Per caratterizzare e comprendere in che modo le Università contribuiscono allo sviluppo economico e sociale tramite il trasferimento tecnologico, la lette- ratura identifica tre distinti ruoli, che corrispondono ai corrispondenti stadi di un percorso evolutivo tuttora in atto:
1) Laissez Faire: è lo stadio iniziale, in cui l’Università ha prevalentemen- te il compito di presidiare l’attività di ricerca scientifica di base, producendo conoscenza in piena indipendenza dal sistema economico e sociale. Questo modello non richiede quindi connessioni particolari con il mondo esterno. Il sapere prodotto nei centri di ricerca e poi trasferito agli studenti con l’attività didattica si diffonde nella società, e contribuisce al suo sviluppo culturale ed economico con orizzonti temporali molto estesi.
2) Technology Transfer: è il modello attualmente più diffuso, che integra e/o sostituisce il modello precedente. Si tratta del modello di derivazione anglosasso- ne, diffusosi a partire dagli anni ’80, per cui gli Atenei avviano la commercializ- zazione dei risultati della ricerca applicata, e quindi iniziano a promuovere verso l’esterno in modo diretto le innovazioni tecnologiche sviluppate nei laboratori universitari. I meccanismi di disseminazione dei risultati della ricerca applicata ai potenziali acquirenti non sono quelli impiegati per la divulgazione del sapere scientifico; è quindi necessario dotarsi di strutture dedicate, di linguaggi e canali specifici, di relazioni dirette clienti e intermediari. I proventi dell’attività com- merciale consentono ai dipartimenti e ai singoli gruppi di ricerca lo sviluppo dei propri staff di ricerca, si coprono i costi amministrativi e commerciali, e si può contribuire in misura variabile al finanziamento della ricerca di base.
3) University Knowledge: in questo modello, quello più recente, l’Università è più efficace nel suo compito istituzionale, perché è in grado di contribuire con molteplici meccanismi alla diffusione di conoscenza. Gli Atenei riescono a relazionarsi e interagire – non solo per finalità commerciali – con una pluralità di soggetti terzi. Dispongono di risorse dedicate che si aggiungono e integrano gli Uffici di Trasferimento Tecnologico, e che entrano a far parte di un più ampio “innovation system”: incubatori e acceleratori, fondazioni, centri per la valoriz- zazione e il trasferimento dei risultati della ricerca, uffici per il placement e per i servizi alla carriera. Si lanciano iniziative di più ampio respiro, quali servizi di incubazione per spin-off companies, di brokeraggio tecnologico, servizi tecnici, supporto legale per lo sviluppo di forme di licensing e patenting dei risultati della ricerca (Bercovitz, Feldman 2006). In coerenza con le priorità di sviluppo economico del territorio, questi organi iniziano a sviluppare strette relazioni con le controparti della pubblica amministrazione, enti locali, enti regionali. Si discu- te dello sviluppo congiunto di politiche per il territorio. In questo modello gli
stakeholders sono distinti appunto per la loro appartenenza al settore pubblico
e a quello privato. Il mondo del lavoro (business) è rappresentato da grandi, medie e piccole imprese, da associazioni industriali, da enti datoriali etc., con cui occorre relazionarsi per attivare collaborazioni di ricerca, tirocini, e per favorire i processi di placement. L’operatore pubblico è anch’esso rappresentabile con le sue molteplici istanze (assessorati allo sviluppo economico di enti locali e regio- nali, sistema dei trasporti, agenzie per lo sviluppo e la conservazioni del patrimo- nio culturale, sistema educativo secondario). Ne deriva un sistema di complessa gestione, denominato nella letteratura in materiale modello a tripla elica (Miller
stakeholders (imprese e governo) e contribuisce alla spinta propulsiva (sviluppo
economico della società), dove il carburante è dato dai risultati del sapere scien- tifico e della ricerca applicata, e gli organi di trasmissione sono immedesimabili nella qualità delle connessioni tra i vari soggetti.
In tempi recenti, la letteratura sull’argomento evidenzia che il modello a tri- pla elica non è in grado di fronteggiare il pace-of-change imposto dall’economia globale e le complessità tipiche della società moderna. Si suggerisce di prendere a riferimento un nuovo modello, cosiddetto a quadrupla elica (Ivanova 2014), in cui occorre relazionarsi in modo specifico a una quarta entità: l’utilizzatore finale dell’innovazione sociale (i.e. societal based innovation users). Costui non è più visto come un soggetto passivo (i.e. il recipient dell’innovazione “venduta” dalla università alle imprese e poi da queste ai mercati), ma come una risorsa attiva che non solo è necessario ma anche auspicabile coinvolgere nel processo di in- novazione. La concettualizzazione del modello a quadrupla elica è in linea con i nuovi paradigmi di open innovation (Chesbrough 2011), di risorsa “operante” (Vargo, Lusch 2004, 2008) e di value co-creation (Edvardsson et al. 2011), in cui l’utente finale viene messo al centro del processo di innovazione. Non agi- sce come fruitore passivo, ma come co-designer in grado di attivare il processo di trasferimento (modalità “pull”), per poi influenzarne risultati e modalità. Lo sviluppo di relazioni con gli utenti finali dell’innovazione sociale, o meglio con alcuni utenti “chiave”, rafforza il legame con il territorio e rende il trasferimento più rapido ed efficiente (Prajapati et al. 2013). La letteratura dibatte sulle pro- blematiche e sulle tensioni che la relazione con questo nuovo stakeholder può comportare (Miller et al. 2016). I temi di maggiore interesse consistono nell’in- dagare le modalità organizzative più efficaci, nel definire sistemi di misura delle prestazioni in grado di catturare le dinamiche di co-creazione del valore, nel definire nuove metriche oltre quelle tradizionali (e.g. numero di brevetti, numero di spin-off attivati, quantità dei fondi raccolti con contratti di ricerca sul mercato privato), per poter considerare in che modo l’Università, sfruttando le proprie conoscenze, risponde ai bisogni di innovazione sociale del territorio in cui opera.
Senza entrare nel merito di questi dibattiti, nel seguito approfondiamo con qualche riflessione le difficoltà di sviluppare relazioni specifiche con il princi- pale stakeholder dei modelli a tripla o quadrupla elica (i.e. business), eviden- ziando la esigenze di classificazione dei soggetti con cui occorre relazionarsi.