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Il modello media-varianza di Markovitz

Capitolo 3 L’uso di strumenti di volatilità nelle strategie d’investimento

3.3 Richiami al modello media-varianza di Markowitz

3.3.4 Il modello media-varianza di Markovitz

Quanto visto finora serve per introdurre il modello di Markovitz, le cui origini risalgono al 1952, anno in cui Harry Markovitz pubblicò il suo famoso libro intitolato Portfolio Selection. Dal modello di Markovitz prende le mosse la Modern Portfolio Theory, in quanto l’autore è stato il primo a fissare un inquadramento teorico del trade-off tra rischio e rendimento, implicando l’esistenza di un investitore razionale che tende a massimizzare il rendimento per un dato livello di rischio e giungendo alla costruzione dei cosiddetti “portafoglio efficienti”. Saranno diversi i successivi interventi che porteranno alla scoperta di alcuni limiti del modello di Markovitz e che proporranno diverse soluzioni alternative, ma per il momento ai fini del mio lavoro mi concentrerò sul modello media-varianza esposto dall’economista statunitense.

91 Fonte: Saltari E., Appunti di economia finanziaria, Ed. Esculapio Economia, Marzo 2011 92 D’Arcangelis, M. Investimento e rischio di investimento, TESEO, (dispensa), 2011, pp. 17

La novità del modello di Markowitz risiede nella capacità di sintetizzare la complessa architettura del mercato in poche variabili quantitative (rendimento e rischio), che inserite in un modello di ottimizzazione permette al gestore di individuare i portafogli ottimi. Per ciascun strumento finanziario è necessario, quindi, calcolare una coppia di indicatori che permettono di definirne le caratteristiche:

- Il rendimento atteso: la performance complessiva che ci si attende dall’investimento

- Il rischio: la futura variabilità della performance, ossia la potenziale ampiezza delle sue oscillazioni

Inoltre D’Arcangelis afferma che “ogni strumento finanziario è quindi descrivibile utilizzando una

combinazione di rischio e rendimento. Noti questi due valori ogni investitore sarà in grado di effettuare le proprie scelte. Infatti: a parità di rischio, ogni investitore sceglierà gli investimenti che presentano il maggiore rendimento atteso; a parità di rendimento atteso, ogni investitore sceglierà gli investimenti che presentano il minor rischio.”93

L’opera di Markovitz ha dato spunto a molti studi e teorie successive, ma occorre precisare che le riflessioni e l’analisi fatta in precedenza sui benefici della diversificazione sono il frutto del modello media-varianza di Markovitz applicato a due titoli.

Poiché la teoria di Markvotiz appare fin da subito complicata e considerando che gli attuali strumenti di calcolo permettono di rappresentare la frontiera efficiente, introdurrò le ipotesi sulle quali si fonda il modello.

Le ipotesi del modello sono le seguenti:

- Avversione degli investitori al rischio, cioè la massimizzazione dell’utilità attesa. Le curve di indifferenza derivate dalla funzione di utilità del singolo investitore, sono convesse e la minore o maggiore inclinazione di queste dipende dal livello di accettazione del rischio. - Selezione dei portafogli in base al rendimento medio atteso e della varianza attesa dei

rendimenti.94 Per questo motivo, infatti, il modello prende il nome di “modello media- varianza”.

- Presenza di un unico orizzonte temporale uniperiodale per tutti gli investitori

93 Cfr. D’Arcangelis, M. Investimento e rischio di investimento, TESEO, (dispensa), 2011, pp. 10

94 L’ipotesi considerata equivale all’assunzione che i rendimenti si distribuiscono secondo una funzione di probabilità

Date le ipotesi di comportamento del modello media-varianza, è possibile estrapolare il principio noto come media-varianza, in base al quale, presi due portafogli A e B, aventi sull’orizzonte temporale T rendimenti attesi E(RA) e E(RB) e rischi attesi Ð e Ñ si dice che A domina B se:

E(RA) ≥ E(RB) e ÐÑ

con almeno una disuguaglianza forte.

Il modello fornisce un processo per individuare l’insieme di portafogli efficienti composti da titoli compresi nell’universo delle attività finanziarie. Il primo passo è costituito dall’individuazione dei rendimenti attesi e delle deviazioni standard attese dell’intero universo dei titoli, nonché dei parametri di variabilità congiunta (covarianza e coefficiente di correlazione) per ogni coppia di titoli. Si noti che Markowitz non indica una particolare modalità di calcolo dei rendimenti attesi e delle deviazioni standard, vale a dire gli input del processo; pertanto gli stessi possono essere calcolati ex-ante o ex-post e con diverse metodologie. All’interno di un quadro cartesiano le n attività finanziarie individuano ognuna una combinazione rischio-rendimento, cioè ogni punto indica un titolo e il suo rischio-rendimento. Il lavoro di Markowitz si concentra sul determinare il portafoglio che minimizza la varianza del portafoglio (fissato un determinato livello di rendimento richiesto dall’investitore) o, in maniera equivalente, che massimizzi il rendimento (fissato un determinato livello di rischio sostenibile dall’investitore).

Supponendo di disporre di n titoli e di comporre portafogli utilizzando tutte le combinazioni dei pesi, si ottiene l’insieme di portafogli fattibili che, all’interno di un quadro cartesiano, individua le diverse combinazioni rischio-rendimento. Tale insieme, chiamato Portfolio Opportunity Set, costituisce tutte le possibilità d’investimento ipotizzabili e, infatti, ogni punto in figura 46 indica un singolo portafoglio e il suo rischio-rendimento. Il lavoro di Markowitz si concentra, in parole povere, sull’eliminare i portafogli che non risultano essere efficienti dall’opportunity set. Un portafoglio è superiore in efficienza ad un altro se minimizza la varianza del portafoglio (fissato un determinato livello di rendimento richiesto dall’investitore) o, in maniera equivalente, se massimizza il rendimento (fissato un determinato livello di rischio sostenibile dall’investitore).

Figura 46: Le combinazioni rischio-rendimento di diversi portafogli95

Pertanto Markowitz descrive la curva di minima varianza, ossia la curva che individua i portafogli con la varianza minima per ogni dato livello di rendimento. Ovviamente a ogni punto è associata una particolare composizione di portafoglio, che ben determina i pesi delle attività finanziarie inserite in portafoglio. Il modello può essere studiato sia accettando la possibilità di vendite allo scoperto che facendone a meno: nel primo caso i pesi dei singoli titoli possono essere sia positivi che negativi, mentre nel secondo caso solo positivi.

La curva di minima varianza rappresentata in figura 47 ha una caratteristica importante: dato un particolare livello di rendimento atteso, il portafoglio sulla curva di minima varianza ha la più bassa varianza (e quindi il più basso rischio) ottenibile con l’insieme delle attività finanziarie disponibili. Si noti che per un dato livello di rischio, l’investitore razionale che tende a massimizzare l’utilità, sceglierà il portafoglio che massimizza il rendimento, pertanto ne consegue che all’investitore razionale interessa solamente la parte superiore della curva di minima varianza. Tale curva è distinta in due parti dal punto di minima varianza assoluta (in ingl. global minimum variance

portfolio) che rappresenta il portafoglio con la minore varianza che si ottiene con l’insieme delle

attività finanziarie disponibili. La parte superiore di tale curva è chiamata frontiera efficiente di Markowitz.

L’intera curva MM′ in figura 47 (compresa la parte tratteggiata) rappresenta la frontiera dei portafogli di minima varianza; per ogni dato livello di µ, su MM′ troviamo il portafoglio che ha una deviazione standard, e perciò una varianza minima. La parte AM non tratteggiata della curva, ossia il tratto crescente di MM′, è la frontiera efficiente dei portafogli.

I portafogli presenti su tale curva hanno il più alto tasso di rendimento atteso ottenibile con l’insieme delle attività disponibili per ogni livello di rischio, quindi si afferma che i portafogli sulla frontiera efficiente dominano in senso media-varianza quelli che si trovano sotto la frontiera. I portafogli che si trovano sopra la frontiera sono irrealizzabili rispetto all’insieme di attività disponibili. Tutti i portafogli dominanti sono efficienti ma ciò non significa che l’investitore li consideri tutti ugualmente desiderabili. Ed è a questo punto che entrano in gioco le preferenze dell’investitore tramite una mappa di curve di indifferenza che ci permette di trovare il punto in cui la curva di indifferenza è tangente alla frontiera efficiente. Quello sarà il portafoglio preferito dall’investitore che per assunzione iniziale è avverso al rischio e tende a massimizzare la sua funzione di utilità.

Figura 47: La curva di minima varianza96