atto di presunzione, ma un dovere specifico quello di parlare con le parole degli apostoli, poiché i vescovi sono i loro successori.

Prima di trattare di come Maria Teresa giudicherà tutti gli appartenenti al suo rango attraverso la sua umiltà per istruire i grandi della terra, l'oratore si sofferma a considerare l'origine dell'elevazione di questi uomini sugli altri. Prima del peccato originale gli uomini non conoscevano la distinzione fra servo e padrone, fu la ribellione a Dio che causò la nascita di questa grande ineguaglianza. Dio infatti decise di punire gli uomini dividendoli in sudditi e sovrani. I sudditi sono puniti dalla condizione umiliante di soggezione ad altri uomini: essi non sanno cosa sia la pratica dell'umiltà, poiché sono già costretti dalle condizioni della vita a vivere sullo scalino più basso. Invece i sovrani sono puniti con la pratica dell'umiltà cristiana: questa virtù è assolutamente necessaria per la salvezza della loro anima, e devono praticarla davanti al giudizio di Dio e degli uomini.

Il predicatore apostrofa dunque gli uomini di potere, invitandoli a riflettere sull'origine della loro autorità e a combattere l'orgoglio che è così naturale alle loro condizione, ricordando loro che di fronte a Dio non sono altro che peccatori e che, prima ancora, non erano che polvere300. Quindi, egli invita la regina a comparire nel giorno del giudizio come l'esempio di umiltà che è sempre stata in vita. Nessuno più di lei ha conosciuto le glorie della vita, di nobilissimi natali e moglie del più grande sovrano di Francia, eppure è sempre stata conscia delle obblighi morali che la costringevano ad essere umile davanti a Dio e agli uomini poiché sapeva che non esiste nulla di più detestabile di un uomo potente che non pensa ad altro che al suo potere301, accecato dalla superbia e dall'orgoglio.

Fra tutti i suoi avi, la regina stimava soprattutto coloro che avevano

Ibid., p. 6.

300“Antequam homo esses, limus eras, antequam limus esses, nihil eras”. Sant'Agostino, Esposizione

sul salmo CXLIV, 10. Ibid., p. 9.

301“Pessimi sunt & execrandi, qui in Imperio, nihil nisi imperium cogitant”, Justus Lipsius,

Politicorum sive Civilis Doctrinæ libri sex, lettera introduttiva. Ibid., p. 10.

Cosme afferma che Maria Teresa pareva conoscere bene questa massima, creata da un profano, anche se, in verità, degna della bocca di un apostolo.

Giusto Lipsio (1547-1606) fu un filologo e umanista fiammingo, studioso dello stoicismo senechiano che si occupò in particolare della filosofia del diritto.

dimostrato di saper sposare il loro rango con l'umiltà cristiana. Ad esempio gioiva nel leggere la vicenda del suo antenato Rodolfo, il quale durante una cavalcata nei boschi incontrò un prete che si recava in visita ad un malato; il nobile principe cedette il cavallo al prete affaticato e proseguì il suo viaggio a piedi. Lo stesso giorno una religiosa gli profetizzò la gloria della sua casata e che sarebbe stato imperatore per nove anni. Erano queste le storie che rapivano il cuore della regina e che le insegnarono a coltivare l'umiltà cristiana.

La nobiltà fu spesso percepita da questa regina cristiana come un ingombrante fardello, che le impediva di umiliarsi quanto avrebbe invece desiderato. La si poteva vedere curare e lavare umilmente i più poveri, non appena i suoi doveri di regina glielo permettevano. La carità cristiana era una delle virtù che esercitò più solertemente, infatti ella riusciva a scorgere la santità sotto al velo della povertà, come dice anche Tertulliano, che chiamava i poveri deum larvatum, Dio travestito.

Ma la devozione al re suo sposo la allontanavano spesso dai conventi e dagli ospizi, poiché era naturalmente portata a seguire anche nei viaggi più scomodi l'astro al quale era legata. Ella visse dunque seguendo la luce luminosa di quel sole che è l'immagine di Dio e, allo stesso tempo, il padrone del suo cuore. Ma non prese per sé nessun raggio della luce del suo sposo, limitandosi a scandire le ore della loro vita con l'ombra della sua umiltà cristiana, come sul quadrante di una meridiana.

Sebbene sia possibile ammirare lo splendore della gloria di Maria-Teresa, Cosme afferma che è molto più interessante osservare le ombre dell'umiltà che fanno risaltare la sua luminosità «comme des excellens tableaux, ce sont plustost les ombres que les jours qui y donnent le prix et la beauté»302. In realtà le ombre e le luci servono allo stesso modo per poter creare un'opera perfetta, infatti se la gloria della regina non fosse stata così grande la sua estrema umiltà non avrebbe avuto altrettanto risalto.

San Bernardo dice che è cosa rara trovare l'umiltà circondata dalla gloria303, essa infatti solitamente nasce nella tristezza di una vita oscura e non in mezzo alle

302Ibid., p. 12.

303“Magna prorsus & rara virtus humilitas honorata”,San Bernardo, De laudibus Virginis Martis.

luci della gloria e della nobiltà. Per queste ragioni la sua umiltà è da considerarsi straordinaria e da considerare ancor più temibile da tutti i potenti, poiché è con il metro di questa umiltà formidabile che la regina si ergerà al giudizio di tutti coloro che sono del suo rango.

Ma questi eletti di Dio, che il giorno dell'apocalisse siederanno a giudicare tutti gli uomini, non si limiteranno a considerare un solo peccato, ma tutti i peccati opposti alle loro virtù. E per questa ragione nella seconda parte si tratterà di come Maria-Teresa condannerà la condotta sregolata della persone del suo sesso per mezzo della sua purezza.

6.3.3 Seconda parte

Nel mondo antico la qualità maggiormente venerata nelle donne era la fecondità, mentre nel mondo cristiano essa divenne la verginità; queste due virtù sono talmente eccezionali che Dio ha stabilito che fosse impossibile la convivenza di entrambe in una sola donna, eccezion fatta per sua madre. Così la saggezza divina stabilì che gli angeli, esseri puri, non potessero riprodursi e che invece gli uomini e le donne, esseri corruttibili, potessero generare dei figli.

La giovane Maria-Teresa sembrò voler ad ogni costo far parte della schiera degli angeli per la cura con cui preservava la sua verginità. Tuttavia le donne di rango non hanno libera disposizione del loro destino e, per il bene del paese, andò in sposa a Luigi XIV. Grazie alla fecondità ella donò un erede alla Francia, offrendo così la speranza di una solida discendenza.

Malgrado non abbia potuto preservare la verginità, la regina ha cercato di preservare la purezza della sua anima coltivando tutte le altre virtù cristiane, che l'hanno protetta al meglio dalla corruzione del mondo, come un angelo terrestre. Il predicatore chiama a testimoniare la parte meno indulgente della corte, per mostrare che la condotta della regina fu sempre pura e mai una licenziosità uscì dalle sue labbra, e non per una qualche ipocrisia ma per una onesta repulsione di fronte anche al più banale discorso inappropriato.

Inoltre ella a corte non ha mai criticato apertamente la mancanza di purezza, ma si è limitata a portare il suo esempio. Sebbene fosse zelante nel correggere gli errori che riteneva di aver fatto, considerava inutile o controproducente fare delle rimostranze agli altri. Senza dubbio questo è il modo migliore per vivere a corte con santità e prudenza allo stesso tempo, una tecnica che si rifà agli insegnamenti che venivano dati ai fedeli nei primi secoli della Chiesa, ovvero che non bisogna sanzionare i peccati dei grandi con delle accuse ma con la santità del proprio esempio. Come racconta Tertulliano, i primi cristiani non partecipavano agli spettacoli pubblici, tuttavia non li criticavano apertamente poiché i cristiani devono rispettare l'autorità ma correggerla con la prudenza e la delicatezza dell'esempio304.

Gli unici che hanno il diritto di censurare con le parole i vizi dei grandi sono i confessori e talvolta i predicatori sul pulpito della verità. Dunque gli uomini devono evitare di condannare le colpe con sussurri indiscreti e dedicarsi a istruire con l'esempio, lasciando il giudizio nelle mani di Dio.

Quando questa saggia principessa si occupava dell'istruzione delle giovani fanciulle che stavano per fare la loro entrata nel mondo, sembrava di sentir echeggiare le parole della sposa del Cantico dei Cantici: chiedendosi come fosse possibile fuggire al pericolo di ascoltare una conversazione troppo libera, dai contenuti inappropriati, ella rispondeva di erigere un muro circondato di cedri per proteggere la propria purezza305. Chiunque abbia assistito ai colloqui della regina sa quanto ella abbia sempre coltivato le fanciulle poste sotto la sua protezione con le più grandi cure e grandi esempi di virtù.

Per concludere questo bozzetto della regina Maria-Teresa il predicatore dipingerà il colore dell'umiltà, anche se per avere un ritratto simile all'originale dovrebbe usare tutte le sfumature delle virtù cristiane, poiché, se è vero che Dio ha dato alla Francia il privilegio di veder nascere i migliori re della terra, è altrettanto vero che la Spagna ha dato alla Francia le regine migliori, come la madre e la moglie

304“Gaudia Cæsaraum casti & probi expungimus”, Tertulliano, Apologeticus adversus gentes, 35.

Ibid., p. 18.

305“Quid faciemus sorori nostræ in die quando alloquenda est? Si murus est, ædificamus super eum; si ostium compingamus illud tabulis cedrinis”, Cantico dei Cantici, 8, 8-9. Ibid., p. 19.

di Luigi XIV.

6.3.4 Terza parte

Infine la terza parte del discorso si apre con una considerazione sulla forza. Si è generalmente portati a considerare la forza una virtù precipua degli uomini, soprattutto dei combattenti, tuttavia Dio ci mostra una forza ancora più grande, che non deriva dalla potenza fisica, ma dalle virtù cristiane degli uomini. La virtù che dona una forza sorprendente agli uomini di fede è la pietà, in grado di neutralizzare tutte le altre forze fasulle, come gli spiriti forti, che cercano presuntuosamente di attaccare la religione e la pietà di Dio. Adottando le parole di Sant'Agostino, Cosme paragona gli spiriti forti a quegli uomini che, in preda ad una forte febbre, mostrano una forza straordinaria durante gli eccessi del male, per poi ritrovarsi miseramente prosciugati di ogni vigore non appena la febbre si placa306.

Salomone dice che la forza della pietà si trova sempre in un grande cuore, capace di adempiere ai suoi doveri cristiani; per questo motivo le donne sono in grado di possedere questa virtù e, sebbene siano rarissime, la loro forza è inestimabile e può essere pari a quella dei più stimati saggi307. Nella ricerca di questa rara donna dotata di forza, egli sembra condurci direttamente alla scoperta di Maria-Teresa descrivendola forte insieme al suo sposo, circondata dai gigli308. Cosme ci rappresenta una regina più forte di tutte le donne, che si erge sul campo di gigli così vigorosa da essere in grado di fermare l'ira di Dio con le sue preghiere.

La giustizia di Dio viene facilmente disarmata dalla forza della sua pietà309, e certamente nulla gli sarà stato più gradito delle ferventi preghiere che la regina gli

306“Videant viri illi, ne fortes sint magnitudine febris, non firmitate sanitatis”, Sant'Agostino,

Enarrationes in psalmos, Psalmus LVII, 8. Ibid., p. 20.

307“Mulierem fortem quis inveniet? Procùl & de ultimis finibus pretium ejus”, Proverbi, 3:10. Ibid., p. 21.

308“Qui pascitur inter Lilia” Cantico dei Cantici, 2, 16. Ivi. 309“Hic vis Deo grata est”, Tertulliano, Apologeticus, cap. 39. Ivi.

offriva ogni giorno310. Il predicatore si sofferma sulla figura estatica della regina durante la festa del Corpus Domini: tenendo gli occhi fissi sull'immagine di Dio la regina pareva il ritratto di Giosuè che combatte i nemici della patria con la forza della preghiera. La sua forza ha origine dal profondo del suo cuore311, lo stesso che è riuscito a conquistare il cuore del re suo sposo312. Ella partecipava alle vittorie del re senza aver bisogno di essere presente sul campo di battaglia313, e il re ha sempre ritenuto la sua collaborazione fondamentale per poter sconfiggere il mostro dell'eresia nel paese.

Quando si scrivono le genealogie degli eroi, ci si sofferma sempre a considerare i nobili natali e la forza invincibile e non si dà la giusta considerazione al potere della pietà; invece, considerando la straordinaria alleanza di Luigi e Maria-Teresa, comprendiamo come la perfezione derivi dall'unione di questi due elementi fondamentali. Gli stessi Padri della Chiesa non hanno ignorato le origini nobili ed eroiche di Gesù, ma hanno saputo valorizzare soprattutto la pietà dei grandi uomini di fede dai quali trae la sua discendenza. E così anche Luigi e Maria-Teresa hanno saputo trarre ispirazione dai loro antenati fra i quali si contano solo eroi e santi di nobili origini, ed entrambi con ugual forza sono riusciti a condurre la Francia alla