• Non ci sono risultati.

Previsioni implicite dai prezzi delle opzioni

Capitolo 1 Il concetto di volatilità

1.4 La previsione della volatilità

1.4.2 Previsioni implicite dai prezzi delle opzioni

Tutti i metodi di previsione descritti in precedenza sono basati sull’evoluzione storica dei rendimenti. Un approccio alternativo è basato sull’estrazione della volatilità dello strumento sottostante dai prezzi di mercato delle relative opzioni. Questa alternativa ci permette di derivare le

per prezzare opzioni call europee ricordiamo che tale prezzo è una funzione del prezzo attuale del sottostante (S), del prezzo d’esercizio dell’opzione (X), della volatilità del sottostante ( ), del tasso d’interesse privo di rischio (r) e del periodo di tempo alla scadenza dell’opzione (T):

cJK(S, X, σ, r, T) = SQN Sln VSXW + Vr + 1 2 σ W T σ√T − t [ − Xe \]N Sln VSXW + Vr − 1 2 σ W T σ√T − t [ (14)

Tra questi cinque parametri l’unico sconosciuto in tale formula è la volatilità del sottostante ( ), ma dall’analisi della sensitività della formula di Black and Scholes possiamo mostrare che esiste una relazione positiva tra il prezzo della call e la volatilità, ^_

^`> 0 25. Conoscendo il prezzo

dell’opzione, il modello di Black and Scholes ci permette di calcolare la volatilità implicita dello strumento sottostante da questo prezzo (Jablecki, et al., 2015).

Questa volatilità implicita è semplicemente definita come quel valore per il parametro , che messo nella formula di Black-Scholes dà il prezzo dell’opzione osservato sul mercato. La facilità di sostituire il prezzo dell’opzione con la sua volatilità implicita (e viceversa) da una parte, e la standardizzazione del mercato dall’altra, spingono i partecipanti al mercato a quotare i prezzi delle opzioni più spesso con le volatilità implicite di quelle opzioni. Queste quotazioni sono solitamente accompagnate dal valore a parità di sottostante26 e la scadenza. Naturalmente, non significa necessariamente che le opzioni sono effettivamente prezzate secondo il modello di Black - Scholes, ma è semplicemente il modo con cui le transazioni vengono quotate, in modo simile alle obbligazioni che vengono quotate in termini di rendimento a scadenza. C’è una fondamentale similarità tra il ruolo dei tassi d’interesse nella valutazione delle obbligazioni e il ruolo della volatilità nella valutazione delle opzioni su indici. La struttura a termine dei tassi d’interesse (o curva dei rendimenti o yield curve) fornisce i parametri che determinano i valori delle obbligazioni;

25 Dalla formula di Black e Scholes, infatti, è possibile considerare un’analisi della sensitività per andare a vedere cosa

succede al prezzo dell’opzione quando si considerano delle piccole variazioni di ciascuno dei parametri da cui dipende. Nel gergo finanziario le derivate parziali calcolate su ogni parametro sono denominate “greche”, e la derivata prima tra prezzo della call e la volatilità assume il nome di vega (appunti corso di Metodi e modelli quantitavi per le scelte finanziarie).

26 In finanza, moneyness (o valore a parità di sottostante) è una misura del grado con cui uno strumento derivato può

avere un valore monetario positivo al momento della sua scadenza.

Il valore della parità sottostante, si compone di tre gradienti per descrivere lo stato di una opzione:

-at-the-money se il suo prezzo d'esercizio, ovvero il prezzo che il detentore dell'opzione deve pagare all'esercizio dell'opzione per ricevere il titolo sottostante l'opzione, è identico al prezzo corrente di mercato della underlying security oggetto dell'opzione.

-out-of-the-money si usa per una opzione che non ha valore intrinseco, ovvero il cui prezzo d'esercizio è superiore al prezzo di mercato del titolo sottostante l'opzione.

-in-the-money si usa invece per una opzione che ha un valore intrinseco, il cui prezzo d'esercizio è inferiore al prezzo di mercato del titolo sottostante l'opzione (Wikipedia, 2016)

mentre la più complessa struttura a termine e a prezzo d’esercizio delle volatilità implicite forniscono i parametri che determinano i valori delle opzioni. La volatilità dapprima entrò nel mondo delle opzioni come un singolo parametro nella formula di Black and Scholes. Come ogni obbligazione è caratterizzata dal suo yield to maturity, così anche ogni opzione ha la sua propria volatilità implicita. Presto, i partecipanti al mercato iniziarono a estrarre una struttura a termine e a prezzo d’esercizio della volatilità implicita - una implied volatility surface per ogni prezzo d’esercizio e scadenza dell’opzione – che era l’analogo bidimensionale della curva dei rendimenti delle obbligazioni (Derman, et al., 1998).

La natura di mercato della volatilità implicita permette di interpretare la volatilità stessa come una volatilità attesa (dai partecipanti al mercato) dello strumento sottostante tra ora e la sua scadenza. In senso stretto, non è un’interpretazione pienamente corretta ed è così a causa di diverse ragioni. In primo luogo, la volatilità quotata dal mercato per opzioni con differenti prezzi e scadenze assume valori differenti (questo risultato è chiamato volatility smile). Contemporaneamente, la volatilità del modello di Black-Scholes è una caratteristica inerente dello strumento sottostante e non di un’opzione. Se assumessimo che la volatilità implicita veramente approssimasse la volatilità attesa dai partecipanti al mercato, noi non avremmo a priori nessuna buona ragione per scegliere una specifica opzione (per esempio secondo la sua moneyness). In secondo luogo, come ha notato Wilmott (2006) non è ovvio che i partecipanti al mercato siano abbastanza sofisticati da quantificare le loro aspettative in modo così formale. Queste debolezze non devono essere intese come una ragione per trascurare informazioni incluse nelle quotazioni di mercato della volatilità implicita, ma è esattamente il contrario, se gli operatori di mercato hanno opinioni specifiche per quanto riguarda il comportamento futuro della volatilità sottostante, queste credenze si riflettono nei valori di volatilità implicita. D'altra parte, la volatilità implicita è un tipo di prezzo e come tale è sensibile ai trend, alle tendenze di mercato, alle interazioni tra domanda e offerta, ecc. Questi sono i motivi che spiegano la necessità di alcune correzioni alla volatilità implicita se deve essere usata come uno stimatore dei rendimenti volatilità.

Innanzitutto, a causa della volatility smile c'è una scelta che deve essere fatta su quale opzione (cioè opzione con quale moneyness e scadenza) viene utilizzata per il calcolo della volatilità implicita. L’opzione ATM sembra essere la scelta più ovvia, perché le opzioni ATM sono solitamente le più liquide e ci si può aspettare che siano le meno sensibili agli effetti di microstruttura del mercato. Un altro approccio è di utilizzare una media ponderata delle volatilità implicite con pesi che dipendono dal volume delle transazioni, dal valore del parametro ^_

Poco dopo le pubblicazioni di Black e Scholes (1973) e Merton (1973), è stato ideato un modo di diverso concepire la volatilità implicita. Grazie alla sua natura che guarda al futuro, la volatilità può essere usata non solo come una previsione basata sulle aspettative dei partecipanti al mercato, ma anche come un possibile strumento sottostante con opzioni e futures creati su di essa. Un’ulteriore incentivo allo sviluppo del mercato degli strumenti di volatilità fu il crollo del mercato nell’ ottobre 1987. Ciò, tuttavia, richiedeva la creazione di un indice di riferimento per la volatilità implicita. Alcuni tentativi iniziali sono stati mossi da Gastineau (1977), che suggerì un indice basato sulla volatilità implicita delle opzioni ATM per azioni di 14 società. Cox e Rubinstein (1985) migliorarono la sua proposta includendo alcune differenti opzioni per ogni azione e ponderandole in modo tale da rendere at-the-money l'indice risultante e mantenendo il tempo alla scadenza (in ingl.

time to maturity o tenor) costante. Entrambe le proposte hanno inconvenienti rilevanti. In primo

luogo, entrambi si concentrano sul rischio idiosincratico che può essere eliminato mediante la diversificazione del portafoglio. In secondo luogo, entrambi utilizzano solo un tipo di opzione (opzione call) limitando fortemente il contenuto informativo dell'indice.

L’indice di volatilità VIX introdotto nel 1993 dal Chicago Board of Exchange (CBOE) era libero da entrambi i difetti. Esso rifletteva il rischio generale di mercato giacché si basava su opzioni dell’indice azionario S&P100, e questo rischio generale di mercato influenzava la volatilità nei valori di tutte le società dell'indice S&P. Inoltre, nella costruzione dell’originario VIX c’erano le volatilità implicite degli otto contratti più liquidi di opzione ATM, quattro call e quattro put. Questo limitava le potenziali distorsioni e l'eventuale impatto della differenza tra domanda e offerta di specifiche opzioni sulla valutazione. Whaley (1993) presenta i dettagli del metodo principale per il calcolo del VIX originario.

Tuttavia, le condizioni di mercato stavano gradualmente cambiando. In particolare, c'è stata una crescente domanda da parte degli investitori di copertura dei loro portafogli tramite opzioni put con bassi prezzi di esercizio (out-of-the-money, OTM). Ciò ha portato come risultato un fatturato più elevato in questo segmento di mercato, una maggiore liquidità e più stretti bid-ask spread (Bollen e Whaley, 2004). Di conseguenza, nel 2003 c'è stato un cambiamento nella costruzione del VIX per cui l’indice base fu sostituito dal S&P500 e l’annualizzazione portata da giorni di calendario a giorni di negoziazione (per dettagli si veda cap. 2). Da allora c'è un più ampio set di opzioni che vengono utilizzate per questo scopo consentendo l'utilizzo di informazioni provenienti da tutta la