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3. Apprendere per vivere assieme, o la capacità di relazione interpersonale e sociale, di cooperazione, comunicazione, empatia, negoziazione In sintesi, tutte quelle capabilities

7.2 Povertà educativa e provenienza territoriale.

Oltre alla condizione socio-economica delle famiglie, la povertà educativa è significativamente associata anche alla diversa provenienza territoriale.

I dati rilevatida molti anni evidenziano che in Italia il divario di opportunità , risorse investite e qualità delle politiche sociali fra le città italiane è tale da rendere evidente due cose: la riproduzione di grave iniquità e il progressivo depauperamento del capitale umano soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno [Sgritta, Leone, Rossi-Doria, Laiano, 2014:2] Secondo l’Istat è proprio il Mezzogiorno l’area territoriale più esposta al rischio di povertà o esclusione sociale, con dati alla mano il 46,9%, in lieve crescita dal 46,4% del 2015.

Si profilano due distinte immagini della povertà:una caratteristica del Mezzogiorno; l’altra prevalente nel resto d’Italia, soprattutto al Nord. Una delle principali cause di povertà è la mancanza direddito. Il reddito delle famiglie del Mezzogiorno è

notevolmente piùbasso, ormai da decenni attestato pressappoco ai tre quarti di quello dellefamiglie del Centro-Nord. Al Sud come al Nord, lastragrande maggioranza dei poveri è tale perché costretta a vivere con un soloreddito familiare, da lavoro o da trasferimento. Ma nelle regioni del Sud-Italia la proporzione di famiglie con un solo

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percettore è notevolmente più elevata. E va da sé che le famiglie nelle qualiuno dei due coniugi non lavora e, di regola la donna, hanno un’alta probabilitàdi occupare le

posizioni più basse nella distribuzione dei redditi equivalenti.

Non è dunque azzardato parlare di una povertà “familiare”, una povertà che si sviluppa come effetto perverso della solidarietà familiare, che al tempo stesso ridistribuisce risorse e agisce inevitabilmente da “volano”, moltiplicatore, delle difficoltà economiche o della scarsità di mezzi dell’unico percettore di reddito della famiglia: un reddito da lavoro, se occupato, da trasferimento, se invalido o pensionato [Rossi Doria, 2015]. Il ruolo della famiglia, se da un lato costituisce indubbiamente – al Sud, forse, più che altrove – una forza solidaristica di straordinario peso sociale, dall’altro rischia talvolta di tradursi in una forma di debolezza, nel momento in cui si pone come riferimento prevalente se non esclusivo della sussistenza dei suoi componenti e della crescita delle nuove generazioni.

In Italia, e nel Sud in particolar modo si ha “l’abitudine” di delegare alla famiglia oneri e responsabilità che altrove sono almeno in parte a carico della collettività o del

portafoglio pubblico [Sgritta, 2015] finendo per soffocare sul nascere qualunque ipotesi di ricambio e tarpare le ali alle generazioni più giovani.

Agli indicatori di condizione monetaria, se ne aggiungono degli altri relativi al

ben/mal-essere dei minori come le circostanze sociali,la mancanza di risorse, una scarsa offerta di servizi educativi a partire dalla copertura di asili nido [Saraceno, 2015]. Vi sono poi territori meno dotati di opportunità per la popolazione e per la crescita dell’occupazione portando all’esposizioni di rischi oggi molto diffusi come: l’abbandono precoce, la dispersione scolastica, fino ad arrivare alla propensione di giovani adolescenti alla criminalità. Relativamente elevata è la percentuale di

quindicenni che dicono di aspirare a un’occupazione a bassa qualifica : una prova del fatto che una cattiva e/o interrotta esperienza scolastica , in assenza di altri stimoli e sostegni, riduce fin dalla più giovane età l’orizzonte delle aspirazioni . Ciò è di frequente associata, ad un minore o più tardivo sviluppo delle competenze cognitive, con carriere scolastiche brevi e spesso neppure compiute fino al diploma dell’obbligo [Saraceno, 2015].

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Alcuni ricercatori americani hanno parlato di “silent epidemic”50 a proposito dell’abbandono scolastico prima di aver completato la scuola superiore.

Fenomeno che condiziona pesantemente l’attraversamento dei tre successivi “cancelli” nella transizione all’ età adulta: l’uscita dalla famiglia d’origine, l’ingresso nel

mercato del lavoro e la formazione della propria famiglia[ Rossi Doria, 2015:27]. E il nostro paese, com’è noto, il Mezzogiorno in testa, vanta da tempo dei dati elevati e recentemente aggravatisi a seguito della crisi, che ha colpito i giovani in particolare. Una situazione ancor più allarmante è quella rilevata da Morlicchio e Morniroli (2014)51 per la città di Napoli, dove gli effetti della crisi sono state di tale intensità da azzerare anche le opportunità di reddito, anche se provvisorie, legate ad un’economia informale non illegale (ossia il lavoro nero), mettendo definitivamente in crisi il modello di povertà integrata( come suggerisce pure Paugam) particolarmente diffusa nel Mezzogiorno.

Infine vi è un’altra categoria di giovani che è sottoposta al rischio di povertà educativa: i NEET. Il termine NEET è l’acronimo inglese di “not (engaged) in education,

employment or training”[Save the Children, 2015:17]. Si tratta di giovani (15-29 anni) che non sono impegnati nello studio, né nel lavoro né nella formazione. L’Italia è stato nel 2015 il Paese della Unione Europea con la più elevata percentuale di NEET

(25,7%)52, anche se in calo progressivo. La probabilità di diventare NEET è correlata all’età (gli adolescenti e i più giovani sono a maggior rischio), al genere (le donne sono più esposte degli uomini), al titolo di studio (meno elevato è il titolo di studio più aumenta la probabilità di divenire NEET), al background di migrante, oppure ad una condizione di malattia e disabilità.

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J. M. Bridgeland, J. J. DiIulio jr., K. Burke Morison, The silent epidemic. Perspectives of High School Dropouts, A report by Civic Enterprises in association with Peter D. Hart Research Associates for the Bill&Melinda Gates Foundation, March 2006, Washington D.C

51Enrica Morlicchio è una sociologa, mentre Andrea Morniroli è un’operatore sociale. Insieme hanno scritto nel 2013 un libro dal

titolo: “Poveri a chi? Napoli (Italia”).

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