4. Regime
4.1. Effetti inter partes
4.1.1. Negozio incompleto
a) Come desumibile dalla qualificazione stessa che viene data al negozio, prima della venuta ad esistenza del bene non può dirsi perfezionata la fattispecie tipica su oggetto futuro per la mancanza di uno degli elementi essenziali ex art. 1325 c.c.: l’oggetto.
b) Medio tempore non si producono gli effetti definitivi del contratto (ad esempio quelli reali se si tratta di una vendita), che sorgono solo allorquando quest’ultimo è completo di tutti i suoi elementi costitutivi. Tuttavia esistono degli effetti definiti “preliminari”: il vincolo di irrevocabilità e una obbligazione relativa alla venuta ad esistenza del bene. Su entrambe le parti grava l’obbligo di non
119 In tal modo la mancanza di causa esterna non è opponibile erga omnes e in ogni tempo, salvo pubblicità sanante, usucapione o possesso vale titolo, ma è esperibile esclusivamente l’azione personale di ripetizione dell’indebito, cfr. GAZZONI F., op. cit., p. 834. Bisogna però precisare che la nullità della prestazione isolata senza causa esterna (dato che non vi possono essere negozi senza giustificazione causale) vale quando quest’ultima non ha essa stessa una sua giustificazione. Se il negozio accanto alla causa esterna ne ha anche una sua interna propria (si pensi ad esempio al contratto definitivo) l’eventuale invalidità del titulus (il contratto preliminare) rileva sotto il profilo dei vizi della volontà (come errore di diritto in quanto la parte riteneva di essere tenuta a stipularlo).
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impedire la futura nascita del diritto e talvolta - ma solo nei confronti del venditore e se pattuito121 - anche quello a contenuto positivo di agire per favorirne la nascita se il suo contributo è necessario a tal fine.
c) Nel caso in cui il bene non venga ad esistenza non si ha nullità strictu sensu, così come prevista dall’art. 1472 c.c., perché non si è ancora perfezionato. Il contratto rimane definitivamente incompleto.
Inoltre essendo l’obbligazione di far nascere la cosa semplicemente di natura preliminare (e non definitiva), non si crea alcun sinallagma con quella di pagamento del prezzo. Di conseguenza non può esserci spazio per la domanda di risoluzione né per inadempimento, né per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Se invece il bene viene ad esistenza, si producono gli effetti definitivi a partire da quel momento, senza la necessità di ulteriori atti122.
d) La mancata venuta ad esistenza del bene comporta che il negozio rimanga definitivamente incompleto. Qualora quest’ultima non sia imputabile a nessuna delle due parti ci sono responsabilità. Tutt’al più, se una parte ha già pagato il prezzo, avrà diritto alla restituzione.
Nei casi in cui, invece, si riscontri la colpa (ad esempio il compratore non abbia fatto quanto doveva per far nascere il bene), l’altra potrà ottenere il risarcimento del danno, limitato però al solo interesse negativo. L’articolo di riferimento è il 1338 c.c. e si risponde non per la conclusione di un contratto nullo già al momento della sua stipulazione, ma per averne impedito il completamento.
4.1.2. Negozio condizionato
a) Il negozio avente ad oggetto beni futuri è un contratto perfetto già al momento dell’incontro delle manifestazioni di volontà delle parti, ancor prima della venuta ad esistenza del bene.
b) La conseguenza dell’adesione a questa teoria è che - durante la pendenza della condizione - grava sulla parte che ha alienato l’obbligo di comportarsi secondo buona fede per mantenere integre le ragioni dell’altra parte123.
121 La necessità della pattuizione, che può essere espressa o tacita, rappresenta una ulteriore differenza rispetto alla vendita obbligatoria, cfr. RUBINO D., op. cit., p. 183.
122 Se si tratta di vendita: si trasferisce la proprietà; sorge l’obbligo di consegna e di pagare il prezzo nonché la garanzia per i vizi.
123 Non si verificano gli effetti riferiti alla situazione finale finché dura la pendenza della condizione, salvo alcune eccezioni derivanti dall’applicazione dei principi ricavabili dalle disposizioni dettate dall’art. 1358 c.c.. Dalla lettura delle norme è possibile individuare il contenuto delle aspettative delle parti del contratto condizionato, ossia delle situazioni soggettive che nascono dal contratto condizionato. Sorgono diritti ed obblighi preliminari che possono dar luogo a
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La condizione sospende la produzione degli effetti del contratto, siano essi reali o obbligatori. Questa fase di “pendenza” è regolata da una particolare disciplina (ex art. 1356 e ss c.c.)124.
Letteralmente, l’odierno art. 1358 c.c., sembrerebbe far sorgere un obbligo non in capo ad entrambe le parti, ma solo nei confronti di colui che risulta essere il titolare del diritto, al fine di tutelare l’aspettativa giuridicamente rilevante dell’altro soggetto ad ottenere quanto dovuto. Tuttavia l’immanenza del principio di buona fede che permea l’intera disciplina contrattuale porta a ritenere che un generale obbligo di correttezza incomba anche sull’altra parte. É vero, infatti, che il periodo di pendenza della condizione precede quello di esecuzione, ma non può essere nettamente distinto dal secondo125. Si tratta di una fase strumentale durante la quale non possono essere posti in essere comportamenti tali da compromettere e pregiudicare l’esecuzione del contratto.
Il contenuto dell’obbligo di correttezza si sostanzia nel dovere di preservare l’oggetto del diritto su cui ricade l’aspettativa dell’altra parte e quello di non ostacolare l’avveramento della condizione. Le parti possono specificarlo con previsioni puntuali all’interno del regolamento contrattuale.
Qualora nulla sia stato stabilito, quest’ultimo potrà essere ricostruito tenendo conto delle specifiche circostanze di fatto. In linea di principio la parte deve preservare integre le ragioni dell’altra e cooperare lealmente al fine di massimizzare i vantaggi e ridurre gli oneri e i rischi in capo a quest’ultima126. Ne consegue che i comportamenti doverosi possono avere anche contenuto positivo.
risoluzione per inadempimento alla specifica obbligazione - prevista dal citato art. 1358 c.c. - di ciascun contraente di comportarsi in pendenza della condizione "secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra parte", cioè di osservare i doveri di lealtà e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. in modo da non influire sul verificarsi dell’evento condizionante pendente, cfr. Cass. 18 marzo 2002, n. 3942, in in Contratti, 2003, 5, p. 443 nota di TRENTINI.
124 Durante il detto periodo di pendenza le parti si trovano in una posizione di aspettativa che è fonte di effetti preliminari. In particolare “in pendenza della condizione sospensiva, il contratto a prestazioni corrispettive produce i suoi normali
effetti e vincola i contraenti al puntuale ed esatto adempimento delle obbligazioni rispettivamente assunte: la condizione, infatti, rende incerto il negozio, ma è già fermo ed irrevocabile il vincolo negoziale. Nessun effetto riferito alla situazione finale può però verificarsi finché dura la pendenza salvo alcune eccezioni derivanti dall’applicazione dei principi ricavabili dalle disposizioni dettate dall’art. 1358 c.c.: da dette disposizioni è possibile individuare il contenuto delle aspettative delle parti del contratto condizionato, ossia delle situazioni soggettive che nascono dal contratto condizionato. Tale contratto fa sorgere diritti ed obblighi preliminari che possono dar luogo a risoluzione per inadempimento alla specifica obbligazione - prevista dal citato art. 1358 c.c. - di ciascun contraente di comportarsi in pendenza della condizione "secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra parte", cioè di osservare i doveri di lealtà e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., in modo da non influire sul verificarsi dell’evento condizionante pendente”,
cfr. Cfr. Cass., 19 giugno 2014, n. 14006, in Contratti, 2015, 3, 270 nota di VECCHIO.
125 La dottrina sostiene che l’art. 1358 c.c. sia una norma che pone un obbligo specifico all’interno di un ambito che comunque è già ritenuto coperto dal più generale obbligo di buona fede nell’esecuzione del contratto ex art. 1375 c.c. Anche se gli effetti del contratto sono sospesi, infatti, sembra appropriato parlare di “fase di esecuzione del contratto” perché fra le parti esiste pur sempre un regolamento contrattuale, cfr. ROPPO V., op. cit., p. 592.
126 Cfr. sempre ROPPO V., op. cit., p. 593. Ciò vale anche in caso di condizioni miste, ossia di quelle dipendenti in tutto o in parte dal comportamento o dalla volontà di uno dei contraenti. Le Sezioni Unite hanno, infatti, ribadito che il principio di buona fede costituisce criterio di valutazione e limite anche del comportamento discrezionale del contraente dalla cui volontà dipende (in parte) l’avveramento della condizione. Tale comportamento “non può essere considerato privo di
ogni carattere di doverosità, sia perché - se così fosse - si risolverebbe in una forma di mero arbitrio, contrario al dettato dell’art. 1355, sia perché aderendo a tale indirizzo si verrebbe ad introdurre nel precetto dell’art. 1358, una restrizione che questo non prevede, limitandolo all’elemento casuale della condizione mista, cioè ad un elemento sul quale la condotta della parte ha ridotte possibilità di incidenza, mentre la posizione giuridica dell’altro contraente resterebbe in concreto priva di ogni tutela. Invece è proprio l’elemento potestativo quello in relazione al quale il dovere di comportarsi
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Si deve dare atto di alcune tesi inclini a sostenere che in caso di contratto sospensivamente condizionato l’obbligo di comportarsi secondo buona fede previsto dall’art. 1358 c.c., pur essendo una specificazione di quello gravante in generale sulle parti del contratto ai sensi dell’art. 1375 c.c., presenti delle differenze rispetto a quest’ultimo127.
Il merito della teoria del negozio condizionato è - oltre a quello di aver ricostruito il fenomeno della contrattazione su oggetto futuro come fattispecie regolata da un negozio unico che si perfeziona al momento dell’incontro della volontà delle parti - quello di offrire alla parte numerosi strumenti di tutela.
Questi ultimi, in caso di inadempimento, sono diversi. Oltre a quelli generali previsti in caso di inosservanza dell’obbligo di buona fede (la risoluzione128 e il risarcimento)129, vi sono quelli specifici per neutralizzare i comportamenti imputabili all’altra parte. Infatti, qualora il diritto oggetto del negozio sia pregiudicato da atti materiali, è possibile compiere atti conservativi. Se, invece, sono posti in essere atti giuridici (di natura, ad esempio, dispositiva), soccorre in favore del soggetto leso la retroattività reale della condizione.
Infine, qualora vi sia un comportamento scorretto volto ad interferire con il naturale processo di avveramento, la parte può utilizzare il rimedio della la fictio iuris ex art. 1359 c.c..
c) Se la condizione non si avvera il contratto non è nullo, ma inefficace e definitivamente improduttivo di effetti130.
secondo buona fede ha più ragion d’essere, perché è con riguardo a quell’elemento che la discrezionalità contrattualmente attribuita alla parte deve essere esercitata nel quadro del principio cardine di correttezza”, cfr. Cass.,
Sez. Unite, 19 settembre 2005, n. 18450, in Corriere Giur., 2006, 2, 212 nota di MOTTOLA.
127 L’art. 1358 c.c. delimita il contenuto generale dell’obbligo di buona fede in quanto il comportamento richiesto è limitato al dovere di conservare integre le ragioni dell’altra parte. Quest’ultima, dunque, non può essere costretta a tenere un comportamento positivo, perché in caso di negozio condizionato entrambe le parti si assumono il rischio in ordine all’avveramento dell’evento dedotto. La parte che ha la disponibilità del bene può essere, comunque, chiamata ad attivarsi per preservare quest’ultimo, nei limiti però dell’apprezzabile sacrificio. Di conseguenza il parametro da utilizzare in caso di inadempimento non può essere quello della diligenza del buon padre di famiglia ex art. 1176 c.c., cfr. BIANCA C.M., Il
contratto, Milano, Giuffrè, 1984, p. 526.
128 La risoluzione può essere chiesta anche con riferimento alla violazione di obblighi a contenuto generico, come quello di buona fede e correttezza (propri della fase condizionale). L’inadempimento non comprende esclusivamente la non esatta esecuzione (totale o parziale) della prestazione, ma anche la mancanza del comportamento necessario alla realizzazione del contratto, cfr. PERLINGIERI P., I negozi sui beni futuri, cit., p. 223.
129 Secondo Cass. 18 marzo 2002, n. 3942, cit.: il contratto pur inefficace per il mancato avveramento della condizione può essere risolto in danno della parte colpevole di aver violato il dovere di comportarsi in buona fede. È di conseguenza ammissibile la risoluzione - di un contratto divenuto inefficace per il mancato avveramento della condizione - per inadempimento dell’obbligo di comportarsi, in pendenza della condizione, secondo buona fede nonché di astenersi da quanto possa pregiudicare gli interessi dell’altro contraente e di compiere quanto sia del caso necessario affinché l’evento condizionante si verifichi (in tali senso ex multis: sent. 22 marzo 2001 n. 4110; sent. 2 giugno 1992 n. 6676; sent. 10 marzo 1992 n. 2875).
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Non può considerarsi invalido poichè nel nostro ordinamento la nullità è un vizio dell’atto e quindi presuppone un confronto con il quadro normativo vigente al momento della conclusione del negozio131. Si discute in dottrina in ordine all’ammissibilità della figura della nullità sopravvenuta. Ne sono stati individuate due tipologie: quella ex art. 1472 c.c. (definita anche nullità sospesa132) e quella che si ha allorquando sopraggiunga una nuova valutazione legislativa che va ad incidere su negozi ad effetti differiti o sospesi o di durata.
In entrambi i casi la soluzione preferibile è quella che nega la possibilità di dichiarare tamquam non esset un contratto ab origine valido per la sopravvenienza di un evento successivo133. Le cd ipotesi di nullità sopravvenuta incidono, infatti, non tanto sull’atto, ma sul rapporto (sugli effetti). Di conseguenza non hanno la natura di vera e propria nullità134.
Inoltre se la condizione non si è verificata e la parte non ha violato l’obbligo ex art. 1358 c.c. di comportarsi secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra parte non può domandarsi la risoluzione del contratto. Secondo la giurisprudenza, infatti, si può parlare di inadempimento contrattuale solo quando il contratto è efficace (il mancato avveramento della condizione impedisce la verifica circa l’inadempimento)135.
Tuttavia va segnalato che in un caso in cui la Cassazione si è schierata in favore della ricostruzione della vendita di cosa futura quale negozio sottoposto a condicio iuris, i giudici hanno tratto delle
131 Salvo che sopravvenga una norma cd retroattiva, ossia quella che si riferisce a fatti, atti o eventi verificatisi anteriormente alla sua entrata in vigore per riconnettervi effetti o conseguenze giuridiche (possibilità eccezionale, ma non esclusa in ambito civile). Tuttavia questo caso investe la problematica non tanto della nullità sopravvenuta, quanto dell’efficacia della legge nel tempo, cfr. ROPPO V., op. cit., p.704.
132 Si parla di nullità sospesa o pendente con riferimento a quei contratti che possono risultare nulli dopo la conclusione a seconda che si verifichi o meno un determinato evento successivo (è per questo che la nullità è detta sospesa), come ad esempio la vendita di beni futuri o anche il contratto il cui oggetto deve essere determinato dal mero arbitrio del terzo e né lui né le parti provvedano (art. 1349, comma 2). Tuttavia l’autore dà atto della tendenza della dottrina di collocare queste fattispecie sul diverso terreno dell’efficacia o del contratto a formazione progressiva, cfr. sempre ROPPO V., op.
cit., p. 703
133 Il dibattito si è acceso soprattutto in relazione a due importanti fattispecie interessate da riforme legislative rilevanti: la fideiussione omnibus e l’usura. L’impostazione preferibile è quella che affronta il problema partendo dall’analisi dell’aspetto disciplinato dalla norma. Se quest’ultima concerne l’atto, allora non potrà applicarsi ai negozi già conclusi (salvo ovviamente che sia retroattiva). Se invece ha riguardo al rapporto e questo sia ancora in corso, la nuova legge prevale rispetto al regolamento contrattuale, incidendo però sul piano degli effetti. Secondo autorevole dottrina si potrebbe parlare di nullità sopravvenuta solo se si potesse ritenere che un negozio sia fino a un certo punto valido e poi invalido (e inefficace da allora in poi). Invece nel nostro ordinamento il negozio e la validità sono fenomeni istantanei, cfr. PERLINGIERI P., op.cit., p. 175. Contra MIRABELLI G., Dei singoli contratti, cit., p. 26.
134 Parte della dottrina ritiene che debbano essere assimilate alle cause di risoluzione del contratto, cfr. ROPPO V., op. cit., p. 704. Tuttavia si dà atto che la Cassazione nell’ambito di una controversia concernente la sopravvenienza della legge 17 febbraio 1992, n. 154 in materia di fideiussione ha affermato che quest’ultima non tocca la validità e l’efficacia della fideiussione fino al momento della sua entrata in vigore, ma determina, per il periodo successivo, la nullità sopravvenuta della convenzione con essa in contrasto, cfr. Cass., 9 febbraio 2007, n. 2871, in Obbl. e Contr., 2008, 4, p. 317, con commento di CUCCOVILLO M., Nullità sopravvenuta della fideiussione omnibus, apertura di credito ed efficacia delle
rimesse in conto corrente. In tema di usura invece è stato ritenuto che “quando anche non si volesse aderire alla configurabilità della nullità parziale sopravvenuta come sembra preferibile), tuttavia non si potrebbe comunque continuare a dare effetto alla pattuizione di interessi superiori alla soglia usuraria”, cfr. Cass., 22 aprile 2000, n. 5286,
in Banca, borsa e tit. credito, 2000, II, nota di DOLMETTA
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conseguenze diverse da quelle di cui sopra. In particolare hanno qualificato la mancata venuta ad esistenza del bene come ipotesi di nullità del contratto per mancanza di oggetto, escludendo quindi che si potesse chiedere la risoluzione per inadempimento136.
d) La responsabilità in caso di inadempimento è di natura contrattuale e l’eventuale risarcimento del danno avrà come parametro l’interesse positivo all’esecuzione del contratto137. Secondo la giurisprudenza, infatti, il contratto sottoposto a condizione sospensiva è perfettamente concluso anche se non ancora efficace ed è fonte di “obbligazioni preliminari o prodromiche il cui adempimento può dar luogo ad una responsabilità contrattuale”138.
4.1.3. Negozio obbligatorio
a) Anche in questo caso, il negozio è già perfetto a partire dal momento dell’incontro delle manifestazioni di volontà delle parti, ancor prima della venuta ad esistenza del bene. La complessità della fattispecie rileva esclusivamente in relazione ad ambiti “marginali, estrinseci allo schema tipico negoziale”139.
b) Medio tempore nascono dei precisi obblighi in capo alle parti.
Una volta concluso il contratto si instaura un rapporto giuridico contrattuale preliminare140. Il primo effetto obbligatorio è l’irrevocabilità del consenso ai sensi dell’art. 1372, comma 1, c.c..
136 Nel caso concreto era stata stipulata una vendita di cosa futura tra una azienda collettiva di produttori agricoli e un titolare di un agrumeto (e all’uopo, era stata versata una caparra confirmatoria da parte dell’azienda dei produttori al venditore dei frutti pendenti nel fondo coltivato da quest’ultimo) cui seguiva una gelata che determinava l’impossibilità della prestazione oggetto della vendita, cfr. Cass., 30 giugno 2011, n. 14461, in Contratti, 2012, 4, 270 nota di SANGERMANO. Quest’ultimo critica tale sentenza perché la stessa autorevole dottrina che ha elaborato la teorica della vendita di cosa futura quale negozio sottoposto a condicio juris ha escluso che possa parlarsi di nullità in senso tecnico, dovendosi optare per un fenomeno di caducazione o di risoluzione di diritto del negozio. In aggiunta la Cassazione si contraddice perché rileva la mancata prova da parte del venditore in fase di merito della non imputabilità della impossibilità della prestazione. Ma “delle due l’una: o al venditore non può essere addebitato ex art. 1218 c.c. alcun
giudizio di colpevolezza e il contratto viene caducato per "nullità" ex art. 1472 c.c., secondo comma, (cioè, tecnicamente risolto di diritto per incolpevole impossibilità sopravvenuta); ovvero, il venditore è risultato inadempiente e la risoluzione è governata dalle relative regole in materia di scioglimento del contratto per inadempimento”.
137 Se invece fosse stato invalido, le parti avrebbero potuto chiedere il risarcimento della lesione del mero interesse negativo a non essere coinvolti nella stipulazione di un contratto invalido.
138 Cfr. Cass. 18 marzo 2002, n. 3942, cit.
139 Si esprime in tale senso GAZZARA G., op. cit., p. 113.
La Cassazione ha recentemente affermato che la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza ritengono si tratti di un negozio
ab inizio perfetto, ricorrendo in esso tutti gli elementi essenziali del contratto, ma ad effetti obbligatori (poichè il momento
traslativo sussisterà solo allorchè la cosa sia venuta ad esistenza), cfr. Cass., Sez. Unite, 12 maggio 2008, n.11656, in Riv.
not., 2009, II, p.1477, con nota di GRAZIANO
140 Giuridico perché regolato dalla legge; contrattuale perché effetto di un contratto completo; preliminare perché tende a realizzare un rapporto definitivo e finale, cfr. PERLINGIERI P., op. cit., p. 182. Inoltre la dottrina rileva che quando l’effetto reale si produce immediatamente attraverso il semplice consenso il contratto si realizza senza che si costituisca un rapporto obbligatorio, altrimenti il risultato programmato (il passaggio di proprietà) rileva in termini di obbligazione, cfr. BIANCA
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L’attuale inesistenza della cosa, inoltre, non impedisce la produzione di tutti quegli effetti