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Rischio sistematico, rischio non sistematico e i benefici della diversificazione

Capitolo 3 L’uso di strumenti di volatilità nelle strategie d’investimento

3.3 Richiami al modello media-varianza di Markowitz

3.3.3 Rischio sistematico, rischio non sistematico e i benefici della diversificazione

Il rischio di un titolo può essere quantificato mediante la varianza dei suoi rendimenti. Si noti che il rischio complessivo può essere suddiviso in due componenti: il rischio non sistematico (specifico o diversificabile) e il rischio sistematico (rischio di mercato o non diversificabile).

Il rischio non sistematico è associato:

1) alla specifica situazione aziendale di chi emette il titolo: riconducibile a fattori quali il reddito, il fatturato, l’utile, e altri. Tali grandezze presentano un andamento che influisce in modo evidente sulle attese degli investitori e, quindi, sul rendimento del titolo e la sua variabilità.

2) al settore di appartenenza e al suo andamento in relazione all’economia generale;

3) a fattori comuni a tutti i titoli diversi dal fattore mercato come la dimensione aziendale, i tassi di dividendo e altri che spiegano una parte della variabilità dei rendimenti non collegata al mercato. Il rischio non sistematico è chiamato anche rischio diversificabile o eliminabile perché può essere ridotto e, al limite, eliminato totalmente attraverso la diversificazione di portafoglio. Infatti, il rischio non sistematico associato alla specifica situazione aziendale può essere eliminato diversificando fra un gran numero di titoli differenti oppure quello associato al settore può essere eliminato investendo in titoli che appartengono a differenti settori.

D’altro canto il rischio sistematico è il rischio legato al mercato e non alla singola azienda e dipende da fattori macroeconomici, come l’inflazione, il PIL, i tassi di interesse, la crescita economica, e altri.

Giacché il rischio non sistematico può essere eliminato, è proprio il rischio sistematico che è valutato dagli investitori sul mercato.

I benefici della diversificazione partono proprio da questi concetti poiché osservando le deviazioni standard di un insieme di titoli in un periodo sufficientemente lungo e la deviazione standard del

mercato o di un portafoglio che contiene i medesimi titoli, si può notare come quest’ultima è inferiore alla media ponderata delle deviazioni standard dei singoli titoli. Tutto ciò accade perché la diversificazione attuata costruendo un qualsiasi portafoglio va a ridurre la variabilità dei rendimenti, e di conseguenza, il rischio.

La progressiva eliminazione della componente di rischio non sistematica dei singoli titoli è l’obiettivo della diversificazione. Addirittura spingendosi al limite si potrebbe eliminare l’intero rischio non sistematico lasciando la sola componente sistematica a determinare il rischio di portafoglio, che in questo modo tende a coincidere con il rischio di mercato.

Pertanto possiamo concludere che in un portafoglio ben diversificato la variabilità dei rendimenti è spiegata quasi completamente dai fattori di mercato, ma per fare ciò bisognerebbe instaurare una strategia passiva di investimento dove il portafoglio dovrebbe essere costituito da tutte le attività finanziarie presenti sul mercato e nelle stesse proporzioni della loro capitalizzazione di mercato. Senza spingersi a tale caso limite, si può affermare che anche la diversificazione operata semplicemente con un numero ristretto di titoli riduce sensibilmente il rischio di portafoglio, abbassando contemporaneamente il rischio non sistematico dei titoli.

A grandi linee possiamo dire che l’effetto che la diversificazione ha sul portafoglio si verifica perché i prezzi dei titoli (e quindi i loro rendimenti) non si muovono esattamente nello stesso modo, o in altre parole ciò equivale a dire che i tioli non hanno coefficienti di correlazione uguali a +1.

Figura 44: La riduzione del rischio non sistematico tramite la diversificazione

Per studiare più a fondo il fenomeno della diversificazione, possiamo prendere in considerazione cosa accade quando si combinano due sole attività finanziarie (che sono anche le due nostre

variabili aleatorie), ipotizzando che l’investitore non possa fare operazioni di vendita allo scoperto89.

Nell’esempio chiamerò i titoli A e B e le quote di portafoglio investite in A e B rispettivamente Wa

e Wb=(1- Wa) in modo tale che l’intero portafoglio sia investito unicamente in A e B, rispettando il

vincolo per cui la sommatoria dei pesi deve essere pari a 1.

Supponendo che il titolo B ha un rendimento e un rischio maggiore di A, possiamo trovare che il rendimento del portafoglio (55) è una media ponderata del rendimento dei singoli titoli A e B:

D = ̅ÐdÐ+ ̅ÑdÑ (55)

dove Ð̅ e ̅Ñ sono i rendimenti medi dei singoli titoli o i rendimenti attesi.

Il rischio di portafoglio non è semplicemente la media ponderata del rischio di A e B, ma l’espressione è la seguente equazione (56):

Ò = |Ë ÐdÐ + ÑdÑ + 2w#ÍÐ,ÑdÐdÑÌ (56)

Ricordando che la correlazione tra due titoli è raggiungibile tramite la formula (57):

ˆÐ,Ñ = w#ÍÐ,Ñ

Ð Ñ (57)

ed evidentemente arriviamo alla formula inversa per il calcolo della covarianza tra due titoli (58):

w#ÍÐ,Ñ = ˆÐ,Ñ Ð Ñ (58)

Di conseguenza la deviazione standard del portafoglio (59) può essere riscritta nel seguente modo:

Ò = |Ë ÐdÐ + ÑdÑ + 2ˆÐ,Ñ Ð ÑdÐdÑÌ (59)

89 Con la vendita allo scoperto (o short selling) è possibile vendere un titolo che non si possiede prendendo in prestito il

titolo da qualcuno che lo possiede e lo si vende a qualcun altro, ricevendo l’importo X. In una data successiva, si restituisce il prestito acquistando il titolo al prezzo Y e rendendolo a chi lo aveva prestato. Se l’importo Y è inferiore all’importo iniziale X, è stato realizzato un profitto di X- Y. La vendita allo scoperto è quindi redditizia se il prezzo del titolo diminuisce.

Analizzando la precedente formula possiamo capire l’effetto del valore del coefficiente di correlazione sul rischio di portafoglio. Pertanto si possono evidenziare 4 distinti casi:

ÓÔ,Õ = +Ö Ò= ÐdÐ+ ÑdÑ 90

Non vi è alcun vantaggio in termini di riduzione del rischio di portafoglio quando le attività sono perfettamente correlate positivamente.

ÓÔ,Õ = −Ö

Ò= − ÐdÐ+ ÑdÑ oppure Ò= ÐdÐ− ÑdÑ

Se le attività sono correlate negativamente in modo perfetto, il portafoglio che ne deriva presenta un tratto in cui il rischio è inferiore a quello dell’attività meno rischiosa, fino al punto di annullarsi

quando dÐ=

`×)`Ð.

ÓÔ,Õ = Ø Ò= |[ ÐdÐ + ÑdÑ]

Essendo positivo almeno uno dei termini sotto radice, è impossibile che il rischio di portafoglio possa essere annullato. Ma la diversificazione in questo caso permette di ottenere sempre una deviazione standard di portafoglio minore della semplice media ponderata delle deviazioni standard dei titoli, ma permette anche di costruire portafogli con deviazione standard minore della più bassa tra quelle dei due titoli.

Ø < ˆÔ,Õ< 1 Ò= |Ë ÐdÐ + ÑdÑ + 2ˆÐ,Ñ Ð ÑdÐdÑÌ

Nonostante la possibilità che la varianza

minimia di portafoglio sia maggiore di Ñ e

Ð, la deviazione standard del portafoglio è

comunque inferiore alla media ponderata delle deviazioni standard dei singoli titoli dimostrando che anche in questo caso la diversificazione operata solamente con due attività riesce a ridurre il rischio di portafoglio.

Figura 45: I benefici della diversificazione91

Dai casi appena visti e dalla formula della varianza (o deviazione standard) del portafoglio si deduce che il concetto di correlazione assume un ruolo rilevante. In particolare si può dedurre che è possibile ridurre il rischio di un portafoglio scegliendo attività finanziarie che hanno andamenti non perfettamente correlati in modo positivo. In altre parole D’Arcangelis (2011) afferma che “il

principio base che governa la teoria di Markovitz è che per costruire un portafoglio efficiente occorre individuare una combinazione di titoli tale da massimizzare il rendimento e minimizzare il rischio complessivo scegliendo titoli correlati il meno possibile.”92