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L’USO COMBINATO DI SERVIZIO SANITARIO E SANITÀ A PAGAMENTO

SCENE DALLA SANITÀ REALE

3. L’USO COMBINATO DI SERVIZIO SANITARIO E SANITÀ A PAGAMENTO

3.1. Percorsi sanitari ibridi per massimizzare le opportunità

Il rapporto delle persone con la sanità non è mai unilaterale, cioè solo pubblico o solo privato, solo dentro il Servizio Sanitario o solo fuori: infatti, ogni persona in un anno può tentare di prenotare una prestazione nel pubblico e averne l’erogazione in tale ambito, provare a prenotarne un’altra sempre nel pubblico e optare, visti i tempi di attesa, di farla nel privato o, anche, per la stessa tipologia di prestazione o per altra tipologia, decidere di rivolgersi direttamente al privato, pagando per intero la tariffa senza tentare di prenotare nel pubblico, con approccio da rassegnati (tanto nel pubblico i tempi sono troppo lunghi).

Una mappa molto complessa di relazioni e fruizioni, in cui la configurazione dell’offerta viene sfruttata dai cittadini con forme combinatorie, ibride di utilizzo dei diversi provider.

Per rendere più completa la mappa delle relazioni tra cittadini e Sistema Sanitario, di seguito ecco altre due modalità di relazioni: combinazioni tra pubblico e privato e approccio da rassegnati.

3.2. Surfare tra pubblico e privato: prestazioni tempestive e sostenibilità dei budget familiari

Come rilevato, la stessa persona in corso d’anno può avere accesso a prestazioni nel pubblico e nel privato accreditato gratuitamente o con pagamento di ticket e, al contempo, può optare per altre prestazioni rivolgendosi al privato, scegliendo di pagare la tariffa intera. Giocano obiettivi e stati d’animo delle persone, oltre che la reale capacità di accesso e disponibilità delle prestazioni nel Servizio Sanitario.

Emblematici di questa coesistenza, nei sentieri personalizzati di diagnosi, cura, follow-up, di pubblico e privato, i dati relativi ad alcune precise patologie quali cataratta, recidiva metastatica ricomparsa di un tumore, scompenso cardiaco, protesi d’anca ed endometriosi: per queste prestazioni ben il 52,2% dichiara che oltre ad essersi curato nel pubblico ha fatto anche prestazioni nel privato pagando di tasca propria.

Ecco un esempio di percorsi combinatori dove pubblico e privato si mescolano: dagli accertamenti alle cure e terapie fino al follow-up, si moltiplicano le situazioni in cui le persone utilizzano soluzioni pubbliche e soluzioni private per avere risposte assistenziali appropriate e tempestive.

Tutti sono interessati dal fenomeno, a prescindere dalle differenze di reddito: infatti, tra coloro che sono alle prese con le patologie citate hanno fatto anche prestazioni nel privato a pagamento intero il 57% di chi ha un reddito elevato ed il 48,2% di chi ha bassi redditi.

Il ricorso al privato è in molte situazioni una necessità che chi ha maggiori risorse può praticare in modo più intenso, ma dalla quale non è esente anche chi di risorse ne ha meno.

La funzione di salvaguardia e integrazione svolta dalla sanità a pagamento in percorsi di cura centrati sul Servizio Sanitario è evidente: ci si rivolge al pubblico per curare una determinata patologia, ma se nel percorso di cura sono richiesti accertamenti, visite specialistiche, prestazioni collaterali comunque necessarie e appropriate allora per farle tempestivamente o, magari, anche comodamente per orari e location, i cittadini mettono mano al portafoglio rivolgendosi alla sanità a pagamento.

Il 62% di coloro che hanno fatto almeno una prestazione nel pubblico e nel privato accreditato ne ha fatta anche almeno una nella sanità a pagamento, privata e in intramoenia. E sono andate nel privato o passando dal tentativo di prenotazione nel pubblico o anche andando direttamente nella sanità a pagamento.

L’incrocio per reddito consente di dire che sono il 56,7% dei bassi redditi, il 61% di chi ha un reddito compreso tra i 15 e 30 mila euro, il 67,8% dei redditi tra i 30 e i 50 mila euro, il 68,9% di chi ha un reddito di oltre 50 mila euro annui (Tabella 6).

Inoltre 13,3 milioni di italiani si sono fatti visitare sia nel pubblico che nel privato per una stessa patologia: una caccia alla second opinion in una logica di soggettiva autoregolazione della salute. Il surf tra pubblico e privato è anche un modo per controverificare le prescrizione mediche su diagnosi e terapie, innalzando così qualità, efficacia e sicurezza della sanità di cui si ha bisogno.

In generale le persone surfano tra pubblico e privato per avere tempestivamente l’offerta di prestazioni di cui hanno bisogno e preservare la sostenibilità del proprio budget familiare.

Tabella 6 - Cittadini che in corso d’anno hanno fatto ricorso alla sanità pubblica e/o privato convenzionato ED alla sanità a pagamento, per reddito (val. %)

Hanno fatto ricorso

alla sanità pubblica e alla sanità a pagamento

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: indagine Censis 2019

3.3. I rassegnati: tanto la lista di attesa è troppo lunga

Per fare una determinata prestazione, oltre a tentare di svolgerla nel pubblico e/o nel privato accreditato e, eventualmente, optare di farla nella sanità a pagamento, esiste anche una terza ipotesi: andare direttamente nel privato, senza nemmeno provare a prenotare nel pubblico.

Dichiara di essere andato in corso d’anno direttamente nel privato senza nemmeno passare dal pubblico per almeno una prestazione LEA il 44% degli italiani e sono il 38%

dei redditi fino a 15 mila euro, il 45,3% di quelli tra i 15 e i 30 mila euro, il 49,3% dei redditi tra i 30 e i 50 mila euro, il 50,7% di chi ha un reddito di oltre i 50 mila euro.

Tabella 7 - Italiani che negli ultimi 12 mesi hanno svolto direttamente nel privato pagando di tasca propria visite specialistiche e accertamenti diagnostici senza provare a prenotare la prestazione nel pubblico e/o privato convenzionato* (val. %)

%

* Sono riportate alcune delle prestazioni oggetto di indagine Fonte: indagine Censis 2019

Il 36,9% ha provato a prenotare direttamente nel privato una qualche visita specialistica (14,7% visite oculistiche, 7,7% visita ginecologica, 6,2% visita cardiologica, 6% visita dermatologica, ecc.), il 15,8% un qualche accertamento diagnostico (5,4% ecografie, 4% raggi X, 3% elettrocardiogramma, 3% risonanza magnetica) (Tabella 7).

La scelta di ricorrere direttamente al privato pagando di tasca propria è sintomatica di uno stato di scoraggiamento delle persone: alla richiesta di indicare le motivazioni di tale comportamento il 61,9% dichiara di averlo fatto perché tanto le liste di attesa sono troppe lunghe, il 43,4% perché voleva un medico o una struttura di fiducia, il 21,6%

perché era alla ricerca di servizi migliori, più personalizzati, il 20,1% per avere orari più comodi, il 13,5% perché il prezzo era conveniente (Tabella 8).

Il ricorso diretto al privato, quindi, è dettato da un mix di motivazioni: il dato per reddito indica però che optano per il privato perché scoraggiati sulla possibilità di accedere tempestivamente nel pubblico il 66,9% dei redditi fino a 15 mila euro e il 55,2% tra chi ha un reddito che supera i 50 mila euro annuali. La convinzione di non poter avere, almeno per quella specifica prestazione, una risposta nel pubblico nei tempi attesi e necessari è quello che più spinge i bassi redditi a metter mano al portafoglio.

Pertanto è vero che una quota di privato risponde ad una domanda ad alta solvibilità e tuttavia rivolgersi direttamente al privato non è un’esclusiva dei benestanti: ci sono situazioni in cui anche chi ha basso reddito agisce da rassegnato, cioè va nel privato perché pensa che tanto nel pubblico i tempi di attesa siano troppo lunghi.

Sono prestazioni per le quali nelle persone è prevalso un senso di rassegnazione e quindi la decisione conseguente di rivolgersi direttamente al privato.

Tabella 8 - Motivazioni per cui i cittadini si sono rivolti direttamente alla sanità privata* (val. %)

%

Perché tanto le liste di attesa nel pubblico sono troppo lunghe 61,9

Voleva un medico/struttura in cui ha particolare fiducia 43,4

Voleva servizi migliori, più personalizzati 21,6

Voleva orari più comodi/possibili (ad es. senza chiedere permessi al lavoro) 20,1

Il costo era conveniente, ne valeva la pena 13,5

Le strutture pubbliche e/o quelle accreditate erano lontane o difficili da raggiungere 7,4

* Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis 2019

3.4. Privato vuol dire inappropriato? No

I numeri dei LEA negati e di quelli transitati nel privato direttamente per rassegnazione raccontano di un universalismo formale che ha lasciato il posto ad una selettività indotta dalla lunghezza delle liste di attesa.

Come rilevato ci sono coloro che, visti i tempi di attesa, vanno nella sanità a pagamento e coloro che nemmeno tentano di prenotare per certe prestazioni: non sono gruppi distinti, ciascuna persona può assumere in corso d’anno per le prestazioni sanitarie di cui ha bisogno approcci diversi con scelte diverse.

Ed è una modalità di rapporto con la sanità socialmente trasversale: non sono solo i benestanti ad andare direttamente nel privato, capita anche a ceto medio e bassi redditi per alcune situazioni. Capita meno ovviamente a chi ha redditi più bassi, ma è comunque un comportamento plausibile e diffuso, soprattutto quando si ha una esigenza precisa di visita, accertamento, riabilitazione o di altro tipo.

La domanda ineludibile è: sono appropriate le prestazioni che gli italiani fanno direttamente nel privato pagando di tasca propria? Sono necessarie e appropriate o sono semplicemente esito di una sorta di ipocondria di massa, un consumismo sanitario che sopravvive al consumismo diffuso spazzato via dalla grande crisi ed estraneo all’attuale modello di consumo in cui la spesa per consumi stenta a ripartire?

Una misura di appropriatezza è senz’altro legata alla presenza di prescrizione medica o meno: ebbene, 71 prestazioni su 100 di quelle fatte direttamente nel privato pagate di tasca propria dai cittadini sono state prescritte dal medico, o MMG o specialista o di Pronto Soccorso.

È un dato che smentisce la retorica che vuole le prestazioni svolte nel privato esito sempre e solo di un consumismo sanitario deplorevole e, tutto sommato eliminabile, senza negativi impatti su buona salute degli italiani e diritto di cura.

Più nello specifico emerge che sono state prescritte dai medici, MMG, specialisti o Pronto Soccorso:

- l’86,6% delle prestazioni di riabilitazione, - l’83,6% degli accertamenti diagnostici;

- il 62,6% delle visite specialistiche.

Relativamente alle visite specialistiche, sono state prescritte da un medico il 92,5%

delle visite oncologiche, l’88,3% delle visite di chirurgia vascolare, l’82,4% delle prime visite cardiologiche con ECG, l’81,2% delle visite pneumologiche, l’80,7% delle visite urologiche, il 79,6% delle visite gastroenterologiche, il 78,8% delle visite neurologiche, il 78,4% delle visite fisiatriche, il 76% delle visite cardiologiche, il 74,6% delle visite

ortopediche, il 61,1% delle visite pediatriche, il 58,7% delle visite otorinolaringoiatriche, il 56,7% delle visite dermatologiche, il 49,9% delle visite oculistiche, il 43,6% delle visite ginecologiche (Tabella 9).

Tabella 9 - Graduatoria delle visite specialistiche svolte nella sanità privata per quota prescritta dai medici (val. %)

Visite svolte nella sanità privata prescritte da un medico (val. %)

Visite specialistiche di cui 62,6

Visita oncologica 92,5

Visita chirurgia vascolare 88,3

Prima visita Cardiologica con ECG 82,4

Visita pneumologica 81,2

Visita urologica 80,7

Visita gastroenterologica 79,6

Visita neurologica 78,8

Visita fisiatrica 78,4

Visita cardiologica 76,0

Visita ortopedica 74,6

Visita pediatrica 61,1

Visita otorinolaringoiatrica 58,7

Visita dermatologica 56,7

Visita oculistica 49,9

Visita ginecologica 43,6

Fonte: indagine Censis 2019

Per quanto riguarda gli accertamenti diagnostici sono stati prescritti da un medico il 100% delle artroscopie, il 95,4% delle scintigrafie ossee, il 94,2% delle TC, il 92,5%

delle gastroscopie, il 91,5% delle risonanze magnetiche, il 90,9% delle RX, l’84,2%

delle colonscopie, l’83,5% delle densitometrie ossee, l’82,1% dei test genetici e immunogenetici, l’82% delle ecografie, il 79,4% degli elettrocardiogrammi, il 77,4%

degli elettroencefalogrammi, il 76,6% dei PSA, il 61,8% delle mammografie, il 59,3%

delle audiometrie (Tabella 10).

I dati sono eloquenti e raccontano dell’appropriatezza della grandissima parte delle prestazioni richieste ed erogate nel privato che non sono esito di una libera e dissennata scelta dei singoli cittadini ma appunto di prescrizioni mediche.

Tabella 10 - Graduatoria degli accertamenti diagnostici svolti nella sanità privata per quota prescritta dai medici (val. %)

Visite svolte nella sanità privata prescritte da un medico (val. %)

Accertamenti diagnostici 83,6

Artroscopia 100,0

Scintigrafia ossea 95,4

TC (es. addome superiore, addome inferiore, addome

completo, torace, cranio-encefalo) 94,2

Gastroscopia 92,5

Risonanza Magnetica (es. addome inferiore, superiore,

collo, colonna, ecc.) 91,5

RX (es. femore, caviglia, ginocchio, spalla gomito, ecc.) 90,9

Colonscopia 84,2

Densitometria ossea 83,5

Test genetici e immunogenetici 82,1

Ecografia (es. addome superiore, inferiore, completo, ecc.) 82,0

Elettrocardiogramma (ECG) 79,4

Elettroencefalogramma (EEG) 77,4

PSA 76,6

Mammografia 61,8

Audiometria 59,3

Fonte: indagine Censis 2019