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Il problema della quantificazione della povertà apre numerose questioni. Oggetto di dibattito tra gli studiosi e gli analisti delle dinamiche economiche e sociali, prima fra tutte quella relativa all’idea stessa di povertà, cosa essa sia e le ragioni che la

determinano. La crescente attenzione verso questo tema nel corso degli ultimi anni ha generato oltre ad una cospicua quantità di definizioni , anche, una molteplicità di scelte tecniche relative alla misurazione del concetto di povertà. Prima di entrare nel dettaglio della trattazione delle principali survey nazionali e internazionali sulla povertà, vi è innanzitutto una necessaria distinzione da fare riguardo alle modalità di misurazione

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della povertà. Come è stato indicato nei precedenti paragrafi una prima distinzione, più tradizionale, riguarda l’approccio unidimensionale o (approccio monetario), basato essenzialmente sulla definizione e misurazione della povertà a partire da un’unica variabile sia essa il reddito o la spesa. Da qui deriva l’identificazione della povertà come mancanza di benessere economico, ossia come la caduta di un indicatore monetario al di sotto di una soglia oggettiva: la linea di povertà . Diversi sono gli approcci che condividono l’esigenza di stabilire una “soglia” di demarcazione al di sotto della quale si è ritenuti poveri. Tale soglia viene identificata in funzione di alcuni

parametri che possono determinare, a parità di risorse, un diverso risultato in termini di soddisfacimento dei bisogni, oppure di svantaggio relativo o di percezione , quali, ad esempio, la dimensione familiare oppure la zona di residenza[Cervia, 2015:21]. Una seconda distinzione riguarda invece, l’approccio multidimensionale: esso estende l’attenzione verso un numero maggiore di dimensioni che influiscono sul determinare lo stato di povertà. Il reddito, dunque è solo una delle dimensioni della povertà. Questo tipo di approccio focalizza l’attenzione sulla “qualità della vita” più che sulla ricchezza posseduta, sull’esclusione sociale, sulle molteplici forme di vulnerabilità e disagio sociale, permettendo, oltre ad una descrizione più attenta del fenomeno, una spiegazione più appropriata delle cause che generano povertà. Nella fase di operativizzazione, a fini euristici, è inoltre essenziale chiarire quale sia l’unità di analisi e l’ambito spazio temporale di osservazione entro i quali si indaga il fenomeno. Per cui nel campo delle indagini sulla povertà , due possibili alternative si presentano: ovvero la scelta come

unità di analisi individuale o familiare [Tomei, 2011]. Per quanto riguarda le indagini quantitative sulla povertà, i dati, per poter essere

confrontati, necessitano di una loro preliminare omogeneizzazione, resa possibile attraverso l’utilizzo di «scale di equivalenza». Esse, definite come un insieme di coefficienti correttivi, vengono impiegate per dividere la spesa per consumi o reddito familiare, in modo da ottenere una spesa o un reddito “equivalente”. In altri termini, si tratta di numeri indice in grado di esprimere l'ammontare di reddito necessario per mantenere lo stesso livello di benessere di una famiglia di riferimento al variare delle caratteristiche familiari in termini di numerosità e, in alcuni casi, di età. La scala di equivalenza adottata nel nostro paese si basa sulla spesa per consumo delle famiglie (beni alimentari). La scala di equivalenza è data dal rapporto tra le spese totali sostenute

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da famiglie con diverse caratteristiche socio- demografiche e quelle della famiglia di riferimento, la quale presenta la stessa quota di spesa per lo stesso insieme di beni [Carbonaro, 2002 in Mattutini, 2013: 42].

A seguire si porrà attenzione sulle misure di povertà più utilizzate, con riferimento alla dimensione monetaria, pertanto i metodi più comunemente utilizzati sono la Curva di Lorenz e l’indice del Gini.

La curva di Lorenz permette una rappresentazione grafica della distribuzione dei redditi, all’interno di una realtà oggetto di studio ed è frutto dell’incrocio di due variabili: percentuale cumulata della popolazione e percentuale cumulata del reddito della popolazione.

Figura n.2 Curva di Lorenz e retta di equidistribuzione

Se i redditi della popolazione sono distribuiti in maniera equa, la curva di Lorenz coincide con la bisettrice. Mano a mano che ci si allontana da questa condizione si assiste all’incremento della disuguaglianza. La differenza tra la bisettrice e l’area sottostante alla curva di Lorenz ci da una misura dello scostamento dalla perfetta uguaglianza mentre nel caso in cui la curva coincide con l’asse delle ascisse si ha una situazione di completa disuguaglianza, nella quale tutta la ricchezza presente è nelle mani di una sola persona. Questo strumento si rivela particolarmente utile per avere una immagine immediata della disuguaglianza presente in una determinata realtà oggetto di

Retta diequidistribuzione

% cumulata dei redditi

Curva di Lorenz

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studio e può permettere interessanti interpretazioni in caso di studi diacronici e/o comparativi. Strettamente collegato a questa misuratroviamo l’indice di Gini (o

rapporto di concentrazione)21, considera l’area che intercorre tra la curva di Lorenz e la retta di equidistribuzione, avente valori compresi tra 0 quando tutti gli individui

presentano lo stesso reddito, e 1 quando un solo individuo possiede tutto il reddito disponibile.

Altre misure di povertà, comunemente ricavate dall’analisi della variabile reddito, sono

l’incidenza della povertà e lo scarto medio o medio ponderato dalla linea di povertà. L’indice di incidenza della povertà varia tra 0 e 1 ed esprime il numero di persone che si

trovano al di sotto della soglia di povertà rispetto al totale della popolazione. Lo

svantaggio di questa misura è che non fornisce alcuna informazione circa la condizione di coloro che si trovano in condizione di povertà e quindi, in generale, sulla gravità della deprivazione. Lo scarto relativo medio dalla linea di povertà nasce con l’obiettivo di prendere in considerazione solo la parte della popolazione che si trova in situazioni di povertà. L’indice si ottiene calcolando la differenza esistente tra i redditi di ciascun povero e la linea di povertà22. Il suo limite è quello di poter presentare risultati distorti, poiché lo scarto relativo medio non è altro che una media. Tale indice può essere anche corretto

grazie ad una ponderazione per l’incidenza relativa della povertà23. Un ulteriore sistema di misurazione molto noto é l’indice di povertà proposto da Sen. La

misura proposta dall’autore parte dall’osservazione dei limiti derivanti dall’indice di incidenza della povertà: in altre parole, la misura della povertà, tradizionalmente utilizzata, non fornisce alcuna indicazione circa la distribuzione dei redditi all’interno della parte di popolazione povera. L’Indice di Sen tenta di legare la povertà con la sua gravità e la sua dispersione24. Esso varia da 0 (nessuno è considerato povero) a 1 (nessuno ha redditi). Anche l’indice di Sen è stato comunque criticato per due diverse 21 Formula: 𝐺𝑝 = 2 𝑁2 𝑦∑ 𝑖 (𝑦𝑖−𝑦̅ 𝑛 𝑖=1 )

N è la numerosità della popolazione e 𝒚 il reddito medio.

22smr=1 𝑛∑ ( 𝑧−𝑦𝑖 𝑧 𝑞 𝑖=𝑡 )

z è la linea di povertà e 𝒚𝒊 rappresenta il reddito della persona i.

23srm= ip*srm.

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ragioni. Esso non sarà mai uguale al valore delle due distribuzioni originarie quando verrà calcolato sulla somma di due popolazioni uguali ed, inoltre, non riflette le diverse

situazioni dei differenti paesi considerati.

5.1 Le principali misure di povertà utilizzate nel panorama Europeo e Nazionale.

All’articolo 1 della Costituzione Europea, nella presentazione degli obiettivi dell’Unione, si afferma che: “l’Unione combatte l’esclusione sociale e la

discriminazione e promuove la giustizia e la protezione sociale, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore”. La concezione di povertà presa in considerazione dalla Comunità europea si caratterizza per la volontà di utilizzare un approccio di tipo multidimensionale; essa sottolinea l’esigenza di effettuare delle osservazioni che permettano di raccogliere informazioni sulla povertà, sia in relazione all’aspetto oggettivo, sia con riferimento a quello soggettivo [Rovati, 2007].

L’obiettivo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale ha assunto una importanza centrale nell’ultimo decennio. Uno degli eventi più importanti, a questo proposito, è stato il Consiglio Europeo di Lisbona nel marzo del 2000, con il quale è stato esplicitato l’impegno, da parte di tutti gli stati membri, a sviluppare strategie sinergiche per la lotta alla povertà. Tale intento ha trovato un primo momento di concretizzazione nella definizione delle dimensioni da considerarsi significative per la lettura del fenomeno della povertà, dell’esclusione sociale e degli obiettivi da perseguire per il loro contrasto nel Consiglio Europeo di Nizza del dicembre 2000. All’interno del panorama europeo il Comitato per la Protezione Sociale della Comunità (CPS), su mandato del Consiglio Europeo di Stoccolma, tenutosi nel 2001, è giunto alla identificazione di un insieme di indicatori, con validità europea, presentati al Consiglio di Leaken del dicembre 200125. Tale strategia ha avuto la duplice funzione: monitorare l’andamento della povertà e dell’esclusione sociale; e allo stesso tempo, permettere di dotarsi di strumenti

interpretativi efficaci e utili per una adeguata valutazione degli interventi da attuare in

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vista dell’obiettivo, che successivamente si è rilevato particolarmente ambizioso, di eradicare la povertà nel 201026.

Lungo tale percorso, in Italia per quanto riguarda la misurazione della povertà, l’indagine ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) ne rappresenta la fonte ufficiale sui consumi. Ogni anno elabora le stime ufficiali sulla povertà nel nostro Paese sulla base dell’indagine sui consumi delle famiglie italiane27. La misura principale adottata dall’ Istat si ricollega agli approcci di tipo relativo e viene identificata come lo svantaggio di alcuni soggetti (famiglie o individui) rispetto ad altri28.Da ricordare inoltre che a queste misurazioni si aggiungono anche le rilevazioni condotte da parte della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie. A questa tradizionali rilevazioni condotte nel nostro Paese, si è aggiunta nel 2004, una nuova fonte di informazioni legata all’avvio della prima

indagine Eu-SILC ( Statistics on Income and Living Conditions)29.

Obiettivo fondamentale dell’indagine Eu-Silc è costituire una base informativa per finalità scientifiche e politiche. Rientra nella prima categoria la possibilità di effettuare una attenta analisi della distribuzione dei redditi, della disuguaglianza e della povertà, mentre rinvia al secondo obiettivo l’opportunità di considerare, in termini analitici, lo stato delle famiglie di un paese; ciò viene fatto per valutare gli effetti delle politiche,

26- Gli indicatori primari (comuni): sono costruiti per esprimere le dimensioni considerate più significative dell’esclusione sociale e

della povertà e possono essere definiti come il cuore dell’intero sistema di indicatori. - Gli indicatori secondari (comuni): hanno una funzione integrativa degli indicatori primari. - Gli indicatori di terzo livello (nazionali): hanno la funzione di evidenziare aspetti specifici del fenomeno, che caratterizzano

differenti aree geografiche e permettono una maggiore contestualizzazione delle informazioni derivanti dai due precedenti gruppi. Proprio per queste caratteristiche, la loro scelta è lasciata agli stati membri, che li adottano nei Piani di Azione Nazionale.

27Nell’indagine sul consumo l’Istat rileva le spese familiari per consumi e consente di descrivere, analizzare ed interpretare i

comportamenti di spesa delle famiglie italiane. L’indagine ha lo scopo di rilevare le principali caratteristiche sociali, economiche e territoriali delle famiglie residenti. Grazie al disegno che la caratterizza, l’indagine consente di conoscere e seguire, l’evoluzione, in senso qualitativo e quantitativo, degli standard di vita e dei comportamenti di consumo delle famiglie, in riferimento ai differenti ambiti territoriali e sociali. [www.Istat.it]

28L’incidenza della povertà assoluta è calcolata sulla base di una soglia corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per

acquisire un paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una determinata famiglia, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile. Sono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia (che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per ripartizione geografica e per ampiezza demografica del comune di residenza) [ Nota metodologica- La povertà in Italia 2015, report statistiche p.2]. L’incidenza della povertà relativa (percentuale di famiglie e persone povere) viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. La soglia di povertà per una famiglia di due componenti è posta pari alla spesa media mensile per persona nel Paese; questa è risultata nel 2015 pari a 1.050,95 euro (+0,9% rispetto al valore della soglia nel 2014, pari a 1.041,91 euro). Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a tale valore vengono classificate come povere. Per famiglie di ampiezza maggiore il valore della linea si ottiene applicando un’opportuna scala di equivalenza che tiene conto delle economie di scala realizzabili all’aumentare del numero di componenti [ “Scala di equivalenza” 2015 , nel Glossario e la Nota metodologica .p.7]

29 Concordata in sede europea e dunque condotta in tutti i 25 Stati membri dell’Unione Europea, in sostituzione del precedente

protocollo di rilevazione europeo noto come European Community Household Panel (ECHP), e realizzato per otto anni dal 1994 al 2001. Tale rilevazione adottava sia l’approccio “oggettivo” sia l’approccio “soggettivo” oltre ad offre la possibilità di elaborare una serie di informazioni di carattere economico monetarie per giungere a quella che può essere definita povertà “complementare”. Quest’ultima forma di povertà ha rappresentato il primo tentativo, su larga scala, di costruire un indicatore sintetico che restituisce il carattere multidimensionale della povertà. L’indicatore era sostenuto dalla combinazione di più indicatori semplici: oltre al reddito, si considerava il possesso di alcuni beni di consumo, le condizioni abitative, la capacità della famiglia di effettuare vacanze, di poter consumare un pasto proteico, di far fronte ai pagamenti programmati e necessari.

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prevalentemente di stampo redistributivo, destinate alla famiglia. Il “core” informativo è centrato attorno alle tematiche del reddito, della formazione, del mercato del lavoro e dell’esclusione sociale e marginalità30.

La lettura integrata di queste misure si propone di fornire una valutazione dell’incidenza della povertà a livello nazionale e internazionale, ma permette anche delle

interpretazioni circa gli effetti delle principali trasformazioni che si verificano nel mercato del lavoro, nella struttura delle famiglie e che si dimostrano in grado di influenzare i flussi in entrata e uscita dalla condizione di povertà.

La misura di povertà multidimensionale maggiormente utilizzata a livello internazionale è l’Indice di Sviluppo Umano (ISU), introdotto nel 1997 dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (in inglese United Nations Development Programme,

ossia UNDP). Esso si caratterizza perché viene a comparare informazioni legate all’aspettativa di vita, il livello di istruzione e il reddito.

L'UNDP definisce lo sviluppo umano come "... un processo di ampliamento delle scelte delle persone". Tre scelte sono identificate come essenziali per tutti i livelli di sviluppo: "per le persone condurre una vita lunga e sana, acquisire conoscenze e avere accesso alle risorse necessarie per un tenore di vita dignitoso"31. Viene pubblicato ogni anno e, pertanto, offre l'opportunità di tracciare le tendenze nel tempo. Si utilizzano tre

dimensioni essenziali e misurabili dello sviluppo umano attraverso quattro indicatori per creare un indice per ogni dimensione che viene poi combinata per generare l’ISU , come illustrato nel grafico n.3.(nella pagina seguente)

30C.Freguja, Il progetto EU-Silc: una nuova indagine comparativa per l’Europa allargata,paper presentato al convegno CIES

“Povertà, lavoro e politiche per l’inclusione” ,Trento 11-12 novembre 2005

31 Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, 2004. “Rapporto sullo sviluppo umano 2004: libertà culturale nel

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Fonte: Human Development Report 2016, Technical notes.

Infine un ulteriore stima di misurazione è costituito dall’Indice di Povertà Umana (IPU), anch’esso messo a punto nel 1997 dall’UNDP (United Nations Development Programme)32. Esso valuta se gli individui all’interno delle loro società dispongano o meno delle opportunità necessarie per condurre una vita lunga e sana per essere istruiti e per godere di un tenore di vita dignitoso. Ricollegandosi espressamente alla teoria delle capacità di Amartya Sen, identifica la povertà non solo come condizione di privazione materiale dell’individuo ma anche come perdita di opportunità concrete, di impossibilità a realizzare traguardi e funzionamenti fondamentali della vita umana: vivere una vita il quanto più lunga possibile, nutrirsi e coprirsi, godere di buona salute, istruirsi,

partecipare attivamente alla vita comunitaria e così via. Pertanto l’IPU è una misura composita che include le stesse dimensioni essenziali della vita umana considerate dall’ISU quali la longevità, conoscenza e standard di vita dignitoso , adottando delle variabili ulteriori, come l’esclusione sociale.

32Cfr., UNDP, 8° Rapporto sullo sviluppo umano, Rosenberg & Sellier,1997

Grafico n. 3 Componenti dell’Indice di Sviluppo Umano

Dimensioni Vita lunga e sana Conoscenza Tenore di vita decente

Indicatori Aspettativa di vita Anni previsti Anni medi PIL pro capite alla nascita di scuola di scuola

Indici di Indice di aspettativa Indice di Istruzione PIL

dimensioni di vita

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5.2 Ulteriori indagini sulla povertà nel contesto territoriale Italiano. Il ventunesimo secolo si è aperto con interessanti sperimentazioni che hanno fatto

ricorso a nuove metodologie integrate di ricerca orientate ad operativizzare in modo efficace la teorizzazione della povertà come fenomeno multidimensionale. Le tre esperienze di maggiore interesse ai fini del ragionamento che si sta conducendo in questo lavoro, e circoscritte al panorama italiano sono: l’indagine condotta dal gruppo CAPP di Modena, che hanno sperimentato una misurazione multidimensionale della povertà attraverso la contemporanea considerazione di sei dimensioni del benessere che assieme contribuiscono all’analisi del tenore di vita33. I medesimi indicatori di carattere multidimensionale sono stati utilizzati per un’indagine di tipo ecologico, condotta da IRPET e CRIDIRE in collaborazione con le università di Siena e Pisa, per la mappatura del fenomeno povertà e l’individuazione delle differenze territoriali all’interno della realtà toscana[Scilone, Cervia, 2015: 47].

6. Il processo di impoverimento:la povertà come fenomeno Multidimensionale.