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4. Analisi sincronica Individuazione di elementi di continuità tra le regole

4.6. Pensieri critici sulla relazione tra disegno e progetto Riflessioni

L'osservazione dell'evoluzione del disegno di progetto nella storia dovrebbe portare infine a riconoscere il rapporto esistente tra il disegno e il processo progettuale. Tuttavia tale relazione non è unica e universale, come abbiamo avuto ripetutamente modo di vedere, ma è ricca di interpretazioni e di possibilità.

Prima di trarre le mie conclusioni, ho pensato di proporre alcune teorie di studiosi e architetti, che hanno dato una loro definizione a questo rapporto, prendendo spunto da esse per elaborare alcune riflessioni.

Cominciamo con una distinzione di due ordini diversi di relazione tra disegno e architettura, indipendenti tra loro, proposta dal Vagnetti. Secondo questa teoria il primo tipo di relazione sarebbe esclusivamente strumentale, e in esso l'uso del disegno è condizionato dallo scopo a cui deve servire. In questo caso il ruolo del disegno è subordinato a quello dell'architettura, che non deve subire da esso alcun vincolo, ma deve essere libera ed indipendente. Il secondo tipo di relazione proposto, invece, pone disegno e architettura in un rapporto di affinità espressiva, come settori analoghi della manifestazione artistica, ognuno caratterizzato da un suo linguaggio espressivo. Ma la cosa più importante è che così si stabilisce un rapporto di conseguenza che lega il risultato della creazione architettonica al modo usato per raggiungerlo, e così il disegno si trova ad assumere un ruolo formativo all'interno del processo progettuale38. Secondo questo

autore, dunque, il disegno ha più ruoli a seconda della sua finalità, e ciò ribadisce ciò che abbiamo detto distinguendo le due opposte tendenze del disegno, oggettivo o soggettivo, tese verso la convenzionalità o l'espressività, e la loro differenziazione in base alla destinazione. Il ruolo definito strumentale incarna certamente l'aspetto più oggettivo e codificato del disegno, e si relaziona soprattutto con l'aspetto costruttivo dell'architettura. Esso esprime principalmente una funzione comunicativa che non deve interferire col contenuto, ma trasferire semplicemente delle informazioni nel modo più neutrale possibile. Il secondo aspetto invece è quello che è stato analizzato in modo più approfondito in questo studio, perché in esso si riscontra l'importanza del ruolo del disegno nella progettazione architettonica. Qui la relazione disegno-progetto si fa simbiotica, i significati del disegno e i concetti dell'architettura si confondono. Il modo in cui l'idea progettuale viene trasferita sul supporto bidimensionale condiziona fortemente i metodi e gli esiti della composizione formale dello spazio architettonico. In quest'ottica, assumono un peso tutti gli aspetti precedentemente analizzati: i metodi di rappresentazione, le tecniche, gli strumenti, le scelte del colore, le scelte di composizione dell'immagine, i riferimenti simbolici, e tutte le componenti che definiscono un

disegno entrano in relazione con l'atto progettuale, dialogando attivamente con esso.

Il disegno diventa un'espressione molto personale dell'architetto che, grazie ad esso, riesce a comunicare in modo efficace le sue idee. Nelle sue manifestazioni più autografe ed espressive il disegno si configura anche come un fatto istintivo e gestuale. E forse è proprio per l'affievolirsi del rapporto fisico con lo strumento, che non si riesce a riconoscere al disegno digitale le stesse facoltà di quello manuale.

Infatti, come fa notare il Giordano, nel caso del disegno digitale, il computer sembra eseguire i comandi dell'operatore trascurando le imprecisioni della mano. Produrre disegni al computer richiede nuove e più complesse competenze tecniche e teoriche. La struttura matematica, che rappresenta il disegno nel linguaggio digitale, manca di immediata comprensibilità, e dunque resta un'inquietante zona d'ombra, nel passaggio dell'idea al computer e poi nel passaggio della memoria al video: il messaggio, accolto ed elaborato dalla macchina, rimane opaco persino al suo creatore. Pur essendo aumentate la capacità e la velocità di rappresentazione, tanto da poter disegnare qualunque cosa:

«l'atto creativo è reso astratto, ripulito da ogni sbavatura, dallo stesso computer che assume così il pesante surplus dell'attività mentale, apparendoci di fatto come un'esteriorizzazione della mente».

E lo stesso autore prosegue dicendo che quella zona oscura che esiste tra il messaggio, inserito nella macchina, che quindi esiste all'interno del computer nella forma codificata di un insieme complesso di bits, e l'operatore, forse, costituisce l'elemento veramente nuovo: la forma rappresentativa in cui è tradotto il disegno, ignota allo stesso autore, può probabilmente essere identificata come la “forma simbolica” del nostro tempo39.

Abbiamo discusso ampiamente di questa questione, parlando di disegno-immagine nel secondo capitolo, e la constatazione finale è stata quella di vedere un disegno che sembra perdere il suo ruolo formativo dell'idea progettuale, per nascondersi, appunto, nella veste numerica dell'intimo linguaggio informatico. Se dunque si riuscirà ad acquisire consapevolezza dei nuovi strumenti, rendendoli effettivamente sottomessi alle nostre scelte, e controllabili dalla nostra prefigurazione, allora si potrà affermare di avere recuperato il controllo sul disegno, e di avergli restituito nuovi compiti espressivi nella rappresentazione del progetto.

È certo che i nuovi mezzi non possono sostituire completamente quelli vecchi, perché l'immediatezza e la materialità del segno manuale è una necessità imprescindibile per l'architetto. Per confermare questo fatto riporto un'interessante discorso di Zaha Hadid sul ruolo assunto dagli strumenti di progettazione:

«La rappresentazione comincia a informare l'opera e a fornire spunti» e ancora «Continuo a ritenere che anche nei progetti più recenti, per i quali abbiamo usato il computer, la pianta bidimensionale sia tuttora fondamentale. Il computer mostra che cosa si può vedere da diversi, selezionati, punti di vista, ma io sono dell'idea che non conferisca sufficiente trasparenza, che l'elaborato rimanga troppo opaco. Non solo, penso che il suo effetto sia molto più gradevole sullo schermo rispetto a quando viene stampato sulla carta, perché lo schermo dà luminosità. E poi, se si paragona la resa manuale a quella del computer, bisogna riconoscere che il disegno e la pittura consentono di improvvisare molto di più. Quando si lavora sul disegno è possibile raggiungere via via un grado di concettualizzazione al quale, per diverse ragioni, non si perviene usando il computer […] La tecnologia permette di fare molte cose, ma non di raggiungere lo stesso grado di astrazione. Quando si disegna a mano una prospettiva, si può decidere di evidenziare certe cose e di tralasciarne altre. Non accade lo stesso quando si usa il wire-

framing. [...] In ogni caso, siccome siedo davanti agli schermi di

quindici, venti computer che posso simultaneamente consultare, mi vengono forniti ancora ulteriori spunti. È possibile vedere contemporaneamente sezione, pianta e diverse prospettive solide in movimento che mentalmente possono essere configurate secondo altrettante possibilità. Non saprei dire se questo indebolisca o rafforzi la percezione del progetto. A mio parere è un metodo alternativo. Del resto, continuiamo a costruire plastici, e io a produrre schizzi»40.

In questa intervista emerge un attaccamento al disegno manuale molto significativo, se si pensa all'importanza che lo strumento digitale assume nei progetti della Hadid. L'architetto afferma infatti che il disegno a mano possiede una capacità di astrazione maggiore rispetto a quello digitale. La moltitudine di elaborati, prodotti attraverso il computer, è eseguita dai collaboratori e viene utilizzata come materiale progettuale affiancandolo ancora ai metodi tradizionali. In questa affermazione si intravede la distanza che lo strumento digitale ha ancora nei confronti della forma mentale interpretata dal disegno.

A questo proposito mi piace fare riferimento ad una definizione del disegno data da Purini, che ne eleva il ruolo a quello di linguaggio privilegiato dell'architettura. In questo modo il disegno si trova legato indissolubilmente all'idea di progetto,

«il disegno è una delle tre forme-pensiero primarie dell'architettura...non è, quindi, uno strumento di rappresentazione delle idee ma il luogo stesso di formazione dell'idea»41.

In questo senso il disegno è una prefigurazione del risultato progettuale, e pertanto possiede anche una sorta di funzione ambigua, di copia dal valore autonomo dell'opera architettonica. E altrove ribadisce che

«La vera vista dell'architetto è il disegno. Il segno grafico possiede una capacità separatrice dei corpi che non ha eguali nella sua incisività chirurgica»42.

Del resto, il Purini non è l'unico né il primo a pensarla così. Per Aldo Rossi il progetto contiene già tutto il necessario per essere considerato reale, e dunque il disegno coincide esattamente con il pensiero stesso dell'architetto, un progetto

«...è una anticipazione, una presa di coscienza della realtà e quindi tutt'altro che utopia. […] non c'è dopo il progetto alcuna sorpresa di fronte al cantiere. […] tra gli schizzi, i disegni e la realizzazione della mia architettura, vi è assoluta coerenza. […] Io credo che i disegni di architettura siano negativi o aberranti quando non rispondono all'esigenza di tradurre un preciso motivo architettonico attraverso il disegno; […] per me il disegno di architettura è molto importante quando coincide con un lavoro, un pensiero sulla forma»43.

Anche Gaspare De Fiore ha osservato che

«L'idea architettonica è un'idea “disegnata”. L'idea di un'architettura è dovuta a diversi e molteplici fattori, è conseguenza di un complesso di parametri costruttivi culturali ed estetici, ma per diventare veramente architettura occorre che questi parametri si organizzino veramente in un disegno, cioè in una forma pensata, “vista” nella fantasia. […] È difficile pensare ad un'architettura non “prevista” in un progetto: chi immagina un'architettura, la progetta nella sua fantasia, la vedrà “disegnata” e prima o poi, per realizzarla, dovrà disegnarla. Ma ancora prima, anche se materialmente non lo fa con un pezzo di carbone sulla carta o sul muro, il progettista ha fatto un “disegno” della sua architettura; ha immaginato quello spazio e ne ha “previsto” gli elementi per realizzarlo. […] Tutto questo, mentre stabilisce da una parte che l'architettura esiste solo se è costruita, così dall'altra conferma come il disegno preceda l'architettura, presente come idea e come segno organizzato e logico»44.

L'idea di un disegno come forma mentale dell'architettura, come linguaggio grafico organizzato della sua analisi e comprensione, senza il quale, insomma, il progetto non potrebbe nascere né tantomeno essere realizzato, esiste probabilmente da quando il disegno acquista una sua dignità artistica, ed una controllabilità scientifica. Il Vasari, ad esempio, ci lascia scritto che

«Perché il disegno, padre delle tre arti nostre, architettura, scultura e pittura, procedendo dall'intelletto cava di molte cose un giudizio universale, simile a una forma ovvero idea di tutte le cose della natura, la quale è regolarissima nelle sue misure, di qui è, che non solo ne i corpi umani e degli animali, ma nelle piante ancora e nelle fabriche e sculture e pitture, cognosce la proporzione che ha il tutto con le parti e che hanno le parti fra loro e col tutto insieme. E perché da questa cognizione nasce un certo concetto e giudizio, che si forma nella mente quella tal cosa che poi è espressa con le mani si chiama disegno, si può conchiudere che esso disegno

altro non sia che una apparente espressione e dichiarazione del concetto che si ha nell'animo, e di quello che altri si è nella mente imaginato e fabbricato nell'idea»45

E quando il disegno inizia a delinearsi come scienza esatta, la convinzione delle potenzialità euristiche che esso possiede nella interpretazione dello spazio, e dunque nella concezione e concretizzazione di un progetto architettonico, è ormai certa e definita. Gaspard Monge dava della della geometria descrittiva questa definizione

«una lingua necessaria all'uomo di genio che concepisce un progetto, a quelli che devono dirigerne l'esecuzione, infine agli artisti che devono essi stessi eseguirne le diverse parti...un mezzo per ricercare la verità»46.