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contrasto alla povertà educativa minorile.

3. Gli strumenti di policy

Il contrasto della povertà rappresenta l’obiettivo principale dell’intero sistema di welfare [Beveridge 1942]. Tuttavia escludendo dall’analisi le misure di carattere previdenziale66, le due misure centrali per il contrasto alla povertà e all’esclusione sociale sono: i programmi di reddito minimo ed i percorsi di (re)inserimento socio- professionale.

Le misure di reddito minimo sono volte all’integrazione del reddito di coloro che non dispongono di risorse autonome sufficienti a garantire standard di vita considerati minimi in ciascuno contesto. Introdotti nella maggioranza dei paesi europei nell’Epoca d’Oro del Welfare State. Gli schemi di reddito minimo si articolano in trasferimenti monetari, tipicamente finanziate attraverso la fiscalità generale. La loro fruizione è potenzialmente aperta a tutti, ma spesso subordinata all’accertamento di una condizione di bisogno in nome di un principio di universalismo selettivo67.

Tutti gli schemi messi in atto fino ad oggi nei paesi europei sono, dunque, redditi minimi con “condizionalità”, ovvero vincolati all’esistenza e all’accertamento della condizione di bisogno economico. Viceversa il reddito minimo “incondizionato”(basic income), ovvero un trasferimento periodico pubblico a tutti i membri adulti di una

66La cui finalità prevalente è quella di garantire ai cittadini i mezzi di vita e l’assistenza in caso di infortuni, malattia,

disoccupazione o nella vecchiaia.

67Ovvero a tutti i cittadini, non solo al alcune categorie, purché soddisfino determinati requisiti di bisogno, ovvero a fronte della

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società, indipendentemente dal livello di reddito, al fine di liberarli dai condizionamenti economici, non ha mai trovato realizzazione, tanto per l’insostenibilità finanziaria, quanto per strenue opposizioni all’idea che la collettività si faccia carico della

sussistenza anche di chi, pur in grado di farlo, si rifiuti di lavorare[Van Parijs, 2000 in Gambardella, 2011:39]. A questi schemi si associano, in molti casi, misure di

reinserimento sociale e lavorativo, con un diverso grado di obbligatorietà per i potenziali destinatari68. Si tratta, nel complesso di politiche esplicitamente rivolte al contrasto di forme estreme di deprivazione materiale e, indirettamente, all’esclusione sociale, allo scopo di integrare attivamente i potenziali destinatari e insieme

minimizzare i rischi di dipendenza dall’assistenza sociale[Heikkila, Kuivalainen, 2002]. Nel quadro complessivo degli schemi di reddito minimo, coesistono differenti usi e definizioni del sostegno garantito. [Jansova, Venturini, 2009]. Una misura di reddito minimo è attualmente presente in quasi tutti i Paesi dell’Europa a 28, ricordando le sole eccezioni di Italia e Grecia, dove fino a pochi anni fa esistevano solo misure categoriali (es: in Italia, per gli anziani e le famiglie numerose)69.

Per cui ad oggi, tutte le nazioni europee possiedono un qualche strumento di reddito minimo per fronteggiare la povertà, garantendo un adeguato standard di vita e il reinserimento sociale delle persone con reddito insufficiente, con variazioni notevoli circa la struttura dei trasferimenti, i criteri di eleggibilità e il grado di copertura assicurato. Si tratta per lo più di misure non categoriali, finanziate dai governi nazionali mediante il prelievo fiscale e amministrate , salvo rare eccezioni70, a livello locale.

I principali criteri di eleggibilità sono rappresentati dalla residenza, l’età e il reddito. In tutti i paesi dell’unione europea il reddito minimo è rivolto a coloro che risiedono stabilmente nel paese di riferimento, anche se è possibile registrare un’estrema

variabilità nel modo di definire tale requisito. Meno stringenti appaiono le restrizioni in

68L’ondata dell’attivazione investì sia le politiche del lavoro sia quelle di assistenza sociale, avvicinandole, e rendendo le platee dei

loro beneficiari più contigue, in parte sovrapponibili [Sabatinelli 2010]. In generali i servizi all’impiego gestiscono i casi con maggiori risorse individuali e opportunità occupazionali, mentre ai servizi sociali restano in carico i casi più svantaggiati, più difficilmente collocabili sul mercato del lavoro, che necessitano di percorsi di accompagnamento più forti e articolati, valorizzando le risorse e colmando le lacune. I percorsi di inserimento professionale comprendono: -corsi di formazione e riqualificazione, orientamento e counseling, -esperienze di lavoro protette, fino ad arrivare al sostegno all’auto imprenditorialità.

69Per gli anziani sopra i 65 anni a basso reddito (assegno sociale) e per le famiglie numerose con almeno 3 figli minori (l’assegno

al nucleo con almeno tre figli minori, introdotto nel 1999.Nel 2008 è stato introdotto un nuovo programma-la social card- che consiste in un modesto credito mensile da (40euro), spendibile presso diversi esercizi commerciali e rivolto unicamente a persone over 65 e a famiglie con figli di età inferiore ai 3 anni con reddito molto basso.

70In Germania e Austria derivano interamente dal livello periferico , mentre in Svezia e Slovacchia si rileva la presenza di una

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relazione all’età dei destinatari, salvo la predisposizione di soglie minime o massime di accesso. La durata del beneficio economico è di norma illimitato in virtù della

persistenza dei requisiti di accesso, anche se non mancano le eccezioni71. In generale si evidenzia un panorama di misure diversificato, oltre che per generosità, anche per il grado di rigidità delle condizioni di accesso. Sono misure, spesso, complementari rispetto ad altre forme di erogazione e, in alcuni contesti, basate sull’integrazione tra diversi ambiti di policy( sociali, del lavoro, educative e di formazione, sanitarie e abitative). La maggior parte dei paesi associa al trasferimento economico programmi di inserimento volti a sostenere la ricerca attiva di un lavoro e l’acquisizione di

competenze adeguate a tal scopo. Gli interventi vanno dalla consulenza, alla

formazione, all’offerta di stage per l’acquisizione di esperienze di lavoro. In generale la partecipazione ai programmi di inserimento, o quanto meno, la disponibilità a farlo da parte del richiedente, è condizione necessaria per la fruizione dei trasferimenti

economici. Ai programmi di inserimento lavorativo si associano, talvolta, specifici percorsi di sostegno sociale per le persone inabili al lavoro [Lumino, 2013:35].

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Le politiche pubbliche nel contesto europeo per contrastare la povertà.

Nel contesto della Strategia di Lisbona(2000), la Commissione Europea ha presentato nel giugno del 2000 l’Agenda Sociale Europea (2000-2005) per garantire la massima sinergia tra politiche economiche,occupazionali e sociali, e trasformare gli impegni politici assunti a Lisbona in azioni concrete. Tale Agenda era finalizzata a potenziare il ruolo della politica sociale sia come fattore di competitività che strumento di tutela degli individui e riduzione delle disuguaglianze, nell’ottica di un rafforzamento reciproco di crescita economica e coesione sociale.

Si è così progressivamente affermata l’idea di un modello sociale europeo caratterizzato da un elevato livello occupazionale , accompagnato da una buona qualità di vita e una significativa solidarietà rivolta soprattutto a favorire l’inclusione e l’integrazione sociale. Un decennio caratterizzato anche dall’adozione della Raccomandazione

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La durata del beneficio è invece predeterminata in Lituania, Slovenia, Francia e Lettonia( da 3 a 24m), Portogallo e Spagna (12m), Slovacchia(24m).

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“Unione Europea 3/9/2008 sull’inclusione attiva”, avente ad oggetto una strategia basata su tre pilastri: a)Supporto al reddito adeguato; b)Mercati del lavoro inclusivi; c)Accesso a servizi di qualità, esplicitamente riferendosi ai principi del “welfare attivo”, assunto dall’Unione Europea da Lisbona in poi. Si inaugura una nuova generazioni di politiche sociali e del lavoro, dove il welfare state da erogatore di dispositivi di tutela e di protezione passiva diviene produttore di servizi promozionali personalizzati

[Lodigiani Riva, 2011]. L’ambito in cui si esprime l’attivazione è quello lavorativo, sostenendo che l’obiettivo della piena occupazione è lo strumento più efficace di lotta alla povertà. In questa logica il modello sociale europeo punta a riallineare lavoro e welfare ,stabilendo un rapporto diretto tra occupazione e protezione sociale. Il fine è quello di combattere la dipendenza passiva, realizzando una protezione sociale attivante, e, valorizzando la responsabilità del soggetto nei confronti del proprio benessere. Sul finire del primo decennio del nuovo secolo la Commissione Europea ha messo la lotta alla povertà al centro dei suoi impegni internazionali72, al centro del Pilastro europeo dei diritti sociali73 e della Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva74. L’obiettivo comune prefissato è quello di fare uscire, entro il 2020, dal rischio di povertà e di esclusione sociale almeno 22 milioni di persone (di cui i minori costituiscono la parte preponderante) attraverso il conseguimento, con politiche specifiche, di obiettivi stabiliti nei programmi nazionali di riforma (PNR), da parte di tutti i 28 Stati membri75. Alle politiche specifiche di contrasto della povertà devono affiancarsi le politiche per il rilancio della crescita economica , le politiche di sviluppo locale partecipativo, le politiche per l’istruzione/formazione, e le politiche per

l’occupazione (miranti a raggiungere, sempre entro il 2020, un tasso di occupazione di donne e uomini tra i 20 e i 64 anni di almeno il 75%). Non si tratta soltanto di far entrare sul mercato del lavoro chi ancora non ne fa parte o di far rientrare sul mercato del lavoro chi ne è stato espulso (disoccupati), si tratta anche di migliorare le condizioni

72 Il primo dei 17 obiettivi globali previsti dalla Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, sottoscritta anche dalla

Unione Europea, è quello di “end poverty in all its forms everywhere”. Questo obiettivo viene declinato in due modalità: eliminare entro il 2030 la povertà estrema in tutto il mondo attualmente misurata come la quota di persone che vivono con meno di $1,25 al giorno; ridurre, entro il 2030, almeno della metà la percentuale di uomini, donne e bambini di ogni età che vivono in povertà secondo tutte le sue dimensioni, individuate in base alle definizioni nazionali.

73 Il Pilastro europeo dei diritti sociali stabilisce 20 principi e diritti fondamentali in tre ambiti (pari opportunità e accesso

al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque, protezione ed inclusione sociale) per affrontare le nuove sfide nel mondo del lavoro e nella società del XXI secolo al fine di realizzare in Europa la promessa, contenuta nei Trattati, di un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che miri alla piena occupazione ed al progresso sociale.

74Cfr. European Commission (2010)

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lavorative di chi è già occupato76. La povertà è infatti connessa, come è stato illustrato in precedenza, anche alla situazione di famiglie che dipendono da un unico reddito da lavoro. La povertà dei minori, che dipendono legalmente e materialmente dai loro genitori, è quindi strettamente collegata alla scarsa dotazione (demografica,

occupazionale, economica, educativa, di salute, abitativa, di reti di solidarietà) della famiglia di origine77.

Per aiutare i bambini ad uscire dalla povertà occorre un approccio multidimensionale che integri diverse politiche78. Le politiche di contrasto alla povertà dei minori sono politiche lungimiranti perché non si limitano a scongiurare gli effetti negativi della povertà sui destini personali dei bambini in termini di salute, benessere, educazione, sviluppo professionale, ma sono attente al futuro di un paese. Un bambino che vive nelle ristrettezze economiche ha un’elevata probabilità di divenire un adulto emarginato, intrappolato in un «circolo vizioso» che si perpetua di generazione in generazione. In quanto comporterà per una nazione perdite di efficienza allocativa nell’utilizzo del capitale umano e nel deterioramento della sua qualità ed il sostenimento di elevati costi (welfare, sanità, lotta alla criminalità) per la perdita di benessere e di coesione sociale. Per cui la questione della povertà dei minori è un fenomeno di particolare rilevanza. Esso non è limitato al presente, ma interessa anche il futuro della società e le sue potenzialità di progresso economico e sociale. È facile immaginare e prevedere che, minori costretti a vivere in condizioni di grandi difficoltà nel presente avranno, per una serie di circostanze, minori possibilità di inserimento nella società e di fuggire dalla povertà quando diventeranno adulti [ Heckmanand, Masterov, 2007]. Infatti, l’infanzia rappresenta un percorso formativo per lo sviluppo delle capacità fisiche, mentali ed emozionali che condizioneranno i bambini nel loro percorso di crescita. Per questa ragione, affrontare e definire politiche di contrasto alla povertà minorile significa, quantomeno, contribuire a ridurre la povertà futura, migliorare l’occupabilità dei lavoratori del domani e limitare il potenziale dei conflitti sociali che i paesi si ritrovano ad affrontare sia internamente che in prospettiva globale [Saraceno, 2014:27].

76Cfr. Save the Children (2017), p.39

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Cfr. cfr. Fondazione Emanuela Zancan, Fondazione L’Albero della Vita (2015) e Moretti (2015).

78Politiche per l’occupazione destinate ai loro genitori; le politiche per la conciliazione famiglia-lavoro; le politiche per la parità e

per le pari opportunità uomo-donna; le politiche sociali di sostegno del reddito; le politiche dei trasferimenti monetari a favore delle famiglie (assegni familiari, bonus bebè, etc.); le politiche per la fornitura di servizi di cura (di qualità ed a costi accessibili) per i minori (come l’istruzione pre-scolare) le politiche per l’istruzione/formazione per i minori e per gli adulti, etc.

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L’Unione Europea con la creazione di una Piattaforma europea contro la povertà e l’esclusione sociale79 ha svolto in questi anni un ruolo di coordinamento delle politiche tra gli Stati membri, identificando le buone pratiche, promuovendo l’apprendimento reciproco tra paesi, istituendo regole comuni a livello dell’UE, mettendo a disposizione finanziamenti specifici. La Piattaforma è stata realizzata per affrontare una serie di sfide80. Oltre alle politiche appena descritte nel contesto europeo, si è progressivamente affermato il concetto di “Social Investment Package”, come strumento privilegiato di qualificazione delle politiche sociali nazionali, al fine di valorizzare le capacità personali e migliorare le competenze spendibili nel lavoro e nelle relazioni sociali [Leone, Mazzeo Rinaldi, Tomei, 2017]. Secondo questo approccio l’investimento sociale consiste nel rafforzare al meglio le capacità delle persone per prepararle a prevenire i rischi di esclusione e migliorare le loro future prospettive. Diverse politiche di welfare hanno questa valenza, ovvero contribuiscono ad aumentare e migliorare il serbatoio futuro di capitale umano a disposizione dello sviluppo economico81. Queste politiche presentano anche due ulteriori vantaggi: da un lato promuovono le pari opportunità fondandosi sulla valorizzazione del merito e sulla riduzione delle

discriminazioni fondate sulle appartenenze di classe; dall’altro riequilibrando i sistemi attuali di welfare spostando risorse e investimenti sulle nuove e sulle future generazioni, invertendo la tendenza dei welfare tradizionali a scaricare su queste ultime solo i costi necessari a finanziare i benefici distribuiti alle generazioni più anziane [Morel, Palier e Palme, 2012].