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MINISTERO DELLA SALUTE Dott. Andrea Urbani

Direzione Generale della Programmazione Sanitaria - Ministero della Salute

Vorrei provare a fare un ragionamento sistemico, che è quello che è richiesto da più parti ed è auspicato da tutti ma che difficilmente riusciamo poi a mettere a terra nei nostri comportamenti e molto spesso nella normazione che si sussegue e si stratifica in maniera disarmonica.

Stiamo lavorando, in questi giorni, al nuovo Patto per la Salute e lo stiamo facendo partendo da alcune certezze che sono figlie di dati e di confronti su scenari nazionali e internazionali. Il Servizio Sanitario Nazionale è un patrimonio di tutti, che oggi ci viene consegnato come sobrio, resiliente e in equilibrio e attualmente è l’ultimo sistema universalistico al mondo a garantire una copertura universale ai nostri cittadini e a non dover presentare libri in tribunale.

A meno che non ci vogliamo confrontare con piccoli sistemi come Svezia e Finlandia (che sono poco meno che piccole Regioni italiane), l’unico sistema simile al nostro, quello inglese, dall’anno scorso ha bisogno di 4 punti di PIL per mantenere le stesse garanzie, punti che non riesce a destinare al servizio sanitario e quindi da oltre un anno ha bloccato i ricoveri in elezione. Il sistema spagnolo nel 2012 ha restituito la sanità alle municipalità ed è passato ad un sistema mutualistico-assicurativo, quindi diciamo che possiamo ritenerci fortunati. Questo è un sistema che nel 2007 perdeva 5 miliardi di EUR ogni anno e aveva accumulato 10 miliardi di EUR di debiti e attraverso una serie di manovre e di misure, che mi permetto di qualificare anche semplicistiche ma necessarie soprattutto alla luce delle informazioni e dei flussi di cui disponevamo all’epoca, ha rimesso in sesto la gestione di quella che nel 1978 fu una delle più grandi scommesse di civiltà di questo Paese.

Abbiamo chiuso i conti del 2018 con un bilancio del Servizio Sanitario Nazionale sostanzialmente in equilibrio, sicuramente in equilibrio finanziario e quasi in equilibrio economico, quindi con tutti i nostri limiti possiamo dire che non abbiamo un problema immediato di tenuta del Servizio Sanitario Nazionale. Ci viene raccontato che il Servizio Sanitario Nazionale spende poco e non garantisce servizi, e questo viene detto da chi valuta la nostra spesa sanitaria rispetto al PIL, a motivo del fatto che noi abbiamo un’incidenza molto bassa rispetto ai nostri partner europei: ci attestiamo intorno al 6,5%

rispetto a una media del 9%. Io in realtà sono abituato a confrontare la bontà di un’azienda e di un’organizzazione in relazione ai risultati che produce e non semplicemente in base a quanto spende; questa è figlia di una concezione vecchia di amministrazione che era quella della spesa storica, secondo cui più spendo e più sono bravo.

In realtà noi abbiamo un Sistema Sanitario in cui la popolazione italiana ha la seconda aspettativa di vita nel mondo occidentale, quasi due anni in più della media europea, e questo è un proxy di qualità dell’assistenza.

Abbiamo la migliore capacità di curare le patologie potenzialmente letali in campo oncologico e cardiovascolare e questo è un dato di buona qualità dell’assistenza.

Semplicemente quando si confrontano i rapporti delle spese sanitarie sul PIL si confrontano sistemi completamente diversi perché il sistema francese, tedesco, oggi spagnolo, e ancora di più il sistema americano, sono sistemi fondamentalmente mutualistico-assicurativi, ossia sistemi differenti da un sistema pubblico interamente pubblico e a gestione pubblica. Noi abbiamo ospedali pubblici, dipendenti pubblici e il privato accreditato è un pubblico a gestione indiretta perché è sottoposto alle medesime regole e controlli del pubblico, quindi siamo un buon modello.

Ora però ci rendiamo conto che quel che sta arrivando e in parte è già arrivato negli ultimi mesi ci offre una finestra di tranquillità secondo me dell’ordine di 4-5 anni, che è il tempo che abbiamo per ammodernare il Servizio Sanitario Nazionale e mettere a sistema tutte le forze, tutte le energie e tutte le spese che comunque a vario titolo vengono utilizzate per rendere migliore la vita dei nostri cittadini in ambito sanitario. Una popolazione che invecchia, dato che noi oggi abbiamo circa il 22% di over 65enni e tra 20 anni il dato dei cittadini che hanno più di 65 anni passerà a essere di 1 su 3, e sappiamo quanto questo sia una misura del consumo di risorse sanitarie. Abbiamo delle innovazioni importanti che in parte sono già arrivate ma che ci travolgeranno nei prossimi mesi, pensate solo ai farmaci per l’Epatite C: ad oggi abbiamo curato 185.000 nostri concittadini per i quali abbiamo eradicato completamente quella che era una malattia cronica nella migliore delle ipotesi con una spesa di oltre 2 miliardi di EUR, alla quale abbiamo dovuto trovare spazio all’interno di regole del sistema che sono quantomeno da ammodernare.

Abbiamo terapie geniche che stanno trasformando in guaribili malattie che erano incurabili; il bambino che è stato curato al Bambino Gesù un anno fa aveva una prognosi infausta a tre mesi ed è uscito dopo 30 giorni come se non avesse mai avuto un tumore.

Al momento abbiamo 700 pazienti che da adesso a 6 mesi potranno beneficiare dei

medesimi interventi. Perché vi dico questo? Vi dico questo perché io non sono convinto che il nostro Sistema Sanitario Nazionale sia così scombinato come ci viene raccontato.

Chi ha i numeri e chi lo sa valutare e soprattutto confrontare con i sistemi di altri Paesi ne riconosce la qualità.

Noi all’estero siamo considerati un modello, siamo un esempio, veniamo chiamati per raccontare il nostro modello organizzativo e veniamo presi ad esempio non soltanto da sistemi sanitari occidentali, ma anche da sistemi sanitari dei Paesi in via di sviluppo.

Il nostro, non quello di altri Paesi. Ciò premesso non ho la pretesa di ritenere che nel medio periodo possiamo essere autosufficienti e quindi è importante in una logica sistemica, e questa è probabilmente la novità sulla quale chiedo a tutti gli stakeholder che a qualunque titolo partecipano e contribuiscono a mantenere in salute una popolazione, di partecipare ad una grande sfida per provare per la prima volta a ragionare in maniera complementare e sistemica.

Attualmente abbiamo una normativa sui Fondi Sanitari Integrativi che si è stratificata e che probabilmente oggi ci è poco utile o perlomeno potrebbe rappresentare per noi un’opportunità molto più importante. A carico dei Livelli Essenziali di Assistenza eroghiamo prestazioni che spaziano dalla prevenzione alla cura delle patologie, ma ci sono molte prestazioni che nell’ambito di un complesso di tutela importante che garantiamo non sono presenti e comunque sono e saranno sempre più necessarie per mantenere in salute una popolazione. Alla luce di queste considerazioni la riflessione che stiamo facendo, che stiamo portando avanti in queste settimane e che è figlia anche delle audizioni della Commissione Parlamentare, è quella di cercare di comprendere come indirizzare gli sforzi dei partner privati su servizi che sono di interesse per il Servizio Sanitario Nazionale.

Vi faccio un esempio: il 50% delle nostre patologie croniche o dei tassi di mortalità dipende esclusivamente da noi, perché è legato semplicemente a comportamenti, stili di vita, prevenzione. Queste sono materie sulle quali il Servizio Sanitario Nazionale non ha voci specifiche di spesa, se non limitate alle vaccinazioni e agli screening in determinate fasce di età. Siamo pienamente consapevoli del fatto che oggi probabilmente potremmo essere interessati ad anticipare il momento dello screening o ad ampliare la fase della prevenzione. Abbiamo una serie di prestazioni che sono escluse dai Livelli Essenziali di Assistenza ma che rappresentano un grande motivo di disuguaglianza sociale per la popolazione. Abbiamo un sistema di compartecipazione che procederemo a breve ad ammodernare e che non contribuisce a ridurre le disuguaglianze della popolazione.

Abbiamo un peso sociale della gestione di una popolazione che invecchia che oggi non trova completa risposta nel Welfare pubblico. Noi vogliamo favorire uno sviluppo dei fondi integrativi quale complemento della sanità pubblica. Esistono degli spazi, degli spazi importanti, l’errore che non dobbiamo più fare è quello di ragionare in maniera asistemica, dobbiamo giocare ciascuno il nostro ruolo all’interno di un percorso condiviso e complementare.

Questo purtroppo non è avvenuto, o almeno non è avvenuto sempre. Perlomeno non è stato facilitato all’interno, non voglio dire di regole calate dall’alto, ma comunque di un modello condiviso di miglioramento della qualità della salute e di una cooperazione.

Sappiamo benissimo che nell’ambito della spesa sanitaria Out of Pocket c’è molta inappropriatezza, si ha molta attività sanitaria indotta, c’è molta sovrapposizione e tutto questo non aiuta ad utilizzare al meglio le limitate risorse di cui disponiamo. Per risorse intendo risorse del Servizio Sanitario Nazionale, le risorse dei fondi nazionali integrativi, le risorse dei cittadini, cioè le risorse che comunque a qualunque titolo vengono utilizzate da ciascuno di noi per migliorare la qualità della salute della nostra popolazione. Dobbiamo imparare a non sprecare queste risorse e quindi dobbiamo utilizzarle in maniera condivisa all’interno di una logica sistemica e complementare.

Noi ci stiamo apprestando a portare all’interno del Patto per la Salute, che è il programma dei prossimi 3 anni della sanità italiana, un focus specifico su quello che ci attendiamo dalla Sanità Integrativa, che è figlio di confronto e di audizioni e che però è figlio anche di una visione sistemica. Non possiamo più accettare che si sprechino risorse, perché come vi ho rappresentato tra 4-5 anni ci pentiremo se non saremo stati in grado e capaci di anticipare scenari che sono ineluttabili e di cui conosciamo esattamente tutte le variabili dato che noi oggi già sappiamo quello che succederà da qua a 30 anni.

Non dobbiamo chiudere gli occhi, dobbiamo anticipare le esigenze e anticipare le soluzioni. Io mi attendo dai fondi integrativi una partecipazione alla riduzione delle disuguaglianze, che significa un intervento importante laddove i Livelli Essenziali di Assistenza non riescano a garantire prestazioni, mi attendo un intervento importante sulla Long Term Care, sulla prevenzione, sull’anticipazione del momento in cui si va a screenare una popolazione per anticipare l’insorgenza di determinate patologie.

Mi attendo sostanzialmente un’utilità per la collettività a fronte del costo di cui è gravata e che deriva dal vantaggio fiscale e contributivo di cui giustamente un partner di un sistema deve beneficiare, e questo può avvenire con soddisfazione reciproca. Quello che non possiamo permetterci è avere comportamenti, prendere decisioni o utilizzare le risorse pubbliche in maniera sistemica.

Questa è la sfida che ci attende tutti quanti. Ed è una sfida che vogliamo rendere partecipata, che non vogliamo calare dall’alto, sulla quale abbiamo aperto dei ragionamenti che proseguiremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi per ammodernare in senso organico la materia, senza atteggiamenti demagogici o populisti. Quando si porta avanti un ragionamento, lo si misura e lo si dimostra con numeri alla mano, populismo, demagogia e le prese di posizione si sciolgono come neve al sole. Però dobbiamo imparare a presentare un progetto che ha queste caratteristiche, ne abbiamo le capacità, ne abbiamo tutte le informazioni ed è un dovere per tutti noi.

Pertanto vi ringrazio dell’occasione che mi avete dato per rappresentare la visione del Ministero della Salute, per ribadire che il nostro interesse è il vostro interesse e

quindi sono convinto che riusciremo a trovare spazi di reciproca collaborazione nel reciproco interesse, perché comprendiamo entrambi che non possiamo più permetterci di sottoutilizzare risorse per mantenere sobrio, resiliente e sostenibile un sistema che ancora oggi rappresenta la più bella scommessa di civiltà che un Paese possa fare.

L'ESPERIENZA NEL SETTORE DEL CREDITO