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La negazione di un diritto: il same sex Marriage secondo la Corte di Strasburgo.

Capitolo II : Matrimonio omosessuale e omogenitorialità alla luce della recente giurisprudenza della Corte Europea de

2.3 La negazione di un diritto: il same sex Marriage secondo la Corte di Strasburgo.

Con la pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo resa il 24 giugno 2010 nel caso Schalk e Kopf c. Austria (ric. n. 30141/04), sopra rammentata, il dibattito costituzionale in Europa sul matrimonio omosessuale si è ulteriormente intensificato.

Il caso prende le mosse dal ricorso di due cittadini austriaci, la cui richiesta di matrimonio è stata respinta dalle autorità nazionali perché l’art. 44 del codice civile austriaco del 1812 riserva espressamente il matrimonio a persone di sesso opposto.

La Corte costituzionale austriaca, chiamata nel 2003 a giudicare della legittimità di questo articolo, ha statuito che né ai sensi delle norme costituzionali in tema di uguaglianza, né ai sensi degli artt. 8 e 12 della CEDU (che in Austria, hanno rango costituzionale), esso poteva ritenersi incostituzionale, data la radicata e incontrovertibile

strutturazione eterosessuale del vincolo matrimoniale, non contraddetta in alcun modo dai parametri costituzionali invocati.

I ricorrenti, a questo punto, si rivolgono alla Corte di Strasburgo lamentando la violazione degli artt. 8, 12 e 14 della CEDU e insistendo per l’accoglimento del loro ricorso anche dopo che in Austria, nel gennaio 2010, è entrata in vigore la legge sulle unioni registrate (Eingetragene Partnerschafts-Gesetz102), che attribuisce alle coppie

omosessuali (e solo ad esse, non essendo queste unioni accessibili agli eterosessuali) uno status in larga parte affine al matrimonio.

Analizzando il profilo della sentenza che concerne l'art 12 della CEDU, la Corte richiama come a partire dal caso Goodwin c. Regno Unito, del 17 luglio 2002, la diversità biologica dei partners non costituisca più una condizione imprescindibile per potersi sposare, dato che al matrimonio possono accedere anche persone di genere opposto, sia esso quello riscontrato alla nascita o quello acquisito a seguito di operazione di rettificazione del sesso.

Infatti mentre per i transessuali il superamento del criterio di diversità biologica non importa necessariamente un abbandono della struttura eterosessuale del vincolo matrimoniale, fondata semmai sulla diversità di genere e non più sulla diversità di sesso, per gli omosessuali la coincidenza piena tra il sesso e il genere non è sufficiente a incardinare le pretese dei ricorrenti all’interno della struttura del matrimonio. La Corte EDU nel caso in questione (§53) afferma l' impossibilità di estendere la dottrina Goodwin richiamando due pronunce della Corte di Strasburgo, poco note : Parry c. Regno Unito, n. ric. 42971/05, e R. e F. c. Regno Unito, n. ric. 35748/05 , in cui sono stati dichiarati inammissibili i ricorsi con cui due coppie di coniugi inglesi facevano valere l’illegittimità della legge che li obbligava a divorziare nel caso in cui uno dei due coniugi, di sesso ovviamente opposto a quello

dell’altro, si fosse sottoposto ad un’operazione di rettificazione del sesso, che l’avrebbe reso dello stesso genere dell’altro coniuge, sebbene non ne avesse alterato il sesso biologico. In questo caso, la Corte affermò che l’impossibilità di proseguire il matrimonio appariva non irragionevole perché, tra l’altro, all’art. 12 CEDU non poteva attribuirsi un significato diverso da quello di consentire l’unione solamente tra un uomo e una donna, e dunque la situazione dei ricorrenti è stata assimilata dai giudici europei ad un’unione matrimoniale same-sex, ed è stata ritenuta estranea all’ambito di applicazione dell’art. 12 CEDU, e quindi finiva per rientrare nel margine d’apprezzamento statale, inteso in termini particolarmente ampi.103

La Corte come notiamo dal testo della sentenza ha scelto quindi di non fare leva solamente sulla giurisprudenza aperta da Goodwin, ma è andata dritta al cuore del problema, chiarendo cioè l’ambito di applicazione dell’art. 12 CEDU.104

La Corte partendo dal dato letterale dell'art 12 CEDU e rinviando

103Il diritto di cambiare sesso, da più tempo radicato in quasi tutte le legislazioni (da

noi con la l. 14/1982, ‘rafforzata’ dalla decisione della Corte Costituzionale n. 161/1985), pone (e al tempo stesso affronta) nuovi, anche se prevedibili, interrogativi sul piano giuridico. Ad esempio: qual è la sorte del matrimonio contratto dalla persona che poi decide di cambiare sesso? Finora, il legame tra transessualismo e matrimonio era stato trattato quasi esclusivamente dal punto di vista del diritto di chi sceglie la nuova identità sessuale di poter sposare una persona del sesso opposto a quello ‘conseguito’ mediante la procedura di rettificazione, ma ‘uguale’ all’originaria condizione biologica del ‘transessuale’. La reazione del diritto è stata, fin da subito pensiamo ad una sentenza del BVG del 1977, nonché ad alcune decisioni della Corte EDU, nei casi Grant c. Regno Unito e Goodwin c. Regno Unito, positiva. La nuova identità acquisita attraverso il percorso di mutamento sessuale deve potersi dispiegare nel pieno godimento della vita privata e familiare, comprendendo perciò anche il diritto di scegliere una esperienza relazionale (e di sancirla nelle forme previste dall’ordinamento giuridico) coerente con la dimensione sessuale modificata. Il caso esaminato invece nella recentissima ordinanza della Corte di cassazione (sez. I civ., n. 14329 del 6 giugno 2013) è il riflesso rovesciato del problema appena descritto. La decisione di cambiare sesso interviene su una situazione matrimoniale già esistente, e crea il paradosso (in alcuni ordinamenti, come il nostro, non riconosciuto) di un matrimonio che prosegue tra soggetti che ‘ormai’ appartengono allo stesso sesso.

all'art 9 della Carta di Nizza105, che non fa alcun riferimento alla

differenza di sesso tra i coniugi, afferma che il diritto al matrimonio sancito all'articolo 12 CEDU non deve essere considerato in tutte le circostanze alle persone di sesso opposto.106 Questo nuovo

orientamento della Corte si è aggiornato ai mutamenti che negli ultimi anni hanno coinvolto il concetto e il ruolo sociale del legame matrimoniale, ma tuttavia non è ancora sufficiente per giungere a dichiarare l'incompatibilità della normativa nazionale, perché secondo la Corte, le legislazioni dei paesi membri della Convenzione sono ancora troppo diverse tra loro per consentire ad essa l’elaborazione di uno standard di tutela comune. La Sentenza infatti facendo un'indagine comparativa evidenzia come siano la minoranza gli Stati membri che hanno riconosciuto la legittimità del matrimonio omosessuale.

Sulla base di connotazioni sociali e culturali profonde del matrimonio, che mutano sensibilmente da una società ad un’altra, la Corte ha preferito non imporre il proprio orientamento sulle diverse valutazioni effettuate dagli Stati membri. In considerazione di quanto affermato la Corte ha ritenuto la normativa civilistica austriaca una legittima manifestazione del margine d’apprezzamento che in questa materia spetta agli Stati membri.

Interessante come la sentenza abbia consentito l’inserimento dei diritti delle coppie omosessuali nell’ambito delle garanzie della Convenzione, senza provocare una dichiarazione di incompatibilità della normativa nazionale con essa, sia in relazione all’art. 12 che in relazione all’art. 8 CEDU.

I giudici di Strasburgo hanno ritenuto tale scelta al di fuori della

105Art 9, Carta di Nizza, Diritto di sposarsi e costituire una famiglia.”Il diritto di

sposarsi e di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio”.

106Paragrafo 61 «the Court would no longer consider that the right to marry

enshrined in Article 12 must in all circumstances be limited to marriage between two persons of the opposite sex. Consequently, it cannot be said that Article 12 is inapplicable to the applicants’ complaint».

competenza della Corte, rientrando nel margine d’apprezzamento a disposizione degli Stati.

La rapida evoluzione verificatasi negli ultimi anni e formalizzata in alcuni importanti principi del diritto comunitario (in primis il citato art. 9 della Carta di Nizza) rende non più ammissibile distinguere, anche se solo in linea di principio, le rivendicazioni delle coppie omosessuali rispetto a quelle delle coppie eterosessuali.

Anche se il contesto europeo presenta un favor crescente per il matrimonio omosessuale, il numero degli Stati che lo riconoscono è ancora troppo esiguo perché la Corte europea possa registrare la formazione di uno standard di tutela, assorbendolo di conseguenza all’interno delle garanzie della Convenzione.

In definitiva, se sul terreno dell’interpretazione evolutiva degli artt. 8 e 12 CEDU la Corte europea ha mostrato la tendenza all’introduzione di nuovi contenuti di valore all’interno delle maglie della Convenzione, gettando i semi per la formazione di una eventuale convergenza strutturale a livello europeo, nel frattempo i giudici di Strasburgo hanno precisato l’impossibilità che la Corte operi come istituzione contro-maggioritaria rispetto agli orientamenti statali.

Lo scopo della Corte consisterebbe più che nell'attribuire la libera scelta agli Stati tenendosi al di fuori delle singole vedute, nel far si che la combinazione di tali argomenti possa inquadrare il pluralismo di soluzioni all'interno di un protocollo che, almeno in futuro, non sottrae la discrezionalità statale ad una supervisione della Corte europea.107

Nonostante, quindi, alcune aperture, l’esito della decisione in commento conferma che il matrimonio omosessuale non rientra tra le garanzie della Convenzione e che quindi la tutela di questa forma di convivenza resta «as matters stand» (§61) appannaggio degli Stati, che

107Vd G.REPETTO, Il matrimonio omosessuale al vaglio della Corte di Strasburgo,

ovvero:la negazione “virtuosa” di un diritto, in Rivista dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti - N.00 del 2010

restano liberi di istituirla e di dare ad essa la conformazione che ritengono opportuna.

2.4 L'omogenitorialità e la questione dell'adozione delle coppie