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Le novità introdotte dal progetto Renz

8. La riforma costituzionale del Governo Renzi: breve storia dell’iter legis

8.1 Le novità introdotte dal progetto Renz

Il disegno di legge presentato dal Governo Renzi apporta diverse modifiche, tutte circoscritte ai titoli I, II e III della seconda parte della Costituzione, riguardo il funzionamento delle Camere e l'iter legislativo, le funzioni e la composizione del Senato, l'elezione del Presidente della Repubblica e le modalità di attribuzione della fiducia

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al Governo. Ulteriori modifiche al titolo I sono relative all'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza, alle leggi di iniziativa popolari e ai referendum; mentre altre modifiche al titolo III riguardano l'abolizione del CNEL e l'introduzione del principio di trasparenza per la pubblica amministrazione. Vi sono inoltre numerose modifiche al titolo V, relative in particolare al rapporto tra Stato ed enti locali minori. Alcune modifiche al titolo VI riguardano infine l'elezione dei giudici della Corte costituzionale.

Il ripensamento dei pubblici poteri che ha portato a pianificare una vera e propria riforma costituisce la premessa necessaria per dimostrare l'effettiva capacità del Paese di rinnovarsi profondamente, per elevare la qualità della vita democratica, ricostruire il rapporto di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e rafforzare la credibilità dell'Italia nello scenario europeo e internazionale.

Non a caso il carattere assolutamente prioritario delle riforme, costituzionali ed elettorali, è stato più volte sottolineato con forza dal Presidente della Repubblica, in modo particolarmente solenne nel discorso pronunciato innanzi alle Camere in occasione del giuramento il 22 aprile 2013, quando ha affermato: «Non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana».

Coerentemente con quell'appello, dopo il lavoro istruttorio condotto dalla Commissione per le riforme costituzionali istituita dal Governo Letta, il nuovo Governo si è impegnato, in occasione delle dichiarazioni rese alle Camere dal Presidente del Consiglio dei ministri, sulle quali è stata accordata la fiducia, a promuovere in tempi brevi una riforma dell'«architettura istituzionale».

Alla base di questo impegno vi è la profonda convinzione che, in un contesto di severa crisi economica e sociale, dal quale facilmente traggono linfa pulsioni antisistema volte a delegittimare sia i partiti politici, sia, di riflesso, le stesse istituzioni rappresentative ai cui organi essi forniscono la provvista, la sola risposta possibile è il

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rinnovamento; poiché solo le istituzioni che sanno dimostrare di sapersi riformare possono ritrovare la propria legittimazione e riannodare i fili del dialogo con i cittadini.

Per quel che riguarda le finalità del progetto di riforma del Senato, nella Relazione di accompagnamento al d.d.l. si legge, tra l’altro, che “il progetto di revisione costituzionale delineato nel presente disegno di legge persegue una pluralità di obiettivi e prende le mosse da una duplice esigenza: da una parte, rafforzare l’efficienza dei processi decisionali e di attuazione delle politiche pubbliche nelle quali si sostanzia l’indirizzo politico, al fine di favorire la stabilità dell’azione di governo e quella rapidità e incisività delle decisioni che costituiscono la premessa indispensabile per agire con successo nel contesto della competizione globale”. Per fare ciò, sempre secondo gli stessi proponenti, “ il Senato delle Autonomie si caratterizza come un organo rappresentativo delle «Istituzioni territoriali». Quest’ultimo diviene, dunque, una nuova Camera dotata di caratteri propri, che concorre alla funzione legislativa, approvando, insieme alla Camera dei deputati, le leggi costituzionali e deliberando, negli altri casi, proposte di modificazione che in alcuni ambiti possono assumere una particolare forza nel procedimento, ed esercita l’essenziale funzione di raccordo tra lo Stato e le regioni, le città metropolitane e i comuni, cui si aggiungono ulteriori rilevanti funzioni in materia di attuazione e formazione degli atti normativi dell’Unione europea, di verifica dell’attuazione delle leggi dello Stato e di valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche sul territorio”.

L’aspetto forse più radicale di riforma consiste nell’aver escluso il nuovo Senato dal circuito della fiducia al Governo.

La scelta operata dal disegno di legge è quella di superare l’attuale bicameralismo paritario, che non ha eguali nel panorama internazionale, mediante la definizione di un nuovo assetto bicamerale differenziato, nel quale la Camera diviene titolare in via esclusiva del rapporto di fiducia con il Governo, esercitando la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo sull’operato del

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Governo, mentre il Senato delle Autonomie si caratterizza come un organo rappresentativo delle «Istituzioni territoriali».

Già l’art. 1 d.d.l., modificando l’art. 55, comma 3, Cost., prevede che “La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo”, escludendo, quindi, da tali funzioni il Senato.

L’art. 21 del d.d.l., poi, rubricato proprio “Fiducia al Governo”, modifica in più parti l’art. 94 della Costituzione al fine di raggiungere l’obiettivo di cui sopra. In sostanza, il Governo dovrà ottenere solo la fiducia della Camera dei deputati; ovviamente, solo la Camera potrà revocare la fiducia al Governo, costringendolo a dimettersi.

Con riferimento alla composizione, nella relazione si legge che il Senato delle Autonomie si configura proprio come quella sede di raccordo tra lo Stato e gli enti territoriali la cui sostanziale assenza nel disegno di riforma del titolo V ha impedito la realizzazione di un sistema di governo multilivello ordinato, efficiente e non animato da dinamiche competitive, in grado di bilanciare interessi nazionali, regionali e locali e di assicurare politiche di programmazione territoriale coordinate con le più ampie scelte strategiche adottate a livello nazionale.

L’art. 2 del d.d.l. cambia la composizione del Senato delle Autonomie rispetto all’attuale assetto, sostituendo l’art. 57 Cost. La disposizione così riformata dispone: “Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due. La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta

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dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma. Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio».

La prima novità è l'eliminazione della nozione "eletto a base regionale". Il Senato non sarà più direttamente elettivo, bensì legato alle preferenze indicate per i candidati consiglieri all'atto delle elezioni regionali. I novantacinque senatori (sarà infatti ridotto anche il numero dei senatori, da 315 a 100) più i cinque nominati eventualmente dal Presidente della Repubblica saranno eletti con metodo proporzionale dai consigli regionali e delle province autonome tra i propri membri e uno tra i sindaci dei comuni del proprio territorio. Nessuna regione potrà avere meno di due senatori e le province autonome ne hanno due a testa. La ripartizione dei seggi sarà fatta in base alla popolazione risultante dall'ultimo censimento e sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti (permane quindi la regola già prevista attualmente). La durata dei senatori non sarà più di cinque anni, come oggi, ma sarà collegata alla durata dell'organo territoriale che ha provveduto all'elezione del senatore secondo le indicazioni espresse dagli elettori per i candidati consiglieri. Alla legge è poi delegata tutta la normativa di attuazione del sistema dell'elezione come ad esempio la normativa in materia di sostituzione dei senatori in caso di cessazione della carica elettiva regionale o locale o il numero tra senatori consiglieri e sindaci. I seggi devono essere assegnati in base ai voti espressi e alla composizione di ciascun Consiglio.

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Tutti i senatori non percepiranno alcuna indennità per l’esercizio delle loro funzioni. Il cambiamento così radicale è coerente con le premesse di cui sopra, per cui il Senato sarà soprattutto una Camera con componenti non eletti direttamente dal corpo elettorale, ma che darà rappresentanza agli Enti territoriali (Regioni e Comuni), che in tal modo potranno avere una loro “voce” diretta, ad esempio, nel procedimento di revisione costituzionale.

Infine si segnala, da un lato, che l’art. 6 d.d.l. elimina dall’art. 67 la locuzione per cui “ogni membro del parlamento rappresenta la Nazione”, pur mantenendo il divieto di mandato imperativo anche per i senatori; dall’altro, che l’art. 7 d.d.l. modifica il secondo e terzo comma dell’art. 68 Cost., prevedendo che le previste guarentigie parlamentari si applichino solo ai deputati e non ai senatori.

Così radicalmente modificata la struttura del Senato, è del tutto ovvio che anche le funzioni subiscono un notevole ridimensionamento, per molteplici profili. Alcune funzioni, però, restano sostanzialmente immutate. Tra queste, di particolare importanza, è la funzione di revisione costituzionale. L’art. 8 d.d.l. modifica l’art. 70, comma 1, Cost., prevedendo che “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali”; inoltre l’art. 10, comma 2, lett. b), d.d.l. aggiunge, tra l’altro, un comma 5 all’art. 72 cost., a tenor del quale “I disegni di legge costituzionali e di revisione costituzionale sono esaminati dal Senato delle Autonomie articolo per articolo e approvati a norma dell’articolo 138”.

In generale l’art. 55, comma 4, Cost. (come modificato dall’art. 1 d.d.l.) prevede che “Il Senato delle Autonomie rappresenta le istituzioni territoriali. Concorre, secondo modalità stabilite dalla Costituzione, alla funzione legislativa ed esercita la funzione di raccordo tra lo Stato e le Regioni, le Città metropolitane e i Comuni. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi dell’Unione europea e, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolge attività di verifica dell’attuazione delle leggi dello Stato e di valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche sul territorio”.

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Altro aspetto modificato in radice dal d.d.l. di riforma costituzionale riguarda la funzione legislativa. L’art. 8 d.d.l., modifica l’art. 70 Cost., che alla luce della riforma recita: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71, per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore di cui all'articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma. Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati. Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all'esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata. L'esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all'articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi

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disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti. I disegni di legge di cui all'articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. I Presidenti delle Camere decidono, d'intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti. Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all'esame della Camera dei deputati».

Con la modifica all'articolo 70 Cost., ampiamente amplificato, si pone fine alla parità legislativa che l'ex articolo 70 sanciva. Solo la Camera dei deputati mantiene la funzione legislativa piena. Il Senato potrà deliberare, in modo congiunto con la Camera, solo sulle leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71 Cost., per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore e altre tipologie di leggi previste sempre dalla Costituzione. Una legge per essere abrogata o modificata dovrà seguire il medesimo meccanismo che si segue per realizzarla.

Il disegno di legge approvato dalla Camera passa al Senato che in dieci giorni, su richiesta di un/terzo dei componenti può decidere di esaminarlo. Entro trenta giorni il Senato potrà deliberare modifiche al

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testo e la Camera avrà l'onere di vagliare il testo di nuovo in maniera definitiva. Se decorre il termine di dieci giorni si ritiene che il Senato non voglia esaminare il testo e pertanto esso è approvato in maniera definitiva dalla sola Camera e può essere promulgato. Nei casi di legislazione prevista dall'articolo 117 Cost. le modifiche proposte dal Senato e approvate a maggioranza assoluta possono essere non approvate dalla Camera solo se vi è una maggioranza assoluta al voto finale di approvazione definitiva. I Presidenti delle Camere d'intesa dirimeranno le eventuali questioni di competenza.

Il Senato della Repubblica potrà anche eseguire azioni di attività conoscitiva e formulare osservazione sugli atti e i documenti in esame alla Camera dei Deputati.

Parzialmente diverso il regime speciale previsto per i disegni di legge di cui all’art. 81, comma 4, Cost170., approvati dalla camera dei

deputati, che “sono esaminati dal Senato delle Autonomie che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. Per tali disegni di legge le disposizioni di cui al comma precedente si applicano solo qualora il Senato delle Autonomie abbia deliberato a maggioranza assoluta dei suoi componenti”.

L’art. 9 d.d.l. aggiunge un secondo comma all’art. 71 Cost. in tema di iniziativa legislativa, prevedendo che “Il Senato delle Autonomie può, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, richiedere alla Camera dei deputati di procedere all’esame di un disegno di legge. In tal caso, la Camera dei deputati

170 Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.

Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.

Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.

Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale.

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procede all’esame e si pronuncia entro il termine di sei mesi dalla data della deliberazione del Senato delle Autonomie”.

Infine è da segnalare che in caso di leggi di conversione dei decreti legge previsti dall’art. 77 Cost., l’art. 12 d.d.l. prevede che “L’esame, a norma dell’articolo 70, dei disegni di legge di conversione dei decreti, è disposto dal Senato delle Autonomie entro trenta giorni dalla loro presentazione alla Camera dei deputati e le proposte di modificazione possono essere deliberate entro dieci giorni dalla data di trasmissione del testo”.

Il Senato perde anche la funzione d’inchiesta. L’art. 16 d.d.l., infatti, modifica l’art. 82 Cost. prevedendo, in sostanza, che tale funzione possa essere esercitata solo ed esclusivamente dalla Camera. Ai sensi dell’art. 8 d.d.l., che ha introdotto un ultimo comma all’art. 70 Cost., “Il Senato delle Autonomie può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati”. Come pure vengono modificati l’art. 78 Cost., per cui solo la Camera dei Deputati dichiara lo stato di guerra e conferisce i relativi poteri al Governo, e l’art. 79 Cost., per cui solo la Camera approva le leggi di amnistia e di indulto.

Ancora: viene modificato l’art. 80 Cost., per cui solo la Camera dei Deputati ratifica i trattati internazionali.

Infine, il Senato, in autonomia, elegge due giudici della Corte costituzionale. In tal modo viene superata la previsione dell’elezione da parte del Parlamento in seduta comune di tutt’e cinque i giudici di nomina parlamentare, prevista dall’art. 135, comma 1, Cost.: ogni Camera eleggerà i componenti di sua competenza, tre la Camera dei Deputati e due il Senato.

Si è cercato di illustrare i punti salienti previsti dalla riforma proposta dal governo Renzi, si attende ora la sua entrata in vigore, e a riguardo, dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta tre giorni dopo l'approvazione finale in Parlamento, il 15 aprile 2016, parlamentari sia della maggioranza che dell'opposizione hanno sfruttato l'apposita facoltà prevista dall'articolo 138 della Costituzione

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depositando formali richieste di referendum confermativo presso la cancelleria della Corte suprema di cassazione a partire dal 20 aprile 2016171. Tale tipo di referendum può essere infatti richiesto, nei casi in

cui una legge di revisione costituzionale è approvata da una maggioranza inferiore ai due terzi dei componenti di entrambe le camere, entro tre mesi dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e non prevede il raggiungimento di un quorum di partecipanti per essere valido172.

L'Ufficio centrale per il referendum ha confermato la regolarità delle richieste il 10 maggio 2016173, ma, come da prassi iniziata in

occasione dei precedenti referendum costituzionali, prima della formulazione del decreto di indizione, emesso dal Presidente della Repubblica su deliberazione del Consiglio dei Ministri, viene lasciato

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