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Volatilità come asset negoziabile

Capitolo 3 L’uso di strumenti di volatilità nelle strategie d’investimento

3.2 Volatilità come asset negoziabile

L’indice di volatilità stesso è una preziosa fonte di informazione sul mercato, ma poiché non è direttamente acquistabile non aumenta le possibilità di investimento. Perciò l’introduzione di derivati (futures e opzioni) ed ETF sul VIX, che replicano il suo andamento, è stata una soluzione naturale, rientrata nell’ordinario corso degli eventi del mercato. Il VIX, quindi, è solo una fonte informativa, ma nel momento in cui sono emessi dei derivati o ETF che tracciano il suo andamento, allora quei contratti sono acquistabili offrendo all’operatore la possibilità di investire o scommettere sul VIX tramite tali strumenti alternativi, i cui payoff sono dipendenti dall’andamento del VIX: se il VIX cresce il derivato assume valore positivo, mentre se il VIX scende il derivato assume valore negativo.

Tali strumenti derivati hanno raccolto fin da subito un forte interesse dei partecipanti al mercato e anche oggi i numeri dell’open interest dei due contratti fanno capire come siano strumenti molto utilizzati (si veda par. 2.3.1 e 2.3.2 per approfondimenti). Essi hanno anche creato nuove possibilità di investimento e agevolato l’applicazione di strategie di copertura che fino a prima erano costose e molto difficili da applicare. Molti investitori adottano l’indice VIX come il principale barometro per misurare la volatilità del mercato e le opzioni/futures sul VIX come strumenti di gestione del rischio molto potenti.

L’introduzione di derivati sulla volatilità ha seguito l’introduzione dell’indice stesso dopo un lungo periodo di tempo poiché si era resa necessaria la derivazione di modelli teorici per la valutazione dei nuovi strumenti in quanto il comportamento della volatilità è molto differente dal comportamento di molte serie temporali finanziarie e i modelli teorici, comunemente usati prima, non erano adatti e non potevano essere direttamente usati per tali nuovi asset.

L’emergere di contratti futures sulla volatilità ha integrato il mercato finanziario con una nuova e completa classe di strategie di investimento. Posizioni lunghe in opzioni e futures sul VIX possono essere un buon esempio di posizione di copertura rispetto a potenziali andamenti negativi degli altri strumenti già presenti in portafoglio.

Sebbene ci siano molti lavori empirici dedicati agli indici di volatilità, un ristretto gruppo di studi empirici si riferiscono alle nuove possibilità d’investimento introdotte dagli strumenti sulla volatilità. La negoziazione della volatilità è discussa inizialmente da Brenner et al. (1989), Derman, et al. (1997), Derman et al. (1998), Derman (2003), Whaley (1993, 2000, 2008, 2013).

I primi lavori che sostengono la volatilità come un efficace “diversificatore” hanno considerato gli variance swaps, come in Dash e Moran (2005) e Daigler e Rossi (2006). I primi esplorano la

lunga è un'eccellente copertura contro i rischi dei portafogli che contengono investimenti alternativi. I secondi, invece, hanno condotto una semplice analisi usando il modello di Markowitz e solo due asset: S&P500 e il VIX. Gli autori mostrano che includendo il VIX cambia l’area dei portafogli disponibili ed efficienti; inoltre, indicano che la differenza che si genera considerando il VIX è significativa ed è quindi un vantaggio considerare il VIX come un asset negoziabile. Ciò deriva dal fatto che la forte correlazione negativa tra l'indice S&P500 e il VIX offre notevoli benefici di diversificazione (Brière, et al., 2012).

Hafner e Wallmeier (2008) si concentrano sui variance swaps europei ed Egloff et al. (2010) considerano gli investitori azionari statunitensi. Tuttavia entrambi verificano i vantaggi di diversificazione dei variance swaps per investitori a lungo termine. Purtroppo, la negoziazione di variance swaps non è accessibile a molti investitori, e la domanda di prodotti per la diversificazione basati sulla volatilità si è spostata verso gli Exchange-Traded Products (Alexander, et al., 2016). Relativamente pochi studi precedenti hanno esaminato la diversificazione dell'equity utilizzando i volatility futures e la maggior parte di essi ha utilizzato un'analisi ex-post basata su allocazioni ad hoc con campioni che si concentrano sul periodo turbolento che copre le crisi creditizie e bancarie dal 2007 al 2009. Infatti, come affermano Alexander et al. (2016) gli studi precedenti sulla diversificazione tramite i volatility futures non offrono un'adeguata dimostrazione dei suoi vantaggi. Usando solo analisi ex-post Hill (2013) conferma la raccomandazione di Whaley (2000) che i futures a medio termine sul VIX sono utili strumenti di diversificazione per investitori a lungo termine. Altri studi, come Szado (2009) e Stanescu e Tunaru (2012), semplicemente applicano allocazioni ad hoc alla volatilità e ad altre asset class esaminando come tali allocazioni si comportano ex post. In particolare Szado (2009) mostra come l’investimento nel VIX avrebbe influenzato la diversificazione del rischio durante l’ultima crisi finanziaria. L’autore ha considerato investimenti basati su contratti futures e opzioni senza usare il modello media-varianza di Markowitz, poiché i diversi portafogli iniziali sono costruiti includendo pesi predeterminati di azioni, obbligazioni e altri asset come real estate, commodities, fondi di investimento, riflettendo i pesi di un investitore medio. L’autore, inoltre, afferma nel suo studio che originariamente ha tentato di ottimizzare la composizione del portafoglio per tre diversi livelli di avversione al rischio, ma le superiori caratteristiche di rendimento dei VIX futures nel periodo studiato portavano ad allocare tutto il capitale a disposizione sui VIX futures e secondo l’autore quest’allocazione non era né realistica né utile per gli scopi del suo studio. Le analisi sono svolte per diverse strategie basate su opzioni e futures nel periodo tra marzo 2006 e dicembre 2008 e separatamente per il periodo tra agosto e dicembre 2008. La più importante conclusione che si trae dalla ricerca è che l’esposizione

al VIX è un permanente e importante elemento di portafogli efficienti infatti, i derivati sul VIX sono un utile strumento di investimento (Jablecki, et al., 2015).

Guobuzaite, et al.(2012) utilizzano dati europei per il periodo 1999-2011 per analizzare i vantaggi di aggiungere un’esposizione alla volatilità al portafoglio base formato da equity. Loro combinano un portafoglio diversificato di titoli a grande capitalizzazione approssimato dall’indice EUROSTOXX 50 con lo strumento derivato europeo sulla volatilità (VSTOXX). Essi creano diversi portafogli azionari con una quota crescente di VSTOXX: iniziarono con un portafoglio composto solamente da equity per poi aggiungere al portafoglio incrementi progressivi pari al 5% dello strumento di volatilità. La loro analisi indica che aggiungere un’esposizione alla volatilità al portafoglio di sole azioni comporta un significativo aumento dello Sharpe Ratio del portafoglio (Jablecki, et al., 2015). Inoltre, essi verificano che i futures a medio termine siano più adatti alla diversificazione rispetto ai futures a breve termine, questa volta per i mercati europei. Warren (2012) analizza un portafoglio base che comprende le esposizioni su US equity, fixed income e real estate, trovando che solo una posizione corta nei contratti future sul VIX rafforza lo Sharpe Ratio. Ancora una volta, il disegno empirico è limitato ad un'analisi in-sample, ma il set di dati copre un periodo più ampio rispetto a molti studi precedenti.

Il primo studio che applica un metodo di ottimizzazione in questo contesto è quello di di Brière, et al. (2010). Essi hanno mostrato come l’inclusione del VIX influenza le possibilità di investimento degli investitori a lungo termine poiché hanno trovato un vantaggio derivante dalla diversificazione tramite un’ottimizzazione a minima- varianza, basandosi solo su un'analisi in sample con dati che terminavano nel 2008. Loro hanno considerato due strategie di investimento: un investimento lungo in VIX futures e una strategia di investimento lungo nel volatility risk premium. Si veda par. 1.3 per approfondimento. Il premio per il rischio della volatilità è definito come la differenza tra la volatilità implicita e la volatilità realizzata (o storica) e nella maggior parte dei casi è positiva. Investire in tale premio è possibile attraverso un variance swap. Come misura del rischio gli autori non assumono la deviazione standard dei rendimenti (come hanno fatto i precedenti autori menzionati), ma usano un Value-at-Risk modificato, cioè una approssimazione del Value at Risk attraverso l’espansione Cornish-Fisher. Di conseguenza la massimizzata funzione di utilità non dipende solo dai primi due momenti della distribuzione (media e varianza della distribuzione), ma considera anche l’assimetria e la curtosi (terzo e quarto momento della distribuzione). Confrontando le possibilità di investire in azioni e obbligazioni con le due strategie sopra menzionate gli autori mostrano che entrambe le strategie separatamente creano nuove possibilità di investimento. Loro in

più forte per la strategia del volatility risk premium, inoltre l’effetto è intensificato se si permette di investire in entrambe le strategie simultaneamente.

Applicando una metodologia simile Briere, Burgues e Signori (2012) considerano un investitore azionario europeo che si trova a dover affrontare la scelta di investire in VIX futures o VSTOXX futures. In pratica essi si pongono nella prospettiva di un investitore europeo e controllano se una strategia lunga sulla volatilità basata sul VSTOXX futures presenti un vantaggio rispetto alla strategia basata sui VIX futures. Loro considerano un portafoglio azionario globale europeo e sei specifici portafogli che includono azioni da differenti paesi centrali (Francia, Germania) o paesi periferici (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna) dell’euro-zona che possono essere coperti con l’uso dei futures su VIX o sul VSTOXX. Gli autori concludono affermando che l’aggiunta dell’esposizione alla volatilità sul portafoglio ha vantaggi rispetto al portafoglio senza volatilità e che aggiungendo VSTOXX futures nel portafoglio si genera una migliore protezione contro l’esposizione al rischio in azioni rispetto all’uso VIX futures. Nonostante le differenze nei mercati azionari locali europei le conclusioni sono confermate per tutti i portafogli, sia quelli europei globali che quelli specifici per tutti i paesi. (Jablecki, et al., 2015) Gli autori non impiegano un'analisi out-of-sample e il campione termina nel 2010 (Alexander, et al., 2016).

Chen et al. (2011) utilizzano un approccio media-varianza per aggiungere i VIX futures a quattro portafogli azionari statunitensi. Essi presentano solo un'analisi in-sample e il campione considerato copre il periodo 1996-2008.

Alexander, et al (2016) hanno introdotto un nuovo concetto teorico dell’optimal diversification

threshold. Se un investitore ha una posizione lunga in un numero di asset rischiosi la soglia di

diversificazione per l’addizionale asset rischioso è il più basso rendimento atteso di questo asset per cui l'aggiunta di questa attività nel portafoglio esistente con una posizione lunga è ottimale. L’impatto della diversificazione è analizzato aggiungendo futures su volatilità a due differenti portafogli: un portafoglio azionario puro e un portafoglio con azioni e obbligazioni. Similarmente agli studi in precedenza discussi gli autori considerano due prospettive - un investitore europeo e un investitore americano – dove entrambi allocano tra equity, bonds e strumenti di volatilità. Il portafoglio dell’investitore americano può includere posizioni lunghe in S&P500 ETF (SPY), iShares Barclays Aggregate Bond fund e i VIX ETN a breve o medio termine, mentre l’investitore europeo può considerare posizioni lunghe in EURO STOXX 50 ETF, iShares Barclays Euro Aggregate Bond and VSTOXX ETN a breve termine. L’analisi empirica è svolta su un lungo periodo di campionamento dal 2006 al 2013. Gli autori concludono che l’aggiunta di posizioni lunghe in futures sulla volatilità per diversificare ulteriormente il portafoglio equity-bond si percepisce ex-ante come ottimale. Tuttavia, il portafoglio ottimamente diversificato ha una

performance migliore dei tradizionali portafogli equity-bond solo durante periodi di turbolenza nei mercati.

Vale la pena menzionare anche altri interessanti lavori che ho consultato e che possono essere utili per capire l’utilizzo della volatilità come asset class: Grant, et al. (2007), Brenner, et al. (2007), Jacob, et al. (2009), Jones (2011), Clifford (2011), Rhoads (2011), Mencìa, et al. (2012), Sinclair (2013), DeLisle, et al (2014).

La ricerca fatta finora conferma inequivocabilmente che la volatilità è un importante asset che può ben diversificare il rischio dei portafogli di investimento, pertanto a partire da questa letteratura di riferimento lo studio condotto è mirato ad analizzare l’effetto dell’introduzione di strumenti di volatilità implicita su differenti composizioni di portafoglio