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2. Ricerca ed analisi sulla rappresentazione del progetto architettonico dal

2.2. Realtà virtuale e disegno: effetti sulla definizione di un linguaggio d

Già i primi sviluppi della grafica computerizzata spinsero l'immaginazione verso la possibilità di creare con lo strumento digitale un intero mondo, che simulasse realisticamente lo spazio fisico. Queste potenzialità furono applicate inizialmente per simulazioni di volo e per i viaggi nello spazio. Ma, nel 1969 fu creato da Peter Kamnitezer un esperimento con finalità architettoniche, chiamato Cityscape. Questo progetto sfruttava il sistema Moon Landing Simulator, sviluppato per la NASA, per ricostruire una città immaginaria, che l'osservatore poteva sorvolare o esplorare dall'interno. Le architetture ricostruite erano semplici e rappresentate, in uno schermo circolare, con le prime forme di visualizzazione ombreggiata e colorata, che, confrontate col wireframe, a cui si era ormai abituati, fecero davvero scalpore per il loro realismo. Seguirono altri esperimenti simili come quello di Donald Greenberg che riproduce virtualmente un sito circoscritto realmente esistente, e quello capeggiato da Negroponte con l'Architecture Machine Group del MIT, che ambisce a riprodurre un viaggio immaginario in una città intera. Questi sofisticati programmi non furono subito disponibili per la maggior parte degli architetti, che ancora per diversi anni non useranno il computer nel processo progettuale39.

Furono questi primi esperimenti ad aprire la strada ad un nuovo modo di fruire le immagini prodotte con lo strumento digitale. Questa modalità fruitiva è la cosiddetta realtà virtuale.

Già negli anni Sessanta si immaginava che gli sviluppi futuri avrebbero portato ad avvicinare sempre più l'apparenza di questo mondo a quello reale. Per rendere più realistico quanto rappresentato virtualmente al di là dello schermo, è necessario che lo spettatore vi si cali all'interno, partecipando egli stesso nella pienezza sensoriale della nuova realtà. Da allora si sono rapidamente sviluppati dispositivi sempre più sofisticati per rendere il più verosimile possibile l'esperienza virtuale. Sono stati così inventati gli occhiali virtuali oppure una sorta di casco/maschera, e altri dispositivi complementari come i guanti interattivi che permettono di emulare le sensazioni tattili sugli oggetti. Lo scopo è quello di raggiungere il totale coinvolgimento multisensoriale dell'utente e la ricerca continua a spingersi oltre per il raggiungimento di questo obiettivo. Attualmente uno dei campi principali di sperimentazione della realtà virtuale è sicuramente il settore dei video-games.

Solo di recente la realtà virtuale viene presa in considerazione per alcuni aspetti della ricerca architettonica.

Vedono così la luce sofisticati programmi in cui questa nuova esperienza diviene il luogo deputato alla verifica visivo-percettiva degli spazi progettati dall'architetto, prima che questi vengano

realizzati. Quindi la realtà virtuale può essere considerata uno strumento di rappresentazione dell'architettura davvero innovativo: la possibilità di sentirsi immersi nello spazio tridimensionale, modellato virtualmente col computer, non è raggiungibile con la rappresentazione tradizionale. Poiché l'esperienza dello spazio è un'esperienza multisensoriale e dinamica, solo la realtà virtuale, ottenuta con la rappresentazione digitale, è in grado di emularla attraverso la riproduzione degli aspetti percettivi di tutti i sensi ed del movimento40.

C'è da precisare tuttavia che la realtà virtuale, a seconda del livello in cui viene simulata e anche a seconda dei diversi tipi di fruizione a cui è soggetta, assume varie sfaccettature. Il Sacchi, citando Maldonado, precisa un'importante distinzione esistente tra una realtà virtuale di tipo “immersivo-inclusivo”, in cui l'utente vede dall'interno lo spazio generato virtualmente; e una tipo “di terza persona” in cui l'utente vede dall'esterno la propria immagine che interagisce con lo spazio virtuale. Vi è poi una virtualità di tipo “forte” ed una di tipo “debole”, in cui la virtualità è realizzata con un computer di livello comune in cui, come spiega l'autore di Reale e

virtuale,

«l'utente partecipa dall'esterno allo scopo di simulare un proprio coinvolgimento dinamico nello spazio rappresentato nel video […] in questo caso si includono nella categoria delle realtà virtuali tutte le immagini simulate della grafica computerizzata in cui, tramite l'agire interattivo dell'operatore, si compiono variazioni dinamiche di posizione, forma e colore […] questa dinamica interattiva, della quale fa parte anche, e non per utlimo, l'eventuale ricorso a trasformazioni topologiche, è una stravolgente novità nei confronti di altri mezzi di rappresentazione illusoria (ad esempio quelli filmico-televisivi) in cui la dinamica interattiva è ancora molto modesta»41.

È proprio questa dimensione interattiva, che avviene dall'esterno, ad interessare maggiormente il nostro discorso, perché in questa modalità il disegno spaziale è comunque costretto a tornare bidimensionale nel momento in cui lo spazio virtuale interagisce con il suo soggetto attraverso uno schermo. Allo stesso tempo questa è anche la modalità più diffusa negli studi di progettazione, e per questo è importante riflettere sulle sue conseguenze espressive nell'elaborazione delle immagini. Molte delle proprietà peculiari degli spazi simulati dal mezzo digitale, che esistono primariamente nella dimensione virtuale, infatti, si riflettono su alcuni dei caratteri espressivi dominanti nella rappresentazione bidimensionale del progetto architettonico digitale.

Nel panorama contemporaneo sempre più architetti stanno utilizzando la tecnologia digitale per sfruttare la relazione fra il reale e il virtuale, studiando veri e propri ambienti architettonici multimediali. L'esistenza di spazi progettati per esistere solo nel mondo virtuale genera conseguenze anche sul loro modo di

apparire, poiché si crea confusione tra il fatto che si sta guardando uno schermo bidimensionale ma allo stesso tempo si ha la sensazione di essere immersi in un ambiente tridimensionale. Alcuni architetti sostengono che questo induca un'attenuazione della percezione dello spazio fisico e una tendenza alla smaterializzazione dell'immagine che lo rappresenta42.

Nascono, in questo clima di sperimentazione sia tecnologica che concettuale, progetti pensati per esistere esclusivamente nello spazio virtuale, fruibili dall'utente solo attraverso il suo avatar, impersonato tramite dispositivi di visualizzazione o di interazione plurisensoriale digitali. È così per i progetti di ambienti virtuali di Asymptote (Hani Rashid e Lise Anne Couture). La Borsa virtuale di New York è stata pensata inizialmente come spazio solo virtuale e solo successivamente ai progettisti è stato richiesto di trasferire il virtuale sul reale e l'idea è stata adeguata e realizzata. Il Guggenheim Museum virtuale invece prende vita solo su schermi a cristalli liquidi. L'osservatore interagisce con le immagini dello spazio virtuale, le cui superfici si mostrano in sequenze di continua trasformazione (figure 5 e 6).

Grazie a queste esperienze architettoniche virtuali, alcuni architetti sono giunti alla conclusione che la concreta e materiale realizzazione del progetto non ne rappresenti

necessariamente la conclusione. È il caso, ad esempio, di Kadambari Baxi e Reinhold Martin, che attraverso la dimensione virtuale, «riportano l'attenzione sul progetto ritenendo che il modello informatico sia già architettura, allo stesso modo in cui è strumento»43 (figura

7). In quest'ottica la rappresentazione assume l'importanza principale nella definizione dello spazio architettonico, che si concretizza solo attraverso di essa. Ciò non avviene nel progetto tradizionale che è destinato alla successiva realizzazione dell'opera. Solitamente in architettura si fa un progetto per la sua successiva realizzazione: e per fare ciò nella rappresentazione si deve tenere conto della simulazione degli aspetti fisici e materici dell'oggetto. Inoltre, una volta

5. Asymptote,

progetto per La Borsa virtuale di New York 6.Asymptote,

Guggenheim Museum virtuale

5

che l'opera è stata costruita, sembra che il progetto perda immediatamente importanza, diventando insufficiente a descrivere perfettamente la condizione materiale dell'opera; basti notare come nella rappresentazione di un opera già realizzata le sue fotografie, e quindi le immagini più realistiche e meno simboliche e codificate, prendano il sopravvento rispetto ai disegni.

Concludiamo che gli elementi tipici della poetica espressiva dell'architettura virtuale possono pertanto essere identificati nelle seguenti caratteristiche: la smaterializzazione degli elementi fisici, che nella rappresentazione corrisponde all'uso di trasparenze e colori non rispondenti ad alcun tipo di materiale; l'assenza di riferimenti simbolici concettuali fisici, in particolare l'assenza della figura umana, idealmente trasposta al di la dello schermo; l'assenza di simulazione di effetti d'interazione con la luce, in particolare quella naturale, come la proiezione di ombre portate (quelle proprie servono comunque per descrivere la volumetricità degli oggetti); infine, la sovente ricerca di effetti illusori e disorientanti come ad esempio la sfocatura, la distorsione del quadro proiettivo e la compresenza di più punti di vista, che derivano dal fattore temporale, che è sempre parte di una realtà virtuale interattiva, e sono indotti dalla necessità di accentuare attraverso l'immagine aspetti legati al continuo mutamento temporale dell'oggetto (figura 8).

In effetti, come afferma il Sacchi, l'idea fondamentale alla base della tecnologia di simulazione di uno spazio virtuale non si allontana dall'idea di una tradizionale immagine prospettica che cambia in tempo reale al movimento dell'osservatore nell'ipotetico ambiente in cui è immerso44. Tuttavia, le tecniche di

rappresentazione digitali hanno aggiunto possibilità aumentate anche senza “inventare” alcun nuovo metodo proiettivo; basti pensare alla simultanea rappresentazione dello stesso oggetto da diversi punti di vista oppure secondo diverse modalità proiettive, oppure la possibilità di riprodurre facilmente la distorsione del quadro utilizzando visuali che emulano l'obiettivo fotografico.

È facilmente giustificabile il fatto che un'architettura virtuale, nata dai sistemi basati sulla variazione temporale, resi possibili dalle tecnologie informatiche, mettesse in crisi la tradizionale nozione di spazio di rappresentazione, verso una nuova idea di

7. Baxi e Martin, fermi immagine tratti dal cdrom interattivo che esprime il progetto multimediale di ambiente virtuale

Entropia

8. Stephen Perrella, progetto per l'Haptic Horizon

rappresentazione mossa da forze animate45. Per questo la forma

di rappresentazione più adatta per la realtà virtuale è ritenuta essere quella dinamica, e la sua costrizione alla staticità ed alla dinamicità di riflette inevitabilmente su obbligate caratteristiche dell'immagine.

2.3. La scena post-moderna. L'adozione delle tecniche digitali