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2. Ricerca ed analisi sulla rappresentazione del progetto architettonico dal

2.5. Considerazioni sulle caratteristiche peculiari del disegno digitale nel

2.5.1. Nuove geometrie, nuove forme e disegno come immagine

Si è già detto che i primi studi sulle geometrie non euclidee sono in realtà molto lontani nel tempo, risalgono infatti alla fine del XIX secolo, ma non trovarono applicazione pratica sino all'invenzione delle NURBS, che sono in grado di fornire il modello matematico di qualunque tipo di superficie. Nel caso della elaborazione di queste geometrie complesse attraverso il computer, la distinzione tra rappresentazione matematica e grafica è molto sottile. Infatti, quando adoperiamo il computer come strumento progettuale e grafico, la gestione delle funzioni geometriche avviene all'interno del calcolatore, in forma numerica e quindi matematica, mentre il processo di visualizzazione avviene in realtà tramite altri algoritmi appositamente preposti: tuttavia noi vediamo sul monitor la forma grafica della geometria e quindi siamo portati ad identificarne l'entità concettuale con il disegno. Facciamo un paragone semplicistico con il disegno delle curve coniche: le formule matematiche che le descrivono non avrebbero mai potuto vestire una forma grafica geometrica, senza l'uso del compasso. E senza forma grafica non sarebbero mai potute essere usate per la composizione architettonica. Ma tornando al presente, in realtà, la formula che permette al calcolatore di gestire le NURBS è una scoperta teorica, connessa al linguaggio del computer, che coinciderebbe con lo strumento, e in questo caso il disegno sarebbe da identificare esclusivamente nella forma grafica assunta sullo schermo dalla geometria, grazie agli algoritmi di visualizzazione. In quest'ottica il disegno in sé, come metodi e come tecniche, non avrebbe fatto alcun passo avanti. Se invece la definizione matematica e la codificazione numerica in linguaggio informatico si inglobano nella definizione dello strumento, allora quello che si suole indicare come “disegno” risulta profondamente innovato rispetto al passato. Siccome abitualmente questa distinzione tra i momenti suddetti di elaborazione computazionale e visualizzazione è spesso trascurata, si suole identificare la scoperta teorica con la virtuale fisicità del disegno. Come se lo strumento fosse il disegno e non il computer e i complessi calcoli che lo fanno funzionare, e che ci rende oggi in grado di rappresentare le geometrie non-euclidee. Invece forse il disegno non è lo strumento, ma la visualizzazione del processo. È questo il motivo per cui il disegno digitale ha più ragione d'essere chiamato immagine: l'immagine di un processo numerico a noi difficilmente comprensibile54. Qui sta il punto, perché si potrebbe far notare che

gli innumerevoli algoritmi che sono necessari per il funzionamento del calcolatore, in realtà fanno parte della sua essenza, sono il suo linguaggio, il suo meccanismo interno. In questo senso macchina e suo supporto teorico sarebbero un unico strumento ed allora avrebbe senso parlare di disegno digitale, che utilizza tale

strumento. Tuttavia, sfido la maggior parte dei comuni mortali ad essere in grado di comprendere pienamente i meccanismi che conducono dall'immissione dei dati alla loro visualizzazione, ed è per questo che sono diffidente verso la convinzione di chiamarlo disegno: manca infatti quel rapporto diretto con lo strumento che ci permette di prefiguraci il risultato visivo nel tracciare un segno. È incredibile che siamo arrivati a questo grado di alienazione nei confronti dello strumento, al solo pensare che le prime interfacce grafiche digitali nacquero con l'intento di imitare la gestualità della mano che disegna55.

Per spiegare meglio la distinzione introdotta, illustro un piccolo schema, che interpreta l'atto di disegnare un segmento in tre diversi modi (figura 17). Nel primo caso, collegando con una matita due punti A e B ottengo un segmento, che vedo inverarsi in tempo reale come una linea di dimensioni definite che giace su un supporto fisico bidimensionale. Il segno è collegato allo strumento il quale è collegato alla mano che infine è collegata direttamente al cervello umano. Segno, strumento e mano si muovono simultaneamente e analogamente sullo stesso piano. Poiché l'atto del disegno si esplica nel gesto

spontaneo e semplice, il cervello non ha necessità di elaborare comandi complessi per controllare il processo. L'esempio è tanto semplice da sembrare banale, ma se faccio la stessa cosa col computer, collego i due punti trascinando il selezionatore con il mouse: ho effettuato un procedimento analogo. Con la differenza che lo strumento non è collegato direttamente e fisicamente al segno, perché il passaggio avviene tramite calcoli, che la mano è collegata al segno tramite il mouse e quindi si muove sempre simultaneamente e analogamente ma non sullo stesso piano. Infine il cervello che impartisce gli ordini per svolgere il processo del disegno, è costretto a elaborare ragionamenti più complessi che richiedono un maggior numero di nozioni intellettuali per far funzionare lo strumento. In questo secondo caso si può parlare comunque ancora di disegno in senso tradizionale, poiché permane la componente di

17. Schema che illustra il rapporto uomo-disegno in diversi casi di utilizzo dello strumento grafico

prefigurazione e di finalizzazione del gesto al risultato, seppur con l'uso di uno strumento potentissimo per velocità, precisione e semplificazione dei processi di costruzione grafica. Nell'ultimo caso, invece, immetto parametricamente le coordinate dei due punti nella barra di stato, con impostato il comando linea; la visualizzazione grafica appartiene ad un secondo momento temporale, innescato dall'invio, che in questo caso elementare, sarò in grado di prefigurare, ma in casi più complessi esula dalla mia comprensione. Questa è la sfera del disegno-immagine. In cui l'atto del disegno si confonde negli intricati meandri numerici della macchina, e l'immagine scaturisce magicamente come prodotto finale di un processo del quale siamo al comando, spesso non del tutto consciamente. La simultaneità e l'analogia fisiche del gesto col segno non esistono più, sono sostituite dall'input numerico; il processo aumenta di complessità richiedendo ancor più nozioni intellettuali e concettuali per la sua gestione controllata. In tutti e tre i casi si può notare che seppur semplice o complesso esiste il collegamento tra la mano e il cervello, inteso come ente consapevole delle proprie azioni. Tuttavia l'ultimo caso è quello più a rischio per la rottura di tale legame, perché, a causa dell'elevata complessità del funzionamento dello strumento da disegno- immagine, è possibile innescare processi che generano risultati grafici senza essere minimamente in grado di prefigurarli.

Riprenderò queste motivazioni nel capitolo quarto per capire il nesso tra disegno e composizione, discutendo di argomenti quali il disegno come forma mentale e la necessità della capacità di prefigurazione nel processo progettuale.

Finalmente libere di essere rappresentate, sotto forma di disegno-immagine, grazie alle potenzialità dello strumento digitale, le geometrie non euclidee aprono la strada all'uso di nuove forme anche in campo architettonico.

Gli studi concettuali sulla Topologia si concretizzano in innumerevoli sperimentazioni. L'elaborazione delle superfici NURBS fa emergere alcune categorie formali come come i blob, i

fold, i box digitali. Alcuni progettisti, infatti, hanno usato queste

espressioni per definire alcune delle superfici da loro progettate: ad esempio Eisenman usa il termine fold per indicare una superficie che si piega su se stessa; mentre Gehry chiama blob l'effetto ottenuto da una palla che impatta su una superficie liquida. L'architettura che utilizza questo nuovo repertorio formale, superando i vincoli imposti dalla geometria classica, è stata designata da alcuni critici proprio con il nome di “Architettura digitale”56, il che è emblematico della forte relazione che lega lo

strumento alla sperimentazione formale architettonica.

Anche il pensiero filosofico ha avuto da riflettere in conseguenze di queste potenzialità offerte dai mezzi digitali per la manipolazione della forma (si pensi teorici del postmodernismo come Gilles Deleuze e Fredric Jameson), abbandonando la netta

contrapposizione tra superficie, originariamente intesa come ente bidimensionale, e profondità57. Bernard Cache afferma che

l'immagine

«non è più l'immagine dell'oggetto, ma l'immagine di tutte le costrizioni dalla cui combinazione l'oggetto è creato. Quest'oggetto non riproduce più un modello di imitazione, ma dà corpo a un modello di simulazione»58.

La simulazione dell'oggetto, ottenuta virtualmente grazie al mezzo informatico, non è più temporalmente conseguente alle leggi che definiscono graficamente il progetto, ma spesso le precede scaturendo automaticamente dall'elaborazione di concetti tradotti nel linguaggio macchina e attraverso di esso tramutati in immagine.

Con la possibilità di rappresentare le geometrie n-dimensionali e non-euclidee, si può parlare anche di un superamento della realtà percettiva: la geometria, che è una scienza nata originariamente proprio per misurare il mondo fisico così come l'uomo lo percepisce, ha ampliato i propri confini tanto da perdere il nesso con le potenzialità della percezione59. Da qui il dubbio su cosa il

disegno sia chiamato a rappresentare, se per sua natura questo è regolato dalle leggi della percezione. Esso non essendo adatto rappresentare la natura intima delle geometrie complesse, dovrà comunque ricondurle ad un piano percepibile e ciò implica necessariamente una certa inadeguatezza della rappresentazione nei confronti della conformazione reale dell'oggetto. Per questo le sue nuove tendenze espressive sono tese verso qualità percettive ambigue o indefinite, volte forse a sottolineare questa natura di strumento di visualizzazione di processi che gestiscono geometrie complesse.

Potrebbero sorgere delle perplessità anche sul fatto che il disegno crea per definizione una cosa fissa, in esso il concetto di moto può essere solo evocato tramite il suo uso ripetuto in sequenza o attraverso particolari effetti grafici, e dunque esso si potrebbe ritrovare come mezzo non più sufficiente a comunicare contenuti di progetto, basati su concetti dinamici, e fondatori di molte architetture contemporanee. Può avvenire infatti che, quando si lavora all'interno della dimensione spazio-temporale del computer, la forma muta costantemente secondo parametri variabili. Dunque, dal punto di vista concettuale, potrebbero essere avanzate delle perplessità quando un'immagine viene bloccata per realizzare un'architettura come ente statico60. È per

questo che il progetto tende a necessitare oggi di una notevole quantità di disegni e immagini per essere spiegato, e ciò si traduce spesso nell'uso di rappresentazioni filmiche, o sequenze di immagini statiche, che, come approfondiremo più avanti, diventano tipiche della rappresentazione del progetto digitale.

Insomma, si può anche ammettere che lo strumento sia arrivato dopo lo sviluppo di certe teorie, ma certamente il suo

ingresso è capitato ad hoc, è servito per elaborare i concetti emergenti, ne ha incarnato la poetica, diventandone ulteriore incentivo, e sicuramente rendendo possibile l'aumento di complessità, grazie alla accresciuta capacità di gestione.

La manipolazione della forma complessa, rappresentata come geometria NURBS, è diventata d'uso comune, liberando le teorie più ardite dall'inerzia degli strumenti.

E sicuramente si può affermare che la nuova capacità rappresentativa abbia spinto i creatori di forme verso linee più sinuose e forme organiche. In Peter Eisenman, ad esempio, negli anni Novanta (a tal proposito si veda il progetto per Santiago de Compostela) notiamo l'ingresso di forme organiche generate da diagrammi fluidi, con linee più dinamiche e forme più continue61.

Anche nel caso di UN Studio le nuove tecniche offerte dal computer sono state il mezzo per liberare la composizione verso una spazialità che poteva finalmente espandersi nello spazio n- dimensionale62.

Con la convinzione che è dunque necessario rivalutare il ruolo del disegno nel progetto architettonico attuale, spostando la sua definizione verso qualcosa di più complesso ed articolato rispetto al disegno tradizionale, proseguiamo la nostra analisi su più fronti, perseguendone la comprensione.

2.5.2. Sul ruolo del disegno nel progetto dell'architettura