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L'orazione funebre di Bourdaloue

2.4 Orazioni funebri di Henri II de Bourbon principe di Condé

2.4.1 L'orazione funebre di Bourdaloue

L'orazione funebre di Bourdaloue fu pronunciata il 10 dicembre 1684, trentasette anni dopo la morte del principe, in presenza del Grand Condé. Nella preparazione del suo elogio, il predicatore si fece procurare tutte le più importanti orazioni funebri pronunciate in memoria del principe e prese spunto soprattutto dall'Harangue funèbre del Père Nouet, pronunciata nel 1647. Nouet divide semplicisticamente il discorso nelle tre parti della vita: nascita, vita, morte. Sono presenti molte figure di cattivo stile, iperboli, comparazioni ingenue o ridicole, tuttavia i dettagli storici sono precisi e le argomentazioni sui doveri di un principe cristiano sono solide e intrecciate a puntuali spiragli sulla vita del defunto.

Bourdaloue apre l'elogio funebre con una considerazione sulla morte dei principi: nella Bibbia Dio condanna i grandi della terra alla morte ed all'annientamento totale della loro memoria. Gli unici che potranno salvarsi dall'oblio

183Discours funèbre, prononcé au service solemnel celebré dans l'Eglise des Peres Carmes, de la

ville de Bourges, par l'ordre de Messieurs les Maire et Eschevins de ladite ville, pour repos de l'Ame de Tres haut, tres genereux, tres victorieux Prince Henry de Bourbon, premier Prince du sang, Duc et Pair de France, par le R. Pere François Berthet, docteur en Theologie et prieur des Peres Carmes de Bourges, Bourges, Cristo, 1647, in-4 de 21 pp.

eterno sono i principi che seguono la legge divina e che si adoperano per essa. Henri de Bourbon nacque e visse unicamente come un principe cattolico, il cui unico scopo fu proteggere e onorare la religione, ed è per questo motivo che la sua memoria durerà in eterno. Il predicatore annuncia dunque la divisione del discorso in tre parti: 1 egli fu un principe nobile, scelto da Dio come risorsa per la fede; 2 egli fu un principe combattente, che si adoperò per onorare la religione; 3 egli fu un principe virtuoso, che fece della sua vita un esempio.

La Francia era in preda alla disperazione ed alla sofferenza causate dall'eresia, che si era diffusa in ogni luogo come un funesto morbo contagioso. Il principe nacque in seno all'eresia, e i suoi partigiani guardavano a lui come al futuro eroe che li avrebbe condotti alla vittoria. Ma Dio si adoperò provvidenzialmente con prudenza e dolcezza presso gli uomini più grandi affinché questo fanciullo prodigioso ritornasse alla sua Chiesa. Enrico IV con facilità privò il nemico del giovane principe e si occupò di educarlo come un padre, e anche papa Clemente VIII si preoccupò che crescesse secondo i dettami della Chiesa cattolica. L'interessamento del re per la situazione del principe non fu solo una grande vittoria per la religione e la nazione, ma spazzò via definitivamente ogni dubbio sulla genuina conversione del re, che fino ad allora l'ignoranza e la malignità avevano reso ancora sospetta. Il giovane principe di Condé garantì che il regno di Francia finalmente si riunisse con la Chiesa, un legame che era rimasto spezzato per lungo tempo. Gli eretici odiavano la Santa Sede e gli ordini religiosi e così il principe si impegnò a proteggerli ed onorarli. In particolare si considerò più devoto all'ordine dei padri gesuiti, presso i quali volle che fosse custodito il suo cuore alla sua morte. Bourdaloue si dilunga ad esporre al pubblico di padri gesuiti i motivi che legavano il principe al loro ordine:

Rien n'êtoit plus odieux à l'Héréfìe, que les Ordres Religieux: pour cela même il les respecta, il les cherit, il les protegea. Et parce qu'entre les Ordres Religieux il en considera un plus sìngulièrement dévoué à porter les interêts de la vraye Religion, & par une conséquence nécessaire plus infailliblement exposé à la malignité & à la censure des ennemis de la Foi, un Ordre, dont il vit qu'en effet Dieu s êtoit servi, pour répandre cette Foi jusqu'aux extrémitez de la terre; un Ordre qu'il reconnut n'avoir êté institué, que pour servir dés son berceau de

contrepoison au Schisme naissant de Calvin & de Luther; un Ordre qu'il envisagea , par une fatalité heureuse pour lui, persecuté dans tous les lieux où dominoit l'Hérésie: c'est à celui-là que le Prince de Condé s'unit plus intimement, qu'il fit sentir plus d'effets de sa protection, qu'il confia ce qu'il avoit de plus cher, qu'il découvrit plus à fond les secrets de son ame, & qu'il donna son Cœur en mourant.185

Nella seconda parte il predicatore espone in quali modi il principe si è impegnato a lottare per proteggere la religione, poiché se, come dice San Paolo, Dio si impiega a salvaguardare l'inviolabilità dei principi, allo stesso modo, secondo le parole di Sant'Agostino, i principi combattono per proteggere la religione. Henri, dunque si adoperò con la saggezza dei suoi consigli, con la forza delle sue armi, e con la solidità della sua dottrina per difendere la religione cattolica. Egli fu un saggio politico, con un'eloquenza zelante che conquistò molte grandi vittorie come all'assemblea di La Rochelle nel 1621, o il suo contributo strategico come consigliere del re. Il predicatore confessa la propria inadeguatezza per quanto riguarda l'elogio delle abilità del principe sul campo di battaglia. Un uomo di Dio non dovrebbe santificare le imprese belliche, in cui Dio e la religione non hanno parte alcuna, quindi si limita ad accostare la sua figura a quella dei grandi guerrieri della Bibbia, che hanno combattuto esclusivamente per la religione, quindi elenca le battaglie e gli assedi che lo hanno reso celebre. Infine, la vittorie dettate dalla forza non avrebbero sortito alcun effetto sull'eresia senza l'intervento di una solida dottrina. Egli era un abile conoscitore della storia, delle scritture e dell'arte di parlare: i sostenitori dell'eresia non ebbero alcun avversario più temibile eppure più amabile, che usava i suoi talenti per guarirli dal loro errore, confondendoli per salvarli. Il predicatore esorta dunque i presenti a trarre esempio dalla vita del defunto e a convertire gli eretici con l'edificazione e l'aiuto.

Infine, il principe di Condé visse una vita irreprensibile, onorando la religione con la sua condotta, nello stesso modo in cui San Paolo esortava i primi cristiani a

185BOURDALOUE (Louis), Éloge funèbre de Tres-Haut, Tres-Puissant, & Tres-Excellen Henri de

Bourbon, prince de Condé, et premier Prince de Sang, prononcée à Paris, le 10e jour de décembre 1683, en l'église de la maison professe des Pères de la Compagnie de Jésus, par le Père

convertire i pagani. Il predicatore ritrae il principe come un uomo perfetto, attaccato ai suoi doveri, ligio alla giustizia, caritatevole e regolato nelle sue azioni. Uno dei pregi che lo contraddistinsero fu il suo amore paterno nei confronti del popolo: egli amava il popolo con benevolenza non per ambizione ma per genuina compassione. Per confermare quanto detto, il predicatore offre un ricordo della sua infanzia, vissuta in una provincia governata dal principe. Bourdaloue afferma di essere felice, a distanza di tanti anni, nel poter rendere omaggio al principe che egli e tutti gli abitanti della sua provincia hanno adorato come un genio tutelare. D'altra parte la sua influenza positiva è innegabile se si considera che a trentasette anni dalla sua morte il popolo lo piange ancora: «Il etoit populaire, non pas comme certains Grands qui affectent de l'être sans être ni obligeants ni bienfaisans. Il ne l'etoit qu'a juste titre, & il ne vouloit être aimé des peuples qu'a condition de leur faire du bien»186. Il predicatore rende infine brevemente omaggio al Grand Condé, presente alla cerimonia affermando che la gloria più grande per la gloria eterna del principe è senza dubbio l'aver messo al mondo due figli ai quali offrì un'educazione ancor più nobile dei loro natali, rendendoli dei modelli da seguire. Ed è esortando gli ascoltatori a modellare le loro vite sull'esempio virtuoso del principe defunto che il predicatore conclude il suo elogio funebre.

La composizione di Bourdaloue è chiara e limpida, anche se l'esordio ha più il sapore di uno storico come Tito Livio che di un oratore come Cicerone.187 I giudizi dei contemporanei sull'opera sono divisi: l'abate Follioley afferma senza mezzi termini che Bourdaloue non è portato per la composizione di orazioni funebri, che richiedono fecondità d'immaginazione, mentre la maggior parte dei commenti di coloro che assistettero all'elogio, come il conte De Bussy, sono positivi.

Chérot mette a confronto l'orazione funebre di Bourdaloue con quella di Cosme. Ritiene che il discorso del fogliante sia da considerare facilmente migliore rispetto alle opere di Cohon e di Berthet. La divisione del discorso è molto semplice: il principe è morto eppure vive nella persona del figlio. Loda e virtù del defunto

186Ibid., p. 54.

senza però esagerare o nascondere le mancanze. Cosme viene citato come un anticipatore di Bossuet nel tono evangelico usato per lodare un principe e il suo dolore, e lo fa con parole limpide anche se prive di vigore.

Les affilctions qu'il a eües & les disgraces qu'il a supportées doivent tenir un illustre rang parmy les plus grands biens dont il luy soit redeuable. Et j'avoüe que je meriterois qu'on me banit de la chaire de verité ou j'ai l'honneur d'estre, si je n'y parlois le langage de l'écriture & des Peres, si je n'appelois les souffrances des faveurs de Dieu & si je ne regardois celles qui sont arrivées à nostre Prince comme les livrées de Jesus Christ & le caractere de sa Croix.188

Riflette sul mistero della sofferenza e sull'immagine della croce, entrambi temi molto cari a Bossuet.

Ma Cosme non si ferma alla riflessione generale sulla sofferenza: egli ritorna costantemente alla realtà della vita del defunto, delineando con precisione i fatti tragici e dolorosi della sua esistenza, proponendoci, secondo Chérot, il genere di elogio ammirato da Bayle, in cui cristianesimo e verità storica convivono.

Que ce soit di-je une grace particuliere au Prince deffunt d'avoir esté comblé de tant de biens & de gloire pendant se vie; mais tombons d'accord avec l'Evangile que ce luy est une autre grace qui surpasse la premiere, d'avoir esté traitté en enfant de Dieu, d'avoir porté l'auguste caractere du Christianisme, & de n'avoir jamais manqué de souffrances. Appellons ses esloignements de la Cour une insigne grace, appellons sa prison de trois années une longue grace; appellons ses maladies aiguës, appellons la mort des Princes ses enfans de puissantes graces.189

Come tratta Bourdaloue questo argomento della vita di Henri de Bourbon? Il predicatore gesuita riflette sulla natura provvidenziale delle sofferenze nel sermone

Afflictions des justes et la prosérité des pécheurs. I mali e le tragedie che affliggono

188OFHB, pp. 17-18.

la vita degli uomini virtuosi altro non sono che una prova alla quale Dio sottomette i suoi eletti. Nell'elogio funebre del principe, tuttavia, questo punto di vista viene ignorato. Egli dipinge il principe come un guerriero al servizio della religione che ha conosciuto delle sconfitte personali ma che è vissuto come un campione vittorioso.

La peine de l'orateur, en louant un guerrier, est de cacher les disgraces qui luy sont arrivées; car où est celui à qui n'en arrive pas? Et l'adresse de l'éloquence est de les dissimuler. Pour moy, qui ne sçais ni flater ni déguiser, je confesse que le Prince de Condé fut quelquefois malheureux, pourveû que vous m'accordiez, ce qui ne luy peut estre contesté, qu'en combatant pour la Religion, il fut toûjours invincible. Exposé aux hazards dans les autres guerres, mais seùr de Dieu et de luy-mesme dans celles-cy.190

Malgrado Bourdaloue avesse già riflettuto sull'argomento, in questo discorso egli tratta superficialmente le vicende tragiche della vita del principe, perdendo così sia la riflessione evangelica sulla sofferenza che l'occasione di rappresentare il lato più fragile e umano del defunto. Chérot non ha dubbi: in questo frangente il discorso di Cosme supera addirittura quello del «roi des prédicateurs».

Se Chérot nota che l'orazione funebre di Cosme offre degli insegnamenti morali e cristiani più interessanti, c'è un altro punto fondamentale in cui il Fogliante si distingue rispetto a Bourdaloue. Entrambi costruiscono l'elogio del defunto sulla figura del guerriero cristiano, che combatté per la vittoria del re e della Chiesa, tuttavia solo Cosme trova lo spazio per sanzionare, seppur blandamente, gli attriti che insorsero con il re: «J'ayme mieux advouer ingenument que nostre Soleil fust sujet à quelques eclipses, et que Dieu permit ces petites defaillances en ce bel Astre, de perur qu'il ne tirast trop de gloire des ravissantes clartez et des douces influances qu'il repandoit sur toute la Terre»191.

190Éloge funèbre de Tres-haut, Tres-puissant & Tres-xcellent Prince Henri de Bourbon, Prince de

Condé et PremierPrince du sang. Prononcé à Paris, le 10e jour de décembre 1683, en l'église de la maison professe des Pères de la Compagnie de Jésuus, par le Père Bourdaloue, de la même Compagnie, La Haye, chez Arnoutlers, 1684, p. 36.

3 Orazione funebre di Anne-Marie de Lorraine

3.1 L'occasione

L'Oraison funebre de feue Madame Anne Marie de Lorraine Abbesse de

l'Abbaye de Nostre Dame du Pont fu pronunciata nella chiesa dell'abbazia di

Pont-aux-Dames, il 6 agosto del 1653, un anno dopo la morte di Anne-Marie, e fu pubblicata a Parigi da Georges Josse.