Offerta formativa manageriale in sanità
11. OFFERTA FORMATIVA REGIONALE PER I RUOLI DI DIREZIONE GENERALE
1.6 NOTE CONCLUSIVE
La prima osservazione che si può trarre dalle analisi effettuate per comporre la map-pa della formazione regionale è che solo pochissime Regioni hanno scelto di realizza-re iniziative formative ad hoc per la certificazione delle competenze manageriali ri-volte solo alle persone che effettivamente ricoprono la posizione di direzione gene-rale nelle aziende sanitarie di pertinenza. Questo non significa che non vi siano altre iniziative formative mirate ai ruoli in oggetto, ma che queste non sono finalizzate all’acquisizione della certificazione delle competenze richieste dalla normativa, cioè si potrebbe individuare una sorta di separazione tra attività “obbligatoria” in cui si ri-schia di rispondere con una logica di adempimento, e altre iniziative in cui sperimen-tare modelli ritenuti più efficaci. Questo evidenzia una certa carenza, o per lo meno un ritardo, nell’intendere il ciclo della formazione come una delle leve gestionali a disposizione delle Regioni per meglio realizzare i propri obiettivi strategici. Nel con-testo aziendalizzato della sanità, il ruolo dei direttori generali e degli altri ruoli di direzione, è infatti un perno fondamentale dell’azione regionale.
La caratteristica delle aule di essere gruppi “di pari” consente di posizionare più correttamente gli obiettivi formativi, analizzare le esigenze formative e definire piani formativi di gradimento per i partecipanti. È pur vero che una partecipazione più variegata consente anche di allargare la propria rete, individuare soluzioni non auto-referenziali. A maggiore ragione, in una fase come quella attuale in cui le prime certificazioni stanno scadendo dopo i primi 7 anni, parrebbe opportuno valutare la fattibilità di aule diversificate, o almeno con momenti formativi separati.
Una seconda osservazione riguarda il bilanciamento tra modalità di scelta e nomina dei DG e il conseguente rapporto personale, fiduciario che la Regione instaura con i propri Direttori Generali (fatti salvi certi requisiti di ingresso che come detto non sono al momento molto stringenti), e “l’oggettività” dei progetti formativi definiti a livello nazionale (reinterpretati a livello regionale in modo da garantire un seppure minimo livello di omogeneità alle persone che ricoprono tali posizioni). Questo tra-de-off, gestito anche da ruoli diversi (livello politico e livello tecnico-amministrativo), è parso in alcune Regioni risolto e i due elementi convivono perfettamente attraver-so carriere lunghe, presenza di DG che hanno ricoperto due, tre volte e più la carica, anche in Regioni diverse. In altri casi, invece, sembra persistere maggiore difficoltà ad integrare un livello di scelta politica con elementi più operativi e, appunto, almeno in
41
Offerta Formativa Regionale per i ruoli di Direzione Generale
parte oggettivi, che possono apparire in parte in contraddizione. In un tale contesto, quindi, apparirebbe importante un forte processo di analisi delle esigenze formative, che però, proprio per la natura politica della scelta, talvolta si ha quasi una ritrosia nell’affrontare in modo strutturato. In questi casi, la formazione per i ruoli di direzio-ne gedirezio-nerale appare quasi rispondere più a obiettivi di sistemaziodirezio-ne a posteriori (e quindi prevarrebbe una “logica di adempimento”) che non alla realizzazione di obiettivi prospettici (cosa questa specifica Regione chiede oggi ai suoi DG e cosa a loro serve sapere e come loro debbono sapersi comportare per realizzarlo).
L’opportunità di definire una rete formativa nazionale, che garantisca contenuti e metodi formativi di valenza sovraregionale è tra le principali domande di ricerca che ci siamo posti. Abbiamo rilevato alcuni tentativi di accordi formalizzati interregionali, che però non sono riusciti a diventare operativi, per svariati motivi, visti in preceden-za. Nonostante queste esperienze che non hanno portato a risultati concreti, è in qualche Regione stata espressa l’esigenza di una maggiore “massa critica” nell’eroga-zione della formanell’eroga-zione, di un recupero di economie di scala, che potrebbe essere forse possibile attraverso una qualche forma di coordinamento leggero. Vediamo in che termini si potrebbe articolare un tale coordinamento.
Da quanto analizzato in sede di offerta, da parte delle Regioni del campione, non emerge una diffusa necessità o una richiesta generalizzata di un livello ulteriore nella progettazione/erogazione/valutazione/certificazione delle attività formative per la propria dirigenza sanitaria e del top management. Elementi che sono stati rilevati a sostegno di questa visione sono:
• la grande differenza attuale tra le Regioni che hanno ritenuto di voler utilizzare la leva della formazione manageriale in sanità, rispetto ad altre in cui è prevalsa la logica dell’adempimento;
• la stratificazione e l’accumulo di competenze a livello regionale sul tema specifico, che difficilmente si vorrebbe veder “annacquate” in una prospettiva nazionale;
• le specificità relative ai propri messaggi formativi, specifici di ciascuna Regione di appartenenza e del suo orientamento politico;
• la presenza di un elemento ostativo ad accordi interregionali nella scelta della eventuale location comune di erogazione, per cui tutte le Regioni partecipanti all’accordo avrebbero un interesse a mantenerla nel proprio territorio;
• la presenza di vincoli e difficoltà “campanilistiche” nei pochi casi in cui si è tentato un accordo interregionale, per cui poche Regioni sono concretamente disponibili a non utilizzare erogatori provenienti dal proprio territorio in favore di altri, an-corché di eccellenza, se non proprio quando in casi di estrema necessità (es. Re-gione impegnata in un Piano di Rientro).
I tentativi di realizzare accordi formalizzati, seppure avviati da alcune Regioni, non hanno portato a risultati concreti. Non abbiamo rilevato nemmeno casi di accordi con altre Regioni per il riconoscimento “a priori” di certificazioni ottenute altrove.
Ci sono accordi di fatto, nel senso che la Regione può adottare un sistema di valuta-zione dei crediti eventualmente ottenuti dai ruoli di direvaluta-zione generale in altre
strut-42
Formazione Manageriale in Sanitàture, ma tale valutazione è effettuata sempre ad hoc, e consente il riconoscimento dei crediti entro comunque un limite definito per ciascun modulo formativo e co-munque su base assolutamente individuale ed episodica. Le Regioni non intendono rinunciare a questo livello di autonomia attraverso la formalizzazione di un qualsivo-glia accordo preventivo. Elementi rilevanti ai fini del riconoscimento dei crediti o del corso seguito sono l’urgenza nella necessità di ottenere la certificazione, l’ente ero-gatore, la durata dell’intervento, le tematiche trattate, i docenti, ma appunto, non debbono creare “un precedente”, ma essere riconosciuti caso per caso.
Questa situazione pare destinata a prolungarsi e al limite a rafforzarsi nel prossimo futuro. Sono infatti in atto in molte Regioni delle iniziative di sostegno diretto delle Università inserite nel proprio territorio, che si sono trovate messe in crisi dai prov-vedimenti di razionalizzazione e di riduzione dei finanziamenti statali. Questo ha im-plicato per molte Regioni la scelta di intervenire anche direttamente a sostegno dei sistemi universitari locali, e il tema della formazione in sanità è un’altra leva forte per farlo. Anche le Regioni più deboli, in accompagnamento, debbono sostenere la pro-pria economia locale e, unite alle spinte verso il federalismo, queste generano un contesto in cui difficilmente osserveremo scambi o accordi transregionali.
Allo stato attuale, la ricerca non è riuscita ad individuare una logica unitaria nelle iniziative realizzate dalle diverse Regioni in ambito formativo manageriale. L’autono-mia guadagnata in questi anni, sancita anche dalla normativa di inizio anni 2000, rite-niamo che difficilmente potrebbe essere regolamentata. Ciò non toglie, però, che alcune Regioni siano in realtà disponibili ad un confronto con le altre, anche attraver-so un tavolo di coordinamento, finalizzato al miglioramento delle attività formative per il top management, al confronto su nuove “buone pratiche”, all’approfondimento di tematiche trasversali di interesse comune per tutte. Infatti, mentre le tematiche formative più legate al team building, allo sviluppo dell’appartenenza alla struttura e alla Regione, all’approfondimento delle specifiche scelte di impronta regionale appa-iono indissolubilmente legate ad un’erogazione di livello regionale, le tematiche tec-nico-specialistiche sono senz’altro più trasversali. In questo ambito, potrebbe essere valutata la possibilità di ragionare di un livello di coordinamento, quando non anche di erogazione congiunta, dato che alcune competenze specialistiche sono comuni a tutti i ruoli di top management. Ad esempio, le competenze economico-finanziarie, di lettura di un budget di un’azienda sanitaria o ospedaliera e dei suoi principali indici, il cambiamento tecnologico, l’evoluzione delle funzioni acquisti, sono solo alcuni esem-pi di tematiche esem-più tecniche in cui l’appartenenza regionale appare esem-più sfumata. Ci pare questo uno spazio in cui eventualmente proporre un maggiore coordinamento, che potrebbe portare alla realizzazione di economie di scala nella erogazione “com-plementare e cooperativa” di alcuni moduli formativi trasversali. Non abbiamo invece visto spazi per una vera e propria “certificazione dei programmi” tout court, intesi come insieme completo della formazione, che prevede, nella maggioranza dei casi analizzati, un mix di competenze tecniche e di competenze relazionali, soft, maggior-mente dipendenti e legate allo specifico contesto regionale di operatività.
Qualche limitato spunto all’organizzazione di una rete di erogatori certificati è stato
43
Offerta Formativa Regionale per i ruoli di Direzione Generale
anche raccolto, ma la sensazione che i ricercatori ne hanno derivato è che si tratti più di un auspicio che non di una vera e propria volontà di maggiore coordinamento inter-regionale. Probabilmente si riesce razionalmente a intravedere i vantaggi di un maggio-re coordinamento, almeno su alcuni temi e nell’accezione sopra descritta, ma in maggio-realtà se ne vedono anche gli ostacoli, essenzialmente di natura politica, che impedirebbero la personalizzazione degli interventi formativi su cui invece le Regioni più attive hanno scommesso negli interventi più recenti (Emilia Romagna, Lombardia, Toscana).
Sicuramente la creazione di una rete interregionale di erogatori “di eccellenza” potreb-be apparire interessante ad alcuni erogatori, e taluni si sono anche espressi in tal senso.
Questi infatti vedrebbero da un lato “certificata” la propria eccellenza ed otterrebbero un importante riconoscimento, dall’altro aumenterebbero la domanda potenziale dei propri eventi formativi. L’idea potrebbe apparire teoricamente valida, anche se le diffi-coltà operative potrebbero essere rilevanti. Chi potrebbe certificare l’eccellenza di un dato erogatore su quella particolare tematica tecnica? In fondo anche la valutazione di eccellenza può dipendere da diverse variabili, che mal si adatterebbero a entità di pro-filo e tipo diverso. Ad esempio, considerando le Università e le società di consulenza, questi due gruppi avrebbero criteri di valutazione della qualità differenti e difficilmente ordinabili a priori e da un soggetto esterno. Si tornerebbe ad avere un sistema di erogatori accreditati entro cui ciascuno potrebbe selezionare la tipologia e la prove-nienza di quello preferito, in relazione ai propri obiettivi formativi. Certamente potreb-be aumentare la flessibilità ma, di nuovo, requisito fondamentale sarebpotreb-be comunque la volontà di utilizzare la formazione come una leva gestionale per realizzare un obiettivo specifico. Percorso che non tutte le Regioni hanno al momento avviato.
Anche senza coordinamento interregionale, e senza rete di “erogatori di eccellenza”
resta comunque il problema di come favorire lo scambio di esperienze formative di eccellenza tra Regioni diverse e questo potrebbe avvenire su una base scientifica con convegni e incontri ad hoc, come in parte comunque già avviene oggi.
Questa parte della ricerca ha anche evidenziato come sia difficile ricostruire un pro-cesso di erogazione della formazione unitario e controllato, a partire dalla formula-zione di obiettivi specifici e formalizzati per i ruoli di direformula-zione generale, in misura minore per i direttori di struttura complessa, da parte della Regione: spesso preval-gono logiche locali, talvolta guidate dalla Regione, talvolta dall’erogatore. Nella varie-tà di temi formativi trattati, le Regioni si sono mosse generalmente con un buon livello di proattività. Probabilmente però, è il campo delle modalità didattiche quello in cui esse hanno potuto maggiormente spaziare, offrendo, nei casi più avanzati, tutte le metodologie formative innovative messe a punto dalle esperienze internazionali. In qualche caso, addirittura, si è preferito spingere molto su questo ambito, forse arri-vando anche a privilegiarlo rispetto alla pura e semplice trasmissione di conoscenze, cosa che pare abbia lasciato un po’ perplessi anche gli stessi partecipanti.
Uno sviluppo interessante a questa parte della ricerca potrebbe essere dato da alcu-ne interviste anche al livello politico in alcualcu-ne Regioni, al fialcu-ne di approfondire le caratteristiche del profilo desiderato dei DG e quindi la coerenza tra esigenze “di profilo” e la formazione erogata ai DG.
44
Regione Basilicata Capitolo 1 - Appendice. Casi regionaliAPPENDICE